sabato 20 gennaio 2018

EsplorAppenninismo Cusna-Piella-Cipolla-Prado: il mio piccolo paradiso

Tutti noi abbiamo un luogo, reale o immateriale, che sentiamo casa nostra, dove ci sentiamo a proprio agio. Dal punto di vista alpinistico, per me questo luogo è la zona dell'Appennino Reggiano del Monte Cusna, Monte Cipolla e Monte Prado. Zone che restano poco battute d'inverno, ma che hanno tanto da offrire; zone in cui puoi sbizzarrirti come feci l'anno scorso, o semplicemente andare e vedere cosasi può fare, come oggi. 

Primo obiettivo, la parete NordEst del Monte Cusna, sognata da un racconto di Nicola e vista spesso senza mai andarci a mettere il naso (anche perchè data l'esposizione, non facile trovarla in condizioni). Parto al buio dal parcheggio degli impianti diFebbio, direzione Peschiera Zamboni: subito un inciampo, poi due scivoloni, partiamo malissimo, Non mi preoccupo di queste premonizioni, sbagliate. 

Tutto secco in basso, neve poco prima di sfociare sul pratone da percorrere verso ovest ed è meglio calzare già i ramponi: vacca boia che viagra ha preso questa neve! Dai che magari c'è da divertirsi. Spero nella clemenza del vento e delle previsioni meteo: è previsto sia il vento che le nubi da metà mattina, e nel caso sò cosa fare, ma spero di fare altro. Farò. 

L'orizzonte verso il Monte Cimone si infiamma proprio mentre risalgo il pendio del Monte Contessa, fuori dal bosco. Osservo affioramenti rocciosi sul pendio alla mia sinistra, e mi sale già la voglia di esplorare: ma prima, la Nordest del Cusna. Sbuco sulla Borra, un po' di vento e la mia montagna ricoperta tutta di bianco, un mega pandoro irreale. Avanti tutta. 

Casco, piccozze, e mi avvio verso quel versante a me sconosciuto: e già intravedo una linea in mezzo a quelle due creste rocciose affioranti..potrebbe esser divertente.. Dopo la parte pianeggiante, il terreno si fa sempre più "ripido", l'uso di due attrezzi ci sta e la neve è quasi sempre ottima. Non lo è dove serve, ovvero quando sotto o vicino c'è della roccia: alla ricerca dell'erba e terra ghiacciata sotto per fare un po' di presa. 

Fuori dal tratto divertente, spiana un po', salendo mi sposto progressivamente verso sinistra per infilarmi sotto altri affioramenti rocciosi: sotto completamente bianchi per increspature, incrostazioni, funghetti di neve e ghiaccio sparata dal vento, completamente pieni d'aria e quindi per nulla utili alla mia progressione. Anzi, pericolosi, me li lascio da parte e cerco un pendio. 

Ed eccolo sbucare, il Sole, dietro la riconoscibile cuspide del Sasso del Morto. Raggi luminosi su cui è difficile tenere lo sguardo direttamente, ma lo sguardo si sposta volentieri sulla neve che a poco a poco acquista colore. 
Il bianco-blu di quando c'era buio, il bianco-grigio alle prime luci, colori di attesa e con un pizzico di tristezza. E ora quel rosino che diventa rosa, colore che scalda, che risveglia dal torpore. Diventa poi arancione, vico, colore che accende gli stimoli, le passioni. Un crescendo di colori, luci e sentimenti. In simbiosi con la natura. 

La linea scelta mi porta sul panettone finale, con la croce ben vicina, ricoperta pure lei come le rocce da sputacchi di neve ghiacciata. Il sole c'è, non ancora altissimo e possente, e non scalda; il vento invece, quello sì che raffredda. Uno spuntino veloce e scendo per la cresta est, a godermi la palla di fuoco che man mano fa sempre più fuoco. 

Cresta insidiosa: quelle costruzioni di neve create dal vento sono a volte ingombranti, grosse, invogliano a metterci sopra il piede per poi sgretolarsi come grissini sotto un trattore. Meglio starci lontano e romperle quando troppo grandi: belle e pericolose, come le donne. Dov'è la faccia della scimmietta che si copre la bocca con le mani?! 

Sceso alla sella, prendo a salire il pendio all'ombra che continua a farmi solleticare la schiena del Gigante; nuova breve discesa, e prima di risalire verso il Sasso del Morto, a sinistra laggiù noto delle rocce affioranti, e un pendio dalla pendenza invitante. Il sole mi ha acceso la voglia di esplorare, scendo e vado a vedere cos'è e com'è. 

E la neve dei versanti ovest e nord ovest dimostra di esser molto simile al ghiaccio. Tocca mettersi in progressione frontale per non scivolare (i ramponi li ho già eh), su questo specchio di ghiaccio dalla scarsa inclinazione ma dalla possibile scivolata tutt'altro che innocua. Arrivo al mio "attacco" coi polpacci già ghisati, e quello che verrà. 

Mi infilo tra le rocce, loro durano poco, ma il ghiaccio dura parecchio. Talmente ghiaccio, che si notano le tipiche crepe che vengono sulle cascate a fronte di repentini gradienti termiche che stirano e tirano l'ammasso uniforme. Impressionante. Ma ho poco tempo per far delle foto, e pure poca possibilità di fermarmi comodo: si avanza sulle punte, piantando con forza picche e ramponi. 

