domenica 30 agosto 2015

Perchè no: Torre Stabeler, via Fehrmann

E dopo il giornatone di ieri oggi che famo? Approfittiamo per qualcosa sulle famose Torri del Vajolet, anche se temo fortemente l'affollamento. Ma siamo qui e sono belle, da casa non partirei apposta per "solo" loro, perciò vamos. 
Mi sveglio un po' prima per vedere se posso godermi una bell'alba, ma questa si rivelerà sotto le aspettative. Mi sa che siamo dal lato sbagliato, qui non vedo pareti esposte esposte a est, ma solo sud nord e ovest. Oddio, non che non sia un bel momento però! Intanto sistemo lo zaino e il materiale. 
Colazione stavolta senza contegno, poi si parte. Giorgio aveva visto e studiato la Fehrmann alla Stabeler, quindi andiamo. Io sognavo qualcosa sulla nord del Catinaccio, ma mi rendo conto oggi sia troppo. Oppure la normale alla Winkler con quella variante in spigolo..prossima volta. Che comunque anche la Stabeler si farà sudare. 
In cammino, con già cordate sulla Delago e un po' di fremito intorno alle restanti. Ma per fortuna saliremo da soli, raggiunti da una cordata alla quinta sosta e con due disgraziati in cima saliti per la normale. Per fortuna, l'affollamento proprio non mi va, e mi sono abituato bene quest'estate a non avere cordate intorno.
Troviamo l'attacco, anche se non siamo sicuri, chi parte chi non parte, parte Giorgio. Inizialmente dubbioso sulla correttezza del "posto", qualche segno rivela che invece siamo sulla via giusta. Sale svelto, poi lo vedo tentennare su un passagino strapiombante che aggira, fino alla sosta. Io da secondo questo passaggino non me lo lascio scappare. 
Vado io, inizio a guardarmi intorno timoroso del famoso "unto", che però ancora non trovo abbondante. Speriamo non lo sia il diedro chiave! Mi guardo intorno, il sole possente mi annebbia la vista, vista che si concentra sulla nord del Catinaccio dove qualche cordata sta salendo. E dove un giorno vorrò salire anche io.
Riparte Giorgio, si infila nel diedro che non è ancora quello temuto, anche se anche questo non è mica male. Infatti lo vedo che ci piazza i due bei padelloni. Sarà per me un assaggio di quello che mi aspetta? Intanto osservo timoroso quella polvere bianca a lato della sosta: della magnesite che deve essere caduta a qualcuno.
Arrivo in sosta, ed eccolo li il bel tiro chiave. Due chiacchiere col mio amico, lo scambio del materiale, e poi si cammina verso sinistra alla sua base. Si guarda in alto, ok qualche manetta pare esserci, buchini per i piedi ok. Guardo in basso..come diavolo li alzo i piedi?!
Qualche prova, momento di smarrimento, poi hop, l'unica è fare qualche passo issandosi un po' su, ed eccoci in una nuova posizione di "riposo" (le virgolette sono d'obbligo). Gran bel tiro, non molla. Gran tecnica di diedro, spaccata, sostituzione, poco "tirarsi su", finchè non arrivi allo strapiombino che dici "e adesso?".
E adesso, un po' di pausa e a tirarsi su un po sbilanciati verso sinistra col piede destro che cerca qualcosa..e lo trova, dai che è fatta! Quasi, non molla questo tiro. Ancora qualche metro e poi le difficoltà calano fino a giungere in sosta, olè! 
Recupero Giorgio che si suda anche lui il diedro, e intanto penso di cedergli l'ultimo tiro. Continuo ad ammirare la nord del Catinaccio e a scartare in modo categorico la possibilità della variante Vinatzer sul prossimo tiro.
Propongo a Giorgio la cosa, intanto si incammina per cengia esposta sul quinto tiro, che finisce presto: gira parecchio e il suo scopo è aggirare il pancione giallo che al momento ancora mi sovrasta. Arrivo in sosta anche io, due chiodi un po' bruttini ma pazienza, la cengia è comoda.
