sabato 26 ottobre 2019

Giugnobre in Piccole Dolomiti: Spigolo GEA

Le giornate che non ti aspetti in Piccole Dolomiti: un cielo terso e temperature ipergodevoli (ma anomale). Zero nebbia. Eventi rari in queste montagne (anche se ben preannunciati dalle previsioni meteo). Logico approfittare di questo prolungato caldo anomalo per andare ad arrampicare in montagna invece che in bassa valle: ci starebbe anche andare in Dolomiti a sparare l'ultima cartuccia, ma impegni e situazioni varie me lo precludono.
Ecco allora che si forma un inedito trio: io con Federico e Mirco: dopo averli convinti (senza neanche insistere troppo) ad andare verso nord invece che verso sud-ovest. Anche se Federico mi sa che non ha le idee chiare su cosa andremo a fare.
Da Passo Campogrosso, ottima base di partenza in quanto coincidendo con quella base di arrivo ha il Rifugio Campogrosso e la birra lì di fianco, ci incamminiamo verso il Passo degli Onari ma passando sul versante ovest della catena del Cengio Alto, molto più silenzioso del versante est dove corrono un sacco di vie e brulicano un sacco di arrampicatori.
Su questo versante brulica soltanto un camoscio che cerca di scappare dagli spari che si odono un po' dappertutto. All'ombra si sta freschi sì, ma quando il sentiero inizia a salire si fa presto a scaldarsi.. Incrociamo (e superiamo pure) un gruppetto composto da sei trail runner, tutte femmine: mannaggia, ma perché oggi non mi sono messo in modalità corsa?!
Dal Passo degli Onari Seguiamo le indicazioni e troviamo la debole traccia che scende verso sinistra, ma a volte non è chiara e la scoscesosità da poca fiducia a proseguire. Tuttavia lo spigolo in breve è ben visibile e quindi dove buttarsi diventa chiaro.
Sei tiri diviso tre uguale due tiri a testa, e parte Mirco. Avremmo sogni di gloria: dopo questa arrampicare un'altra via, ma la situazione è piacevole e paciosa e ce la prendiamo piuttosto con calma nel prepararci e anche un po' nell'arrampicare. Mirco vorrebbe puntare lo strapiombo lassù ma io e Federico lo obblighiamo a spostarsi verso sinistra dove più logicamente corre la via.
Sul secondo tiro il sole inizia a farsi sentire davvero bene: un bel calduccio ma anomalo.
Alla seconda sosta è ora di fare cambio: Federico che non ha studiato la via ma che vuole salire da primo i tiri più fotogenici per essere il soggetto di belle foto da acchiappo (che nessuno scatterà) decide che i prossimi tiri sono suoi. Il terzo lungo tiro è tipicamente careghiano, ad accarezzare mughi, a volte districarsi tra essi, ma nel mezzo raccogliere anche tratti di roccia verticale. E per finire una bella scomoda sosta su un tappeto di mughi.
Il quarto tiro già si intuisce che non sarà troppo facile, e anche la roccia ci metto un po' del suo, come pure un po' di sporco che si trova. Ma d'altronde la via è recente, e l'impegno nel disgaggio e nella pulizia degli apritori è stato notevolissimo: adesso tocca ai ripetitori dare il loro contributo. Fatto sta che Federico prima si incastra a nut nel cammino sbilenco, e poi vorrebbe dotarsi di bussola per districarsi nel labirintico proseguo della via: a destra sinistra in alto sotto lì dietro lì di fianco dove si va? E iniziamo chiaramente a intuire che ce lo sogniamo di salire qualcos'altro oggi.
Bene adesso tocca a me: bene ma non troppo, perché da quando sono qui in sosta e osservo la parete verticale sulla quale corre il quinto tiro sono un po' preoccupato. Quando me ne avvicino percepisco la fondatezza dei miei timori: il brocco che è in me lo sentiva.. Vado un po' a destra, un po' a sinistra, e piazzando giù qualche friends (prontamente tolto quando poi arrivo al chiodo) con tempi biblici riesco a salire, fino ad arrivare quasi all'uscita.. dove vorrei afferrare con forza con la mano destra lo spuntone che mi faciliterebbe il passo, ma non dà tutta questa fiducia di solidità e se dovesse crollare mi arriverebbe proprio addosso: complichiamoci la vita utilizzando prese più solide ma piccole.
Della quinta sosta il proseguo della via non è chiarissimo, o meglio, spero che non ci sia da passare di là: una volta che riesco a partire vedo bene che dopo aver camminato sui piattini appoggiati e bicchieri di cristallo, raggiungere l'ultima sosta è un gioco da ragazzi su una paretina ben lavorata. La sosta è un po' scomoda ma molto fotogenica, d'ambiente!
A fatica ci ricompattiamo, non tanto per la difficoltà arrampicatoria dei miei due amici, quanto per la comodità e la carenza di spazio: su questa via bisogna proprio evitare di essere in più di due cordate! Una dedica sul libro di via e poi attrezziamo la doppia, che probabilmente erroneamente concepisco più complicata di quello che doveva essere, ma tant'è. Una pausa per mangiare bere è doverosa, ma è anche doveroso fare i conti con l'orario tardo che abbiamo raggiunto, perciò meglio non cincischiare troppo e scendere per lo stesso sentiero per il quale siamo saliti.
Sentiero dal quale dopo poco scorgiamo una cordata sul secondo tiro dello Spigolo Solda al Monte Cornetto, che da lontano ci chiede informazioni sulla via in quanto..non hanno una relazione con loro. E infatti stanno sbagliando, sono troppo a sinistra. La gioiosa giornata non può che finire con un ristoro al Rifugio Campogrosso, dove dopo una chiacchiera e una risata, appena il sole cala dietro le montagne e il freddo si reimpadronisce di ciò che i raggi solari si erano guadagnati, ci fa correre verso casa.

Qui altre foto.
Qui report.