Già io faccio troppe foto di solito,
ma oggi come resistere. Tantoché a casa ci ho messo delle ore per
sistemarle tutte, creare le panoramiche, controllarle e selezionarle.
Un lavoro certosino del quale non riesco ancora a stancarmi (o
quasi..).
Mentre sono ancora li che sto tornando
dalla Torre Jolanda, mi
sento con Marco per metterci
d’accordo per cosa fare domani (il weekend libero va occupato,
quando poi godi di queste temperature e meteo, occorre
approfittarne): scartata l’arrampicata che lui non ne ha molta
voglia, scartati i Campanili del Latemar che ho già salito, vada per la Cresta dei Monzoni.
Altra sveglia alle 4 (meno male si
cambia l’ora), stamani poi la strada ci sveglia bene, facendoci
trovare un incidente andando verso il casello. I 20 minuti per
aiutare il conducente malconcio non sono persi però, un aiuto in
questi casi è doveroso. Poi dritti in A22, avvolti dalla nebbia. E
lo scenario anche in alto sarà questo, il tappeto di nubi ai nostri
piedi (e verso la fine del giro, anche sopra le nostre teste!).
Parcheggiamo a Malga Monzoni,
abbastanza scontato ci sia poca gente in giro, e questo seppur bello
ti lascia sempre quell’alone di dubbio “ma se ci sono solo io,
forse che sia perché non ci sono le condizioni giuste?”. Scorgiamo
della neve lassù sulla cresta che vogliamo percorrere, rimasugli,
poca roba, ma chissà. Mettiamo nello zaino picca e ramponi va!
Ci si incammina, tappeto di nubi a
valle, sole che illumina il Catinaccio che (per ora) intravediamo
soltanto, ma noi all’ombra e al vento. Faremo comunque presto a
scaldarci, visto il giro e i tempi, è meglio non prendersela troppo
con calma, e poi nel pomeriggio arrivano le nuvole, stavolta non
basse a valle.
Il bosco è bello colorato anche qui,
ignoranti come delle capre non riusciamo a spiegarci come mai alcuni
pini siano gialli e altri verdi. Arriviamo ben presto al Rifugio
Tamarelli, che superiamo ammirando un avamposto roccioso sopra di
noi: mannaggia, il richiamo della roccia. Intanto studiamo la nostra
cresta, che osserviamo fin da quando siamo partiti: mi sembra davvero
lunga. Salendo il Catinaccio si scopre maggiormente. Che spettacolo.
Scolliniamo al sole, ma sempre al
vento, nella zona del Lago de le Selle, dove tre cacciatori con
cinque bambini aspettano le prede, sigh (ma intanto un camoscio gli è
scappato e ci ha attraversato la strada). Marco scherzando gli dice
“oh, noi non abbiamo le corna” e uno sarcastico “ma non si sa
mai”. Durante la giornata udiremo cinque serie di spari, e a ognuno
ci cagheremo a dosso nel timore di una pallottola vagante.
Arriviamo al Passo le Selle,
un’occhiata al bivacco (oddio questi vetri spessi 2mm!) e molte
occhiate al panorama, che spazia dal Catinaccio e poi dal Pelmo al
Civetta e alle Pale. Questi ultimi tre solo ombre, perché il sole
non ne illumina i versanti. Mo che bel! E inizia una sterminata serie
di foto, accidenti a me e emozionarmi così davanti a questi
spettacoli.
E ora, dopo una mangiatina, fiato alle
trombe, si parte per la Cresta dei Monzoni, anche detta Alta via
Bruno Federspiel!
La partenza è blanda, un sentierino
tra l’altro anche al sole (che non fa per nulla male), ma il
panorama (non mi stancherò di dirlo) è favoloso. Addirittura laggiù
si scorge il bianco del Gruppo Ortles Cevedale. La cosa davvero
simpatica è che man mano che proseguiamo il nostro avanzamento verso
ovest e saliamo di quota, il gruppo montuoso che ci sbarra la
visuale, lascia lentamente apparire le altre cime dolomitiche. Adesso
tocca a Sasso piatto e Sassolungo sbucare.
Arriviamo sulla prima cima, ci
destreggiamo su resti di avamposti della prima guerra mondiale, e in
ricordo ci ciò sentiamo gli spari dei cacciatori. Iniziamo a pestare
qualche poccia di infida neve, che obbliga a un passo circospetto e
all’ausilio dei bastoncini. Toh, appaiono le Odle.
