sabato 28 luglio 2012

Alla scoperta delle Piccole Dolomiti: via Maica

Oggi io, NicolaRoberto optiamo per questa meta arrampicatoria dato il meteo incerto sulle restanti grandi Dolomiti. Ma non ce ne pentiremo. Alla partenza partiamo con una mezza cattiva notizia: Vajo Stretto chiuso, e doveva essere la nostra discesa..vedremo, intanto saliamo! È da un bel po' che non calzo le scarpette (spero solo che la botta presa ieri sera all'alluce destro non mi dia fastidio, così come la vescica al piede sinistro..son messo male!)e la voglia è tanta. Inoltre sono in una zona sconosciuta dal punto di vista arrampicatorio, e son davvero frenetico.
Dopo una colazione allietata dalla torta di Roberto, si riparte verso il parcheggio. Le montagne fumano, l'umidità alle stelle: abbiam lasciato una caldura padana, e qui non c'è troppo fresco! Una bella sudata ci aspetta per giungere all'attacco di Maica..ma almeno se rampega! Una cordata davanti a noi sembra un po' in difficoltà..cazzi di Nicola che si smazzola i primi due tiri! Che si riveleranno effettivamente i più duri..
Alla prima sosta si gioca a tetris: siamo in cinque in una nicchia dove si starebbe comodi in uno, la situazione è divertente, mamma che affollamento! Risate assicurate.. La partenza del secondo tiro fa ridere meno: un V+ atletico e in leggero strapiombo in fessura camino: Nicola love strapiombi. Ma si supera anche questa, avanti la prossima!
Il terzo e quarto tiro se li mangia Roberto: i più belli della via, vari, atletici, non tropo duri ma non certo banali. Terzo tiro sotto una leggera pioggia che ci fa temere già una ritirata in doppia..no ti prego! Ma poi arrivati alla terza sosta si placa, per fortuna! Anche perché ci aspetta un traverso delicato..
Il meteo è spettacolare: le cime fumano, sembra di essere nelle favole, o comunque in un ambiente surreale. Niente sole e quasi fresco. Peccato per le moto che sfrecciano al Pian dell Fugazze..
Scaldato e ringalluzzito dal terzo e quarto tiro, parto per tirare gli ultimi due: sorpresa al quinto tiro, dove un passaggio non mi pare proprio di III, ma va bene, riusciamo tutti a uscire dalla via interi e felici! Non sappiamo quanto sarà rocambolesca la discesa..
Si inizia con il passaggio in un pertugio da Bus del Gat, disarrampicando il quale si fa la prima doppia da 15m. Traverso esposto su cengia sprotetta, e altra doppia da 20m per giungerà alla forcella di uscita del Vajo Stretto: ma quanto è stretto il Vajo Stretto! Spettacolare, da fare pieno di neve, ci saranno -2000°C d'inverno! Da qui due possibilità di discesa: Vajo Stretto 45min, sentiero verso ovest e rientro largo 1h30. Vai di Vajo Stretto!
Ma il vajo oltre che essere stretto è bello umido: catena (quando c'è) scivolosa dove le mani non fanno presa, terreno bagnato e scivoloso anche lui. Saltelli rocciosi scivolosi dove la catena serve a poco.. Poi, salto roccioso di pochi metri, ma comunque da corda doppia. Salto di 10m, aggirabile passando per un buco dietro un masso e scendendo una scala (ma gli altri due preferiranno un'altra doppia). Mi vien da chiedere chi diavolo sale di qui?! Sembra fatta, e invece..cosa c'è la dietro? Nulla, altra doppia, 30m, mezza nel vuoto. Scopriremo dopo che si poteva aggirare, ma il sentierino non l'abbiamo visto.
E così, dopo 2h30 di discesa torniamo all'auto. Solo ora realizzo che da stamattina alle 10 non bevo..devo rimediare! Birra!

