E così, senza nessuna aspettativa, dopo aver dormito 3 ore (e mangiato a bestia), ci si trova per la partenza verso la Val Daone. La chiamata alle 4e30 di Nicola conferma che ci si può provare, e scopro che c’è anche Gianluca (bella sorpresa, in tre ci si può divertire di più e sentirsi meno scemi nell’andare con così poche certezze sulla riuscita: si ammortizzano le colpe!). E partiamo bene, guida delicata su questa neve ghiacciata e schiacciata e insipida.
Il viaggio
rivela già che in ogni caso sarà un successo, il racconto di come Gianluca ha
scoperto che sarebbe potuto venire è esilarante. Meno esilarante è dormicchiare
ascoltando la soave voce di Pino Daniele e essere svegliati da una sua canzone
sparata a 100 dB. Bella musica che ascolti Nicola. Sosta dal Placido per veloce colazione
(colazione, parliamone, un panino speck e formaggio col caffelatte, partiamo
male), cambio abiti nel suo locale che almeno si sta al caldo, e poi si parte
in avan scoperta.
Arrivati al
Lago di Malga Boazzo la natura ci ammalia e avvolge, un piccolo paradiso, non
si resiste dal fermarsi e fare qualche foto, ora poi che ho il mezzo.. Io e
Nicola ci lasciamo andare a qualche foto artistica a una panchina in granito li
sul lago, per sentirsi poi dire da Gianluca “però, deve proprio esser bella
quella panchina”.
Basta
minchiate, è ora di agire! Ci armiamo fino ai denti e ci incamminiamo sulla
strada verso l’attacco. Passiamo davanti a un po’ di macchine parcheggiate,
allora non siamo soli.. Arriviamo all’attacco con almeno due cordate davanti a
noi (ma ben avanti) e se non fosse per l’incasso della goulotte, non sarebbe
troppo riconoscibile vista la sua magrezza. Ma si va bene, siamo qui, proviamo!
Lascio le ciaspole alla base, ben nascoste, inutile portarsele su. Poi durante
l’ascensione mi sentirò dire “pensa se te le rubano le ciaspole, le ciaspole
che hanno fatto il giro del mondo appese allo zaino!”. Mi vesto abbestia,
ricordo il freddo patito l’altra volta in sosta..
Parte
Nicola, e chi se no, è il più esperto, o meglio, è l’unico esperto. Gianluca fa
sicura, perciò io posso fare un po’ di foto. Esce anche il sole, ma sull’altro
versante, ed è meglio così visto che ne scorre già a sufficienza di acqua sulla
cascata ghiacciata. Le picche fremono, bisogna che impari anche questa
disciplina,e oggi è perfetta come giornata didattica: cascata facile, tempo a
disposizione, soste attrezzate, nessuna aspettativa di riuscita.
Pari o
dispari per chi parte, vinco io parto io. Me lo ricordavo più stancante come
attività (oddio, finora ho poi sol fatto una cascatina di due tiri da 25m..),
qui invece mi sento bene: oh, non è nemmeno troppo verticale come cosa, quindi..
Ma ci si diverte, picca di qui, rampona di la. Tiro un po’ incassato, e
l’incasso è sempre positivamente avvolgente!
In sosta
arrivo con le mani ghiacciate, sfiorando il pianto quando la circolazione si
riattiva: speriamo non sia così ogni sosta! Il secondo tiro se lo fa Gianluca,
il minatore. “ecco vedi, la sosta è ben a sinistra in modo da essere al riparo
dal ghiaccio che può far cadere chi sale” dice Nicola. E invece parte una
pioggia di sassolini e sassi di ghiaccio.. Qualcosa grosso come un melone mi
colpisce alla spalla sinistra, azzo che male! Per fortuna la muovo ancora, solo
mi preoccupa il fatto che faccio un po’ fatica ad alzare il braccio, e per
spiccozzare serve proprio questo movimento!
Vai, si sale
noi adesso, come temperatura sto decisamente meglio, e posso godermi
l’attività. Ah il nostro sport, passare da un freddo cane a un caldo assassino,
noi si che lo facciamo vivere il nostro organismo e il suo spirito di
adattamento!
