Faccio contenti Marco e Gianluca proponendo
questo itinerario che entrambi corteggiano da tempo, Gianluca
soprattutto, che mi sorprende accettando l’invito: all’uscita
della parete lo vedrò contento come un bambino col lecca lecca, o
come l’adolescente alla sua prima..
Detto fatto, si parte, sosta cena con
pasta integrale con olio e grana cucinata dal sottoscritto sotto
ottimo consiglio, ma poi ci cade la catena quando al passo del Tonale
Marco sbircia nella sua borsa e.. “ho scordato i pantaloni a casa”.
Dopo fasi concitate su cosa fare o non fare, marco calza i miei jeans
e i mie copri pantaloni: tenterà la salita con quelli.
Ma parto molto chiaro, se siamo stanchi
o marco ha freddo alle gambe, si torna giù subito. Carichi in A22 a
vedere il cielo sereno, al Gavia cadono i maroni quando piove. Al
parcheggio dei forni dormiamo un po’ “comodamente” in auto e
alle 00e30 partiamo, poco spinti visto che ancora qualche goccia
cade. Si vedono le stelle, ma non sopra le cime dove aleggia il
lattiginoso.
Eccoci al Pizzini, entriamo nella sala
degli scarponi ad aspettare se migliora un po’ visto che tira vento
e qualche fiocco cade. Niente da fare, dopo mezzora ripartiamo e
amen, si prende quel che viene, siamo qui proviamo.
Morenone da risalire coi piedi che
slicciano sulla fanghiglia, vento e neve in faccia. Fortuna che siamo
a giugno. Solo noi in giro, d’altronde sono le 2e30 di notte, ma
tra poco qualche frontale la vedremo partire per il meraviglioso Gran
Zebru (Suldengrat e Pale Rosse, ci vedremo presto..), poi tac, piedi
sulla neve, sotto la parete, si sale.
Primo tratto in slego, la neve è
buona, tratti ghiacciatini e tratti dove si va un po’ giù, ma va
più che bene. La parete si distingue bene, solo in alto è coperta.
Ma se resta così, scendere dalla normale sarà complicato. Arrivati
sotto le prime rocce optiamo per legarci, conserva lunga ma almeno un
po’ protetta (e il maestro sarebbe fiero di noi).
Parto io, che goduria, qualche fittone
ogni 40m, ma poi finiscono e devo andare a cerca delle rocce che
stanno a sinistra con Gianluca che continua a gridarmi “devi andare
a destra!”. Tre cordini legati tra loro a bocca di lupo, semplice
no?! E invece marco ci metterà mezzora per districare lo
scioglimento.. Salgo un altro po’ nella speranza di trovare un
bello sperone su cui far sosta, ma gli speroni non ci sono: giù le
picche nella neve, ma col piffero che mi ci appendo!
Salgono gli altri due. Intanto l’alba
si è fatta, il sole illumina in pieno le montagne alle nostre
spalle, il Bernina, il Gran Zebrù, le nuvole aleggiano appena appena
sulle cime. E pensare che fino a un paio d’ore fa ero convinto che
sarebbe finita con le pive nel sacco. E invece stiamo salendo, e
direi riusciremo a farcela.
Tocca a Gianluca ora, è la sua parete,
gli passiamo tutto il materiale nell’ottica che possa uscire dalla
parete con un “tiro” unico. Inizia a salire, che l’immagine con
la luna mezza lassù è davvero suggestiva. La corda finisce, è ora
che si parta anche noi due. Marco non va in montagna dalla Palla Bianca, e lo sente, o meglio, lo sentono i suoi polpacci. Vedo
Gianluca che pianta una vite da ghiaccio. Una vite?! Oh la peppa! Ci
sarà da divertirsi lassu!
Arrivati alla parte più ripida, non
vediamo più Gianluca, ma vediamo il ghiaccio. Non buonissimo, ma le
picche e i ramponi si piantano bene. Sento i polpacci di marco
cantare, ma io canto più forte, mi sto divertendo. Ormai al sole
capiamo che è fatta, e le nubi si sono diradate a modo, tantochè il
gran Zebrù si mostra nel suo splendore.
Ecco Gianluca, felice come una pasqua
all’uscita. Eccoci anche noi, ecco le formichine che salgono verso
il Cevedale. Ecco il panorama. Ecco la cima, dai pochi passi verso
essa e poi tante foto. Sono le 8.
Scendiamo alla ricerca della normale,
pausa per cibarsi che su c’era troppo vento, e quanta gente che
sale sul Cevedale: sulla nord del Pasquale solo noi. Giù verso la
Vedretta del Cedec, passando vicino ai seracchi grandi come
cattedrali, e poi sprofondando nella neve fino a metà tibia.
Che bel posto la valle del ghiacciaio
dei Forni: circondati da giganti oltre i 3500m, dove spicca il Re.
Risiamo al Pizzini, lo scenario è
diverso, stanotte tutti a letto tranne noi, adesso bello popolato,
nonostante siano poi le 10e15. Ci informiamo per la jeep, che sarebbe
opportuno preservare le ginocchia e guadagnare un po’ di tempo. Ma
verremo ingannati, aspettiamo un po’, ma infine decidiamo di
scendere a piedi, della jeep nessuna traccia, 40euro/4 risparmiati.
Terza nord salita in questo mese di
giugno segnato dal meteo incerto e primaverile. Ora speriamo che si
apra anche la stagione dei 4mila!
Qui altre foto.
Qui il report.
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