sabato 31 gennaio 2015

Giornata piena e appagante: Cascata Madre, Valorz

“Finalmente una cascata con la C maiuscola”, an’vedi sto str..zo come mi sbeffeggia! Mentre io sono via, gli “amici” Nicola, Gianluca e Paolo se ne vanno a fare la Madre al Valorz, questi bas..di (e sanno bene che questi termini sono ironici, ma fatemi dare un po’ di pepe!). Messo giù il telefono con loro, mentre passeggio aspettando la cena, sai che c’è? Che sabato prossimo ci vado anche io!
Ricky, sabato andiamo a fare la Madre in Val di Rabbi?” “ok va bene”, ottimo! Una cascata bramata e il compagno di tante avventure che finalmente si rifà vivo per qualcosa di tecnico, la giornata promette bene. Meteo, innevamento (valanghe..) e temperature sembrano buone, le difficoltà dovrebbe ro essere alla nostra portata, e la ripetizione degli “amici bastardi” conforta sulla percorribilità dell’itinerario. C’è solo da andare..
I “bas...di” si fanno perdonare con qualche bel disegno con indicate le loro soste e quelle di calata, informazioni che alla fine non ci serviranno visto che parcheggeremo da un’altra parte, seguiremo una linea nostra e scenderemo per sentiero, ma lo sforzo è apprezzato. Veniamo a noi..
Ore 2:45 ritrovo, vogliamo arrivare presto per essere i primi ed evitare l’affollamento di eventuali corsi. Non parcheggiamo a San Bernardo, ma proseguiamo per cercare la strada che sale fino alla Malga Valorz, tentiamo salire un po’ ma neve e ghiaccio ci fanno desistere: una spintarella alla macchina e risaliamo parcheggiando di fianco allo stradone. Preparati a dovere (scarsa colazione a dire la verità) ci si incammina e si scopre una macchina che ha parcheggiato dove noi abbiamo preferito evitare. Mi ricorda la Funicolare..
Saliamo per qualche tempo a lume di frontale, la neve è poca, ci ricongiungiamo alla sentiero che sale da San Bernardo e delle tracce di piede mi fanno pensare di avere già qualcuno davanti, uffa! In mezzo agli alberi inizio a scrutare la nostra meta, e una volta che il bosco si apre a dovere, lei appare in tutta la sua maestosità, oh Madre! E due persone laggiu verso il suo attacco. 
Va bene su, la cascata è larga e accogliente per tutti, proseguiamo. Una biforcazione della traccia verso destra la ignoriamo convinti che sia corretto seguire verso sinistra. Siamo ancora senza ramponi, e l’avvicinamento presenta dei tratti di WI1 che sblisga se ci fanno traballare! I miei bastoncini (aperti a metà, sono bloccati, arghh) fanno quel che possono, mentre vediamo altre losche figure salire da basso, ci mettiamo i ramponi. 
Seguiamo la traccia e iniziamo a sentire spicozzare, sono su Grand Hotel, bella, ma la Madre è più a destra, bisogna che tagliamo in la e ravaniamo appassionatamente in mezzo alla neve, poca per il periodo ma comunque dei tuffi fino alla vita nelle zone di accumulo non mancano. Ed eccoci sotto di lei.
Bella larga, possente, ma non sembra troppo grassa e in forma. Però dai, non saremo certo ai livelli di MacchuPicchu, oggi fa anche freddo! La base sembra un canale nevoso con qualche risalto di ghiaccio facile, quindi continuiamo a salire alla ricerca di un buono spiazzo dove prepararci: forse così facendo ci facciamo parte del primo tiro in slego.
Giù i bastoncini, fuori le picche, e guarda te il mio amico cosa tira fuori! Delle picche da cascata, kong schock, che fighino. Fuori tutte le viti, rinvii, casco, corde (oggi è la prima volta della viola!!), barretta e via che si va. Parto io, un facile scivolo di ghiaccio che poi spiana su un piano inclinato nevoso da risalire fino alla base del ghiaccio, dove questo mi permette di fare una sosta che se no non avrei saputo dove fare.. Quella della calata ufficiale io non l’ho mica vista. Il cordone ricavato dalla corda di Gianluca viene usato per la prima volta.
