domenica 21 luglio 2019

Everesting run: cricetando sul Cusna!

Non è che sia proprio una regola ferrea essere completamente centrati. Anzi, un pizzico di pazzia serve per sopravvivere in questo mondo e in questa società: come il sale che da il giusto condimento nelle pietanze, la giusta dose di rhum nel mojto, ecc. E quale miglior modo di sfogare questo bisogno di scentrarsi che una sfida fisica e mentale senza premi, senza sfidanti (a parte se stessi), incomprensibile ai più?

Eccola, si chiama Everesting: scegliere una salita, e percorrerla tante volte finchè il dislivello in salita accumulato eguaglia (e supera) quello della montagna più alta del mondo, in una sola volta (le pause possibili ovviamente, ma senza dormire). Nata per il mondo bici, e scoperta grazie a due amici ciclisti: ma io di stare in sella a spaccarmi il culo (nei due sensi) per tante ore non ce la posso fare (sempre che riesca poi a sostenere la fatica). Da qualche mese è stata creata la versione "run", ma anche qui io non voglio spaccarmi le ginocchia in discesa. Ferma tutto, nella versione run è possibile scendere con altri mezzi! Allora si può fare.. Dove? Quando?

La salita faccio presto a sceglierla: il mio terreno di allenamento, vicino casa e con la seggiovia che in estate in certi giorni è in funzione dalle 9 alle 24 (circa). C'è solo da aspettare la giornata con meteo propizio, senza venti che potrebbero fermare la seggiovia, e magari una giornata che mi senta in forma.. Già prima della LUT avevo pensato al primo weekend di ritorno dal GR20. Ma chissà se tutto si allinea nel verso giusto, se avrò tempo di prepararmi, pianifica, trovare qualche complice...

Scruta il meteo, caccia il bidone all'amico che voleva arrampicare (sorry, ma capiscimi!), telefona al gestore degli impianti, acquisisci la complicità della morosa nel portarmi su il saccone con viveri e cambi, opera una minuziosa pianificazione della spedizione (il giorno prima della stessa però). Sabato 20 luglio è il giorno. Per capirci, la pianificazione consiste nel redigere un foglio (excel) dove ipotizzo i tempi di ogni salita, pausa, discesa, cambio abito, spuntino; e sulla base degli orari della seggiovia, della previsione del tempo totale da metterci fare un tuning dell'orario di partenza e della logistica. Decidere a tavolino cosa mangiare e bere durante ogni discesa, con cosa riempire la borraccia per la prossima salita. Un certo lavorino di ingegneria.

Parto già in ritardo, ma stanotte dovevo dormire un po'. Dal parcheggio risalgo la prima parte delle piste fino alla partenza del secondo troncone della seggiovia, che da 1500m sale fino a 2000m. Ho 40 minuti di ritardo, che riuscirò quasi a recuperare. Start ai due orologi, il mio e quello prestato da Giorgio. Con lo zainetto parto per la prima salita.

Calma, devo andare con calma. Tanto devo farne 17, ho tempo per ascoltarmi, capire come sto, vedere come va, e decidere se poi tirarci o rilassarmi. Scendo senza esagerare con la corsa (non come settimana scorsa che da 2000 a 1100 sono sceso in 25min scarsi), risalgo. Riscendo. Risalgo. Finalmente la seggiovia è aperta e posso sfruttarla per scendere. Dalla finestra del rifugio una ragazza si affaccia indaffarata a comunicare con un suo collega, ci guardiamo "Sei tu?" "Sì sono io che ti ho chiamato ieri", sono io quello scemo.

Scendo e incrocio Stefania che sale con solo il borsone dei viveri "Maledetto, ma quanto era pesante?! Ho dovuto svuotarlo un po nello zaino dei vestiti, mi toccherà fare due giri in seggiovia! stellina, grazie. Quindi vuol dire che mi tocca aspettare a usare il materiale di ricambio.. Risalgo e trovo l'ospitalità e complicità delle rifugiste che mi fan tenere il borsone nel magazzino, che uso come la cabina telefonica di superman per cambiarmi (nelle prossime ripetizioni) e prendere cibo e bere.

Riscendo, incrocio Stefania, risalgo e finalmente posso cambiare assetto: via lo zaino, solo cintura in vita con un gel e la borraccia. Mangio in seggiovia mentre scendo, con lei che se ne va verso casa "Manco un libro ci stava nella borsa, cosa resto a fare!", e intanto ha già informato le rifugiste che "è scemo". E distratto, ho dimenticato i bastoncini su.

Inizia una nuova fase col nuovo assetto. Ora c'è da concentrarsi, non sbagliare, rimanere sul pezzo e ignorare la fatica. Che a dir la verità non è nemmeno tanta, vedo che i tempi restano bene o male gli stessi (certo, verso la fine qualche minuto in più ce lo metto): sono quei 13 minuti di seggiovia a giocare a mio favore sul riposo? Forse sì, anche se 13 minuti sono tanti (fossero 10, 3x17=quasi 1h risparmiata) e sono..freddi. Sudato così, c'è davvero freddo.

Ignoro tutto e tutti, salgo e scendo, salgo e scendo, evidentemente chi aiuta a salire sulla seggiovia qualcosa inizia a chiedersi. Ogni tanto quando entro nella mia cabina telefonica le ragazze mi chiedono se vada tutto bene: forse pensano più alla mia sanità mentale che alle gambe. Ma io vado, un panino quasi ogni discesa, the, coca cola, basta gel che mi infastidiscono.