Giorgio parte anche per l'ultimo tiro, mentre qualche sassolino piove dal cielo. Urlo di chiamarli i sassi da chi sta sopra: li sento parlare chiaramente, quindi loro di certo sentono le mie urla. Giorgio scende e risale, attacca il diedro. Altri sassolini. Urlo di nuovo. Giorgio prova la diretta, altri sassolini, e arriva anche un altro ragazzo in sosta, che urla anche lui "chiamateli i sassi!".
Finchè qualcosa di (credo) grosso come un pugno (e se era grosso così, meno male ha rimbalzato sulla parete perdendo velocità) mi centra la spalla destra, azzo che male. Giorgio quindi lascia perdere la diretta e obliqua un po' verso sinistra, mentre io urlo incazzato a bestia con chi sta sopra.
Giorgio arriva in sosta e inizia a recuperarmi, questo IV con una spalla dolorante che fatico ad alzare, diventa un po' più ostico. Arrivo su e trovo quei due disgraziati e li bacchetto subito "allora, può capitare a tutti di smuovere dei sassi, può capitare di perdere la via, ma cazzo, chiamateli i sassi!". E uno inizia a chiedere scusa e fare lo scaricabarile sul suo amico "eh guarda, te l'avevo detto, poverino questo ragazzo".
Sono due ultra sessantenni, materiale vetusto, cordone da 15mm peloso, otto, cordini d'annata. Ma questo va beh. Quando si inizierà a parlare di discesa, dimostreranno di non sapere dove sia, di non averla studiata, di avere con se solo una corda da 50m per la calata. (in realtà poi viene fuori ne hanno un altra da 60 nello zaino, ma da 8mm, che non so quanto si accoppi bene col pitone da 15). Alla vista del mio gigi sembra abbiano visto l'ultimo ritrovato della tecnologia aerospaziale. Il machard per le doppie? "ehi, guarda lui che strano nodo fa". E viene fuori che quest'anno hanno pure salito le normali delle tre cime, tutte e tre. Come fanno ad essere ancora vivi questi?
Ci godiamo il panorama, ma a me girano le palle a mille per la spalla e l'incompetenza di quelli che me l'hanno ridotta così. Un po' di foto e poi si scende. In tre cordate abbiamo tre discese diverse relazionate, ma io voglio andare su quella che poi diventa in comune con la Delago, che so che è buona. Ci si dirige verso l'ometto, si disarrampica un paio di m ed ecco l'ancoraggio.
Scendo io prima dei due storici alpinisti, e gli urlo che ci sono calate intermedie e quindi possono scendere con la sola loro corda da 50m. Io passo un ancoraggio, arrivo a un altro, ma mi pare che posso arrivare a quella cengia laggiu. Ci provo. Viene un bel doppione da 50m con gli ultimi 18 nel vuoto. E che ripulita ho dato alla corda di Giorgio..
Continuiamo le calate, dopo con solo una corda, svelti più che si può per evitare i sassolini scaricati da chi sta sopra (anche chi scende dalla Delago) e il possibile traffico. Finiamo alla base della parete, facciamo su le corde, rientriamo al rifugio (io con ancora le Mythos addosso), e quei due sono ancora in parete che stanno scendendo sulle corde dei due piemontesi che erano con noi sulla Ferhmann. No comment. 
Cambio, ripristino zaino da spedizione, e poi si scende corricchiando e ammirando la nord del Catinaccio, ancora lei, mi è rimasta in testa. Sull'untissimo sentiero si trova un sacco di gente che ingorga un po', finalmente al pianoro del Vajolet la calca si sparpaglia, e il caldo dilaga.
Si rientra spensierati verso il Gardeccia, super accaldati, anomalo, con la est del Catinaccio che si scopre man mano, ma noi ormai ne conosciamo qualche segreto.. Gran parete! E gran fame per noi, sfogata "da Michele".

Qui altre foto.
Qui e quireport.

sabato 29 agosto 2015

Tutto per noi: Catinaccio parete Est, via Fantasia

Avvicinamento, la salita della via, la risalita del catino, la cresta, la cima principale del Catinaccio, la discesa da questa: da soli, liberi, tutto per noi, come se avessimo riservato il migliore dei ristoranti per una cena speciale. E la giornata lo è stata davvero.
