Se il freddo non vuole arrivare, almeno
approfittiamone. C’è chi
diceva “ma cosa me ne frega di aumentare il grado o arrampicare
adesso, tanto non ho nemmeno iniziato la stagione, che è già
finita” e questo lo diceva fin dai primi di settembre. Siamo al
primo novembre, e oggi io e Riccardo arrampichiamo
(quasi) tutto il giorno in maniche corte.
Siamo solo noi due, dopo vari forfait e
cambi di destinazione dovuti ai più disparati motivi. Ma va bene,
d’altronde è da un sacco di tempo che non arrampico con Ricky, e
mi fa davvero piacere ripestare gli stessi appoggi e afferrare gli
stessi appigli con lui. Oggi si adegua al mio basso grado, ormai che
giace nell’olimpo dei forti arrampicatori. Sono onorato.
Dopo una cena all’insegna della
polenta e dell’abbondanza, e dopo ben tre grasse ore di sonno, ci
si ritrova, destinazione Passo Gardena: la via l’ha scelta lui, non
potevo non lasciargli questo onore e onere. Solo che già sulla
strada verso Passo Sella notiamo che di neve ne ha fatta, ma stiamo
osservando i versanti nord, e siamo quindi fiduciosi. Lo siamo meno
quando giunti a Passo Gardena ci troviamo in mezzo alle nuvole, con
visibilità stile nebbia Valpadana e il termometro del Rifugio Frara che segna 0°C.
Ma come, il meteo doveva essere dalla
nostra, una parte a sud assolata.. Con questo tempo non sappiamo
nemmeno se riusciremo a trovare l’attacco, ne se la roccia sarà
asciutta! Demoralizzati iniziamo a prepararci, facciamo melina nella
speranza di un’apertura delle nubi ma nulla. Partiamo e amen,
vediamo come va. Uffa, che palle. Infreddoliti e vestiti ci
incamminiamo verso la direzione che reputiamo corretta in questa
nebbia fitta.
Accidenti a noi e alla mancanza di
fiducia! Saliti anche solo 50m di dislivello, il cielo si apre
limpido, il Grande Cir è laggiù (con la nebbia abbiamo sbagliato
strada prendendola troppo larga) e le maglie e giacche che avevamo
addosso adesso ci fanno sudare da matti! Ora sparati verso l’attacco
che il morale è tornato bello alto!
Risalito il canalone dietritico per
arrivare alla base dell’attacco, imbragati e legati, non ci resta
che arrampicare: siamo qui per questo. Parto io, così lascio poi a
quello bravo il tiro col passaggio di V. Intanto il paesaggio è già
spettacolare: il tappeto di nubi ai nostri piedi dal quale emergono
le cime delle dolomiti Ampezzane, dello Zoldano, il Sella bello
svettante dietro di noi, il Sassolungo ciccione e prominente.
Iniziamo a far sul serio e arrampicare.
Come sempre la cosa che mi fa più paura è trovare il percorso
corretto per arrivare alla sosta attrezzata o dove almeno è risaputo
esserci una bella clessidra. Su questa via non è che ci siano molti
chiodi o passaggi obbligati e quindi belli usurati dal passaggio
delle precedenti cordate, che permettano di capire in modo chiaro
dove vada presa la roccia. Sono una pippa, lo so.
Sul primo tiro un pochino già ostio un
po’ su un passaggino un po’ delicato, ma chissà se sono io che
sono andato a cercarmelo. Dalla sosta contemplo il paesaggio mentre
recupero il mio amico. Pronti via, beccati il passaggio atletico! Ma
Riccardo è bravo, non ha problemi. Io da secondo leggerò il
passaggio atletico come una pura prova di forza di braccia.
Ci sentiamo sulla buona strada, e
invece io vado un po’ fuori strada al terzo tiro. Ma perché questa
è una via non obbligata, di relazioni ne abbiamo trovate diverse tra
internet e guide; non completamente diverse tra loro, ma con varianti
di anche un tiro intero! E Riccardo al quarto tiro gli tocca
traversare per infilarsi dentro il camino e finire a far sosta sotto un bello strapiombo in compagnia di una strana roccia spumosa.