Qui altre foto.
Qui foto di Nicola.
Qui relazione.

domenica 8 luglio 2012

A tutta Barre (des Ecrins)..ma nella bufera: cronaca di un’attesa infranta


Ormai ci siamo. Questo weekend ci siamo, Barre des Ecrins e Dome de Neige, una bella salita in ambiente selvaggio, non banale, con una bella cresta per la cima più alta delle due, anche se non mi dispiacerebbe trovare la via diretta in buone condizioni e salire per quella. Prima di tutto ringrazio Nicola per aver organizzato l’uscita. Ma come dicevo, ci siamo.
Giovedì sono già frenetico, sono allegro, vorrei fare lo zaino già la sera. È indescrivibile la quantità di emozioni che si rincorrono durante l’attesa, come si dice è piacevole l’attesa del momento, non il momento stesso, anche perché l’attesa dura di più. Poi venerdì mattina una mail sulle condizioni mi butta un po’ giù, ma in breve torno su. È venerdì sera, lo zaino pronto, panini fatti, si va a letto presto.
Ovviamente mi alzo prima che suoni la sveglia, niente colazione perché è prematuro farla alle 3 con poi 6 ore di viaggio davanti. Al parcheggio ci siamo tutti, nessuno rimasto a letto (ogni riferimento a fatti davvero accaduti l'altra volta, è volutamente fatto apposta). Si parte. Finalmente. Il viaggio si rivela già un’avventura di per se: l’arrivo sul filo di lana al distributore prima di rimanere a piedi per assenza di carburante.. da non credere. Ma la macchinata è ilare, si ride e si scherza, la compagnia c’è, manca solo la cima.
Ed eccoci nel Parc National des Ecrins! Pre de Madame Carle. Io, Riccardo, Gianluca e Filippo non stiamo più nella pelle, e mentre gli altri (Paolo, Mirko, Roberto, Nicola, Cristian e Esmeralda) finiscono di preparasi noi partiamo. “andiamo con calma, teniamoci per domani”: ma il nostro passo è quello, e alla fine arriveremo al Refuge des Ecrins dopo 4h, di cui un buon 20 minuti di pausa pranzo.
Il piacere della scoperta: prima la veduta del Glacier Noir, poi dei seracchi della lingua finale del Glacier Blanc, poi il Mont Pelvoux, il Glacier Blanc, e infine lei. Il piacere della scoperta mi spinge sempre a cercare di vedere cosa si possa trovare dietro il prossimo angolo, e qui dietro ogni angolo c’è una chicca.
Saliamo parlando ininterrottamente (Filippo è una bella lingua) fino a poco sopra il Refuge du Glacier Blanc, dove dopo la pausa pranzo interrompe le chiacchiere. Ed eccoci metter piedi sul Glacier Blanc: ci leghiamo o non ci leghiamo, ma si dai leghiamoci così Nicola è contento. Beh, a posteriori siam contenti anche noi visti i mostri che si attraversano! Io e Riccardo adottiamo anche Filippo, che arriva cantando insieme a Paolo filastrocche sconce. Il morale è alto, la compagnia c’è. E così iniziamo a camminare su questo ghiacciaio, fermandoci a ogni crepaccio per dare un’occhiata, affascinati da quello che rappresenta uno dei peggiori incontri che un alpinista può fare.
E svoltato l’ultimo angolo della giornata, la parete ovest della barre des Ecrins, possente e maestosa, piena di enormi seracchi e bella pendente, una crepaccia terminale larga e lunga, una cresta aerea e aguzza. Non vedo l’ora, l’eccitamento di giovedì torna forte, sul ghiacciaio si fischia e si canta nonostante il fiato sia avidamente richiamato dalle gambe.
Ed eccoci al Refuge de Ecrins, dove man mano arrivano in sequenza io, Riccardo, Filippo, Gianluca, Mirko, Paolo.: birreta d’obbligo, anche se la delusione di riceverla calda è forte..  che, siamo a 3000m e beviamo una birra calda?! Ma va beh, si può sorvolare. Poi arrivano anche gli altri, e nella mezzoretta prima di cena passata nel dormitorio, altre grasse risate: la compagnia c’è, e si sente. La cena ci lascerà un po’ sbigottiti, ma d’altronde non siamo in Italia, e a certe quote non si può pretendere!