Questa via come altre era oggetto di seghe montane da tempo e con un sacco di persone, ma la sua logistica la rendeva di complicata attuazione. L'avevo ammirata varie volte, tra le quali due le ricordo in particolare. Una l'estate scorsa quando un temporale ci colse quasi in pieno mentre scendevano da una cimetta minore: dai catini scendevano vere e proprie cascate. Un'altra in una bellissima e assolata giornataprimaverile, con gli sci fino a Passo Principe, con delle valanghe che scendevano dai catini. Insomma entrambi immagini di terrore. 
Poteva essere l'occasione di salire questa parete poche settimane fa, ma il meteo non consigliava permanenze in parete prolungate. Rimase di traverso. Ma forse i tempi sono maturi.. Combinando una serie di possibilità a livello di tempo e meteo, pare che il weekend giusto sia arrivato. D'altronde la logistica è studiata da tempo.
Inizia il giro di mail, un insuccesso con Nicola e Gianluca, ma Giorgio c'è. La mia proposta anche, e la sua risposta "Per la via che ti devo dire? La Est del Catinaccio la guardo, studio, ammiro, sogno da tanto tempo, Fantasia è forse l'unica che potrei fare in quella parete insieme alla Dimai. ...  Sicuro è sostenuta perchè quasi mai sotto il IV/IV+ però più corta della Castiglioni Detassis. Spero che i tratti di V siano singoli passaggi e se non chiodati, almeno proteggibili.".
Venerdì finito lavoro si parte, ci si da il cambio alla guida in modo da permettere a chi fa il passeggero di cenare: non c'è tempo da perdere. Passaggio ad hoc per il Gardeccia, al quale arriviamo alle 21 abbondanti, presto che dobbiamo arrivare Rifugio Vajolet! La luna è spettacolare e possente, la Est del Catinaccio che speravo di vedere solo domani, è già lì a spaventarci con la sua imponenza.
Alla fine, in meno di 40 minuti siamo su. Perfetto, si paga e si conferma la colazione presto (che ce la lascino sul tavolo, ci arrangiamo noi), poi qualche foto all'aperto è d'obbligo: un cielo, delle montagne, un buio luminoso assolutamente incomparabili.
Sveglia, colazione che ci lascia un po' amareggiati per la quantità: la giornata non parte bene. Beh, giornata, ci incamminiamo che il sole è ben lungi dal sorgere ancora. Si scende e si risale, con calma, senza affaticarci troppo, c'è tempo per quello. I profili delle Pale di San Martino in lontananza fanno sognare già altre salite, ma intanto pensiamo a questa.
Si costeggia tutta la parete Est del Catinaccio. Credevo fosse meno dritta: speravo che come spesso succede, da lontano sembri tutto più verticale.. e invece questa lo è davvero. Con rispetto ci avviciniamo ai suoi piedi, ci siamo sotto. Siamo in ballo, balliamo.
Il sole non è ancora sorto che io attacco il primo tiro. Vogliamo garantirci le massime ore di luce possibile per salire, perchè sappiamo che non sarà una passeggiata. Spero nel Bernardi, che sgrada completamente la via rispetto a Iacopelli e Bernard. Ma quest'ultimo è l'apritore, e il suo quasi omonimo ha un po' il vizietto di sgradare.. E infatti..
Dai che si va. La temperatura è già ottimale, salgo fluido fino a quella che deve essere la prima sosta della relazione di Bernardi, mi fermo o non mi fermo? No vado avanti, non perdiamo tempo. E la paretina successiva è un bell'assaggio della verticalità della parete. Alla ricerca di buoni appigli, intuisco che la sosta deve essere lassù, e dopo della placcosità, eccola. Partiamo bene. E siamo al sole.
Beh, il secondo tiro è ovvio dove prosegua, o meglio..camino di destra o di sinistra? Pare consigliabile quello di sinistra, e Iacopelli ce lo conferma. Vai Giorgio, che il tiro non è banale, qualche passo si rivela da pensarci, ma almeno sulla direzione si va tranquilli. Il pinnacolo aereo deposita sulla sosta.
