sabato 30 marzo 2013

Un pelo tira, ma anche una cascata: Excalibur

“quattro coglioni che partono lo stesso”, questo l'appellativo col quale chiudiamo la consueta mail settimanale delle proposte per il weekend dedicato alla nostra passione. I quattro siamo io, Mirko, Nicola, Gianluca, e siamo coglioni perché le previsioni meteo sono inclementi anche questo weekend. C'è da spingersi a nord per trovare una possibile finestra di tempo non piovoso al mattino, ma ciò vuol dire quattro ore di macchina. E secondo i miei canoni, sarà dura far giornata iin questo modo!
Ritrovo alle 2 al parcheggio, riesco a dormire una mezz'oretta in macchina dopo l'uscita con gli amici. Carichi come delle pile dell' IKEA partiamo, nella speranza di riuscire a fare qualcosa. Alla sosta in autogrill ci appare la luna e il cielo stellato: miraggio. Poi avvicinandoci ai monti i primi cappelli sulle cime ci fan capire che le previsioni non devono aver cosi sbagliato. Passiamo di fianco al Pelmo e ne ammiriamo le prime luci che lo illuminano. Che lunga la salita al Pelmo.. Poi una foto da cartolina con la luna che si corica dietro delle cime.
Però non fa freddo, e di ghiaccio se ne vede poco. Le aspettative già basse, calano. Destinazione Sottoguda, li di roba ce ne è , dovremmo poter passare la giornata a fare i criceti, finchè non piove. Ma Gianluca pensa già solo a mangiare alla fine.. Si parcheggia, ci si cambia con calma col cielo ancora sereno. Zaini scarichi, non siamo proprio in ambiente, sembra più una falesia. E adesso entriamo nei Serrai di Sottoguda..
Bellissimo, un canyon bello scavato e stretto, più del Bletterbach, (qui e qui), e colate di ghiaccio a destra e a manca. Però un po' magre.. terrore, riusciremo a fare qualcosa? Passiamo di fianco a una bella colata, con partenza nel ruscello con salto per piantare le picche da una roccia dall'altra sponda. Passiamo di fianco a La Cattedrale, ma sul secondo tiro si vede una crepa della madonna, pronta a cadere questa! Poi arriviamo da Excalibur. È lei.
Ora torniamo carichi, anche se il muro iniziale è notevole.. Cordate io e Mirko, Nicola e Gianluca, in alternanza, ma Nicola e Mirko partono per primi, l'esperienza davanti! Ma tutti aspettiamo Nicola, e quando lo vediamo brasarsi e ghisarsi dopo pochi metri, ci viene da chiederci “ma quanto è dura?!”. Però bel posto, solo il rumore impetuoso del ruscello (che non fa sentire la comunicazione tra cordate) e le nostre minchiate sparate per sdrammatizzare. “ma dai, è pieno di buchi” dico io.
Nicola invece fatica la salita, ma poi arriva su. Mirko lo segue, anche lui fatica, ci sta, è un 4+, io non l'ho mai salito un 4+. Poi viene la volta di Gianluca, al quale dico “ma come mai ci siamo solo noi?”, è una domanda che mi faccio spesso alle nostre uscite.. E adesso, tocca a me, libidine!
Zaini lasciati alla base, siamo in versione leggera, fortuna che però la giacca l'ho già messa, se no tra un'oretta mi bagnerei come un pulcino nella lavatrice. Cerco di sfruttare tutti i buchi che trovo per le picche, inutile la fatica di piantare e poi di estrarre. Si si, fatica, ma non mi pare così arduo come dicevano. Beh, da secondo cambia tutto, in più non devo piantare le viti, anche se però devo estrarle.. Me gusta!