Dopo 10 salite sono oltre il Monte Bianco: mando un messaggio da chi mi segue a casa per fargli sapere come va. Chissà, potrei scrivergli anche quando arrivo sul Denali, sull'Aconcagua, sull'Annapurna. Dai va, pensa a non perdere il ritmo e la concentrazione. Sono oltre metà, ma non resta di certo poco da salire.

Il caldo asfissiante della mattinata si placa nel pomeriggio costellato di nuvolette. Male sarà invece il vento che mi farà tremare di freddo in seggiovia dalle 18 in poi, per poi trovarmelo pure forte e contro nelle ultime 3-4 salite. Stefania mi ha già minacciato "Con la fatica che mi hai fatto fare, te adesso finisci sta cosa e vedi come ti piace". Piacere. SI può provare piacere a fare una roba del genere? No, piacere non è la parola giusto, al massimo "appagamento".

Sali, entra in cabina, controlla la tabella cosa dice, prendi quello che dice la tabella, scendi, mangia in funivia, riparti. Annota i tempi quando riesci. Cerca di iniziare a capire quando finirà: temo che prima dell'ultima salita dovrò scendere di corsa, e questo mi scoccia. Può essere una bella botta. E la roba che ho su come la porto giù?!

Arrivo su: una signora che deve avermi notato mi interroga su cosa stia facendo, e mi fa i complimenti in seguito alla mia spiegazione. Segue l'addetto alla seggiovia su. L'addetto alla seggiovia giù mi aveva già chiesto. Era ovvio che non potessi passare inosservato. Testa china e continuare a salire. Ormai conosco i sassi, le frasche per terra, le curve. Ma ogni tanto sbaglio di qualche metro.

Brucia l'interno coscia. Non ho pensato a metterci del lubrificante lì, e sto pagando questo ammanco. Ce lo metto ora, ma è tardi, mi tocca proseguire a gambe larghe e denti stretti. Salvo questo, inizio a sentire che ce la posso fare, che manca poco. Il poco sono ancora qualche migliaia di metri di dislivello, mica pizza e fichi. E la seggiovia, ce la faccio a fare la penultima discesa?!

Il tempo inizia a stringere, ma la forma regge, la testa pure. Alle 22 entro in cabina telefonica, mi reco dalle rifugiste, mi dicono che l'ultima discesa non è alle 23:15 ma alle 23:45 "ah ma allora ce la faccio!" anzi, a darmi una mossa potevo farcela a fare anche l'ultimissima discesa. Buio, serve la frontale da un po'. E la giacca, freddo e vento.

Penultima salita, entro in magazzino, faccio su i borsoni notevolmente alleggeriti per tutto quello che ho mangiato e bevuto. Lo porto giù con me, lo lascio vicino all'arrivo della funivia a 1500m e mi appresto all'ultima delle 17 salite. Ora mi sento solo: nella salita è stato sempre così, ma ora anche quando arriverò su non ci sarà nessuno. E nemmeno quando tornerò giù. La montagna sarà tutta per me.
Sono su. L'orologio di Giorgio segna 9201, da Google Earth avevo visto che la salita doveva essere 560m, per 17 uguale 9520. Ma la prima salita mi aveva segnato 520, e 520 per 17 fa 8840! Spero bene che l'altimetro complessivo abbia ragione. Mi fermo un attimo a godermi la cosa. La cosa vorrei godermela con chi mi ha aiutato e una bella birra. Ma non si può. Anzi, c'è ancora da fare per portare le chiappe a casa.

Scendo, non più con calma, posso sforare e corricchiare. Alla seggiovia fermo davvero la traccia, e vedo un fuoristrada allontanarsi: no, ma dammelo un passaggio! Faccio su il borsone e lo zaino, compatto tutto ma il peso è notevole. E il borsone a zaino non è così comodo. Arrivo all'auto stanco più per questi ultimi 35 minuti che per le 17h di prima. è già passata l'1..

Una veloce lavata alla fontana, poi tento di iniziare la guida verso casa, ma sono comprensibilmente cotto. Mangiucchio intanto per tenermi sveglio, ma poi diventa d'obbligo una pausa a dormire mezzora. Mi sveglio, guardo il buio, volto gallone, un altra mezz'ora. Riparto, mi fermo dopo poco, ridormo. Suona la sveglia, me ne sbatto di lei e dormo. Mi sveglio col sole. Arrivo a casa alle 7e30.
Nei giorni successivi avvio la richiesta di omologazione, incrocio le dita. Dopo qualche giorno arriva, ma al momento in cui scrivo..c'è qualche problema con la traccia, è in California e con pendenza media negativa.. Ma l'omologazione c'è! Il ragazzo che si occupa del sito italiano, raccoglie i miei dati, mi mette nella sua Hall of Fame e prepara l'attestato (grazie Fabrizio!)

Ok, è forse una roba da criceti, con poca valenza alpinistica e sportiva, zero avventura. Ma avrei da contestare: l'avventura non è forse far fronte a situazioni impreviste? Ed è prevedibile come possa rispondere il tuo fisico e la tua mente a una cosa del genere? La mia ha risposto bene, benissimo, e sono proprio contento. Ora però, per un po'..basta!

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