Eccalla, il tiro chiave. Ci siamo. Almeno essendo all'inizio, fatto questo si va via un po' più sereni. Salgo sul pinnacolo, e ora c'è da "saltare" sulla parete: in realtà c'è solo da portarci delicatamente i piedi, ma se si chiama tiro chiave un perchè ci sarà! Non sono singoli passi, tutta la via è piuttosto sostenuta, e il tiro non molla. La "placca incredibile" di Bernardi di rivela adeguata al supereroe "Spalman". Vacca se è dritta.
Arrivo a uno spuntone pieno di cordini, ma traverso verso sinistra a vedere se ci sia la sosta..Mah, scendo un po' e faccio sosta qui: scomodissima! Infatti ho sbagliato, am quei cordini mi hanno ingannato: era meglio passare appena sotto di lui e poi traversare e salire per arrivare a una sosta comoda: ci penserà Giorgio.
Il mio amico affronta il tiro, e all'improvviso sento che la corda si tende un tantino: "eh ho fatto il fighino sulla roba piccola". Dai mo, fatti questo bel traverso esposto e poi continua la via. Rampetta non difficile ma esposta, con passaggio finale per arrivare in sosta di fiducia dei piedi.
In cielo non c'è una nuvola. In via ci siamo solo noi. Il sole ci scalda ma senza bruciarci. Il tempo passa ma non ce ne rendiamo conto. Siamo un tutt uno con la parete, ma forse non lo sappiamo.
Ok, il tiro chiave di Bernardi è fatto, ma Bernard menziona che anche al sesto c'è del V. "Giorgio, se non te la senti, faccio io anche quello. Cmq dai, quando arriviamo sotto ci pensiamo" "Beh ma sai che c'è, faccio io anche il prossimo tiro così sotto la fessura ci arrivi già con la corda messa bene" Ok, e io che ero partito coi tiri dispari, adesso il cedo a Giorgio.
Lui si avvia, praticamente con questo tiro passiamo sull'altra riva di quello che dopo diventerà o il camino della cotoletta o il camino obliquo sopra di noi. Una serie di cordini sulla sinistra indica il proseguimento sulla via "Bianco e Nero", ma noi si punta verso sinistra, qualche metro e poi le difficoltà calano nettamente fino al masso incastrato che indica la fine del tiro.
Arrivo così sotto la fessura. Sarà che come quando si va dal dentista i dolori si dimenticano presto, ma a me il tiro della fessura mi pare più duro e continuo del terzo. Anche perchè la fessura è appena accenata, quando ci entrano ci vanno solo poche dita e per poco.. Comunque, è da salire. E sarà una soddisfazione. 
Parto, armato fino ai denti ma inutilmente visto che è difficile proteggersi su questo tiro, che però ha qualche chiodo. La verticalità c'è, più su ci sarà anche qualcosa in più, e le foto che rivedo me ne danno la piena conferma, oltre al fatto che qualche lolotte l'ho fatta. Ma questo tiro non molla mai. Ogni passo credi sia l'ultimo, ma finchè non arrivi in sosta non lo è.
Un chiodo, un altro in alto e uno li. Ma niente spit. Va beh, ma la sosta è questa. (lo spit si vede che lo han cavato). Riparte Giorgio, io metto gli occhiali da sole che non ce la faccio più con la vista. Intanto uccelli neri incuranti di noi svolazzano sulla est verso mete indefinite. Si sale dritti e poi si obliqua verso il muro giallo, che in realtà sono due muri separati da una cengia. E nemmeno troppo gialli.
Bene dai, non manca molto. Beh insomma. Ormai è chiaro che la Dall'Oglio non si fa, siamo troppo lenti. Eppure non mi sembra che il tempo non passi mai, anzi, mi sembra passi veloce! SI vede che ci stiamo troppo divertendo. Inizio a fare ipotesi di orari, ma poi smetto: siamo partiti prestissimo apposta per non avere questo fuoco al culo, quindi non mettiamocelo. 
Salgo, dubbioso su dove sia la strada corretta per aggirare questo muro: la direzione è facile, ma le possibili strade sono tante. Salgo, scendo. Dai andiamo di qui, poi scorgo un invitante canalino un po' più diretto dell'aggiramento totale. Accidenti a me e complicarmi la vita! Deve essere proprio qui che Iacopelli mette del V, devo aver fatto la sua variante. Ma così facendo non trovo i chiodi di sosta e salgo fino a egli spuntoni-massi appoggiati con la corda al limite.
