“Chi ha il pane non ha i denti”, ma porca miseria, weekend libero e la meteo cosa fa? Il solito scherzo. Non si può sfruttare a pieno il tempo orologico disponibile, ma non demordiamo e decidiamo di partire lo stesso, useremo l’occasione per starsene un po’ lontano dal mondo e allenarci.
Fugace colazione trovando l’unico bar
che apre alle 7 in questa valle di dormiglioni, decidiamo di
parcheggiare dove è possibile allungare il giro, portandolo dai
1000m scarsi di dislivello a poco più di 1200: avremo gli sci ai
piedi, ma lo spirito è sempre il solito..
Parcheggiato al centro forestale, con
nostro stupore ci siamo solo noi, mah. Ci prepariamo e ci
incamminiamo, sorbendoci qualche centinaio di metri a piedi prima di
poter scivolare sulla neve, che più su dovremmo trovare a metri.
Intanto qui qualche lastra di ghiaccio ci strozza l’entusiasmo
facendoci ballare per non cadere per terra.
La forestale sale lentamente, ma il
silenzio, la neve sugli alberi, la calma, il relax, sono massimi. In
realtà la calma è tutto un dire: la montagna e i suoi elementi sono
pur sempre una forza potenziale pronta a scatenarsi all’improvviso,
ma finché dorme la si accarezza volentieri come un gatto (in realtà,
è una tigre). Incrociamo alcuni alberi abbattuti dal peso della
neve, ma la neve caduta dopo permette di scavalcarli con una leggera
spinta, chissà se a scendere toccherà saltare?!
Qualche scorcio in mezzo ai pini
permette una fugace vista sul Colbricon, scoperto ma fumante di neve
spinta dal vento, e sulle Pale, queste invece con la corona di
nuvole. Il sole appare orgoglioso raramente, ma non dispiace visto
che la temperatura permette comunque una bella sudata! Gli abeti sono
chiusi dalla neve come un ombrello riposto in un angolo; oppure gli
mette un cappello in cima. La neve modella e addolcisce ogni
asperità. Che carina la neve.
Si lascia la forestale, si segue la
traccia che si inerpica in mezzo a un bosco più fitto (ci sarà da
fare lo slalom tra i tronchi a scendere) e lentamente si dilegua
lasciando lo spazio aperto dei prati sotto Malga Bocche: si pregusta
già la discesa da essi.. E si gusta il panorama, per nulla limpido
ma affascinante: Cima Burelloni (dove sta il cuore di Gianluca), il
Cimon de la Pala, il Castellaz illuminato da un sole che non si sa da
dove arrivi, tutto il Lagorai. Ma quanto viaggiano forte le nuvole,
che vento deve esserci!
Secondo me c’è da andare di la, ne
sono sicuro ma titubo lo stesso.. Iniziamo a scendere nella valletta
a est della Malga, ecco i primi due umani di oggi, chiederò a loro
se è corretta la direzione, ma prima che possa aprir bocca “quella
lassù è Malga Iuribrutto?”, ecco siam messi bene, non sanno dove
sono. Prendo le redini del gioco, inerpichiamoci per il bosco per
salire sul crinale.
Questo bosco pende, scendere da qui non
sarà facile. Spero solo di non fare come la scorsa volta, se oggi ci
mettiamo 4 ore a salire, non voglio metterci 7 a scendere! Sali sali
e spunta sul crinalone, affamati da bestia, ora meglio mangiare
qualcosa, così i due altoatesini ci superano e tracciano un po’
loro. Che panorama, mozzato a metà dalle nuvole ferme a 2500m. Azz,
ma la nostra cima sarebbe 2700..mmm chissà se ce la facciamo!
Con questa luce non è proprio evidente
la conformazione del terreno, ma il pendio è blando, per questo
abbastanza sicuro dalle slavine, e per questo lungo a livello di km.
Ma andiamo bene, e anche qui pregustiamo la discesa su questa schiena
ampia e soffice. Alle nostre spalle la montagna si popola di altri
sci alpinisti.
Il vento inizia a spazzare anche noi,
ma non demordiamo a continuiamo nella nostra ascesa, senza però
vedere la cima che si nasconde nel cielo lattiginoso, uffa. Un tratto
crostosa mi fa già pensare alle cadute che ci farò sopra e il male
che recheranno visto il terreno duro..vabbè. Ma la vedo sempre più
grigia.
Talmente grigia che anche gli
altoatesini davanti a noi frenano, titubano, non sanno se continuare
o meno. Li raggiungo, si stanno mettendo la giacca, è chiaro cosa
pensano di fare. Oh proviamo, siamo qui, salgo qualche metro. Ma non
si capisce dove sei, a destra e sinistra c’è un pendio che se ci
finisco dentro data la mia grande bravura e destrezza, scendo fino a
Falcade rotolando. Bene, a 120m dalla cima, si scende.
Via le pelli, su la giacca, e pronti
alla discesa! E che discesa, che sciata, che gusto.. Qualche bella
caduta su cuscini morbidi, ma nei quali lo sci si pianta, e rialzarsi
non è così comodo.. Galleggiare, galleggiare, galleggiare, wow!