Riccardo arriva senza difficoltà, anzi devo essere rapido col gigi, e giunto in sosta conferma di voler partire lui. Avevo le mie remore, è la sua prima cascata dell’anno, ma vai vai che tanto il fisico ce l’hai e visto il grado che arrampichi su roccia non dovresti sentirti a disagio. Picchia il mio amico, picche e ramponi, si capisce che da un po’ è a digiuno e deve riprendere confidenza col mezzo.
Mi sa che sta mettendo giù troppe viti però, di questo passo le finisce presto, e infatti le ultime saranno un po’ distanziate. Traversa un po’ verso destra per andare a prendere una rampetta al posto di un salto con roccia affiorante, ma soprattutto perché vedendo la sosta accessibile..perchè no. Intanto i tempi di ogni tiro si stanno facendo lunghi, ma anche perché di corda non ne avanza mica tanta.
Raggiungo Ricky, lo vedo un po’ provato, cerco di ripartire subito finchè siamo ancora in pochi sulla cascata, ma le candele di ghiaccio nelle vite sono dure da estrarre. Dalla sosta sarebbe bello salire dritto questa placco nata, ma il ghiaccio è troppo esiguo, meglio traversare un po’ a sinistra e poi risalire seguendo i punti più facili, o ancora meglio, quelli con l’acqua più solida.
Il terzo si rivelerà per me il più impegnativo, anche perché è quello che inizia a mostrare la delicatezza della struttura. Crostoni da rigelo che nascondono sotto neve fresca, belli spessi da sembrare buoni, ma che poi trazionati o appesantiti dal piede si spaccano. Meglio non essere sotto.. Ghiaccio che bascula tra il bagnato e il super spaccoso. Ma non sputiamo nel piatto in cui si mangia.
Quello che lascia un po’ perplesso e intimorito sono però quegli effetti tipo cartone animato: do la piccozzata ed esce uno zampillo d’acqua. Vade retro! Non bagnare me, il mio materiale, i miei guanti e nemmeno il mio amico sotto! Via via, salire salire! Cerco di comunicare col mio amico per sapere quanta corda resta, vorrei arrivare in una zona più comoda per sostare, ma la vedo dura.
Laggiù lo vedo che si sbraccia per scaldare le mani, mi sa che non si ricordava che freddo si patisce! Entrambi abbiamo la giacca polenta di on-ice, ma io sotto c’ho anche il maglione peloso oltre al resto: in sosta sto fresco, in salita bollo. Come bollono le mani ogni sosta, come bolliranno un pochino i piedi alla ripartenza del quarto tiro.
55m di salita, sosta ancora su ghiaccio ma stavolta metto una terza vite che non mi fa schifo. Anche perchè qui tocca stare davvero appesi alla “parete”. Chiamo Riccardo, che sale con calma, mi sa che il freddo lo ha sentito. Intanto sotto alla base si vede che è arrivata altra gente, che saranno dei fulmini a salire, ma riusciremo a uscire comunque prima noi.
Eh si, il ragazzo il freddo lo ha sentito. Già alla seconda sosta mi aveva detto “secondo me hai vinto che la cascata la finisce te da primo”, ora me lo conferma. E pensare che ieri, quando gli avevo scritto “oh se poi non te la senti la tiro tutta io” mi aveva risposto “no no marocchino, tiro anche io”.
Quarto tiro, vedo una sosta lassu, ma per raggiungerla c’è da fare del dry.. Deve essere la seconda calata, anche se mi chiedo come diavolo sia possibile da quella arrivare a dove abbiamo fatto la nostra seconda sosta (terza calata). E soprattutto, ma allora la quarta calata dov’è? Coperta dalla neve?! 
Parto di nuovo, punto verso destra lasciando una sosta davvero scomoda (i miei piedi..): anche qui le crostone da rigelo abbondano, cosi come gli zampilli che sgorgano dalle becche delle mie picche! Più si sale più la cascata piscia, meno male che c’è freddo! Mi ricorda Patri, vuoi dire che l’ultimo tiro va abortito? Impossibile, se no come usciamo?? Sono già pronto all’abalakov.
