sabato 6 dicembre 2014

Apriamo la stagione SkiAlp: Marmolada, un anello non cercato

E giunse l’ora! Tiriamo fuori gli sci, quest’anno i miei sci! E tocca quindi trovare un’occasione per collaudare un po’ tutto il materiale e vestiario acquistato pian piano. Ma la neve..dov’è la neve? Solo oltre i 2000m, e quindi i posti (a ragionevole portata di mano) diventano pochi, sigh. Ma è un mese che non vado in montagna (Monsummano per l’RDV 2014 e due tiri al Sengio Rosso di ripiego dalle vie di Brentino bagnate, non lo considero andare in montagna).
Ma come spesso accade ormai, il meteo stravolge i piani, e alla fine ci ritroviamo a partire io e Riccardo alla volta di Passo Fedaia, dove Luca e Karen ci aspettano col furgo: i piani sono ben più ampi che una salita in giornata sulla regina delle dolomiti. Ma giunti al parcheggio i piani sono anche un po’ rattristati da un cielo che invece che migliorare, pare peggiorare. Mah.
Si parte sci ai piedi sulla pista sotto il Pian dei Fiacconi, la salita l’abbiamo già effettuatal’anno scorso, ma la si ripete volentieri: e poi essendo un test di forma, materiale, comodità scarponi ecc, meglio un itinerario conosciuto.
Peccato il cielo sia plumbeo e le cime intorno a noi coperte, perché il panorama sarebbe mozzafiato. Certo anche così acquisisce il suo fascino, però è un dispiacere. Va beh dai, andiamo, la cosa bella dello scialpinismo è che il momento cruciale è la discesa, e se trovi la neve giusta non ci sono problemi a considerare l’uscita riuscita.
Saliamo con calma, non c’è fretta ed è pure meglio tenersi per domani e dopodomani quando il meteo dovrebbe essere migliore e la zona dove saremo un po’ più sconosciuta e bella di oggi. All’improvviso sembra uscire un raggio di sole sul Sassolungo, mozzato dalle nuvole, ma è un’illusione.
Giunti al Rifugio Fiacconi, Luca e Karen ci lasciano, uno non sta bene e inoltre più in alto si vede che le nuvole hanno preso possesso della cima. Ma le previsioni davano miglioramento nel mezzogiorno, la traccia è bella marcata vista l’orda di sci alpinisti che sale, perciò andiamo avanti.
Ora che lo spazio si apre e non c’è il “vincolo” della pista, la libertà spazia, ma è uno spaziare nell’ignoto vista la non visibilità: un senso di vagare nel nulla, ormai si vede solo del bianco, e dei puntini colorati che siamo noi.
Poi giunge il momento dello scavallare al di la, per mettere piede sul pendio finale che porta alla cima, Punta Rocca. Finalmente oserei dire. La salita si fa più dolce, c’è la traccia di chi zigzaga e di chi sale dritto. Dopo un po tra le nuvole davanti a noi si riesce a distinguere offuscata la cresta rocciosa di Punta Rocca, un miraggio vedere qualcosa che non sia di colore bianco o grigio.
E quasi senza accorgercene, siamo in cima. Non c’è freddissimo, ma ricordo la tragicità termica del togliere i guanti per togliere le pelli e sistemare tutto, voglio esser veloce. Mangiamo qualcosa, poche foto che tanto non si vede una mazza, anche se ogni tanto sembra aprirsi, ma è solo un illusione.
Ricorderò come si scende? Che paura che ho.. Chissà Luca e Karen dove sono ora. Va beh, mi lancio. Polvere dolce polvere, te che mi perdoni ogni mia goffaggine, o quasi. Un paio di cadute sono d’obbligo. Scendiamo mentre altri salgono e altri scendono, ci sarà visibilità di 50m, e questo non permette di distinguere cielo e neve, le pendenze, è un casino.
Scendiamo troppo, ne sono sicuro, vedo una pelle di mandarino che secondo me è quello allo scavallamento di prima, ma tanto qui si può scendere quasi ovunque, e sono scesi ovunque. Per questo rimaniamo dubbiosi sul momento di tagliare verso sinistra. Vado a dare una perlustrata, ma la visibilità non rende decifrabile la pendenza, scivolo dolce e costante, cado e mi sembra di continuare a scivolare, una valanga!
Mi cago a dosso quasi. In realtà non mi sono mosso, ma il mal di mare di questa lattigionisità inganna in modo pauroso. Proprio paura. Troviamo tracce di un gatto delle nevi, in realtà più che una traccia sembra il maciullamento della neve che si è ghiacciata, molto più dura del soffice sopra.
Incrociamo qualcuno che ahimè conferma quanto pensavo: stiamo scendendo nel versante veneto. Tornare indietro? Tanto ci perderemmo di nuovo, almeno qui abbiamo una traccia sicura da seguire, anche la sciata non è più un granché. E tanti faranno la nostra stessa fine, e ci sarà anche un local che ci dirà “nello sbaglio avete fatto bene, almeno di qua non ci si perde, di la è un casino se non vedi dove vai”.
La parte più bassa è neve bella dura, cerca pure il bordo pista per il soffice, ma poi non puoi più, e lo spazzaneve diventa un tremolio che mi percuote a causa del fondo non regolare. Infine siamo giù, e per fortuna il local ci svela una stradina bordo lago ma dal lato opposto della strada. Per fortuna, ero già rassegnato a km a piedi su asfalto con le macchine sfreccianti..
Quattro chiacchiere con una ragazza toscana trentina milanese non si capisce da dove venga, ma mi battezza subito. Almeno il piattume di questa strada si fa meno noioso. E infine all’auto, affamati verso Canazei per birra e panino e per ritrovarci con Luca e Karen e pianificare il proseguo del ponte.. Intano buona la prima! Coi quadricipiti in fiamme, visto quanto sono scarso a scendere.

Qui e qui il proseguo.
Qui altre foto.
Qui relazione on-ice.
Qui relazione OTT.

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