OK l’esser
razionali e ragionar prima di agire, ma quando l’istinto chiama può esser la
scelta giusto ascoltarlo. E così è stato anche stavolta. Il richiamo di un bel
trekking intenso nel mio caro Appennino Reggiano, a visionarne la fragranza dei
colori autunnali e la solitudine astratta di questi luoghi, è stata la mossa
giusta.
Declino
l’invito per una via di roccia fattami dai compagni di merende e decido di
partire da solo alla volta dell’Appennino Reggiano: il giro che voglio fare è
ambizioso, già un paio di volte avevo provato a farlo, anche solo un pezzo, ma
poi desistendo causa meteo o tempo o mancanza di voglia sopraggiunta
all'improvviso. L’idea è di partire da Case di Civago, prendere il sentiero che
sale al Monte Ravino, cresta di Vallestrina, cresta del Cusna, discesa per la
costa delle Veline e ritorno nei pressi del Passone, cresta nord del Cipolla e
del Prado (tracce, ma non è un sentiero ufficiale), crinale fino al Passo delle
Forbici e discesa verso il Rifugio San Leonardo per ritorno all'auto.
Qualche
minuto prima delle 8 mi incammino, dopo essermi
attrezzato i piedi con un po’
di scotch per prevenire le vesciche in questi scarponi che devo ancora
deformare a mia immagine e somiglianza. Pronti via. Il cartello segna 6 ore
fino al Cusna, ma devo metterci molto di meno. Ma partiamo male, spari in
lontananza (ma non troppo) e l’incontro con un cacciatore mi fanno venire un
po’ paura. Ma non è riserva naturale questa?! E poi, che caldo.. Non credevo,
mi tocca mettermi subito in manica corta, e ricredermi sulla scelta dei
pantaloni lunghi.
Ma i colori
della natura sono già inebrianti: verde, giallo, rosso in varie sfumature,
tonalità, mescolanze, e il sole coi suoi riflessi che accende o meno ciò che
colpisce o no. Che bello, e che effimero, l’anno scorso (se mi ricordo bene) mi
ero perso questo spettacolo: se non becchi il weekend giusto, sei fritto.
Questo
sentiero lo percorsi già tempo fa con
Riccardo, e ricordo un tratto non di facile
percorrenza e individuazione. In realtà trovo un sentiero in alcuni tratti di
non facile individuazione (ragionando da escursionista principiante..) e col
passaggio nel canalone di pietre un po’ rocambolesco. Nell'ottica di percorrere
questo sentiero in inverno con la neve, occorre tenere memoria di ciò.
Superata
questa solitaria e rigogliosa boscaglia, si spunta sulla strada forestale, un
po’ ritornare alla civiltà, ma lascio presto questa sensazione per procedere
spedito verso il Monte Ravino. Sbuco così al sole, bello caldo, ma come sempre
il buon vecchio Appennino riserva un allegro venticello: ordinaria
amministrazione. E godo anche del panorama sull'alta Valle del Dolo e
sull'Abetina Reale: abeti verdi tra i faggi rossi.
Cima del
Monte Ravino, foto e si prosegue, mantenendosi sul filo della cresta senza
scendere sul sentiero. Incrocio una famiglia di
cinghiali, due adulti color grigio e cinque
“piccoli” color marroncino. Meglio fare del baccano per farsi sentire, in modo
che scappino, ok vederle queste bestie, ma un incontro troppo ravvicinato è da
evitare..
Questa
cresta è un progetto da fare in invernale, deve essere stupenda con la neve.
Certo, anche temporalmente più lungo. Un reportage sul versante nord di
Sassofratto e Prado, altro cantiere in progetto per l’inverno di ghiaccio.
Dall’alto ora riesco a notare il mare di nuvole in Toscana, che cerca di
sconfinare in Emilia: speriamo di no, o
la giornata si rovina..
Alpe di
Vallestrina raggiunta, e poi giù verso il Passone, i cui flauti fischiano al
vento. Dritto verso la cresta est del Cusna, che conosco ormai a menadito, e
che mi permette una continua visione sul crinale facendomi osservare per la
prima volta il versante nord-ovest del Castellino: qualche salita interessante
su neve?! Eh già, sono in astinenza da piccozza e ramponi. Toh, le
Apuane che spuntano sopra
le nuvole.
La salita al
Cusna si svolge per le immancabili roccette, e in meno di 3 ore dal parcheggio
raggiungo la quota massima della giornata. Ho una maglietta di ricambio, perciò
perché non usarla? E perché non mangiare? Per uno strano gioco di correnti,
sulla cima si riesce a trovare un posto al riparo dal vento, e con un sole che
scalda bene bene: che bello sarebbe farsi una dormitina qui, ma se chiudo gli
occhi mi sveglio domani!