Metto giù viti fino ad arrivar circa in corrispondenza di quel bel cordone arancione, irraggiungibile (per le mie doti). Di corda ce ne ancora parecchia, sono circa  a metà, ma le viti sono poche, e il ghiaccio sopra sembra troppo bagnato. Sono quasi sotto il tratto narrato da Gianluca, alla mia sinistra un bel nasone di ghiaccio e si sta quasi comodi qui: faccio sosta, così il mio amico aspetta pure meno. 
Tic tic tic, arriva anche Riccardo, togliere le candele è sempre più difficoltoso, l’acqua e il freddo rendono durissima la carota. Riparto, senza troppe difficoltà arrivo sotto al passaggio dove Nicola settimana scorsa è andato a cercarsi il difficile giallo quando a sinistra c’era una bella rampetta azzurra (cit. Gianluca). Ci avevo anche pensato di salire da li, ma mi sembra troppo esile e bagnata la struttura. Perché complicarsi la vita dal punto di vista delle condizioni della materia prima? 
Via su a sinistra sbisciolando di qua e di la, piedi a incastro tra le colonne e picche finalmente in qualche aggancio: ah oggi si che le ho piantate con forza le mie bimbe! Superato questo muretto ci si ritrova su un pendio nevoso dove lanciare la picca con tutta forza a cercare qualcosa di solido sotto (operazione già compiuta sotto ma per due-tre lanci consecutivi, qui ben di più).
Vedo un albero con cordone a destra ma difficile da raggiungere e solo con un traverso sprotetto, un cordone a sinistra che deve essere quello di Gianluca (“cordone verde, ma occhio all’albero che balla un po’”, cit. Gianluca). Ma dai, io salgo a cercare un bell’albero lassu, così poi cerchiamo il sentiero e bona, evitiamo le doppie che scaricherebbero roba a chi sta salendo.
Salgo verso un free standing giallone  (probabilmente da salire quando bello pieno), ma per arrivare alla sua base stacco un lastrone di un metro quadro, porca vacca. Cerco di tenero coi piedi e sminuzzarlo, che fila giù faccio strike. Appeso alla bene e meglio centro l’obiettivo di non centrare nessuno.
Piazzo una bella vite orizzontale nella pozzanghera ghiacciata sotto il candelone, e poi mi arrabbato per un’uscita stile Appennino-Ravanosa-Careghiana, tra tronco secco, erba, cespuglio, picche nella terra ghiacciata, con la corda dura che più dura non si può e Riccardo che mi sa che mi dice che manca poco alla fine.
Oh meno male, riesco a raggiungere un bell’albero. Cordone e sosta, vai Riccardo! Però..non vedo tracce di gente che sia scesa col sentiero. Niente, mi sa andremo giù in doppia, se ce l’hanno fatta settimana scorsa.. Ma davvero dalla seconda alla terza ci si arriva? E la quarta dove diavolo è?
Mentre recupero il mio amico mi guardo sopra, si potrebbe proseguire ancora, e anche se si fosse stati più a sinistra si poteva continuare. Ma sono salti di ghiaccio con molta neve, e la in fondo si vede anche l’acqua impetuosa affiorare.. No no, va bene così!
Ricky non si lamenta nemmeno troppo per l’uscita ravanosa, e alle 15e20 riusciamo a fare la foto di cascata, 6h30 per 5 tiri (lunghi) sono forse troppo come tempo, miglioreremo. Intanto arriva anche un’altra cordata, e Riccardo vede laggiu tracce di passaggio. Che sete e fame! Mi passa un panino che nel formaggio presenta brina di superficie (grazie Ricky che mi sfami, ma stamani ti ricordo hai usato la mia frontale di scorta), e l’acqua ahimè sarebbe l’ideale per un Mojto: troppo fredda e granatina, ci teniamo la sete, sob.