Ultimo sguardo alla Barre. Che in realtà non abbiamo ancora visto bene, perché sempre coperta nella parte alta. Ma non importa, l’importante è che sia sereno domani! Le previsioni danno un bel vento, ma il sole. Previsioni confermate dal bollettino cartaceo nella bacheca del rifugio, ma smentito da un ragazzo in stanza con noi che dice che abbiano messo brutto. Ma no, non può essere, 11 ore di auto andata e ritorno per poi finire dentro un temporale senza portare cime a casa, ma no.
Ore 2e30, sveglia. Io e Riccardo saremmo partiti anche prima vista la smania, ma se fuori c‘è sereno saltiamo la colazione e partiamo subito! Fuori la barre è coperta. Cazzo. Via giù lo stesso, almeno il Dome de Neige si farà conquistare.. Colazione veloce e poi subito in marcia. Davanti a noi ci saranno 5 cordate osservando le luci delle frontali in lontananza, di cui alcune stanno già risalendo la parete (saranno quelli che hanno dormito in tenda). Scesi sul ghiacciaio mi tocca mettere la giacca, piove. Dopo pochi minuti nevica. Cazzo.
Va beh, andiamo, il morale è sceso un po’, ma siamo comunque in un ambiente maestoso e magnifico, anche se oggi si fa ammirare poco. Ma nevica sempre più, e tira vento. Alla base della parete meglio mettere il copri zaino. Poi su, in salita! Meno male il buio non permette di vedere l’enormità dei seracchi che ci sovrastano, che ci affiancano. Vediamo solo la neve che pestiamo, una traccia ben marcata ma con un po’ di neve fresca e smossa che non permette una salita agevole. Ma non sarà certo un po’ di fatica a farci demordere!
Avanziamo di buon passo, non superiamo nessuno e nessuno ci supera. Alle nostre spalle laggiù, una fila di lucine avanza, quanta gente. Due alpinisti sulla Barre Noire, che figata. Iniziamo a passare vicino a dei buchi, poi finiamo nelle nubi. La visibilità è di 20-30m: già, ma se devi guardare qualcosa di scuro. Bianco su bianco non si capisce cos’hai a 5m: che brutta cosa. Ma ci sono 120 persone, la traccia sarà ben marcata! Dai che ce la facciamo! Ma la quantità di neve fresca a terra aumenta. Il vento aumenta. La visibilità no. La nevicata aumenta.
Incrociamo le prime cordate che fanno dietrofront. Col mio ottimo francese chiedo il perché, dove sono arrivati. “Breche Lory, dopo sono 30cm di neve fresca senza traccia”: cazzo. Va beh, andiamo, davanti a noi una cordata prosegue anche lei, incontriamo altri che scendendo. Due parole con la cordata davanti a noi, che passiamo, proviamoci, vedremo, ormai non manca molto. E in questa cordata scoprirò dopo che si trova anche il ragazzo che ieri ci aveva annunciato brutto tempo.
Avanzo in 30cm di neve fresca abbondante, pendenza di 40°, ogni passo si torna giù: si ravana insomma. Ma la cosa non mi spaventa. Traccia pressoché inesistente, dove andare? Ormai alla terminale manca poco, dopo c’è solo da traversare ed è quasi fatta. Quasi. Pausa un attimo. Una valanghina di neve sul piede. Va beh. Cinque passi e poi sosta per vedere dove andare. Altra valanghina. Basta, andiamo giù, non ho voglia di finire sotto una valanga, sopra di noi c’è la parete della Barre, pronta a scaricare, le temperature stanno aumentando, il vento è forte e a raffiche, se esce il sole tutto peggiora, via.
