sabato 17 marzo 2012

Le mani nella marmellata..cioe le picche nella Marmolada Nord!


“oh, ma mi ha detto un amico di un bel canale sulla Marmolada!” così Marco da qualche mese ci tormenta spingendo per un itinerario che vuol fare, e dopo aver osservato sulle gite di the top che qualcuno ne aveva percorso in parte il tracciato, mi dico “perchè no?”.
Solita levataccia, alle 2 ci troviamo a Carpi e si parte carichi, anche se io sono molto dubbioso sulla qualità della neve, nonostante il rifugista abbia dato indicazioni positive a Marco. Sosta autogrill dove a momenti commettiamo un omicidio per fermare la sconsiderata mania di pressione di un maiale di plastica che emette grugniti da parte di uno sbronzone. Alle 5 e30 siamo al parcheggio, ma la mia lentezza ci fa mettere in cammino alle 6.
E salendo, un'altra alba ci regala emozioni: prima si mostra il Pelmo, poi l'Antelao, il Sorapiss, il Sella col capezzolo Piz Boe, il Sassopiatto e il Sassolungo. Che spettacolo vederli illuminarsi pian piano, definire la loro ombra lentamente e poi le proprie forme in modo chiaro e netto.
La salita sulla pista da sci scalda le nostre gambe bene a modo, nella prima mezzora saliamo già di 300m. Giunti al Rifugio Pian Dei Fiacconi (di cui domani scoprirò che si chiama così proprio in onore di gente che nella prima salita a Punta Rocca arrivò qui stremata e..fiacca) dobbiamo abbandonare la neve pressata e dura della pista per iniziare a..ravanare!
Ravanare, la nuova disciplina alpinistica di questo schifoso inverno. E così tutto il traverso verso la base della parete lo passiamo ad affondare appena carichiamo il peso sul piede. I miei dubbi aumentano.. Fino al rifugio abbiam visto molti scialpinisti salire, ma ora siamo soli, solo noi seguiamo questo itinerario: essere (quasi) soli su una montagna così inflazionata come la Marmolada, aggiunge alla giornata un non so che di particolare.
Girato un angolo ecco la parete. Breve sosta dove incrociamo un gruppetto di scialpinisti che sono appena scesi dalla nord variante facile (cioè cresta ovest e poi buttati nella parte bassa della nord). Torniamo presto soli. Si sale, la parete è li, inizialmente un catino uniforme di neve, poi lassu varie rocce ci dovranno fare scegliere se passare di li piuttosto che di la.
La neve qui è una goduria, 40° e i ramponi mordono con fame, le picche aspettano trepidanti di farci vedere quanto è aggressiva la loro becca. Lassù tira un venticello allegro, che provoca micro slavine di polvere bianca che si evidenziano sullo scuro delle rocce: memore delle immagini del film, sembra di essere sull'Eiger.
Adesso dietro di noi sale anche gente con gli sci, ma loro prenderanno la parte di parete che sale più dolce sulla cresta ovest a destra del catino della nord, lasciandoci di nuovo soli in parete. Non siamo legati, Marco resta un po’ indietro, io avanzo prendendo energie dalla mia voglia. Tutto ciò aumenta il sentirsi da solo con la parete. Sono emozioni che capisco solo ora che mi trovo qui a scrivere.
Ed eccoci arrivare alle rocce affioranti, occorre decidere dove andare. Completamente a sinistra una goulotte con qualche metro di ghiaccio mi chiama, ma non voglio risponderle. Decidiamo di puntare dritto per dritto, poi arrivati in prossimità di quel sasso chiaro decidere. È ora che entrambe le picche mordano. E lo fanno.
Qualche metro su ghiaccio appoggiato poi si torna su neve, e la pendenza aumenta pian piano. Si arriva al sasso chiaro, guardo in su, guardo quella lingua di neve a sinistra. In su non si capisce se dopo quelle roccete ci sia qualcosa di abbordabile o meno. La secchezza di questo inverno rende cruciali queste decisioni. Ci consultiamo e optiamo per la sinistra.