Optiamo allora per provare la discesa a piedi, ma sarà anche questo un bel periplo! Seguiamo vecchie tracce di umani, si va anche bene quasi solo in traverso, finchè una traccia scende e una sale. Seguiamo quella che scende ma sembra arrivare in un punto morto scosceso, anche se laggiù vediamo omini che devono aver salito altre cascate. Torniamo indietro e saliamo, ma dopo un po’ sembra finire anche questa, che comunque presentava del WI 1 anche lei!
Va beh dai, seguiamo le tracce di camoscio che vanno in la, la direzione è corretta. Insomma, alla fine tra una ravanata e l’altra, qualche metro disarrampicato e l’altro, siamo sul pistone della discesa. Ben presto imbocchiamo il caratteristico tunnel ghiacciato del sentiero, che pavimentazione marmorea! 
Arrivati sotto a Salto Mortale e Salto degli Angeli fuggo solitario verso l’attacco della Madre a cercare i miei bastoncini, che per fortuna trovo! Torno dal mio amico, e la luce si sta facendo fioca. Ricominciamo a scendere, ancora coi ramponi addosso memori della salita di stamani (anche se siamo su un altro sentiero). I polpacci oggi si sono stancati e han fatto del buono e prolungato stretching, lo sento.
Con la luna che ci accompagna risiamo nei pressi della malga, e alle 18 alla macchina (quasi 12 ore), assetati (l’acqua continua a essere imbevibile), affamati, stanchi, ma davvero soddisfatti. Per altri sarà una passeggiata una cascata del genere, ma per noi non proprio. Bella lì, gran giornata di soddisfazione e di ampio respiro!

Qui altre foto.
Qui report.

domenica 18 gennaio 2015

Salviamo questa domenica: Rocca Pendice, Spigolo Barbiero

Dopo l’ennesima ritirata di ieri e le abbondanti nevicate, ghiaccio e neve meglio stargli lontano. Però sia io che Giorgio abbiamo la giornata free, e vorremmo approfittarne che cavolo! Se le attività invernali sono off limits, passiamo alle attività tardo autunnali, che tanto come meteo e temperature ci siamo. 
Dopo un calvario decisionale del sabato sera, protratto fino alle 22, si opta per Rocca Pendice, posto in cui non sono mai stato e che mi incuriosisce, mentre invece Giorgio è navigato, e ci ha fatto pure l’esame da Istruttore Sezionale. Unica pecca..si spera la roccia non sia umida, o non si va su.
Il viaggio ci imbriglia nelle nebbie della bassa padovana, una colazione incerta ancora nel grigio, ma basta poi alzarsi qualche metro sul livello del mare e splende un bel sole, bella li! Ora c’è ancora da sperare che ieri non abbia piovuto qui.
I primi passi di avvicinamento (maledetti quei maleducati del cazzo che cagano proprio nel passaggio quando invece tutto intorno c’è un sacco di bosco!) invece sono nel fango, un albero caduto sbarra la strada: no good, ma speriamo che l’esposizione della parete su cui andremo sia confortevole.
Si passa sotto il paretone est, umidiccio, la via che Giorgio aveva pensato alla Bianchini, ma meglio desistere. Con qualche passaggio delicato ci immettiamo sulla cengia che porta alla Carugati, bella umida, e proseguiamo verso l’attacco dello Spigolo Barbiero: attacco che si raggiunge con passaggi esposti e non certo da EE. Insomma, un po’ brio.
Eccoci sotto, all’ombra, ma li su saremo al sole. Pari o dispari per chi parte, vince Giorgio. Vince, insomma, vince al gioco e quindi gli tocca partire. E la partenza non è banale, placca liscia con mano debole: riesco a leggere come vada salita, ma da sotto tutto è facile. Dopo un po’ di ostiare, Giorgio passa, e le difficoltà calano, fino a una bella spaccata per poi arrivare in sosta.
Tocca a me, e realizzo bene che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E fidati di questo piede che tiene! E infatti tiene, ma che incertezza.. Poi mi è venuto davvero freddo (tra poco avrò davvero caldo) e quell’alluce sinistro ha un unghia che lo infastidisce parecchio. Ma alla sosta arrivo, e da questo balcone si nota ancora di più quanto la nebbia imprigioni le popolazioni aderenti al suolo. Noi aderiamo al verticale, non all’orizzontale.