E si batte in ritirata, da 3850m. Che palle. Ma ne sono sollevato, perché iniziavo a vederla grigia davvero. Nera per dir la verità. “Riccardo, avanti tutta, togliamoci da questo postaccio!”. Anche la cordata con noi torna giù. Man mano che scendiamo troviamo i nostri, gli riferiamo le condizioni e chi prima e chi dopo tornano giù anche loro. Il vento è notevolmente aumentato, la montagna è spazzata da raffiche che sollevano un sacco di neve, te la sparano in faccia e creano grosse nubi cascanti.
Niente da fare. Usciamo dalle nubi e scorgiamo una moltitudine di persone che sale. Noi pensiamo solo a scendere e ad avvisare i nostri. Qualche video (anche questo e questo) adesso che non siamo più in mezzo al terribile grigiore delle nuvole, qualche foto a questo pazzo tempo. Maledetto. Ora però vediamo i seracchi che ci hanno osservato silenziosi al buio della salita: ‘sti cazzi! Ma che fascino questi pericolosi giganti.
Sono ancora contento di scendere, visto i pericoli a cui si rischiava di andare incontro (slavine, finire dentro un crepo, sopra una cornice, perdersi), almeno fino all’altezza del Refuge des Ecrins. Beh, anche più avanti visto che ci fermiamo a fare dei book fotografici ai crepacci, spingendoci sul loro bordo. Chiedo a miei compagni (adesso con Riccardo c’è anche Gianluca, che abbiamo ereditato in discesa quando Polo e Mirko che erano con lui hanno deciso di salire ancora un po’, fermandosi poi presto per l’infuriare del vento) di calarmici dentro, ma non vogliono.
 E quanta gnocca: mamma mia. Anche ieri ne abbiamo incrociata tanta (beh per i nostri standard montani, già un maggiore di zero è tanta), e non fighettine coi sandali e lo zainetto da trekking di 2 kg, ma alpiniste! Alcune anche in cordata a due solo donne! Questo è il paradiso.
Ma finito il ghiacciaio e tornati sulla morena, mi sale la carogna: cazzo che sfiga di meteo. 5h30 di auto per nulla, soldi spesi, giorni buttati. In realtà non è tutto perso, perché comunque ci siamo divertiti, riso, scherzato, camminato, salito, ammirato. Ma le aspettative erano altissime, praticamente anche il solo non arrivare su entrambe le cime avrebbe eroso dentro. Ma la montagna è così, è peggio di una bella donna, la corteggi, le offri una cena, fai il carino e gentile, te la fa annusare, ma fino all’ultimo non è detto che te la dia. E stavolta, niet!
La Barre sempre avvolta dalle nubi, lassù il tempo non migliora, mi sa che nessuno è salito. Onestamente e egoisticamente, un po’ mi solleva, non mi vergogno a dirlo, un po’ di sana competizione c’è in questa attività.
Un po’ per il nervoso, un po’ per non vedere l’ora di arrivare all’auto per stendere tutto ad asciugare, un po’ per allontanarsi dal luogo della sconfitta, decidiamo di non fermarci mai, niente sosta cibo o bere, giù dritti fino alla macchina, dove arrivo alle 10e30. 10e30, cazzo se è presto. Cazzo se è finita presto. Uffa. Svuoto lo zaino, stendo tutto al sole, mi metto in mutande e ciabatte che non ne posso più, piglio il sole, mangio e aspetto gli altri, che man mano arrivano.
Nello scendere, dopo il Refuge du Glacier Blanc, trovo una marmotta superdocile, che si lascia avvicinare, e che riesco ad accarezzare e lei riesce a leccarmi: che pacioccona che è una marmotta, testa piccola e corpo gigante!
Riccardo, Gianluca, Polo, Mirko, ci sono. Me ne vado nel ruscello con Paolo a darmi una lavata, che ne ho proprio voglia. Poi arrivano anche Roberto e Nicola, incredibile, son già qui?! Beh, finalmente dopo 2h30 che Riccardo aspetta, possiamo andare a prendere una birra (stavolta fresca) al bar. E le risate non mancano nemmeno ora, nonostante la delusione: la compagnia c’è, e ci sarà.

