sabato 3 agosto 2019

Terzo ma non terzissimo: Spigolo NordEst di Cima Lagoscuro

Arrampicare in Adamello è una'attività che mi ha sempre affascinato. Anche perché spesso si confà a quello che piace a me: arrampicate non di grado estremo, grandissimo ambiente, avvicinamenti lunghi e discese idem. Solo che spesso quello che piace a me non piace agli altri, e faccio sempre fatica a trovare qualche buonanima che mi accompagni e condivida queste avventure. E infatti finora non ho quasi arrampicato nulla in Adamello tranne la facile cresta ovest di Cima Plem.
Stefania condividerebbe questo tipo di salite, ma solo se la lunghezza della via fosse dimezzata, l'avvicinamento ridotto un terzo e la discesa su semplice sentiero. Ecco allora che per accontentare entrambi lo spigolo nordest di Cima Lagoscuro (con avvicinamento discesa fatta con gli impianti), può regalarci una bella giornata.
Prendiamo una delle prime corse per la salita a Passo Paradiso, ed è tutto già piuttosto affollato per quelli che vanno a fare il Sentiero dei Fiori. Prendiamo anche il successivo troncone che ci porta ancora più su, a Capanna Presena: oggi è inutile lesinare sull'avvicinamento, in questo "ambiente" antropizzato e su questo terreno scomodo. Oltre al fatto che non voglio certo traumatizzare la mia compagna facendole fare troppa fatica.
Lo spigolo è già ben visibile, ma alla sua base notiamo quello che si sperava non ci fosse: della neve. Su un vago sentierino iniziamo ad avvicinarci alla nostra meta, la giornata è serena anche se fa piuttosto fresco: speriamo che presto si stia meglio altrimenti mettere le scarpette sarà un trauma. Davanti a noi ci sono due persone e finalmente qualche ometto ci conferma di essere sulla strada giusta: non che ci fossero tanti dubbi, ma l'irregolarità delle morene e questi blocchi di granito ti lasciano sempre perplesso. Non sono certo dei facili prati verdi.
Seguiamo le tracce di chi ci precede evitando la neve alla base della parete e andando verso sinistra: neve che però prima o poi dovrà essere affrontata, traversando sotto la parete. Un'altra cordata invece sale dritta per il pendio bianco. Chi ci sta davanti alla fine devia totalmente a sinistra non si sa per andare dove, mentre noi siamo costretti a traversare il pendio per portarci la base della parete e da lì sperare in una traccia fantasma che vada fino all'attacco dello spigolo. E invece no, non c'è nulla, tocca tracciare e cercare di non scivolare.
Passo i miei ramponcini a Stefania, ma non migliora di molto la progressione. Io ("fottuto camoscio") entrando e uscendo dal crepaccino tra roccia e ghiaccio, finendo a cavalcioni sulla cresta nevosa, e con qualche altra peripezia, arrivo all'attacco posizionandomi su una cengetta a lato dell'altra cordata che sale. Inizio da attrezzare ma ancora Stefania non si vede. Arranca cercando di non scivolare verso valle. Si instaura subito un dialogo scherzoso con la cordata di bresciani, poi una collaborazione aiutando la ragazza ad arrivare all'attacco, e in seguito ci farà da apripista sui primi tiri della via.
Eccola la donzella: possiamo adesso legarci e finire tutta la preparazione. Anche se i primi tiri sono facili, meglio mettere le scarpette per non rischiare di fare i pirla. Che poi, facili ma delicati: la roccia non è proprio delle migliori in questo tratto e inoltre non si è neanche a filo dello spigolo. Meno male che chi ci precede ci mostra la via, e in questo modo perdiamo meno tempo. Nel dubbio parto io da primo, nel seguito vediamo come la va.
Non pensavo che avrebbe fatto così freddo. In pianura c'è un caldo quasi assassino e a 3000 metri pensavo che saremmo stati bene anche in maglietta: e invece c'è da mettersi la maglia a maniche lunghe e a ogni sosta sarò lì lì per mettermi pure la giacca. Le mani in certi tratti sono fredde come se stessi facendo una cascata. Tuttavia il coppetto si prende una bella ustionata, figlia anche del fatto che tra vento e freddo non si sente il sole che picchia sulla pelle.