Parto per il secondo tiro, in spigolo finalmente, al sole, che caldo, bello esposto, con passaggi atletici ma con chiodatura sempre buona. Arrampicata divertente, mi piace! Certo che essere a metà gennaio, arrampicare in questi posti e avere caldo senza essere troppo vestiti..mah! Prendiamo quello che viene, d’altronde per noi è un hobby che viene condizionato dai capricci climatici, per altri è peggio.
Giorgio arriva, e il suo tiro prosegue..all’ombra. Ben presto scompare per risalire un diedro reso infido dall’umidità, mi chiede quanta corda c’è, “ancora tanta”. Sale, poi inizia a scendere, ma che fa?! Boh.. “Molla tutto”, ok vado io. E quanto è umido il diedro! Seppur sia un III, da del filo da torcere in questo stato.
Riparto, placca appoggiata ma di aderenza, poi una “piazza” con 6-7 fittoni e soprattutto..il pilastro finale, il tratto chiave, quello che Giorgio (sbucato qui da una via a fianco tempo fa) ricorda ostico e dove c’è da abbracciare la roccia. Decido di fare sosta qui, così almeno per il tratto duro ho meno corda fuori, Giorgio sarebbe ben vicino a guardare che faccio, e rischio meno l’ultimo tiro come lunghezza (infatti il prossimo tiro sarà davvero lungo! Oltre che bello).
Recupero Giorgio e riparto. Minchia se è duro. Non mi faccio sconti, so essere scarso e pure fuori forma, ma il V/V+ della Decima me lo ricordo ben più abbordabile! Forse la vera differenza è che in Moiazza dovevo uscirne con le mie forse, qui posso azzerare e fare resting. Insomma tutti giochi mentali.
Ostio, resting, salgo un po’ ma non mi fido del piedino, torna giù. Sicuramente mi stanco più così che se provassi in scioltezza, ma non sono per nulla sciolto. Mi sembra di metterci una vita, in realtà riguardando gli orari delle foto nemmeno tanto. Un’azzeratina gliela do su un rinvio, dopo 5m le difficoltà calano. Ma che sudata. Almeno niente A1!
Ora è tutta una goduria di spigolo, esposizione, passaggi articolati a superare la prua di roccia, davvero divertente, un tiro che da una stellina in più alla via! Ecco la sosta, mi ci piazzo comodo, la “vetta” è li di fronte. Giorgio è ben più sciolto di me e arriva su ben più rapido di me! Che fame!
Solo noi sulla via e sulla parete, un gruppo di scout sulla “cima” di fianco a fare del baccano, ma bello “solitario” come spigolo. Probabilmente trovarlo così spopolato è raro. Scendiamo verso un settore della falesia, c’è il tempo per un monotiro, ma prima panino! La giornata è stata pienamente salvata.

Qui altre foto.
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sabato 17 gennaio 2015

Una ciaspolata con un po’ di ghiaccio: Il Flusso, Val Seria

Continuiamo la spasmodica ricerca di acqua solida da poter spicozzare e ramponare a modo, ma le nostre speranze e i nostri sforzi non vengono ascoltati. Le previsioni sono pessime, dovrebbe nevicare o piovere quasi dappertutto, e meno male, così i miei amici abbandonano l’idea di fare roccia (non inusuale in questo caldo gennaio) e di indirizzarsi su ghiaccio, che tanto anche se nevica mica ti frega (se non hai rischio valanghe..).
Alle 3 ci si trova, compagnia insolita oggi: io, Nicola, Mirko, Paolo, Giorgio, Fiorella. La colazione è salva grazie al bar super imbandito che ci viene in mente sbranammo anche l’anno passato prima della Val Paghera. Ma quanto piove.. Anche in alto.. No good.. Ok avvicinamento e scalata sotto la neve, ma non sotto la pioggia.. Per fortuna salendo ancora un po’ la pioggia diventa neve, fitta, e il povero mezzo necessita delle catene.