Dentro al canalino capisco meglio la pendenza che stiamo affrontando guardandola contro il cielo. Non male, l’uso di entrambe le picche mi pare doveroso. Il Gran Vernel ci osserva salire. La neve peggiora un po’, occorre a volte deviare leggermente a sinistra a o destra invece che tirare dritto. Quota 3000 sfondata, ma la parete non è finita, avanti! Le gambe iniziano a sentirsi, ma la testa le ignora categoricamente.
Adesso mi sento ancora più solo in parete, perché tra queste rocce e deviazioni sinistra destra, Marco non lo vedo più sotto di me. D’altronde non posso nemmeno fermarmi ad aspettarlo, non sono in uno stato troppo comodo. Gli ultimi 50m non sono per nulla banali, qualche passaggio di misto, qualche passaggio ostacolato da una neve troppo farinosa dove vado giù fino alla coscia, e una pendenza che adesso si aggira sui 60° abbondanti direi. Ci si caga un po’ a dosso per rendere l’idea.
Ma ecco che sono fuori, ecco il sole, ecco il riverbero sulla neve che mi acceca, ecco la cima, ecco tutto. Sono fuori, esattamente dove esce la ferrata della normale estiva (percorsa lo scorso luglio con Marco e Ivan, anche li che giornata). Via di foto, panoramica, ammirazione per le dolomiti, pace interiore e adrenalina che si scarica. Poi penso che marco è ancora sotto di me, il vento non ci permette di udirci, e memore degli ultimi metri sfilo la corda: appena iniziato lo sento che me la chiede.
Come mi dirà in seguito, “mi hai rubato la neve”, dopo il mio passaggio alcuni punti erano spogli o troppo ravanati per passarli. Una rudimentale sicura sul cavo della ferrata (se Nicola la vedesse, mi rinnegherebbe) e anche lui sbuca sulla Schiena del Mulo.
Forza, ora la croce ci aspetta! Marco delira un po’ salendo, ma ci sta. Incontro due sci alpinisti che hanno seguito la nostra ascesa, si complimentano poi mi chiedono “ma l’uscita non era ben più a destra? Mi pare che voi siate andati dove è molto più pendente.” “eh guarda, lo sospettavo sai!?!”: altra variante per noi.
Dalla cima un po di nubi disturbano il paesaggio, che resta grandioso, ma il video di vetta mi viene malissimo! Stretta di mano, qualche foto sciocca, pausa panino e poi giù per ferrata e ghiacciaio. Discesa lunga e penosa.. Sulla ferrata andiamo lenti a causa della stanchezza e del cavo che affiora solo per metà percorso, rendendo questa discesa un pendio nevoso-roccioso a 55°: fortuna che la neve regge la temperatura!
Su ghiacciaio ci si lega, metto gli occhiali perché oggi il sole è davvero troppo potente, cedo il mio Twix della vetta a Marco, e poi giù affondando ogni passo 30cm in media. Dal rifugio prendiamo le piste e va un po’ meglio.
Che giornata, la prima nord che salgo, che poi in realtà ho fatto ben di peggio, ma dire “ho salito una nord” fa effetto. Alla macchina consueta apparecchiata e vestiti stesi: già, perché devo farli asciugare in fretta, domani è un altro giorno, domani mi aspetta un’altra avventura!

Qui  altre foto.
Qui relazione tecnica.

4 commenti:

  1. Bravi, la N Marmolada l'avevo sempre snobbata ed invece il tuo racconto mi ha fatto venir voglia di salirla.
    Non sembra neppure banale.
    Altro che Presanella siete pronti per la N dell'Ortles (ovvio che vi accompagno:-)

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  2. mmmmmmmmmmm super voglia di marmolada :))))) Complimenti!

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  3. Mortacci che arrampicatona. Complimenti. Vi invidio un po', io preferisco rimanere con piedi ben piantati sui sentieri e vedere le cime dall'alto. Ma c'è una via semplice per salire in cima alla Marmolada in estate?

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  4. c è la ferrata sulla cresta ovest, o la normale su ghiacciaio (con un tratto di ferrata).
    tutte vie superpercorse

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