Voglia di arrampicare scrollati di
dosso visto che in tutta questa settimana di ferie forzate vigliacco
se ci fosse uno che veniva a passare una giornata su roccia! E anche
sabato nulla, solo Marco ci
sarebbe (legato al mio coprifuoco) ma non vuole arrampicare. Va beh
dai, almeno due risate col ferrarese le faccio di certo, per il
dove..provo a fregarlo: Pizzoccollo o Sasso Rotto? Dai facciamo la
seconda, la prima si fa anche a dicembre..
L'itinerario scelto è una cresta
rocciosa (dopo km di avvicinamento) facile con solo qualche passaggio
di III, quindi ho con me 30m di cordino e un po di materiale, ma
scarponi. Mentre saliamo a Palu del Fersina, il mio amico mi racconta
di aver letto di una corda doppia, boh, mi rendo conto che forse ieri
sera si è documentato più di me! Poi salendo viene fuori che la
relazione da cui ero partito saliva dalla valle opposta..che
disastro! Dai che andrà bene.
Al parcheggio, ancora presente il
casellante di 6 euro alle 7 di mattina, scrutiamo neve lassù in
alto, ma dai, non sarà dove passiamo noi e sarà solo una
spolverata. Iniziamo la salita sul 325 diretti al Lago Erdemolo:
insomma un po' di km voglio farli oggi, la prendiamo alla larga la
salita alla Forcella Sasso Rotto, e pure panoramica!
Il sentiero parte un po' screcco, poi
abbandonata la strada diventa godibile e autunnale: una bella valle
davvero questa, da tornarci per giornate relax di pace, non come
oggi. Poi la neve inizia a farsi sempre più presente: siamo
all'ombra e al freddo, e solo il sentiero ha conservato il ghiaccio,
proviamo a evitarlo ma dopo poco è inevitabile essere in balia degli
scivoloni..
Con circospezione dei piedi, arriviamo
in un'ora al Lago Erdemolo, che delusione, è secchissimo! Ma è
davvero un luogo silenzioso: il rifugio però non ha un locale
invernale, peccato.. Si continua forza, abbiamo avvistato in
lontananza quella che dovrebbe essere la cresta clou di oggi, ma ora
scompare mentre continuiamo a salire su una strisce di neve dura
spesso compatta e infida.
Finalmente al sole, con il panorama che
si apre sulle Dolomiti di Brenta e il Gruppo Ortles Cevedale, che
giornata per essere su quelle cime oggi..ma accontentiamoci. Anche
perchè ora il percorso si fa davvero di ampio respiro, sulla cresta
che porta fino al Sasso Rotto: adesso una facile escursione, dopo
chissà.
Intorno a noi si trova di tutto, dolci
pendii, colline alte, pendii scoscesi, rocce e ghiacciai in
lontananza, bellissimo. E ora il sole a scaldarci e assisterci verso
questa cavalcata in cresta verso una cresta più seria. Intanto però,
camminiamo su un tappeto dimerda di ovino..
In un attimo sembra essere passati
dall’autunno della valle, al principio di inverno della neve sul
sentiero, alla primavera che cerca di sbocciare al sole sulla cresta.
In pochi km. E adesso è naturale fermarsi spesso a guardarsi
intorno, ai panorami che si stagliano in ogni direzione, e al
proseguo del nostro cammino che si snoda su questo crinale restandone
spesso sul lato est.
Appare anche
il Care Alto, osservo affamato il lato ovest da dove paiono uscire
probabili canali invernali, e poi davanti a noi, si scende e si sale,
si scende e si sale, il Sasso Rotto che sembra lontanissimo, invece
si avvicina sempre più, e ora che svalichiamo la forcella Conelle,
eccolo li, circa.
Ora scorgiamo altre persone, che vanno
anche loro a fare la cresta, mentre noi risaliamo un tratto di
sentiero all’ombra e quindi con una spanna di neve. Eccoci alla
Forcella Sasso Rotto, dopo averla risalita con gli occhi all’insu
per scrutare meglio dove finiremo a breve. Cerco il bivacco segnato
sulla cartina, ma è un vecchio rudere leggermente sistemato, non
certo un punto d’appoggio invernale, peccato.