Speravo
scorgere un po’ di bestie, ma niente. Sono sconcertato dalla mancanza di
marmotte, che l’anno scorso vedevo spuntare come funghi dalle rocce intorno al
Cusna, chissà che è successo. Scendo per la costa delle Veline, davvero
assolata, potessi mettermi in mutande forse starei bene. Chi l’avrebbe detto
che il “tepore” sarebbe stato tale.
Arrivo nei
pressi del Passone, punto la mia prossima cresta, l’elegante e sinuosa nord del
Cipolla. Porca vacca, sul crinale si addensano nubi, che faccio? Salgo? Scendo
per il passo Forbici? O me ne torno indietro per il Bargetana e poi Segheria?
Uffa.. No che palle, me ne starò in mezzo alle nubi ma voglio finire il mio
giro come l’ho programmato.
Forza,
ultima salita di un certo impegno della giornata. Anche questa vorrei affrontarla
in invernale con ghiaccio e neve, non deve esser banale. Anche perché le tracce
estive aggirano su cenge certe asperità rocciose, cosa che d’inverno non ti
puoi permettere. Man mano la pendenza aumenta, ma ben presto arrivo in cima al
Cipolla: la vetta del Prado è ancora distante. Laggiù il Lago della Bargetana.
Segue le tracce, ricordo un passaggio un po’ delicato in un diedro appoggiato
di rocce rotte, ma il ricordo era peggiore del previsto.
Ed eccomi in
cima anche al Prado, bella cavalcata oggi, seguito dai colori dell’autunno. Giusto
il tempo di ricambiarsi la maglietta (quella cambiata in cima al Cusna l’ho
opportunamente stesa allo zaino e ora è asciutta) e mangiare un Twix al riparo
dell’ometto in cima. E poi giù sullo 00 verso il Passo Forbici. A sinistra
posso continuare ad ammirare i colori autunnali, con l’abetina reale che invece
che si oppone al cambio cromatico stagionale mantenendosi sempreverde. A
destra..le nubi coprono il versante toscano.
Percorro il
crinale e ripenso alla
cavalcata dell'estate scorsa dell’estate corsa, che roba. Che luna quella notte, che stanchezza all'arrivo
al Cerreto, che sonno quella notte di agosto. Arrivo nei pressi di una sperone
roccioso di un paio di metri, non posso resistere a tentare qualche
autoscatto,
e la corsa verso la cima dello sperone che intercorre tra la pressione del
tasto e l’effettivo scatto mi stanca bene: ne farò tre.
I colori
sono fantastici, verde, giallo, rosso, mischiati in modo incomprensibile nei
prati sotto di me. Ci si mettono anche le nuvole, che con le ombre che creano
insieme al sole sui prati stessi, raddoppiano le tonalità. Il vento sul crinale
si fa importante, ma questo è l’Appennino che conosco: basso ma incazzoso.
Continuo
nella mia camminata verso est e cosa vedo?! Due ungulati cornuti che scappano
via, ma hanno delle corna strane.. Un gioco di sali scendi mi permette di
avvicinarmi a dove sono scappati senza farmi vedere troppo, e noto così che
trattasi di corna ricurve, dei
mufloni appeninici. Due maschi e due femmine, che fuggono
poi verso il versante toscano. Adesso però voglio vedere un lupo!
L’ingresso
nella faggeta mi segnala che ormai il Passo delle Forbici è vicino: l’ingresso
in questo bosco mi porta alla mente altri ricordi, come quella giornata in cui
nonostante il meteo mi avventurai comunque in un giretto di sfogo, per poi
rientrare veloce nel bosco quando constatai che sul crinale imperversavano
fulmini. Avevo ricevuto una brutta notizia, che cambiò le nostre vite, avevo
bisogno di sfogarmi.
Al passo
trovo qualche macchina parcheggiata. In questa giornata di gente ne ho
incontrata poca, sarà per il fatto di aver scelto sentieri poco percorsi,
distanze lunghe, un sabato, una stagione in cui la popolazione di trekker cala
drasticamente. Ne incontro quattro scendendo verso il
Rifugio San Leonardo, che hanno pero il
bivio per il loro sentiero, e ai quali darò un passaggio da Case di Civago a La
Romita.
Il guado del
Dolo preannuncia il ritorno nel versante dove tutto finirò, dove abbandonerò
(temporaneamente) questi luoghi. Ma dal San Leonardo il bosco mi regala un
ultimo scorcio di alberi colorati da un’esperta pittrice: madre natura.
Sono le
15e10, di nuovo alla macchina, poco più di 7h immerso nell'autunno appenninico, 1600m di dislivello o più (in Appennino è sempre difficilmente calcolabile, e non ho voglia di star li a esaminare la cartina), 30km percorsi, vissuti, respirati a pieni polmoni e osservati con occhi attenti
e profondi. Anche le nostre “montagne” hanno sempre il loro fascino.
E bravo Andrea.
RispondiEliminaBellissimi colori e quadretti.
Che splendido itinerario...e poi 1600mt di dislivello non sono pochi
RispondiEliminatanti complimenti