Ci sono quei
giorni in cui sai che non dovresti arrampicare. Può essere perché hai qualche
dolore muscolare non ancora scomparso del tutto, perché la via che ti sei
fissato di salire potrebbe essere troppo lunga, perché fa freddo, o..perchè fa
caldo. Ma devi.
Oggi è uno
di quei giorni, anticiclone africano arrivato, ma
corso A1 2014 del CAI di Carpi fissato, con meta Tessari fissata: una
bella parete di calcare bianco (riflesso), esposta a est (al sole da subito), a
poche decine di metri sul livello del mare. La sudata è assicurata, le corde
non saranno bagnate di acqua, ma di altro.
Cerchiamo di
partire il prima possibile, per trovare più ore di relativo fresco possibile e
per evitare del traffico in parete. Ma oggi saremo solo noi, solo questa manica
di eroi dell’arrampicata alla brace. Alle 8 al parcheggio, dopo poco
all’attacco.
Compagni di
cordata di oggi sono
Stefano e
Fiorella, sulla mia stessa via corrono
Gianluca con
Anna e
Alessandro: sarà come arrampicare in sei, con noi due primi sempre
con una corsa testa testa per arrivare per primi in sosta.
Partiamo col
cappuccio del Fungo, non ho delle gran velleità arrampicatorie oggi, e poi
siamo qui per insegnare, non per arrampicare. Al nostro fianco scorrono le
altre cordate, tutti dei nostri, assediamo la parete oggi.
Fa gia
caldo, ma la salita scorre bene, cerchiamo di mettere giù un sacco di
protezioni in modo da mostrare come si faccia. Concateniamo a più non posso
senza nemmeno rendercene conto, d’altronde qui è pieno di clessidre, e quindi
dove far sosta non è obbligato.
Alla terza
sosta, che fortunatamente è all’ombra, parte l’interrogativo se quella
approntata sia corretta o meno. Ma questi sono svegli, capiscono subito dove
può stare l’inghippo, e ci poniamo rimedio. Sono le 10e45 e siamo già fuori
dalla prima via. Con calma mangiamo, beviamo, ci prepariamo e facciamo due
parole, poi siamo pronti per la prossima.
Si opta per
la Via del Porce, che qualche metro più a sinistra della partenza ha un bel
nido di vespe attaccato alla roccia: altro che vipere! Stiamoci lontano.. Sono
circa le 11e30 quando attacchiamo la via che parte subito con un paio di metri
mica banali, con della roccia friabile a sinistra, che sarebbe la più comoda:
ma meglio non metterci piedi o mani, andrebbe a finire addosso a chi sta sotto!
Fa troppo
caldo però, e la decisione è presa: topless. Anche se si rischia di
gratuggiarsi, di abbronzarsi in modo strano, pazienza, almeno si ha la parvenza
di respirare un po’ di più! Gianluca alla nostra prima sosta decide che per
complicarci la vita, possiamo
mischiare le nostre matasse di corda che
recuperiamo: sono uguali le nostre coppie di corde! Ma incredibilmente
sgusceranno con pochissimi e brevi inghippi.
Il secondo
tiro è piuttosto semplice, e lo saliamo più lungo possibile. Trovo Gianluca che
sosta, ma visto che c’è ancora corda, salgo un paio di metri per fare sosta
all’ombra: Fiorella e Stefano ringraziano. Ed eccoci alla placchetta finale, ma
io sono lungo abbastanza per riuscire a sfruttare qualche dito nelle fessure, e
via, siamo fuori.
Gli altri
sotto ci metteranno un pochino a salire, mentre io e Gianluca bramiamo una
birra fresca. Si fantastica di andare a comprare una cassa mentre le altre
cordate finiscono la via, buttarla nel canale d’Adige a raffreddarsi, e poi
scolare mentre gli altri scendono.
Ma al
parcheggio troviamo già altre cordate, altre arrivano, solo un paio arrivano
dopo un’ora, con Davide che ha già iniziato ad affettare la mortazza e altri
che sono andati alle case a elemosinare acqua. Finalmente gran doppia birra al
bar di Caprino e doppio gelato!
Viene sera,
la sconfitta dell’alpinismo ci porta in hotel a Pieve di Ledro, dove almeno ci
si regala una cena all’insegna di improbabili insegnamenti da sommelier. Ma i
tempi stanno venendo maturi per combinarne un’altra delle mie..
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