Arriva Giorgio, che si rende ben conto che ho fatto una variante, hihi. Ora però non essendo alla sosta giusta viene qualche dubbio sul proseguo. Ma dai che sarà qui sopra! Sob, però poi qui sopra è aperta parete nera senza riferimenti..
Il mio amico sale, non lo vedo più, poi lo rivedo. Le difficoltà dovrebbero essere contenute, e salirebbe agile, non fosse per il fatto di cercare la via. Siamo anche di fianco alla cotoletta, sogno proibito di un nostro caro amico. Lo sento che mi dice che ha trovato una sosta, ma abbiamo fatto pochi metri. Sopra di lei un diedro. Si trova chiaramente alla nona sosta di Bernard, ma siccome Bernardi la chiama più alta in una nicchia, continua.
Era meglio fermarsi li! Trova una buona sosta su spuntone, ma adesso la via dove sarà? Calma e sangue freddo. Mi metto in moto. Vado puntando un po a sinistra, a naso dovrebbe essere in quella zona la via giusta. Giusta è per me ora quella dell'apritore (anche perchè chiama del V, che mi gusterebbe ripetere..). Un chiodo! La a sinistra! Va beh, lo vado a mettere, ma non sono convinto.
E accidenti a me, ma fidati del tuo istinto! Forse che fosse uno di Iacopelli, che ne so, ritorno verso destra con traverso delicato, e dietro della roccia scorgo quello  corretto, e ancora piu' su a destra un altro: se anche non trovo del V, questo IV con la corda che tira sarà uguale.. E quasi per miracolo, trovo la sosta, per nulla evidente, due chiodi piantati sul piano orizzontale. 
Dai Giorgio, ormai ci siamo, ultimo tiro a testa! L'orario chissene frega, siamo stati lunghi ma va bene. Intanto i parapendii ci volano vicino facendoci ombra. Ma ormai anche il sole è girato e non ci colpisce più direttamente (infatti ho freddo..).
C'è da puntare il camino obliquo alla nostra sinistra, su difficoltà contenute ma con questa oppressione della restante parete sopra di noi (dove corre la Dall'Oglio o meglio la Steger) che si fa sentire. Ma ormai galvanizzato dalla fine delle fatiche (lo credi tu), Giorgio scivola (in senso buono) sulla roccia. In cielo non è mai comparsa una nuvola: ora ne appare una, e dove? Proprio verso di noi, nasce da dove non possiamo vederla arrivare. Eh no eh, stai ben calma e non guastare la giornata!
Ultimo tiro! Fiato alle trombe! No no, troppo presto per festeggiare, ci pensiamo poi in cima. Anzi al rifugio. Parto con una placca con davvero poco, quella che prima era una parete molto ammanigliata ora diventa misera. Occorre cercare. Una volta sotto gli strapiombi, non fosse per la scarsità di protezioni e le ore alle spalle, sarei invogliato di farci un po' di dulfer, ma lascia stare. Arrivo sotto a una zona nera, ci metto il naso, ma mi pare troppo. Continuo verso destra, scopro dei fossili e salgo alla sosta.
Arriva anche Giorgio, ci godiamo il panorama. Oh però, son poi le 16e20. E siamo ancora tutti soli. 
Bene, e adesso il poco piacevole catino! "Giorgio, io salirei li su e poi traverserei verso sinistra, ci deve essere anche un chiodo in giro, poi quando finisci la corda parto in conserva, perciò metti giù qualcosa", si avvia così un bel traversone di almeno un 100io di metri, a tagliare tutta la base del catino fin quasi sopra la cotoletta.
Parto anche io, passi delicati ed esposti, ma facili. Uno sguardo all'insù ogni tanto a cercare tracce della Dall'Oglio, poi davanti a me a cercare Giorgio che scompare ogni tanto dietro la roccia. Oh ma quanto si traversa? Va beh, d'altronde sopra non i pare camminabile..