Il pendio spiana, torno al sole, ma sempre su ghiaccio. Il Sasso del Morto la davanti, lo raggiungo, lo scalo, lo scendo e me ne vado verso gli impianti, anch'essi incrostati di neve: la natura che si riprende i suoi spazi. Sosta nei pressi dell'edificio, dove un invitante muro di neve, se scalato, porterebbe in linea verticale sul balcone sul tetto. Ma è troppo strapiombante per provarci.. 

La mia attenzione si concentra laggiù, in quella conca: sopra le piste, verso est, la conca chiusa a est dall'avancorpo nord del Monte La Piella, è tempestata di rocce su un pendio dalla discreta pendenza. Esploro, Appenninismo. Traverso inizialmente, ma devo scendere parecchio per poter semplicemente camminare e non disarrampicare. 

Raggiungo la pista, la segue, e al tornante traverso verso quella sorta di morena che chiude la conca: che piccolo paradiso! Cerco la linea più estetica, senza peccare di rischio: eccola, a lato delle rocce. La punto. Neve sempre ghiacciatissima, i polpacci stasera li sento.. Vento e sole smollano gli sputacchi sulle rocce,  robe piccole dal rumore poco confortevole però. 

In punta di ramponi, lanciando le becche con forza, estraendole a fatica. Di nuovo, dopo il pendio del Sasso del Morto: sorprese appenniniche. Movimento omologo e incrociato si alternano, e con l'incrociato non posso che canticchiare nella mia mente "We are human after all" dei Duft Punk, in ricordo del memorabile video di Ueli Steck sulle Gran Jorasses. 

Riecco il sole, riecco spazi aperti. Accumuli sopra il Fosso della Piella, la vista che fantastica verso nuove mete: beh, fantastica, adesso ci vado anche. Proseguo il solletico verso il Passone, i ramponi continua a stridere anche sul piano per la presenza di ghiaccio. Stridere, un rumore straziante che nasconde un giochino allegro: l'Appeninismo. 

Da lontano vedo la prima persona di oggi. Da vicino vedo uno dei classici giochi di neve di questa zona: il vento ha creato un muro di 2m a 80° in un fosso. Vado subito a salirlo! Ora Passone Grat verso il Passo di Lama Lite: il sole caldo che però non deturpa le condizioni del manto nevoso. Uno sguardo al Sassofratto e a tutto quello che c'è ancora da fare laggiù: zone alpinisticamente interessanti, ma che non caga (quasi) nessuno: il mio piccolo paradiso. 

Alla base della Cresta Nord del Monte Cipolla, devio a destra: la neve ha piallato e reso uniforme il pendio nascondendo la forestale. Ciò per me vuol dire scavigliare! Scorro la parete, ho in mente il canale che vorrei salire, ma questo mi piace di più: di nuovo verso l'alto, in punta di ramponi, su ghiaccio. 

Incredibile l'Appennino: collinette quasi sempre erbose, mirtilli ed escursionisti, ma d'inverno possono raggiungere condizioni difficili anche per semplici passeggiate. Vedi ora, dove pioggia, neve, temperature, hanno trasformato la candida neve in massiccio cemento. Altro che neve col viagra, qui siamo un altro pianeta! Salita divertente, che si impenna man mano che si lascia il livello del mare, che ci si innalza verso il cielo. 

Dall'ombra al sole, ancora, non mi resta che percorrere questo pezzo di cresta per atterrare su un altro panettone, quello del Monte Cipolla. Avevo in mente di proseguire sulla cresta Nord del Prado, ma forse è tardi. Quasi di certo la cresta oggi è pericolosa: la roccia ricoperta di neve sputata dal vento, senza compattazione, cariata. No dai, lascia stare, scendo. 

Ma alla sella..perchè non andare comunque a darci un'occhiata? Tanto sono pochi metri prima di trovare le difficoltà. Tanto.. E infatti, raggiunte le prime impennate poco invitanti..ma dai, in cima voglio salirci, potrei traversare sul versante ovest e poi risalire in cresta, aggirando la parte difficilmente in condizioni oggi. 

E parto così per un bel traverso a 55° o più, bello esposto  e ghiacciato. La velocità diventa sinonimo di salvaguardia della muscolatura dei polpacci: riposarmi non è possibile in queste condizioni. Divertirsi è facile: soffrire e divertirsi allo stesso tempo, gli psicologi con noi alpinisti farebbero i miliardi. Un altro solitario mi saluta dalla cima del Cipolla, e segue le mie tracce. 

Già lo vedevo, ora che sono sotto confermo: risalgo questa sorta di canalone in mezzo alle rocce, e devo godermelo visto che so esser l'ultimo di oggi. Me lo godo eccome.. Sole, possente, una est del Prado tutta bianca e con un accumulo notevole: meglio lasciarla tranquilla oggi. Raggiungo la cima, e contemplo. 

Bene, ora vediamo di scendere veloci e agili, quindi canalone nord del Prado. sarebbe solo un F+, ma con questo ghiaccio c'è da stare in campana a scendere. E mentre scendo, vedo che quel solitario è sulla cresta del Prado. Mi saluta, mi chiede dove vado "scendo, vado a casa", stupito da quella richiesta di dialogo surreale, non riesco a proferire altra parola. 

Aggiro tutto il Cipolla e i suoi versanti, torno sulla Passone Grat, pregusto la birra che ho in auto, al sole, a sonnecchiare. Anche la discesa dal Passone, così ghiacciata, richiede attenzione. Poi rientrato nel bosco, basta, posso scendere liberamente. Libertà, quella che trovo in montagna è davvero totale.

Qui altre foto.
Qui report.
Qui la guida.

Nessun commento:

Posta un commento