Nell’ottica
di divertirsi a salire varie vie dolomitiche, e non solo, quest’estate, tocca
riprendere confidenza con la roccia verso la quale ammetto essere bello
arrugginito. Ma per partire dal facile e didattico, al grido di “minima spesa
massima resa”, la palestra che adottiamo spesso per i corsi è ottimale.
Si temeva il
freddo della mattina, invece è un fresco piacevole, con il canale d’Adige che
scorre inesorabile e incurante della nostra presenza, noi con gli occhi
all’insù verso le pareti: alle 8 siamo già all’imbocco del sentierino di acceso
alle vie, segnalato da un bell’imbuto verde (tutte le targhette non ci sono
più..vandalismo o vecchiaia?!). E fa già caldo, io me ne lamento,
Marco mi da della
suocera.
Volendo fare
i criceti ignoranti che vogliono solo salire, salire e salire, trovata la prima
via ci leghiamo e partiamo. Via Cipriani Sitta, avanti la prima. Qui tutte le
vie si prestano bene a protezioni veloci, clessidre, buconi, alberelli, ecc.
Con tre tiri
invece che sei, usciamo dopo poco meno di due ore, già carichi per un altro
giro in giostra! Intanto la zona inizia a popolarsi di altri arrampicatori, non
ci troveremo mai a dover sgomitare sullo stesso tiro, ma a fianco o poco dietro
di noi ci sarà sempre qualcuno.
Passa una
mezzoretta dall’uscita dalla prima via all’attacco della seconda, Via del
Porce, ufficialmente la seconda che si incontra (in realtà scopriremo che poco
prima se ne trova un’altra non presente sulla nostra guida). Il primo tiro è
già un po’ fisico, ma riusciamo ancora a essere nelle difficoltà che possiamo
affrontare. La roccia è circondata da arbusti e fiori, il vento li accarezza.
Marco mi
raggiunge e parte per il secondo tiro, arrivo da lui e mi dice “mah, vedo che
anche di la c’è qualcosa, prosegui a sinistra”, va bene, tanto non sembra
difficile e finiamo così sulla Via Marmitte dei Giganti, della quale termino il
mio tiro proprio in corrispondenza di questa chicca geologica glaciale.
Poi Marco
riparte ma presto si butta a destra per tornare sulla Via del Porce, e usciamo
affamati: è ora di mangiare qualcosa. Dai, c’è tempo per provarne un'altra,
scendiamo e arriviamo a un altro attacco di una via. Avrei voluto fare Il
Cappuccio del Fungo, la più conosciuta della zona, ma Marco “dai facciamo
questa che sembra carina”, si tratta di Cip&CO1, la più dura.
Parto e mi
spaeso subito, al secondo spit fatico ad arrivarci, poi mi pianto senza capire
come proseguire, un po’ di minuti li fermo, poi mi decido e supero senza
ansimare troppo: proprio un blocco psicologico. La varia possibilità di soste
ci porte a fare più tiri del dovuto, ma me ne rendo davvero conto solo quando
arrivo alla sosta in cui Marco mi dice “beh dai, se quello è il tiro col V
siamo a posto direi” “mah, mi ricordo qualcosa altro in realtà”.
E infatti,
parto e lo supero agevolmente, poi arrivo a far sosta a quello che mi ricordavo
essere davvero il tratto di V. Quando arriva anche Marco si opta perché
prosegua io. Parte il giardiniere. Seguendo lo spigolo sulla sinistra invece
che la placca in mezzo, finisco in mezzo a un groviglio di arbusti, ma almeno
seguo quello che hanno salito gli apritori!
Disbosco e
non senza fatica arrivo a far sosta dove la roccia spiana lasciando la
verticalità per inclinazioni più dolci. Quando marco arriverà, non gli resterà
che uscire.
Beh, ormai
direi che la giornata può finire, in realtà più che altro perché io devo
andare, anche se a Marco non dispiace troppo essendo stanchino. Alla macchina
cambio veloce, perché almeno una birra fresca ce la vogliamo fare, col sole di
oggi ci sta da Dio.
Poi si torna
verso la pianura, che ben presto abbandono per risalire sopra il livello del
mare ma verso sud, destinazione Pietra di Bisamantova, a godermi un tramonto
con una compagnia ben più piacevole e meno pelosa di Marco. Programma roccia
1.0 ha iniziato a girare, ma servono dei Service Pack.
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