Verso metà tiro capisco che Gianluca è partito per il secondo, come? Mi arriva un blocco di ghiaccio sulla crapa, segno indistinguibile di triurator. Riesco pure a farmi qualche foto, ma molta salita tutta di braccia a sollevarsi sulle picche. Ed arrivo in sosta, dove non faccio in tempo a dire due cagate che già Mirko vuole farmi ripartire, ok.
Attacco io, tiro più facile, ma non banale. Però non so perché oggi mi sento in forma, non ho paura (non tanta almeno) e sono sciolto nell'arrampicata. Non sono certo tecnico, visto che della progressione a tre passi ne varò fatto solo mezzo metro, il resto a cercare le piazzole per i piedi, con passi sempre brevi (prrr): Nicola dice “un triangolo evoluto!”, ma mica tanto. Voglio strafare, pianto le viti io, non sfrutto quelle di Gianluca. E picca picca, rampone rampone, arrivo a vedere Gianluca, che sosta su tre chiodi e due picche, dicendomi “la mia sosta fa cagare, ma gli spit non li ho trovati”.
Pensa pensa, cerca sotto la neve gli spit ma nulla. Guarda gli alberi a sinistra, ma sono un po esili e per arrivarci c'è da rischiare la neve sulla roccia. Ok, vado a destra da quel bel pino, quindi un bel traverso scendendo e poi risalendo, le cose da cercare di evitare insomma! E nei pressi del pino scorgo anelli di calata, questo è buono.
Nicola e Mirko ci raggiungono, anche una pioggerella fine, due palle. Nicola parte e lo vediamo serio e concentrato, ma come, duro anche qui? Vai Mirko vai, anche se oggi non sei in forma te la cavi bene e sali concludendo il tiro. Resto solo a salire, Gianluca è già su, e devo attraversare prima di arrivare sotto la linea di salita, obbligata dalle protezioni in loco.
Mirko da bravo non mi tira lungo il traverso, e mi porto alla base del muretto tutto contento, si riparte. Eh, mica facile nemmeno qui, un po meno buchi, ma oggi ramponi e picche lavorano da dio, e anche i bicipiti stanno bene. Nicola è già li che cala in doppia, parte per farmi qualche foto, poi dall'alto per rendere le foto più estreme, iniziano a lanciarmi neve, maledetti, “fa più Monte Bianco” dice Gianluca (video). Te lo do io il Monte Bianco!
Esco, delicato, finita, spit, doppia. Scende la prima cordata, poi vado io, alla fine ci caliamo verso gli anelli che avevo visto dal pino, poi in diagonale verso la prima sosta, e sotto la pioggia alla base della cascata, mentre una cordata guida e cliente sale (e noi rigorosi ce ne stiamo con fatica a destra per non disturbarli!).
Che facciamo ora? Si va a mangiare. Ci starebbe un altro tiro da qualche parte, ma c'è chi auspica i piedi sotto il tavolo, chi non vuole più bagnarsi, chi è soddisfatto a pieno da una giornata che poteva concludersi con un dietrofront fin dal parcheggio. E così posso pure riuscire a fare qualche mio giro stasera!
Via coi piedi sotto il tavolo, un ristornate gelateria li vicino, vinello scelto dal sommelier Bertolani e tutti allegri mangiamo con quattro risate al seguito. Fuori piove, ma dentro splende una stellata di stronzate. In fondo di cosa si parla? Delle nostre due grandi passioni: montagna e donne, o donne e montagna, per non ledere la sensibilità dell'ordine..