Finalmente al parcheggio, non ancora pronti, frontali accese..ma per poco, ormai un po’ di luce c’è, e per risalire la pista non ci sono troppe difficoltà di orientamento: anche se a metà qualche dubbio ci assale, ma siamo sulla strada giusta! Infatti ancora qualche metro e spunta il pianoro col lago. E in un momento di fugace vista, appaiono le cascate la in fondo, poi scompaiono nelle nubi basse.
Oh fantastico, con la neve, gli alberi vestiti dalla dama bianca, sembra quasi inverno. Peccato il lago non sia per nulla ghiacciato, la neve bagnata fradicia, e non certo abbondante! 10cm di fresca, a dir tanto. Montiamo su le ciaspole , cosi ci alleggeriamo la schiena, e poi più su serviranno. Un cagnone esce a giocare con noi in mezzo alla neve, tra bestie ci si capisce. Ma anche il cane resta sgomento di fronte a un bizzarro trenino.
Ci si incammina, sotto la neve un lago d’acqua, a ogni passo la ciaspola scompare nell’acqua liquida e lo scarpone la segue per un pezzo di tragitto. Che schifo.. Incredibilmente Nicola diventa il battitore traccia ufficiale, ma siamo in piano e con 10cm di neve, gli piace vincere facile.
Ci si diverte a “forzare” lo scarico della neve dai rami sopra le teste delle persone, e io che volevo farlo al ritorno per non sentire le cazziate delle vittime papabili. Ma il vero terrore non sono questi scherzi da infanti, il vero terrore è che fa caldo. Salgo in maglietta, anche se nevica niente giacca, morirei di caldo sotto, e tanto un cambio asciutto nello zaino ce l’ho (ci ho visto lontano io!). Inverno che non arriva.
La camminata è piacevole, ma la coltre inizia a ispessirsi, e non resisto a non passare davanti a pestare il manto immacolato, a voler scoprire in prima persona il prossimo angolo che si nasconde dietro il pino. Si potrebbe dire che l’uscita vale già questa ciaspolata nel bianco e nel selvaggio, mancava dall’anno scorso qualcosa del genere, ma la realtà è che avrei parecchia voglia di fare ghiaccio anche!
Il bosco si dirada, la neve ormai ha raggiunto un buon mezzo metro di spessore, la ciaspola pesta la neve che si ribalta su essa costringendo a sollevare tutto il peso, ‘na fatica..ma bella! Ci si districa in mezzo alle cunette e avvallamenti, si ode un albero che si spezza, ma il posto è stato scelto in quanto tranquillo sotto il punto di vista delle lavatrici a liquido “consistente”.
Da lontano Il Flusso non sembra un 2+, io che lo deridevo e puntavo alla Madre. La Madre invece ci sta tutto che sia un 4, si vedono delle belle sezioni verticali. È questo caldo che non mi piace. Ci raggiungono altri due, senza ciaspole, ma con il pistone che abbiamo tracciato noi devono essere abbastanza comodi anche senza: loro deviamo per la Candeletta, ben presto Mirko (che quando sta davanti più volte sembra scompaia negli 80cm di fresca) e Paolo tagliano a destra per la Madre, noi quattro dritti a Il Flusso.
Le cascate sono belle pregne di neve, sopra Il Flusso c’è uno scivolo bello carico che non mi ispira fiducia. Alla base creo un bello spiazzo comodo pestando tutto quello che posso pestare, poi appena ho una picca in mano provo il ghiaccio, che non sembra ottimale, ma proviamo.
La fase di preparazione bella lunga, complice una fame pressante che devo sfogare, parte prima Nicola con Fiorella a fargli sicura. Gli tocca ripulire parecchio dalla neve, e lo vedo muoversi con circospezione, non deve proprio essere facile, e d’altronde l’essersi dimenticato i ramponi migliori nell’altra sacca non giova. Inizio a sospettare che le condizioni non siano proprio buone..