“Sentiero Fratelli Giuliani”
“sentiero difficile” vediamo, intanto noi ci mettiamo imbrago, un
po’ di ferraglia e cordini, casco, e io la mitica corda 30m dell’8mm
a bambola, che non si sa mai che ci leghiamo, e ci legheremo. Poi si
parte, che il divertimento viene adesso.
La partenza è blanda, ci di districa
tra massi e si cammina su un sentiero, tratti esposti ma nulla di
che, un II ogni tanto, magari fossero così tutti i trekking che
facciamo! Poi la montagna con un colpo di mano ci presenta qualche
passaggio più ostico ma soprattutto esposto, e allora perché non
usare la corda? Che poi davanti a noi abbiamo due cordate, il tempo
ce l’abbiamo.
Detto fatto, e ci si assicura negli
spuntoni che si trovano qua e la. L’arrampicata è divertente,
scarpone in aderenza ma spesso buone mani, che vanno ben tastate
però. I bolli rossi indicano in modo chiaro la via, e così
arriviamo al primo passaggio caratteristico, un blocco di roccia che
ostruisce il passaggio creando un tunnel davanti a noi e un altro a
sinistra: salire dritto la vedo dura, a destra pure.
La cordata davanti a noi passa nel buco
davanti, togliendosi lo zaino e con qualche difficoltà, io opto per
quello a sinistra, sgusciando come un marines che ha il filo spinato
sopra la sua testa: Marco passa più agevolmente.. Ma mi rifarò!
Un passaggio dove occorre essere
lunghi, o fai una spaccata doppia per finire sulla parete dell’altro
masso e con una mano in sostituzione, oppure ti lasci “cadere”
nel buco e poi risali. Ma qui Marco riesce a essere agile a dovere e
passare, peccato il filmato non parta e non riesca a documentare
questa sua destrezza e classe.
Proseguiamo, già mi dispiace che
questa cresta stia per finire, ma ahimè c’est la vie. Poi viene la
rampa cadente stretta su cui scivolare piano piano, girarsi in modo
strano e delicato, mani rovesce nella fessura, e col piede scendere a
cercare qualcosa di improbabile: che passi! Marco invece, stavolta
il video c’è, dopo un po’ si lascia cadere..
Ormai la croce si vede da un po’, e
infatti la tocchiamo. Bello! Anche se corto.. Che paesaggi, che
giornata superba e tersa.
Ma la realtà è che per arrivare su
Cima Sette Selle è evidente che ancora le mani vanno un po’ usate.
Niente sosta lunga che il tempo stringe, si scende cercando la via
migliore con l’ausilio di qualche segnavia CAI, e dopo qualche
variante breve, la discesa torna a farsi salita, e in men che non si
dica siamo in cima anche qui.
Ora tocca scendere.. Minchia che
discesa ripida però, e in mezzo a roccette. Bah, sembra esserci una
debole traccia, andiamo di li, ma dall’alto un ragazzo di un’altra
cordata mi suggerisce di fare l’altra cresta, al sole e più
facile, grazie mille per la dritta, anche perché visto come sarà
quella percorsa, chissà com’è quella abbandonata!
Cerco qualche segno, perché tutto il
primo tratto è poi una disarrampicata con del II. Fantastico,
fossero tutti così i nostri trekking! Peccato la neve che ogni tanto
ci complica la vita.. Sembra più lunga la discesa che la salita, poi
finalmente mettiamo piede su qualcosa di più escursionistico, e ci
spogliamo che fa un caldo cane.
Il sentiero è però tutto coperto di
neve, gli scivoloni sono spesso scampati per un pelo molto esile, e
ridendo e scherzano coi tre ragazzi dell’altra cordata, che ci
hanno aiutato a trovare la via migliore, arriviamo al Rifugio Sette Selle, aperto a differenza dell’indicazione al
parcheggio, ma tanto le birre le ho già in macchina.
Si scende tornando in autunno, con
calma, questo è un posto dove voglio tornare per giornate in relax,
peccato la distanza da casa. Dal bosco verso la fine riusciamo a
scorgere le montagne mezze innevate che abbiamo salito sulla loro
schiena, poi ben presto arriviamo agli incroci con la strada
asfaltata, segno che la civiltà ritorna.
Birra time, coi panini non ancora
mangiati, sulla panchina, al sole, a petto nudo, si sta da papa qui..
Peccato il coprifuoco chiami e io non possa che rispondere, culo in
auto e via ritornare in pianura.
Qui altre foto.
Qui report.
Qui video.
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