Qui altre foto.
Qui le foto di Nicola
Qui e qui relazioni.
Qui video del terzo tiro, con i corvi che lanciano neve.

sabato 23 marzo 2013

Sognando le Orobie, ravanando in Carega

“Yes, finalmente ho convinto gli altri bischeri ad andare in Orobie per l'ultima uscita del corso, così finalmente gli potrò far conoscere questo angolo delle Alpi poco di moda.” Così giovo due settimane fa, poi venne la neve a rimpinzare quella già presente, poi venne la meteo a ghigliottinare i buoni propositi annunciando da sabato pomeriggio brutto ovunque. Orobie, un'altra volta.
 Partiamo dunque, impossibile rinviare quest'uscita, l'ultima del corso, ma d'altronde sappiamo bene che stiamo giocando una mano a poker con un bel bluff in mano. Alle 00e45 ritrovo al parcheggio, chi ha dormito e chi no, ma siamo comunque abbastanza carichi, nonostante tre corsisti siano assenti. Forza, all'arrembaggio, nella speranza di!
Ore 3e30, undici bipedi in marcia verso il Passo della Madonnetta sul Sentiero delle Mole. Mole non ne vedremo nemmeno una, per fortuna invece ci sono le tracce di qualche scialpinista a guidarci. Ma è già abbastanza chiaro come finirà. La neve presente non regge, ci alterniamo davanti a battere una traccia faticosa. Fintantoché, cosa vedo, Nicola davanti?! Senza peste fatte?! Domani nevica, e infatti. Beh, d'altronde pochi minuti e “no no, mettiamo le ciaspole!”
Continuiamo al buio, spirito gioioso in mezzo al bosco. Avanzando la neve non migliora, anzi, ce ne è sempre di più, e quella dell'ultimo tratto è pesante davvero. Mi affianco a Nicola, “ma, mica saliremo vero?” “No no, con questa neve no di certo”. Al Passo della Madonetta sono le 5e30, ma la traccia da qui va verso il rifugio, non verso l'attacco del nostro Vajo delle Frane. Siccome oggi sono i corsisti a guidare la gita, “dove andiamo?”, e parte l'indecisione.
Dopo aver preso un po' di sano freddo, esser partiti nella direzione opposta a quella giusta, ci mettiamo a cercare il sentiero nella direzione giusta. Sali un po, scendi un po', tira dritto tagliando il pendio, niente tracce e niente segni, ma dov'è il sentiero?! Gianluca sprona chi “fa la vecchia” a passare un po' davanti a batter traccia, un po' per uno! Intanto il Carega inizia a mostrarsi con le prime luci dell'alba, ma lassù a 2000m c'è già un cappello lattiginoso che non promette nulla di buono. Tagliamo decisi in mezzo al bosco verso la direzione giusta, fino a giungere nei pressi di un pendio bello inclinato, che a me e Gianluca non piace. Dietrofront.
Ok, la testa ormai è già indirizzata a un lauto pranzo di polenta e cinghiale, con un sano litro di birra davanti. Tutto il resto è lasciar passare il tempo, altrimenti finiremo a chiedere queste pietanze mentre gli altri a fianco a noi fanno colazione. Intestarditi dalla ricerca del sentiero, saliamo e scendiamo, finché non mi tocca passare davanti perché il diretur vuole vedere cosa c'è lassù, e via a ciaspolare in salita a 50° con neve inconsistente. Ma al passaggio dell'undicesimo ominide, ci sarà una bella autostrada.
Giungiamo sulla nostra cima, che spettacolo. Mah. Certo, il sole basso, le nuvole che lo nascondono, la neve, carino, ma niente a che vedere con un'uscita al sole dopo 400m di canale al freddo! Prossima volta. L'importante è che il morale dei corsisti sia alto, tutti scherzano e ridono. Ormai tutti d'accordo per i piedi sotto il tavolo. Cazzegiamo un po' quassù e poi giù, dove sostiamo di nuovo per un'oretta di didattica su soste su fittoni e corpo morto, manovra di arresto, e sosta su piccozze col recupero delle stesse. Con io e Roberto che dopo aver cercato di fare una tana di volpe per scaldarci, finiamo a creare il crepaccio alle spalle di Nicola.
Poi basta, scendiamo col sole che a tratti illumina le cime, a più tratti invece è tutto coperto. Quanta neve, che spettacolo, se non arriva lo scirocco potente e il sole del Sahara, il parco giochi potrebbe essere aperto a lungo.. Gianluca ormai con le sue ciaspole ha acquisito un feeling che secondo me se le porta anche a letto stanotte. Stanotte, il solo pensiero di una doccia calda e una dormita fotonica mi riempiono il cuore. Ma solo dopo polenta e cinghiale e birra!
Non si vede nessuna valanga, nessun pendio che abbia scaricato. Non si vede nemmeno tanta gente in giro, ci sarà un perché.. Una tizia ci incrocia e ci chiede se partiamo ora, eh?! Incrociamo uno scialpinista che tiene l'artva sopra la maglia e appeso come una borsetta. Scendiamo scendiamo, c'è da arrivare alla tavola! E scendendo osserviamo il gruppo Zevola Tre Croci, sognando i suoi vaji il prossimo weekend.
E come annunciato, finiamo al Rifugio la Guardia, con un antipasto di polenta e formaggio con funghi, tris di primi e dolci, innaffiato da pinot nero e da un rosso che non ricordo, essendomi sfogato sul pinot. A volte, anche questo è alpinismo. È alpinismo anche uscire dal rifugio, vedere una roccia, e farci del boulder sopra. Parte Federico, Nicola lo segue, e io non resisto.
Sperando che ai corsisti sia piaciuto, abbiano imparato qualcosa, gli sia rimasta la voglia di andar per monti anche d'inverno, e sopratutto abbiano la foga di camminare sulle proprie gambe, finiamo così il primo corso AG1 del CAI di Carpi. Beh, in realtà manca la cena di fine corso..