Il percorso inizia a farsi più
interessante, siamo sempre su una cresta, adesso tocca attraversare
una mini galleria (con sorpresa!) per sbucare di la, dove una ventina di metri di
cavo metallico e roccia ci attende. Nulla di che comunque. Toh,
inizia a farsi vedere il Sella. E la dietro? Ma è la sud della
Marmolada! Sembra di essere al centro delle dolomiti..
Nella parte centrale della cresta i
tratti attrezzati sono numerosi, magari brevi, in ogni caso il fatto
che all’inizio e alla fine di essi si trovino per terra nuovi
scalini, metri di cavo, fittoni, pronti a essere installati, mi fa
pensare due cose. 1. Devono ampliare i tratti protetti (ma non mi
pare ci sia necessità, quindi..) 2. Vuoi dire che siano marci quelli
che stiamo usando o tra un po troviamo un bel pezzo dismesso?!
Siamo passati all’ombra, sotto la
cresta, e questo fatto ci fa trovare delle lingue di neve belle dure
dove occorre gradinare bene e a modo, daje de tacco daje de punta
quant'è bona la sora assunta. La dolomia lascia posto ad altra
roccia, leggerò poi vulcanica, a me sembra quasi gneiss. Fatto sta
che è bella compatta, e trovarsi sotto una dozzina di metri di
questi blocchi massicci fa allo stesso tempo paura e fascino. Beh
dai, adesso scendiamo su queste rocce lisce, per fortuna aiutati dal
cavo metallico.
Finito il tratto sulla sponda nord, si
torna a sud (al sole, che bello), e si trova una serie di canali che
mi mettono ancora più voglia di inverno e neve. Ma come detto, sono
a sud, chissà se e quando sono in condizioni. Ma poi, se anche li
salissi, per dove scendo poi?! Questa Cresta dei Monzoni non sembra
mica banale con neve, ghiaccio e cornici!
Diretti verso la Forcella Ricoletta,
ora la roccia è finita, ma il percorso resta comunque da antenne
dritte perché la traccia del sentiero è esile e si snoda su un
versante erboso ma ripido. Difficile guardare in basso quando
tutt’intorno le cime e massicci dolomitici sono li nel loro
splendore a farsi ammirare. Riesco a notare ora che un gruppetto di
persone segue i nostri passi, ma è ben dietro a noi. Se poi sono gli
stessi che abbiamo visto al passo Le Selle che salivano dal versante
del passo di San Pellegrino, non credo proprio che scenderanno con
noi.
La Forcella Ricoletta è un inganno,
dopo di lei occorre risalire, e in breve, fino a Cima Malinverno:
difficile calcolare il dislivello di oggi, qui in cresta è un
continuo saliscendi, con tratti anche aspri e ripidi. Insomma, i
trekking col pepe che ci piacciono.
Su Cima Malinverno è di nuovo festival
di foto, forse è il punto più panoramico di oggi, peccato solo si
notino delle nubi che arrivano a offuscare un po’ intorno.. Difatti
preferisco sgaggiarmi per arrivare alla Forcella dalla quale poi
scenderemo e lasceremo l’ignoto di questa cresta. Già perché
seppur in seguito i tratti saranno semplici, continueranno comunque a
essere aerei, e non vorrei trovarmi qui durante un acquazzone!
Ah, pieni polmoni, di aria buona, di
spazio aperto, di libertà, di dimenticanza delle preoccupazioni
della vita quotidiana. Tutto questo però finisce alla Forcella la
Costella, dove la Cresta dei Monzoni finisce e dove non ci resta che
scendere verso il Rifugio Vallaccia (visitato lo scorso inverno in un’altra giornata strepitosa!).
Data la fame, la sete, i rumori molesti
provenienti dai nostri stomaci, il Rifugio Vallaccia casca a fagiuolo
per alleggerire i nostri zaini dai viveri. Di nuovo inebriati dai
colori del bosco, osserviamo il tracciato di oggi, che ci è ben
tutto visibile. Bello bello. Arriviamo alla macchina, dove siamo
sotto gli occhi e i becchi di temibili predatori: le oche!
Qui altre foto.
Qui report.
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