Però l’A22
non è incoraggiante: nella Val d’Adige c’è un tetto di nubi..perbacco, non
saliremo mica come l’altra volta! L’altra volta: periodo invernale (quindi
neve), salita con visibilità a 15m, un freddo cane, vento, calzare i ramponi in
bilico su un pendio ghiacciato e con le dita congelate, la barba completamente
bianca di neve e ghiaccio (mannaggia, la foto non riuscì quella volta, tutta
sfocata!). Vade retro!
Invece
salendo verso Ronzo-Chienis ci rendiamo conto che quelle nubi sono basse, e che
ne siamo già ben al di sopra, meno male! Qui c’è il sole e il cielo
limpido..goduria. Vuoi vedere che magari oggi ci godiamo la cima? Senza vento,
senza freddo, ci restiamo un’ora in cima a guardare il panorama! Poi su c’è
anche il cerchio di mattoni sacrificale con tutte le indicazioni delle vette,
al massimo ci ripariamo li. E invece, maledetto vento, soffierà proprio nel
verso di entrare per la fessura che usa come entrata!
Partiamo
allontanandoci dalla macchina, dolci dolci perché siamo su una lastra di
ghiaccio.. Poi appena possibile ci buttiamo nella neve, schifiamo la strada, e
la copertura dolce e raccordante della neve sulle asperità del terreno e sulle
discontinuità delle cose, è magica. Appare anche San Riccardo. La cima dello Stivo è già quasi li
che ci osserva, e quella cresta vediamo già delle figure umano. Peccato,
speravo fossimo i primi a salire e aprire le danze.
Usciamo dal
bosco, la cresta è li davanti a noi, sì sì, meglio salire di qui. E in effetti
è la scelta che han fatto tutti a vedere le tracce. Nel seguito della giornata
invece, altri saliranno per il pendio, con gli sciatori che gli sciano
sopra..mah. Il sole è alto, e scalda bene i pantaloni neri. C’è freddino, ma
tra il sudare e l’irraggiamento..ci si mette in maglietta e basta.
La traccia è
buona, appena esci si sprofonda nella neve fresca, che passa dai 10-15 in
basso, ai 50-60 in alto. Ma ogni tanto una ravanatina per fare gli scemi ci
stà. Due scialpinisti davanti a noi si alternano nelle cadute, e facendolo
notare a Riccardo,
esplode a ridere: vendetta! L’ombra data dal sole ci disegna delle gambe
lunghissime sulla neve. I cristalli di neve luccicano.
La salita è
assistita dal Care Alto che laggiu ci chiama. Che bella montagna, è solo un
3400 ma con un dislivello davvero importante, una forma piramidale, due creste
interessanti da salire, e non dimentichiamo..nelle giornate terse sempre
visibile dalla pianura di casa.
Alla vista
della Val d’Adige notiamo che il tappeto di nubi è sempre lì, alla faccia
vostra! Noi invece siamo al sole, beh anche al vento adesso, su una bella
cresta che fa da spartiacque tra i dolci pendii erbosi lato ovest, e la
verticalità di roccia friabile lato est: una montagna dalla doppia faccia anche
questa. E guarda quelle tracce di camoscio, ma per dove diavolo è passato?! Ha
sfidato la parete! Ma lui è un 4x4, lui può.
E guarda che
cornici verso la Val d’Adige.. No no, puntiamo dritto alla cima, per il rifugio
passiamo poi dopo! E così l’ultimo tratto viene salito con buona pendenza e
traccia un po’ incerta, un altro pezzo di cresta, e tra la verticalità che sta
a destra, le cornici che si tuffano in essa, il tappeto di nubi in basso e il
sole in cielo, sembra di essere a chissà quale quota!
Finché non
raggiungiamo la croce. Uno sguardo verso la parete sud per far tornare
l’acquolina da canali e goulotte. Siam da soli, ma ci fa compagnia il vento.
Capirai.. Ci vestiamo, ma qua non si sta. Ci accucciamo dietro al muretto del
segnacime (speravamo metterci dentro, ma l’apertura per entrare è esattamente
allineata al vento!) per mangiucchiare qualcosa.
Azzo, son
poco più delle 10, siam saliti troppo svelti, e adesso che famo?! Ok, il giro
per negozi ad arco alla ricerca (finalmente) delle scarpette da arrampicata era
già in programma, ma così arriviam giù che dobbiamo aspettare delle ore prima
che aprano i negozi..
Osserviamo
il panorama a 360°. Beh, rispetto a Cima Undici, la parte interessante è inferiore ai 360°, visto
che a sud c’è molta pianura e collina e poca montagna. Ma il Gruppo
dell’Adamello Brenta ha il suo fascino. Video di vetta, e poi giù, la cima si è affollata.
Ma Riccardo parte a scendere troppo presto, e nonostante provi a richiamarlo
urlando, ormai la foto di vetta è sfumata e oggi non ci sarà.
Infatti al Rifugio Marchetti, che sta
pochi metri sotto la cima, gli dico “ehi ciccio, adesso torniamo su per fare la
foto di vetta!” “ma facciam senza!” che è quello che pensavo anche io, ora che
siamo meno esposti al vento.
La discesa
sarà compiuta quasi correndo nelle parti più ripide, come sui carboni ardenti
come l’abbiamo ribattezzata. Non si può fare altrimenti, ci prende lo sblisgo!
Scendiamo sempre per la cresta, e già qui qualche lastrone da vento si stacca.
Poca roba, ma si vede la neve fredda sotto che non si è coesa per nulla.
Qualche nube alta in cielo oscura lievemente il sole, fortuna che aravamo su
presto quando queste nubi non c’erano.
In discesa
incontriamo per un pelo anche l’allegra combriccola di Gianluca, Mazzi,
Mirella, Luana, due chiacchiere con le due donzelle (gli ommini son già avanti)
e continuiamo a scendere, trovando un sacco di gente che invece sale. Arriviamo
alla macchina che non è nemmeno mezzogiorno. Possiam fare tutto con calma,
prima che i negozi di Arco aprano abbiamo molto tempo!
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