Qui altre foto.
Qui le foto di Nicola.

sabato 16 marzo 2013

All'insegna della rivincita: Vajo Battisti

Nessuna pretesa oggi. È dal weekend scorso, passato senza monti causa meteo (poi migliore del previsto..), che aspetto una giornata di solitudine (di me e i miei compagni) in mezzo alla potenza della natura. Ma, lunedì mattina febbre a 38, la sera a 39, e così fino a giovedì sera, osservando le previsioni che continuano a dare per sabato una giornata eccezionale. E venerdì, il caos, bruciore all'esofago che mi rende di cattivo umore perché non riesco a mangiare. No, niente cascata con Nicola and company, troppo rischioso riprendere la febbre e per di più chissà in che stato di forma pietosa sono. Ma la voglia è tanta, e come dicono? Sanità di spirito per avere sanità di corpo. Marco mi salva, si torna in Carega.
Partiamo con calma, solo alle 4e30, assonnati entrambi come maratoneti dopo un'ultra trail, entrambi abbiam dormito si e no due ore. Sarebbe ordinaria amministrazione, ma nel mio stato.. Io avrei anche sognato di salire il Vajo Stretto di San Paolo, ma non posso rischiare di morirci a metà li dentro, perciò optiamo per il Vajo Battisti, già tentato l'anno scorso, ma finito con troppe rischiose varianti. Stavolta invece la neve c'è, e speriamo tenga!
E partiamo male se non riesco a mangiare nemmeno una banana per il bruciore all'esofago. Finirà che non mangerò nulla tutto il giorno, e ieri sera solo mezza pizza. Uh uh, son pieno di energie! Almeno bevo..ma poco, perché oggi brucia anche quella. Ma partiamo, col sole già alto. Lasciando le ciaspole in macchina, inabitudine da parte mia, ma oggi è un giorno strano.
Con calma, ma non troppa arriviamo al Rifugio Battisti, dopo aver osservato invidioso tutti gli altri vaji ben più cazzuti presenti in lontananza. Ma oggi devo stare calmo. E sopratutto sperare di riuscire a salire già questo. Si vede una bella scaricata di neve nella parte iniziale, speriamo bene. La cosa che mi spaventa è la consistenza, sopratutto in alto dove è tutto al sole. Oggi fa freddo, ma il sole è alto.
Siamo veramente a passo rallentato per i nostri standard, ce ne rendiamo conto entrambi, ma l'importante è esserci. E di tempo davanti ne abbiamo. Ma come nostro standard, siamo soli nel vajo. Ormai non ci poniamo più nemmeno la domanda “ma come mai nessun altro viene a farlo?” e in questo caso “e nemmeno venuto a farlo?”, perché non si sono tracce..
Si sale, e entrati all'ombra del torrione che sovrasta il lato sinistro del vajo (Dente del Mago), tutto il freddo si fa sentire ora che non c'è più il sole a mitigarlo. E la neve è peggio di quello che si credeva essendo cono di valanga, ma saliamo bene, sempre meglio che due settimane fa. E tornati al sole riprendiamo anche temperatura.
Scorgiamo ora molto bene la variante presa l'altra volta, quando il budellino era scarico di neve e scaricava sassolini di continuo. Se ci ripenso mi viene un attimo la pelle d'oca a pensare di tornare su quelle roccette marce in CCCC. Oggi proprio no! Più o meno, visto che anche se siamo imbracati e la corda è nello zaino, li resterà. Ma è un PD+, che sarà mai..
E invece sto budellino.. Cerco (ora sono passato avanti, mi sento un po' ringalluzzito, anche se non meglio) di passare a sinistra nella parte centrale del budello, ma servono le pinne. Marco prova a destra, più duro anche se si capisce più delicato visto il marrone visibile sotto il bianco, ma li si va, e seguo. Ma già questa decina di metri è un po' più di grado, e c'è da stare all'occhio. Poi c'è da traversare per tornare nella parte centrale, e anche qui.. Ma siamo al limite. Poi il tratto più divertente, un muretto ghiacciato a 60°, dieci metri di salita..ma con una picca sola!