Si è fermato, lo raggiungo, ci sleghiamo, si mangia e beve: non che finora non l'abbiamo fatto, saremmo morti se no, ma questa pausa ha il sapore del "ce l'abbiamo fatta", anche se è ancora presto. Su le corde e lui si cambia scarpe, io no, tanto le mie Mythos sono delle ciabatte. E adesso? Non si vedono tracce, ometti, segni di passaggio, vernice, nulla. Va bene, avventura! Non solo la via è da cercare, anche l'uscita! Vado avanti, è tutto I/II ma c'è da stare attenti alla qualità della roccia. Volendo si trova anche del III se si vuole..
Da basso non è facile capire dove sia meglio andare. Le pareti di destra vanno evitate, ma quanto andare a sinistra? Non possiamo nemmeno troppo, finiamo troppo a sud. Si passerà in mezzo a quelle guglie? Ma poi salire in groppa alla cresta sud, troviamo sentierino o qualche metro verticale? Il fiuto non ci manca e troviamo il varco, fino a giungere sulla cresta, con gli ultimi metri in cui la qualità del terreno cala drasticamente.
La croce è laggiù, ma ancora bella distante. La cresta sembra corta ma non lo è. Il Rifugio Santner si intravede sotto di noi tra uno squarcio della cresta. Passi facili, ma da cercare nonostante sia una cresta, tantochè mi complico la vita due volte. La prima nemmeno tanto: cercando di scendere a una forcellina esposta, tento il passaggio rimanendo in cresta invece che traversare.
La seconda viceversa, mi regalo un traverso di III esposto: a Giorgio consiglio di passare sopra. Ora si salta sulla costola che scende dalla cima e un piano inclinato verso quella roba di ferro chiamata croce: lo si percorre quasi di corsa, con anche le mani, famelici della vetta.
E lo spettacolo è assicurato. Dopo 2h (altro che i 40min di Bernardi) di salita rispetto alla fine dei tiri di corda (conserva compresa), siamo in vetta al Catinaccio, per la parete Est. "un sogno che si realizza" per Giorgio.
Ce la vogliamo polleggiare. Il cielo è limpido, ancora due ore di luce le abbiamo, abbiamo le frontali e il Rifugio Re Alberto I ci può aspettare. Oggi la cima è da godere. Quante ore che siamo in giro? 13?! Non le sento per nulla. Quando ti diverti, la mente fa dimenticare ai muscoli la fatica.
Ci si appolaia sotto la croce, si mangia ancora, si beve ancora, e si magerebbe e berrebbe ancora di più se ce ne fosse! Accendiamo il telefono per avvisare amici e morose/mogli: quel gufo di Nicola col suo "state attenti" e in seguito con "dai muovetevi a scendere che le doppie non sono facili da trovare!", ma mi chiedo lui che ne sa?
Firmiamo il libro, un sacco di foto, siamo ancora del tutto da soli, fenomenale, mentre sotto di noi un brulichio di turisti in all star saliva e scendeva dal Gardeccia al Vajolet. Ve bene dai, è ora di scendere, per la normale, tutta, tanto non c'è nessuno.
Si va per cresta quindi, con una luce che si affievolisce, l'ombra delle Torri del Vajolet che si corica sul versante della Cima delle Pope (o giù di li), e noi che soddisfatti e affamati e stanchi non vediamo l'ora di metterci a sedere davanti a una bella birra.
Una prima doppia ci evita qualche tratto di disarrampicata, poi si prosegue di nuovo per cresta, mai difficile ma col perenne dubbio del "quell'appoggio terrà il mio perso?". Si giunge a una forcella, sarà questa quella della normale? Dopo un po' di ricerca noto un anello cementato, direi sia questa.. Si preparano le doppie, con una corda sola per evitare spiacevoli incastri, che vista l'ora non ci terrei troppo.
Giù la prima verso la sosta della normale, Giorgio recupera e tac, si incastra la corda. Vacca boia che due coglioni! Tira tira ma nulla. Sono ormai rassegnato a risalire, e finalmente viene giù. Partiamo male però! Ora invece che proseguire sulla via della normale, si scende nell'angusto camino a destra (faccia a monte), umido, bagnato, ma non tetro solo perchè la luce del tramonto lo perfora in modo perpendicolare.