Stefania arriva in sosta ed è dubbiosa se alternarci, siccome la sua prima via dopo tanto tempo. Decidiamo allora che continuo io, in modo che la sua giornata diventi di puro piacere senza nessun patimento da prima di cordata. Il secondo tiro parte con una placchetta sbilenca dove meglio avere un passo lungo, prosegue poi su placchette appoggiata e poi si impenna decisamente su una paretina a cengette ma dov'è meglio tastare tutto ciò che si tocca. Quello che fa molto ambiente è che in 50 metri si riescono a mettere giù tre protezioni. La sosta è pure all'ombra, ma lo spigolo è finalmente vicino.
Nei pressi della Sosta Stefania inizia intonare il leitmotiv della giornata "terzo ma non terzissimo". Riparto verso sinistra evitando le pozzanghere di neve o grandine di qualche giorno fa (la mia compagna invece, come fanno i bambini piccoli che si tuffano a piedi uniti dentro le pozzanghere, ci spalmerà ben bene le scarpette in modo da darsi più brio alla prosecuzione). E con qualche passo atletico, evitando sassi mobili che la cordata di bresciani mi ha prontamente segnalato, si giunge finalmente sullo spigolo, si ritorna il sole a scaldarsi un po' le membra.
Ma giusto un po': quelle maledette nuvolacce che girano se ne vanno a coprire il termosifone naturale proprio quando serve. La chiodatura sembra più abbondante di quello che doveva essere, il che vuol dire che magari su 30 m due cosine le trovi. L'arrampicata procede piacevole, e anche se livello tecnico sia cresciuto un pochino, l'esposizione e l'arrampicata in spigolo con un cielo sereno e quindi panoramico, rendono tutto meno ostile.  Siamo alla sosta nei pressi e la mitica Placca Faustinelli.
Crux della via, sulla quale la densità di chiodi o simili è tale da renderla quasi su S1. Cosa che non dispiace. Un paio di passi da pensare, ma per il resto la quanttà di fenditure nella roccia (i love granito) permette sempre di trovare qualcosa di buono per mani e piedi. Esco un po' troppo a sinistra, ma tanto la sosta è lì comoda a destra su spuntone (un po' dubbio come spuntone). Stefania se ne esce con "Quarto ma non quartino": la sete sta annebbiando le menti.
Ora il percorso non è ben definito da soste o altro, si parla genericamente di stare a filo spigolo o sulla destra, che ci sono 120m di II. Mah, secondo ma non secondissimo, a meno che sia io a prendermi strane varianti. C'è qualche pezzo di camminata, ma anche qualche muretto da salire, bei tratti in spigolo e piattini e piattoni da evitare.
Una sosta, poi ancora avanti: chissà se si arriva in cima col prossimo tiro. Di nuovo a svirgolare e cercare il passaggio migliore e più solido, col panorama che si apre sempre più sulla Presanella e i suoi figliocci. Con questo tiro ancora non si raggiunge la sommità, e quindi ecco che devo attrezzare un'altra sosta, bella panoramica ma freschetta tra aria e ombra.
Ultimi sforzi, ultimi momenti di solitudine, minuti a goderci la montagna tutta per noi: gli impianti sono sempre ben visibili laggiù, ma i suoi sono strozzati dal silenzio della quota. Poi però la cima è affollata di gente, devo districarmi tra queste per raggiungere uno spuntone su cui far sosta e recuperare Stefania. E nel mentre, una ferratista pensa bene di usare la corda tesa come fosse il cavo di metallo "Oh, non è mica il cavo!".
Fame e sete da placare, così come panorami da godersi. I sofferenti ghiacciai dell'Adamello, le 13 cime, le 1542 persone che brulicano in cima e ci mettono addosso la smania di andarcene. Tentativi di attaccare bottone con battute becere.
Si scende per il Sentiero dei Fiori: l'avevo già percorso anni e anni fa, e me lo ricordavo panoramico, bellino, che ne valesse la pena. DI nuovo torna fuori il "fottuto camoscio", e un po' quella vita da cagnone fatta sul GR20. Per fortuna non ci sono tante persone a fare da tappo o da dover incrociare: non avrei mai pensato di trovare però quelli legati in cordata (dalla dubbia assicurazione) su una ferrata. I ponti sospesi sono un must: solo che lei sembra avere meno paura di me. Uffa, trappolina non riuscita.
La discesa dal Passo del Castellaccio è una lenta agonia, sopratutto per Stefania che patisce i postumi delle discese del GR20. Con pazienza arriviamo alla funivia con un buon anticipo prima della chiusura, e di nuovo in mezzo alla folla. madonna se sto diventando misantropo.

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