Superiamo il tratto da cardiopalma belli carichi (lo eravamo meno nel durante) ma adesso sappiamo che possiamo farcela, neve permettendo. In fondo il catino di uscita è lassù. E dopo pochi passi di salita, oltre che tornare al sole, salutiamo anche l'uscita della variante dello sperone MAG, che oggi sembra anche più tosta essendo più nevosa, ma non ci interessa indagare, ci interessa uscire. Il sole sta scaldando un casino il pendio e la neve che lo ricopre, non vorrei ravanare fino alla fine dei miei giorni.
Forza su, vado avanti io, convinto del traverso da fare (se ne convince anche Marco dopo aver letto la guida): qui meglio non scivolare, perché o ti fermi in tempo, o arrivi alla base del vajo tramite una scorciatoia che implica un salto nel vuoto di qualche centinaio di metri. Adesso sono determinato, sento una voglia di rivincita che mi assale, da come andò il vajo l'altra volta (che comunque, finché puoi raccontarlo in salute, va sempre bene), dalla settimana chiuso in casa, dalla fame che mi attanaglia e che non posso sfogare, dal piacere del cibo che mi devo far mancare, dal noioso (non parlo, non rido) che devo essere oggi, nervoso sul mio stato di salute non ancora ok.
La neve fa scendere la caviglia sotto il bianco, ma si va. Zoccoli come ferri da stiro sotto il rampone fanno paura, perché scivolano da matti, e per toglierli c'è da stare in equilibrio su una gamba sola. Ma la cima è vicina, se ne sente l'odore. Potrei andare a cercare la cresta oppure salire dritto verso quei mughi affioranti. Vai verso la cresta, e dopo poco, vai su dritto sui mughi. Fortuna la neve tiene anche qui, nonostante sotto ci saranno metri cubi di aria in mezzo a rami e rametti. E infatti verso la fine quando la pendenza si accentua per lasciare piano piano spazio alla rotondità della cima, sbam, giù fino all'anca con la sinistra, e la destra tutta a galla.
Ci siamo, sono in cima. Cazzo se son contento. Non è nulla in tutto, ma con le mie condizioni fisiche e mentali è tanto oggi. Marco arriva, mi vede con le braccia alzate a pugni chiusi verso il cielo, mi fa una foto che sarebbe per me l'emblema della giornata, ma foto che riceverò forse tra due settimane.
Spettacolo, ci siamo divertiti, per il passaggio centrale forse anche un AD ci stava tutto, siam contenti di non aver dovuto ravanare troppo, e di essere usciti tutto sommato in tempi decenti, 3h15 dal parcheggio. Qualche foto dalla Cima Tre Croci, e un pensiero a Roberto che con sua moglie dovrebbe esser dentro al Vajo dell'Acqua. Ma meglio andare giù al Passo Tre Croci, che qui c'è un po' di aria e Marco muore dalla voglia di tornare a casa per andare a letto e essere in uno stato decente per la serata.
È fantastico, la neve al sole è quella trasformata meglio, e anche a quest'ora ha una buona tenuta. Sarebbe da approfittarne, peccato domani nevichi e cambi tutte le carte in tavola. La stanchezza e la mancanza di forma si fanno sentire anche in discesa. I muscoli avrebbero voglia di lavorare, ma ho un malessere generale che frena tutto.
Al parcheggio troviamo un gruppetto che ha salito il Vajo Fratta Piccola e ci dice che il Vajo Stretto di San Paolo deve esser messo bene, peccato non esser messo bene io! Mi toccherà pure soffrire guardando marco bersi la birra, e io il mio bicchiere di acqua che fa male anche lui quando scende.. Ma tutto sommato, è andata bene!

