E
giunse l’ora! Tiriamo fuori gli sci, quest’anno i miei sci! E
tocca quindi trovare un’occasione per collaudare un po’ tutto il
materiale e vestiario acquistato pian piano. Ma la neve..dov’è la
neve? Solo oltre i 2000m, e quindi i posti (a ragionevole portata di
mano) diventano pochi, sigh. Ma è un mese che non vado in montagna
(Monsummano per l’RDV 2014
e due tiri al Sengio Rosso di ripiego dalle vie di Brentino bagnate,
non lo considero andare in montagna).
E
quasi senza accorgercene, siamo in cima. Non c’è freddissimo, ma
ricordo la tragicità termica del togliere i guanti per togliere le
pelli e sistemare tutto, voglio esser veloce. Mangiamo qualcosa,
poche foto che tanto non si vede una mazza, anche se ogni tanto
sembra aprirsi, ma è solo un illusione.
Ma
come spesso accade ormai, il meteo stravolge i piani, e alla fine ci
ritroviamo a partire io e
Riccardo alla volta di
Passo Fedaia, dove Luca e Karen ci aspettano col furgo: i piani sono ben
più ampi che una salita in giornata sulla regina delle dolomiti. Ma
giunti al parcheggio i piani sono anche un po’ rattristati da un
cielo che invece che migliorare, pare peggiorare. Mah.
Si
parte sci ai piedi sulla pista sotto il Pian dei Fiacconi, la salita
l’abbiamo già effettuatal’anno scorso, ma la si ripete volentieri: e poi essendo un test di
forma, materiale, comodità scarponi ecc, meglio un itinerario
conosciuto.
Peccato
il cielo sia plumbeo e le cime intorno a noi coperte, perché il
panorama sarebbe mozzafiato. Certo anche così acquisisce il suo
fascino, però è un dispiacere. Va beh dai, andiamo, la cosa bella
dello scialpinismo è che il momento cruciale è la discesa, e se
trovi la neve giusta non ci sono problemi a considerare l’uscita
riuscita.
Saliamo
con calma, non c’è fretta ed è pure meglio tenersi per domani e
dopodomani quando il meteo dovrebbe essere migliore e la zona dove
saremo un po’ più sconosciuta e bella di oggi. All’improvviso
sembra uscire un raggio di sole sul Sassolungo, mozzato dalle nuvole,
ma è un’illusione.
Giunti al Rifugio Fiacconi, Luca e Karen ci lasciano, uno non sta bene e
inoltre più in alto si vede che le nuvole hanno preso possesso della
cima. Ma le previsioni davano miglioramento nel mezzogiorno, la
traccia è bella marcata vista l’orda di sci alpinisti che sale,
perciò andiamo avanti.
Ora
che lo spazio si apre e non c’è il “vincolo” della pista, la
libertà spazia, ma è uno spaziare nell’ignoto vista la non
visibilità: un senso di vagare nel nulla, ormai si vede solo del
bianco, e dei puntini colorati che siamo noi.
Poi
giunge il momento dello scavallare al di la, per mettere piede sul
pendio finale che porta alla cima, Punta Rocca. Finalmente oserei
dire. La salita si fa più dolce, c’è la traccia di chi zigzaga e
di chi sale dritto. Dopo un po tra le nuvole davanti a noi si riesce
a distinguere offuscata la cresta rocciosa di Punta Rocca, un
miraggio vedere qualcosa che non sia di colore bianco o grigio.
Ricorderò
come si scende? Che paura che ho.. Chissà Luca e Karen dove sono
ora. Va beh, mi lancio. Polvere dolce polvere, te che mi perdoni ogni
mia goffaggine, o quasi. Un paio di cadute sono d’obbligo.
Scendiamo mentre altri salgono e altri scendono, ci sarà visibilità
di 50m, e questo non permette di distinguere cielo e neve, le
pendenze, è un casino.
Scendiamo
troppo, ne sono sicuro, vedo una pelle di mandarino che secondo me è
quello allo scavallamento di prima, ma tanto qui si può scendere
quasi ovunque, e sono scesi ovunque. Per questo rimaniamo dubbiosi
sul momento di tagliare verso sinistra. Vado a dare una perlustrata,
ma la visibilità non rende decifrabile la pendenza, scivolo dolce e
costante, cado e mi sembra di continuare a scivolare, una valanga!
Mi
cago a dosso quasi. In realtà non mi sono mosso, ma il mal di mare
di questa lattigionisità inganna in modo pauroso. Proprio paura.
Troviamo tracce di un gatto delle nevi, in realtà più che una
traccia sembra il maciullamento della neve che si è ghiacciata,
molto più dura del soffice sopra.
Incrociamo
qualcuno che ahimè conferma quanto pensavo: stiamo scendendo nel
versante veneto. Tornare indietro? Tanto ci perderemmo di nuovo,
almeno qui abbiamo una traccia sicura da seguire, anche la sciata non
è più un granché. E tanti faranno la nostra stessa fine, e ci sarà
anche un local che ci dirà “nello sbaglio avete fatto bene, almeno
di qua non ci si perde, di la è un casino se non vedi dove vai”.
La
parte più bassa è neve bella dura, cerca pure il bordo pista per il
soffice, ma poi non puoi più, e lo spazzaneve diventa un tremolio
che mi percuote a causa del fondo non regolare. Infine siamo giù, e
per fortuna il local ci svela una stradina bordo lago ma dal lato
opposto della strada. Per fortuna, ero già rassegnato a km a piedi
su asfalto con le macchine sfreccianti..
Quattro
chiacchiere con una ragazza toscana trentina milanese non si capisce
da dove venga, ma mi battezza subito. Almeno il piattume di questa
strada si fa meno noioso. E infine all’auto, affamati verso Canazei
per birra e panino e per ritrovarci con Luca e Karen e pianificare il
proseguo del ponte.. Intano buona la prima! Coi quadricipiti in
fiamme, visto quanto sono scarso a scendere.
Qui altre foto.
Qui relazione on-ice.
Qui relazione OTT.
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