Bene, ora
toccherebbe a me provare a tirare da primo, anche se l’ingarbugliamento delle
corde in sosta non è dei migliori auspici. Risolto quello, parto più sereno. Oh
ma che bello, devo piantare il mio primo chiodo da ghiaccio, il primo almeno
che ha una valenza di darmi sicurezza, non solo una prova fatta coi piedi
saldamente a terra. I primi tre vanno anche bene, poi gli altri.. Prova qui,
prova la, non si pianta. Sali ancora, prova qui, prova la, niente. Vaffanculo,
allora salgo e amen. La cazziata del maestro è assicurata. Mmm, poco invitante
vedere l’acqua scorrere sotto il ghiaccio che rampono e spiccozzo!
Sosta, però
vedo un chiodo e uno spit, e basta, niente anello cementato. Boh va beh. Mi
assicuro poi cosa vedo sotto quel muretto incassato? Un cordino, andiamo a
vedere che non sia quella la sosta! Ma li c’è solo un chiodo, torna indietro.
Poi mentre salgono gli altri due vedo dove sia la vera sosta: due metri sopra
di me, ovvero livello del ghiaccio più basso di due metri del normale..
Riparte
Nicola, vai vai, e finisce la corda, ops.. ci sganciamo per arrivare al
cordino, così magari quei 6m in più gli permettono di arrivare alla sosta (che
strano però, dovrebbero essere tutte a circa 50m una dall'altra e abbiamo corde
da 60). Invece lui si è già attrezzato per una sosta con due chiodi da ghiaccio
e buonanotte. Si riparte anche noi, faccio qualche bella foto a Gianluca dove
sembra quasi un’alpinista serio.
Titubante
data l’inesperienza, non vedo l’ora di abbandonare questa sosta: Nicola per
provarmi che tiene, ci si appende e ci salta sopra, ok mi fido, stai fermo
però! Riparto io, coi soliti problemi col piantare il chiodo, sarà meglio che
mi alleni a casa. Ma capisco che mi diverto dal fatto che canticchio, lasciando
il canticchiare a voce bassa e passando al cantare a voce grossa! Sosto su un
albero dove le tracce dei nostri predecessori conducono e recupero gli altri
due. È fatta, Macchu Picchu nel sacco! E non ci avrei scommesso un centesimo.
Saggiamente
Nicola decide che non è ancora l’ora di stringersi la mano, aspettiamo di
scendere e tornare sulla strada. Foto di via, book fotografico ai monti che
vediamo laggiù risplendere alle ultime luci del sole, con colonne di neve che
si alzano per il vento, e che a casa scoprirò essere (molto probabilmente)
l’Avolo, il Foppa e il Grevo, non il Care Alto.
Arrivati
giù, congratulations e spartizione materiale. Osserviamo una fettuccia di un
rinvio irrigidita dal freddo: non si piega e non si spezza. È ora di recuperare
le mie ciaspole, ma non ci sono più. Maledetti ladri, ma dimmi te! Fa rabbia e
delusione, perché oggi qui c’erano solo alpinisti, quindi il ladro deve essere
uno “come me”. Pazienza, le ordinerò appena arrivo a casa, per domani me le
presterà Nicola. Cazzo, c’era anche il mio nome scritto sopra, ben visibile,
con le iniziale solcate nella plastica con un chiodo caldo.
Poi in
discesa raggiungiamo due tizi che da lontano pare proprio abbiano due cisapole
appese, rosse. Sono li li per raggiungerli con Nicola, che mi affianca e mi
chiede “come sarà l’approccio” “cerco di stare calmo”. “ciao, ma..quelle
ciaspole dove le avete trovate?” “ah ma son tue? Pensa che abbiamo un amico che
si chiama proprio come te, eravamo già qui che pensavamo di farci offrire una
birra da lui per il recuperò!”, mm, saran sinceri? Va beh, l’importante è che
le ciaspole che hanno girato il mondo sullo zaino tornino a casa.
Arriviamo all'auto che fa buio, ci cambiamo e mettiamo un po’ a posto, colonizzo l’auto
di Nicola apparecchiandola con la mia roba. “Andrea, posso andare a sedermi
sulla mia macchina mentre te finisci” “se vuoi, però non so se ti siedi, ci sono
le mie scarpe sul tuo sedile”. E terminiamo la giornata con una media bionda,
che fa sempre bene.
Gran
giornata, chi l’avrebbe detto che saremo riusciti?! Anche a trovare le condizioni.. Io no di certo. Forza,
andiamo a casa che c’è da prepararsi per domani.
Qui altre
foto.
Qui report.
Qui relazione.
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