Non mi fermo alla prima serie di cordini ma proseguo notando che alla seconda ci si arriva. Scomodi ci godiamo il sole che scompare all'orizzonte. Altre tre doppie ci aspettano, col penultimo ancoraggio da cercare molto a sinistra. Poi finalmente alla base, con le ultime luci.
I profili delle cime di Brenta, Adamello, Presanella, Cevedale, Ortles, fanno da cornice al tramonto.
Non resta che camminare verso il rifugio che vediamo, verso le Torri del Vajolet. Ci arriveremo che la luna avrà già preso il posto del sole a illuminare tutto questo ben di Dio di roccia e passione e amore. Ma adesso, pensiamo al ben di Dio della tavola. Adesso possiamo dire che è fatta! Adesso pensiamo anche a cosa fare domani..

Indicazioni per ripetizioni:
- la relazione di Bernard è la più veritiera. Bernardi sembra quasi fare dispetto all'apritore: gli sgrada la via e spesso va a fare sosta in altri posti, su spuntoni di dubbia individuazione, inoltre nella parte alta segue un'altra strada, insomma fa un altra via. Indizio chiaro del fatto che sia un dispetto è che..segna comunque le coppie di chiodi di sosta come se fossero fuori via. Mah. Iacopelli parte diverso e finisce diverso, ma è comunque più fedele. E Iacopelli è un visionario: lui vede gli alieni e i cani dentro i razzi aereospaziali.. Nel proseguo mi riferisco a Bernard
- terzo tiro, non fermarsi come ho fatto io allo spuntone pieno di cordini, traversare e salire e c'è la sosta
- sesto tiro, occhio che un bel blocco instabile c'è
- ottava sosta non l'ho trovata, e l'ho fatta su blocchi di roccia, arrivando a pelo con le corde da 60m.
-  la nona sosta, seppur ci siamo passati, l'abbiam fatta più in alto, ma non è opportuno
- nel decimo tiro occhio, un chiodo nuovo invita ad andare nettamente a sinistra. Fatelo, poi vi tocca tornare a destra e salire con un attrito boia delle corde, come al sottoscritto
- dodicesima sosta su chiodo e clessidra.
- via da cercare, alcune soste sono anche belle nascoste
- DISCESA: dalla dodicesima sosta, alzarsi un po e iniziare un lungo traverso esposto (tratti di II/II+) su cengetta verso sinistra (faccia a monte). Noi ci siamo portati quasi sopra la cotoletta, da li poi abbiamo iniziato una risalita del catino. Si sale circa dritta, puntando in mezzo a due torrioni (se si guarda le possibilità più a destra, è chiaro che siano delle pareti con almeno del III di parecchi metri!). Si sbuca sulla cresta districandosi alla bene e meglio (in caso di scarsa visibilità, auguri, non ci sono ometti o segni o tracce, oppure noi non li abbiamo visti). Poi si prende la cresta cercando il facile, cosa che non è sempre automatica, e infatti di certo in qualche punto ci siamo complicati la vita. Infine in vetta. Da questa la normale è chiara, sempre cresta, con una doppia dopo pochi minuti dove è sufficiente una mezza corda, poi ancora cresta facile, fino alla forcella. Da qui la serie di doppie per portarsi alla base della parete. Per evitare incastri, facciamo con una sola mezza. Ancoraggio della prima doppia non visibilissimo, comunque è la prima forcella. La prima doppia coincide con il tiro della normale, e anche l' ancoraggio della seconda doppia è una sosta. Doppia che ci si incastra e ci fa temere, poi viene giu quando ormai sono pronto a risalire sul tiro della normale. Poi giù per il camino (non per la salita della normale), dove si svolge la seconda e terza doppia. NON fermarsi al primo ancoraggio, ma scendere a un altro. (se ci si ferma al primo gruppo di cordini, poi non basta solo una mezza e occorre fermarsi anche al successivo). Quindi dentro il camino la seconda e terza doppia, e l'ancoraggio successivo da cercarsi nettamente a sinistra (una sosta della normale. Altre due doppie sulla normale e si è alla base.

Qui e qui altre foto.
Qui e qui report.
Relazione sul Bernard la migliore e la "vera".
Relazioni utili ma un po' diverse su Bernardi e Iacopelli.