Sì ma, da questa nicchia come si
esce?! Oh ma che traverso esposto! E sprotetto.. da sporcarsi un po’
le mutande per uscire da qui, ma non è ancora nulla in confronto al
diedro finale. Ce la faccio, proseguo tranquillo e arrivo su del
facile dove c’è quasi da camminare. Sosta su clessidra chiama la
relazione: trovo una clessidra, ma porca miseria, quanto è alta?! E
con sotto il vuoto! Troppo scomoda.. Ci provo un paio di volte, ma
alla fine rinvio e basta, troppo scomoda. E infatti più in alto due
clessidrine sono li che mi aspettano.
Senza sapere se è partito prima che
facessi sosta o meno, Riccardo arriva quasi correndo. Siamo comodi,
pausa ristoratrice e ci vestiamo, che ora tira un po’ d’aria.
Riccardo sale agilmente sul pinnacolo dal quale poi ci dobbiamo
calare (verticale questa doppia!) per trasferirci sul torrione
principale del Grande Cir.
Riparte lui, alla ricerca della via,
che adesso vediamo un po’ fumosa come lettura su questa parete
senza troppi punti di riferimento. Mi sento fiducioso, anche perché
convinto che il duro fosse in basso, e invece.. Arriva in sosta
ostiando per le corde che si sono arrotolate intorno a un sasso quasi
bloccandosi. Sosta, in realtà salta la principale per spostarsi un
po’ a sinistra, su una clessidra un po’ esigua per essere una
sosta su cui appendersi. Vado sparato verso la prossima sosta per
toglierci da questa va!
Oh bene, si vede il diedro finale, che
toccherà a me. Ricky si fa il penultimo tiro, bello e divertente
senza nessun passo obbligato e dove poter cercare quello che si
vuole. Eccomi in sosta con lui, a contemplare il panorama intorno a
noi. Ecco il diedro, no i diedri, sono due, ma quello a destra sembra
essere tappato in cima da un tettino invalicabile (sembra): prenderò
quello di sinistra.
Vado, alla sua base trovo pure il
chiodo chiamato dalla relazione, però quando mi ci trovo in mezzo mi
pare ben di più di un IV+! O l’ho letto male io, o era il diedro a
fianco.. Respira con calma, muoviti delicato, chiedi alle falangine
di fare ben presa, sembra essere lungo decine di metri questo diedro,
poi finalmente riesco a uscirne: sospirone di sollievo!
Cerca la sosta, che non trovo. Roccia
friabile, là la cima, qui sotto a destra un clessidrone, mi fermo
qui anche se bello scomodo. Recupero Riccardo che uscito dal diedro
mi dice “ma allora sai arrampicare, non sei una fighetta”,
sentilo questo qua!
Con calma arriviamo in cima, sono 100m
nel senso di distanza, non di dislivello. È fatta, spettacolo: non
c’è nemmeno da preoccuparsi troppo della discesa, tanto è
sentiero e ferrata (facile tra l’altro). Mentre mangiamo, beviamo e
scherziamo, le nuvole giocano con le cime, regalandoci solo a sprazzi
la visione completa da questo balcone sulle dolomiti. Ma che
spettacolo il Sassolungo, e le Odle, e chi più ne ha più ne metta!
Riccardo fa lo scemo con gli uccellacci che implorano pezzi del nostro panino, ma ho
troppa fame per essere generoso, e poi questi pennuti dimostrano già
avere una certa panza! Scendiamo, è pure più tardi di quello che
speravo, e dopo una scivolata sull’untissima via normale al Grande
Cir, ripiombiamo in mezzo alle nuvole quando finiamo al di sotto
della quota magica, che se avessimo intuito stamattina non ci saremmo
demoralizzati e non avremmo perso tempo.
Qui altre foto.
Qui report.
Qui relazione dei SassBaloss, che però
hanno seguito una linea diversa dopo la doppia a metà salita,
prendendo lo spigolo di petto e non traversando più in alto come
invece descritto nella via del Bernardi.
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