Qui tutto l’album di foto.
Qui le foto di Nicola.
Qui il report.

domenica 1 luglio 2012

The White Ball (weisskugel), another time!


È già tardi quando partiamo, mea culpa, e ciò mi porta a pensare che non ce la faremo: c'è un caldo boia, la neve sarà pappa con lo zero termico a 4000metri, e nel pomeriggio arrivano temporali. Ma ormai siamo in ballo, balliamo: al massimo arriveremo prima alla Forst. E balliamo per la Palla Bianca, Weisskugel, 3739m. La vidi per la prima volta in una gita col CAI di Sassuolo alla Cima Lago Bianco, e mi restò impressa. Poi dopo averla rivista dalla Punta Oberettes, la registrai nella lista degli obiettivi: tra l'altro, col nostro andare e modo di fare, si può fare in giornata.
E così alle 3e30 ci incamminiamo dal parcheggio di Maso Corto, io e Riccardo. Un po' ci stupiamo di non vedere nessun altro che tenta la cima come noi (cioè direttamente da valle), ma va beh, saranno tutti in rifugio a fare colazione, pronti a partire. Saliamo senza particolari emozioni fino a quando non arriviamo nei pressi del Rifugio Bellavista: ormai la luce illumina in modo chiaro e definito le cose. Anche se la nostra meta non si vede ancora, ma la Punta di Finale sì.
Via allora verso la normale alla Palla Bianca, ma già nel primo tratto di sentiero puntinato, ci sbagliamo: troppa fretta di salire, così invece che traversare verso ovest, puntiamo a salire verso la cresta. Dopo un po’ di metri, “ah ma è laggiu il sentiero!”.
Curve curvette, ma la cima non si fa vedere. È così lontana? O è solo coperta dalla cresta di confine? Scopriremo dopo che è davvero lontana. Giungiamo all’arrivo della funivia, si pesta la prima neve, con felice sorpresa non è messa così male come temevo, mi rincuoro, possiamo farcela. Ma ancora non vediamo nessuno, che strano. Anche alla funivia, la frenesia e l’eccitamento mi spingerebbero a salire subito in cresta, ma no, bisogna continuare a traversare!
Qualche traverso su nevaio, sfasciumi a finire, e arriviamo in cresta. E c’è lei che ci aspetta, con vista su tutto il ghiacciaio dell’ Hinter… E nessuna anima viva in giro..mah. Riccardo sbaglia la salita, invece che prendere verso sinistra, sale delle placchette a destra “pensavo di morire”, mannaggia, ma come hai fatto a perderti?? Iniziamo a sentire il vento, previsto forte per oggi, non l’ideale per tratti di cresta, ma almeno ci rinfresca dal sole carontiano!
Maciniamo strada e finalmente giunge l’ora di legarsi per scendere su ghiacciaio: ma la disfatta è li dietro l’angolo. La neve è buona, la traccia marcata, ma nessuna pesta recente..dove sono tutti? Inizamo a scherzare sul fato che saliremo una vetta inviolata, a meno di trovare Whimper proprio sulla cima. Che sia morto qualcuno ieri e abbiano chiusa la Palla Bianca? Mah.. Intanto il buon compagno inizia a accusare la fatica: qualche breve pausa e si riparte.
Beccati che seracchi, e c’è da passarci sotto, “Riccardo, quando saremo la sotto, saremo ben svelti!”. Ormai sento che la cima può esser nostra, siamo abbastanza in orario, il tempo regge, la strada di ritorno è abbastanza chiara anche in caso di scarsa visibilità, la neve regge. Invece, arrivati sotto i crepacci, “basta, torniamo indietro, mi fa male questo muscolo di merda a sollevare la gamba, non voglio rovinarmi per il prossimo weekend” “ben detto!”.
Finalmente vediamo una cordata, che scende verso il Pio XII. Solo una cordata..un po pochini. Ma mentre siamo li che ci riposiamo, a 3330, e mentre torniamo indietro con molta calma, arrivano tutti gli altri, fior fiore di cordate, ma solo una dal Bellavista. Certo però, noi saremo poco normali a farcela in giornata da Maso Corto, a 2000m, ma anche questi qui a salire così tardi! Se ero io in rifugio, alle 7 ero in vetta, mica alle 10!
Scendiamo un po’ sconsolati, un’ora ci mancava alla cima, ma capita. Pazienza, saremo più assettati sulla Barre! Lo sprofondare nella neve per Riccardo è un supplizio, cerco di fargli delle buone peste, ma certi tratti sono davvero ostici. Scendiamo per lo stesso itinerario fino alla funivia, tentai di anticipare la discesa per l’altra valle, ma non sapendo come sia desistiamo. Alla funivia però, tiriamo giù dritto per dritto, Riccardo vuole eliminare assolutamente ogni metro di salita possibile. Sciamo un po’ sui brevi nevai (video) e ci inzuppiamo nei ruscelletti (qualcuno testa il grado di impermeabilità delle sue nuove scarpe).
Guardinghi al fine di evitare la temibile marmottona gigante, scendiamo scendiamo, in un caldo che ci fa sognare la birra della Forst, vero miraggio di tutta l’uscita. Si ride e si scherza, non ce la siamo presi a male per la non conquista della cima, e si parla già delle prossime mete, di come ripetere questa (arrivare in cima all’alba) e di come ci siamo comunque allenati per il prossimo weekend. Già, perché comunque almeno i nostri 1400 di salita li abbiamo fatti, il gps si è fermato quando eravamo a 20km, ma poi ne avremmo fatti almeno 7-8 da dove si è fermato alla macchina.
E poi ci aspetta la pausa alla Forst, perciò giornata l’abbiam fatta comunque!

Qui  report
Qui  altre foto.