“oh, ma mi ha detto un amico di un
bel canale sulla Marmolada!” così Marco da qualche mese ci
tormenta spingendo per un itinerario che vuol fare, e dopo aver
osservato sulle gite di the top che qualcuno ne aveva percorso in parte il tracciato, mi dico “perchè
no?”.
Solita levataccia, alle 2 ci troviamo a
Carpi e si parte carichi, anche se io sono molto dubbioso sulla
qualità della neve, nonostante il rifugista abbia dato indicazioni
positive a Marco. Sosta autogrill dove a momenti commettiamo un
omicidio per fermare la sconsiderata mania di pressione di un maiale
di plastica che emette grugniti da parte di uno sbronzone. Alle 5 e30
siamo al parcheggio, ma la mia lentezza ci fa mettere in cammino alle
6.
E salendo, un'altra alba ci regala
emozioni: prima si mostra il Pelmo, poi l'Antelao, il Sorapiss, il
Sella col capezzolo Piz Boe, il Sassopiatto e il Sassolungo. Che
spettacolo vederli illuminarsi pian piano, definire la loro ombra
lentamente e poi le proprie forme in modo chiaro e netto.
La salita sulla pista da sci scalda le
nostre gambe bene a modo, nella prima mezzora saliamo già di 300m.
Giunti al Rifugio Pian Dei Fiacconi (di cui domani scoprirò che si
chiama così proprio in onore di gente che nella prima salita a Punta
Rocca arrivò qui stremata e..fiacca) dobbiamo abbandonare la neve
pressata e dura della pista per iniziare a..ravanare!
Ravanare, la nuova disciplina
alpinistica di questo schifoso inverno. E così tutto il traverso
verso la base della parete lo passiamo ad affondare appena carichiamo
il peso sul piede. I miei dubbi aumentano.. Fino al rifugio abbiam
visto molti scialpinisti salire, ma ora siamo soli, solo noi seguiamo
questo itinerario: essere (quasi) soli su una montagna così
inflazionata come la Marmolada, aggiunge alla giornata un non so che
di particolare.
Girato un angolo ecco la parete. Breve
sosta dove incrociamo un gruppetto di scialpinisti che sono appena
scesi dalla nord variante facile (cioè cresta ovest e poi buttati
nella parte bassa della nord). Torniamo presto soli. Si sale, la
parete è li, inizialmente un catino uniforme di neve, poi lassu
varie rocce ci dovranno fare scegliere se passare di li piuttosto che
di la.
La neve qui è una goduria, 40° e i
ramponi mordono con fame, le picche aspettano trepidanti di farci
vedere quanto è aggressiva la loro becca. Lassù tira un venticello
allegro, che provoca micro slavine di polvere bianca che si
evidenziano sullo scuro delle rocce: memore delle immagini del film,
sembra di essere sull'Eiger.
Adesso dietro di noi sale anche gente
con gli sci, ma loro prenderanno la parte di parete che sale più
dolce sulla cresta ovest a destra del catino della nord, lasciandoci
di nuovo soli in parete. Non siamo legati, Marco resta un po’
indietro, io avanzo prendendo energie dalla mia voglia. Tutto ciò
aumenta il sentirsi da solo con la parete. Sono emozioni che capisco
solo ora che mi trovo qui a scrivere.
Ed eccoci arrivare alle rocce
affioranti, occorre decidere dove andare. Completamente a sinistra
una goulotte con qualche metro di ghiaccio mi chiama, ma non voglio
risponderle. Decidiamo di puntare dritto per dritto, poi arrivati in
prossimità di quel sasso chiaro decidere. È ora che entrambe le
picche mordano. E lo fanno.
Qualche metro su ghiaccio appoggiato
poi si torna su neve, e la pendenza aumenta pian piano. Si arriva al
sasso chiaro, guardo in su, guardo quella lingua di neve a sinistra.
In su non si capisce se dopo quelle roccete ci sia qualcosa di
abbordabile o meno. La secchezza di questo inverno rende cruciali
queste decisioni. Ci consultiamo e optiamo per la sinistra.