Dopo un po’ provo a guardare se riesco a partire anche io, ma Nicola mi fa subito cambiare idea visto la neve che scarica giù. Lo vedo che prova a salire dritto, ma poi ripiega a sinistra per poi ritagliare a destra, adesso vado che se no facciamo notte. E inizio a capire il suo disagio nel salire..
Non si vede dove si mettono i piedi, il ghiaccio è bello bagnato e non ispira fiducia. E onestamente, il 2+ della relazione non lo vedo proprio, e anche dal basso della mia scarsezza, mi pare un bel 3 pieno. Salgo guardingo, ormai sono shockkato dalle numerose salite in cattive condizioni compiute finora, l’inverno non vuole arrivare.
Dove Nicola ha traversato io traverso meno e salgo dritto, qui direi ci stia anche il 4 forse, saranno 2 metri, ma sono drittini. Intanto Paolo e Mirko sono giù da noi: hanno fatto solo 5m di salita. Partito Mirko una spicozzata ha creato uno zampillo stile cartone animato che lo bagnato tutto, e scendi a mettere qualcosa di asciutto. Poi Paolo, ma scariche di neve gli han fatto cambiare idea. Se ne vanno verso il rifugio.
Arrivo in sosta, fradicio, i guanti passati (ok, scelta sciocca non mettere quelli impermeabili ma solo idrorepellenti, ma sembra che li abbia pucciati in un lago!) riprendo il controllo della temperatura e faccio qualche foto. A guardare in giu sembra che sia passata una lumaca a lasciare la scia sul flusso ghiacciato, che ripulita dalla neve gli abbiamo dato!
 Fiorella sale, Giorgio quasi pronto a partire, Nicola ha già decretato che si scende, non abbiamo il tempo per fare anche un altro tiro. In realtà c’è anche il fatto che qui siamo protetti dalle scariche di neve, ma se si sale ancora tocca andare esposti a quei parecchi metri cubi di neve sulle nostre teste. Poi insomma, le condizioni non sono proprio gustose, e aver visto Paolo e Mirko fuggire verso il rifugio lascia pensare.
Nicola incita Fiorella a picchiare duro con quelle picche, Giorgio inizia la sua salita, e ben presto Fiorella torna alla base calata da Nicola, che poi attrezza la doppia e mentre si cala fa un bel reportage a Giorgio sul tratto verticale. Ben presto la mia cordata si ricongiunge in sosta, e anche io adotto la scelta di calare Giorgio per far prima.
Partenza lenta, ma fine veloce. Intanto Nicola, incorreggibile, da qualche lezione alla base alla neofita Fiorella. Una volta giù e con la corda già su nell’anello di calata, la bionda riprova la salita, più dritta per evitare eventuali pendoli, mentre io metto via un po’ di roba e in seguito provo i ramponi di Giorgio. Mi sposto verso il ghiaccio per provare a salire qualche metro, e pom! Un bel blocco di ghiaccio scende dall’alto per impattare la mia spalla destra: con la coda tra le gambe torno allo spiazzo.
Poi per fortuna c’è tempo per farmi salire anche a me in moulinette per provare i Blade Runner di Giorgio, tutta un’altra cosa rispetto ai miei ramponi, mi sa che anno prossimo li cambio. Intanto mi gusto questa salitina supplementare che non mi spiace affatto!
Bon basta, è ora di fare su le canne e scendere verso valle, solo che dopo che mi hanno calato..la corda non viene giù. E tira Nicola, e tira Giorgio, vedo già negli occhi di Nicola la preoccupazione “che due palle, sta a vedere che mi tocca tornare su, così salta il teatro!”: e invece Fiorella e Giorgio si mettono a tirare come dei matti, riescono a sbloccarla e..effetto rinculo, si tuffano nella neve fresca.
Lasciamo questo bel luogo (solo oggi) solitario con la voglia di tornare quando le condizioni saranno un po’ migliori, ma con la contentezza di aver passato finalmente una giornata invernale in mezzo a della neve. E il terzo tempo al parcheggio non ci fa mancare nulla come al solito: birra panini prosecco panettone! Giornata salva, avanti un’altra.

Qui altre foto.
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