domenica 11 febbraio 2018

Weekend di gelidi ripieghi: Sabina

Quei weekend che iniziano male: tante aspettative, e poi la telefonata a poche ore dalla partenza "non ci sono le condizioni, si rimanda". Rimedio il sabato con un "giretto" in bici da corsa, prendendo un freddo bestia. Arriva così la domenica plaisir, su roccia, si spera al calduccio. Invece fa freddo, e la testa per altre preoccupazioni non c'è.
Ho lasciato tutto nelle mani di Stefania e Francesca (oddio, quasi come qui): visto il sabato che mi doveva aspettare, era giusto gli accordi fossero questi. Destinazione Arco, Cado Inverno. Breve storia triste: metto il primo rinvio, e poi mi calo. Eh niente, partenza nel bosco, fredda, duretta pure, non mi fido, la testa non va. Bastoni sui denti e sul morale.
Slittiamo verso Sabina, che io e Stefania abbiamo già salito in momenti diversi, ma Francesca no, ed è a due passi. Cambio della cordata, parte la Ste: arrampicata meno sportiva, ma più plaisir, e con un sole che inizia a scaldare. Va beh, il morale non proprio altissimo, ma si sale.
Sul secondo tiro la capocordata ha qualche tentennamento: con 10-15cm in più non avrebbe problemi ad arrivare alla manetta e passerebbe senza colpo ferire. Il suo titubare mi risconforta, poi passa, sale agile fino alla seconda sosta. Si torna a ridere e scherzare (in realtà non si è mai smesso del tutto).
Tocca a Francesca ora, così in sosta posso starmene più tranquillo senza il Boeing B-52 Stratofortress a bombardarmi di domande sul perchè la malga si chiama malga o cose simili. Pace, serenità, silenzio, e le cazziate di Stefania. Via originale ovviamente, niente varianti di VI.
Dal freddo cengione ombreggiato, si riparte ma tenendo al sinistra dove la roccia sembra ben più sana: e così la nostra piccola amica scompare presto alla nostra vista per poi riapparire lassù e dopo poco l'invitante e confortante "molla tutto!". E ancora non ha cacciato il nuovo friend in qualche fessura..
Ultimi due tiri, e tocca a me. Vediamo il bastone della partenza di Caldo Inverno se si è messo un po' a posto o se invece mi farà penare e dubitare della mia carriera arrampicatoria. Una bela placconata varia, da leggere, ma nemmeno tanto visto che qua e la dei cordini ci sono già (speriamo ancora buoni, perchè alcuni non sono assolutamente integrabili). Un bel traversone su roccia colorata ma debole, e l'anello di sosta è servito.
Bon, siamo al passo chiave, la partenza con lo strapiombo: ora si vede se un po' di testa è tornata sul collo o se è ancora tra le nuvole. Cerca di qua, prova di la, daimo la manetta giusta è questa, c'è solo da fare un passo un po' boulderoso..eccomi fuori: gioie. Meno gioie e più caga la distanza della prossima protezione, un po' lunghetta (ma non critico, cacchi miei se non metto giù altro). Ultimi metri verticali ma ben ammanigliati, divertenti, e l'arrivo sulla cengia rossa.
All'ombra, di nuovo, ziocca che freddo. Tra ieri e oggi mica tanto bello: osservo il tiro aggiuntivo sulla sinistra, non ci penso nemmeno a provarci, freddo come deve essere tutto in ombra. Arrivano le mie compagne, tampinate da un'altra cordata.
Messe le scarpe, si corre verso destra (faccia a monte) su un'esposta cengia, ancora legati per l'occasione, io trascinato come un sacco di patate da chi sta avanti ed evidentemente è già comodo, comoda, comode. Discesa alpinistica, ripida, ben attrezzata dove serve ma..che placche scivolose!
E ora che tutto sembra essersi risollevato, il messaggio che mi aspettavo ma al quale non sarei comunque stato preparato. Triste conclusione di un weekend non troppo allegro.

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