Dentro al canalino capisco meglio la
pendenza che stiamo affrontando guardandola contro il cielo. Non
male, l’uso di entrambe le picche mi pare doveroso. Il Gran Vernel
ci osserva salire. La neve peggiora un po’, occorre a volte deviare
leggermente a sinistra a o destra invece che tirare dritto. Quota
3000 sfondata, ma la parete non è finita, avanti! Le gambe iniziano
a sentirsi, ma la testa le ignora categoricamente.
Adesso mi sento ancora più solo in
parete, perché tra queste rocce e deviazioni sinistra destra, Marco
non lo vedo più sotto di me. D’altronde non posso nemmeno fermarmi
ad aspettarlo, non sono in uno stato troppo comodo. Gli ultimi 50m
non sono per nulla banali, qualche passaggio di misto, qualche
passaggio ostacolato da una neve troppo farinosa dove vado giù fino
alla coscia, e una pendenza che adesso si aggira sui 60° abbondanti
direi. Ci si caga un po’ a dosso per rendere l’idea.
Ma ecco che sono fuori, ecco il sole,
ecco il riverbero sulla neve che mi acceca, ecco la cima, ecco tutto.
Sono fuori, esattamente dove esce la ferrata della normale estiva
(percorsa lo scorso luglio con Marco e Ivan, anche li che giornata).
Via di foto, panoramica, ammirazione per le dolomiti, pace interiore
e adrenalina che si scarica. Poi penso che marco è ancora sotto di
me, il vento non ci permette di udirci, e memore degli ultimi metri
sfilo la corda: appena iniziato lo sento che me la chiede.
Come mi dirà in seguito, “mi hai
rubato la neve”, dopo il mio passaggio alcuni punti erano spogli o
troppo ravanati per passarli. Una rudimentale sicura sul cavo della
ferrata (se Nicola la
vedesse, mi rinnegherebbe) e anche lui sbuca sulla Schiena del Mulo.
Forza, ora la croce ci aspetta! Marco
delira un po’ salendo, ma ci sta. Incontro due sci alpinisti che
hanno seguito la nostra ascesa, si complimentano poi mi chiedono “ma
l’uscita non era ben più a destra? Mi pare che voi siate andati
dove è molto più pendente.” “eh guarda, lo sospettavo sai!?!”:
altra variante per noi.
Dalla cima un po di nubi disturbano il
paesaggio, che resta grandioso, ma il video di vetta mi viene
malissimo! Stretta di mano, qualche foto sciocca, pausa panino e poi
giù per ferrata e ghiacciaio. Discesa lunga e penosa.. Sulla ferrata
andiamo lenti a causa della stanchezza e del cavo che affiora solo
per metà percorso, rendendo questa discesa un pendio nevoso-roccioso
a 55°: fortuna che la neve regge la temperatura!
Su ghiacciaio ci si lega, metto gli
occhiali perché oggi il sole è davvero troppo potente, cedo il mio
Twix della vetta a Marco, e poi giù affondando ogni passo 30cm in
media. Dal rifugio prendiamo le piste e va un po’ meglio.
Che giornata, la prima nord che salgo,
che poi in realtà ho fatto ben di peggio, ma dire “ho salito una
nord” fa effetto. Alla macchina consueta apparecchiata e vestiti
stesi: già, perché devo farli asciugare in fretta, domani è un
altro giorno, domani mi aspetta un’altra avventura!
Qui altre foto.
Qui relazione tecnica.
Bravi, la N Marmolada l'avevo sempre snobbata ed invece il tuo racconto mi ha fatto venir voglia di salirla.
RispondiEliminaNon sembra neppure banale.
Altro che Presanella siete pronti per la N dell'Ortles (ovvio che vi accompagno:-)
mmmmmmmmmmm super voglia di marmolada :))))) Complimenti!
RispondiEliminaMortacci che arrampicatona. Complimenti. Vi invidio un po', io preferisco rimanere con piedi ben piantati sui sentieri e vedere le cime dall'alto. Ma c'è una via semplice per salire in cima alla Marmolada in estate?
RispondiEliminac è la ferrata sulla cresta ovest, o la normale su ghiacciaio (con un tratto di ferrata).
RispondiEliminatutte vie superpercorse