Qui altre foto.
Qui report.
Qui la guida di Bellò, dalla quale attingere.

domenica 3 marzo 2013

Vendetta a metà: Vajo Fratta Piccola

Vissuta nell’indecisione: come saranno le condizioni? Avrà scaricato? Pericolo valanghe? La terza uscita del corso AG1 del CAI di Carpi è funestata da queste domande. Ma tutti sommato sembra che si possa partire con buone speranze di concludere qualcosa, e così sia. Solo peccato partire così tardi: le temperature alte e il fatto di potersi approfittare (e godere) della luce lunare consiglierebbero una partenza più anticipata, ma pazienza.
Lasciamo il parcheggio coi primi raggi di sole che illuminano le cime più alte: pochi secondi e poi illuminano anche noi. La neve pare bella dura, ma qui siamo su una strada battuta: scopriremo man mano le condizioni. Oggi sarà all’insegna della scoperta! Ma anche questo fa parte dell’alpinismo invernale, scoprire le condizioni sul luogo, e scoprire e calcare tanti tipi diversi di fondo nevoso in pochi metri di percorso.
Superveloce colazione al Rifugio Battisti, e poi io, GianlucaMirko via sparati a rinfrescare le tracce che portano sotto i Vaji del gruppo Zevola-Tre Croci. Non siamo troppo ottimisti, non tutti hanno scaricato, lassù si vedono cornici, e sono già le 7e30! L’idea poteva essere quella di dividerci tra Fratta Grande e Fratta Piccola, ma notiamo che il primo non ha scaricato ancora, il secondo si, e con lui abbiamo un conto in sospeso: uniamo l’utile al dilettevole!
Aspettiamo gli altri sotto l’imbocco del Fratta Piccola (conto in sospeso), e ci prepariamo in modo da essere più svelti possibile: mai iniziato un vajo o un canale così tardi. Arrivano, si aprano le danze. Mirko prende Davide e essendo in due dovrebbero partire per primi, a seguire io con Massimo e Gabriele, e via via gli altri. Cerchiamo di esser sgaggi, e partiamo. E per questo parto prima io visto che siam già pronti.
E la partenza fa sudare. La neve non è dura, si va giù almeno fino alla caviglia, si cercano le zolle di valanga che sono più dure. Tocca pure gattonare con le braccia per aumentare la superficie di appoggio e riuscire a guadagnare qualche metro. La vedo grigia. Ma siamo qui, proviamo. Anche questo è alpinismo invernale, il ravanamento. E il tornare indietro se il ravanamento è troppo!
Al di sotto delle prime rocce, amara scoperta: il polistirolo. Brutta neve quando sta negli strati intermedi, questa crea un perfetto piano di scorrimento per le valanghe, e vedo che Massimo se lo ricorda bene! In più, in mezzo a questa farina, scendo fino all’ombelico, e non esagero. Tocca oscillare per scavarsi una trincea dalla quale si possa uscire! Forza voi sotto, ravanate un po’ anche voi! Io fatta la mia parte vado alla ricerca della neve pressata dalla valanga!
E la situazione migliora un po’. I corridoi di scarica belli piallati sono una goduria per i ramponi. E il salto roccioso che ci aveva fatto tornare indietro l'altra volta non esiste nemmeno: che differenza. Tantoché, esclusa l’uscita e la fatica per la poca consistenza della neve, io un D- a questo canale non lo darei oggi, al massimo un PD+. Il godimento sulla neve compatta, di quella che cigola mentre ci muovi il rampone dentro, dura sempre troppo poco, e si torna su quella che sfarina..sigh.