Sembra quasi che sappia sciare..ma è merito di pendenza e
consistenza della neve, non mi illudo. Incrociamo parecchia gente,
ora tutto si è popolato.
Ed eccoci a quello che temo essere il
tratto arduo: il bosco. Ma in realtà data la quantità di neve
presente, si riesce a sterzare abbastanza bene, e nel caso ci si
aiuto col braccio a monte che tocca quasi la neve.. Scendiamo
schivando i pini, che spasso. Poi troppo presto tutto finisce, siamo
nel prato sotto la malga, alla quale per risalire tocca rimettere le
pelli. E siamo al sole, mannaggia, non poteva uscire prima? Piccola
illusione, in realtà lassù soffia a ancora vento e le nuvola non
lasciano la cima.
La Malga è assediata da un uscita di
qualche CAI, il ricordo di stamani della desolazione e solitudine è
ben lontano ahimè. È la fame che è bella presente! Dopo aver
risposto alle domande incuriosite di un ciaspolatore (che poi resta
al nostro fianco senza più fiatare, mah) sbraniamo i panini. Una
bella pausa per assaporare ancora di più la sciata fatta, ora so che
non sarà così piacevole, ma soprattutto più dura. Ammiriamo ancora
un po’ il paesaggio, ora che anche il Cimon de la Pala si scrolla
di dosso le nubi per qualche secondo.
Il pendio sotto la malga che riporta
nel bosco è quasi frenante tanto la neve è bagnata. Poi si entra
nel bosco, ma Riccardo scende troppo, io lo seguo, ora tocca tornare
sulla traccia più su, passando in mezzo a pini che scaricano neve a
più non posso! Le valanghe scendono dagli alberi..
Si torna sulla forestale, e qui meglio
farsi prendere dalla velocità, o nei tratti piani tocca spingere,
che palle. Qualche sobbalzo sui pini sdraiati, e poi l’incontro
ravvicinato con un capriolo che scende spaventato, spancia contro un
cumulo di neve, e continua una corsa faticosa nella neve su cui non
galleggia. Noi sì.
Cercando di tenere gli sci ai piedi più
a lungo possibile, poi tocca sganciarli negli ultimi 300m, troppo
piatta e poca neve la strada. Soddisfatti siamo alla macchina. Ora
resta da decidere come affrontare la notte!
Dopo un giretto a Passo Rolle, poi al
parcheggio della Val Venegia,
una birra a Predazzo e torniamo al parcheggio della Val Venegia, che
domani useremo per tamponare la mattinata con un giro esplorativo.
Intanto si scava nella neve per crearci un riparo: è imminente
l’arrivo di una perturbazione che dovrebbe portare un po’ di
neve, vogliamo mangiare e dormire riparati, e sfruttare l’occasione
per una simil truna.
Scaviamo nella neve, nel parcheggio ci
sono muri di 2m, un bel loculo per dormire e mangiare, anche se
quelle due tonnellate di neve che dopo saranno sulle nostre teste mi
fanno un po’ paura. Ormai il buco è finito, e mi accorgo
che..abbiamo dimenticato i copri sacchi a pelo! Ricordandomi quella
volta al Ventasso,
impossibile dormire senza..
Pace e amen, dormiremo in tenda e
mangeremo sotto l’ombrellone da pesca che mi sono portato dietro,
tanto non fa freddo (gulp), sono senza guanti. La luna ogni tanto
sbuca dalle nuvole e ci abbaglia, fosse stata persistente il giro
della Val Venegia si faceva adesso! Niente cinema in tenda, troppo
stanchi, si va aletto sperando domattina il meteo regga per poter
fare un giretto, poi a casa.
Qui altre foto.
Qui report.
NEVE
RispondiEliminaIn quel candore spesso mi son perso
quei chiaro scuri tesi all'azzurrino
quelle lucenti stelle contro il sole
gli occhi accecati da tanto bagliore.
Intorno ai ciuffi d'erba in alta quota
colpiti da quei raggi diamantini
orme d'ungule e tracce di escrementi
segni di vita ed i ruscelli lenti
corrono a valle diluendo i ghiacci
quel borbottio monotono che attrista
quel silenzio che il vento a tratti scuote
empion di quiete le giornate vuote.
Ed io rinasco in mezzo a tanta pace
l'ombra di una nuvola m'avvolge,
un'altra offusca un poco la montagna
sotto la neve dorme la campagna.
Vorrei dormire infine un poco anch'io
poter sciogliere in un bicchiere d'acqua
questa insoddisfazione e questa pena
che senza alcun motivo mi avvelena.
Salvatore Armando Santoro
(Donnas 12.5.2016 – 15,34)
La foto di Andrea Pellegrini è tratta dal portale:
http://andreaintrip.blogspot.it/2014_02_01_archive.html
Vorrei utilizzare questa foto a coreografia della mia poesia citando l'autore. Posso? Pregasi rispondere a santoro3000@alice.it o sul mio profilo di FB (Salvatore Armando Santoro)