Vado spedito, meglio che mi quieto un po’ o li cuocio tutti (e non è il caso), tanto escluso Mirko gli altri sono belli indietro. Sarebbe opportuno mostrare qualche assicurazione, ma queste pendenze e con questa neve è inutile, oltre che difficile, vedremo più su. Il vajo è abbastanza dritto, e quindi si riesce già a vedere ciò che ci aspetta: ovvero altro ravano, perché non tutto il pendio è svalagato, ma ci sono bei tratti di neve fresca ancora da sverginare.
Arriviamo al bivio col Vajo Bandiera, qui siamo belli larghi e ciò ci concede una corsia a testa, io a destra, Mirko a sinistra, e chi sta sotto sulle nostre tracce, pardon, sui nostri gradini. Anche per questo il gruppo inizia a ricompattarsi, con Paolo che sale allegramente, oggi è parecchio in buona! Adesso invece la faccenda si restringe, con una bella parete verticale alla nostra destra che ci incassa insieme a una più piccola a sinistra. Bellissimo. Speriamo solo si stiano divertendo tutti quanti, nonostante la fatica.
Con le condizioni trovate, possiamo ancora tornare indietro, questa via di fuga non è preclusa. Ma eccoci a quello che sulla guida dovrebbe essere “con poca neve, strapiombo di IV”, ma oggi la neve c’è, e nonostante Davide spacchi mezzo ponte scivolando a mo di effetto crepaccio, con qualche passo lungo si supera tutto. Poco più su un altro passaggino delicato, ma è davvero robetta, giusto da richiedere un’assicurazione a spalla dall’alto e nulla più. Ma il bello deve ancora venire.
Ormai vediamo l’uscita, che però non è obbligata. Leggermente a destra una salita su neve verso l’alto, a sinistra qualche roccia affiorante e un uscita in goulotte mignon. Mi ispira a sinistra. Infatti anche Mirko piega per quella direzione, ma traversa troppo in alto, e il ravanamento lo fa desistere. Io intravedo una rigola che pare un vecchio passaggio di qualcuno, magari la neve li tiene: e così è.
Parto contento ed eccitato, lassù dei mughi e dei rami mi concederanno anche un minimo di assicurazione, e quelle rocce a destra e sinistra di un canalino di un metro di larghezza, saranno ben sinonimo di neve compatta al centro, no?! No. Salgo deciso, ma arrivo a un punto che mi rendo conto che sono su farina appoggiata su roccia, a 65°-70°. Guardo su, provo, a destra, a sinistra, ma niente. Mi torna in mente il Vajo Battisti, “ragazzi, no, si scende”. E li vedo preparati anche a questa mossa a gambero. Anche questo fa parte dell’alpinismo invernale, rugare di più i 10m di uscita invece che i 500m di canale!
Scendo una decina di metri, poi vedo un’altra riga poco più a destra, “ragazzi, riproviamo” “vai!” e vado. Ma niente. Da sotto sembra in un modo, quando ci sei dentro, la musica cambia drasticamente. E non si riesce nemmeno a metter giù nulla. No, altro dietrofront. Ma scendendo noto come Mirko sta faticando nella sua di uscita, e chi ci sta dietro anche. “va beh ragazzi, riprovo più a destra, andiamo a prendere quelle rocce la che magari aiutano”.
E torna sui 70° coi ramponi che si aggrappano agli smussi della roccia sotto, la punta della picca che cerca invana ghiaccio, lo trova una volta si e tre no, ogni tanto un buco nella roccia. Dai, li su sarà meglio, poi se no vado a destra sulle rocce.. Una fava! È davvero un tratto bruttino, ragiono decine di secondi su ogni movimento, vorrei solo arrivare alla mugaglia lassù che spero sotto quei ciuffi affioranti dalla neve, nasconda un bel tronco solido.
Traverso delicato per tornare a sinistra, sopra di me un muretto di roccia, a destra altra roccia ma non salibile. Sotto Nicola e Roberto han voluto seguirmi, anche se tra me e me mi chiedo “ma son scemi? Guarda dove mi sono infilato” ma da dove sono l’unica uscita possibile è verso l’alto. La mia speranza è arrivare ai mughi con Massimo e Gabriele ancora sulla parte decente della salita, e non sulla delicata! Ah, i mughi del Carega, un amore che nasce da lontano..
E invece toccherà muoversi sul delicato un po’ tutti insieme, ma arrivato ai mughi e all’albero riesco, oltre che a trazionarmi su essi, a mettere giù un bel po’ di protezioni. Intanto sento gli occhi di Nicola e Roberto addosso, sotto che aspettano mentre la mia salita gli fa un lavaggio di neve fresca che non si scorderanno! Bene, il duro è passato, la luce del sole è lì, a 3 metri da me, adesso non sono più impiccato a 70-75°, ormai è fatta. E invece nein! Adesso devo combattere con due metri di farina! Delicato delicato coi piedi, scavo e raspo con la picca alla ricerca di qualcosa di duro, piano piano metto la faccia al sole, Paolo laggiù ride e mi guarda. Per uscire devo gattonare, appoggiare il petto sulla neve e strusciare fuori, ma finalmente ci sono!
Recupero a spalla i miei due compagni di cordata, e intanto chiedo a Paolo di venire a metter giù una corda per Nicola e gli altri: non credo sia rimasta molta neve su cui fare quella debole presa.. Resto molto contento quando, oltre che uscire interi, Massimo e Gabriele mi dicono “grazie”. Nicola invece lo sentirò urlare della “troia” per un po’, eh eh!
Ora posso godermi il sole, sentire il calduccio (mi sono ghiacciato le dita negli ultimi passaggi, a cercare e tastare il nulla), mangiare e bere qualcosa, alleluia. Gianluca perde una muffola in salita, e rompe le balle a tutti nel chiedere “qualcuno ha trovato una muffola?”. Dopo un’ora e mezzo che sono fuori, anche l’ultimo di noi uscirà dal canale: vittoria! Vajo fratta Piccola aperto dalla marcia di 15 bisonti (13 bisonti e 2 gazzelle, se no prendo delle mazzate) della bassa, con due possibili uscite.
In seguito è una ciaspolata verso il Passo Ristele (per la gioia di chi le ciaspole non le ha mai usate, ma anche questo è alpinismo invernale), e in seguito una valanga umana nel Vajo Ristele: forse più pericoloso che il vajo percorso in salita, considerando il fatto che non ha scaricato. Decisamente giornata no per Gianluca, che appoggiato il caso sul sentiero alla fine del Vajo Ristele, lo vede scivolare inesorabile verso valle.. Ma lo andremo a prendere.
La gente è sparpagliata in parecchi metri di distanza adesso, la stanchezza si fa sentire. Anche perché ok che è discesa, ma quando affondi fino al ginocchio, anche la discesa è faticosa! Arriviamo all’auto accaldati, al sole mezzi nudi si sta da Dio, e dai commenti che si sentono in giro, facciamo anche la nostra porca figura.
Uscita decisamente andata bene, molto meglio di quello che ci poteva aspettare dai presupposti. Nella speranza che tutti si siano divertiti, e tutti abbiano imparato qualcosa!

Qui altre foto.
Qui le foto di Nicola.
Qui relazione coi tempi.
Qui la guida di Bellò, dalla quale attingere.

PS: è finita la sponsorizzazione Barilla. Non arrivandomi nessun pacco di pasta gratis, ho deciso di cambiare il paraorecchie.