Coppia
inedita oggi, dato il gran numero di defezioni per il corso AR1 di domani e il
meteo che ballerino cambia idea troppo spesso. Simone è agguerrito, mi propone un orario di
partenza che farebbe svenire gente del calibro di Nicola e Gianluca.. Mediando, questo poi ci
permetterà di giostrarci con calma la salita e rientrare in tempo per fare
spesa, sistemarla, sistemare la roba da montagna, fare la doccia e esser pronto
per la morosa.
Fugace
colazione a Rovereto, e risaliamo la stretta e incassata valle verso Pian delle
Fugazze. Sotto consigli vari, ma anche perchè l'avevo adocchiato io (va beh che
la mia cartella di "adocchiati" è di svariati gigabyte..), oggi si
tenta lo Spigolo Noaro, ovviamente per attacco diretto. Mi piacerebbe poi metterci
in fila qualcosa che sta lassù..ma vedremo.
Con un buon
margine di tempo ci prepariamo con calma, osservando il buco giallo della
grande frana dell'inverno 2012: io qui venni qualche mese prima per salire la
via Maica, perciò quella macchia a mo' di pesce fuor d'acqua non c'era. Ci si
incammina per un sentiero che Giorgio mi aveva detto facile perdersi, ma deve esser lui ad
avere qualche problema di orientamento (hihi).
Arriviamo
all'attacco. pare ovvio sia questo, ma proseguo qualche metro per verificare
che sia davvero lui: la vista del Vajo Stretto mi conferma ciò. Chi parte per
primo? Simone si propone subito, è solito fare lui il primo tiro per rompere un
po' il ghiaccio. Non ho problemi, anzi, così il chiave (che dovrebbe essere il
secondo tiro) me lo becco io.
Simone parte
subito guardingo e delicato, d'altronde rompere il ghiaccio con questo grado
richiede calma.. Occorre seguire la linea di roccia pulita, a sinistra un po'
troppo friabile, ma troverò anche la via piuttosto "consumata",
ahimè. Lui mette giù protezione, poi si ritrova coi cordini che si sono fatti
degli auto bocca di lupo..il caos. Giunge in sosta dopo un altro passaggio
tostino.
Lo raggiungo
scoprendo il perchè ci avesse messo un po' di tempo, ha fatto una sosta
"elaborata", come vedrò anche le prossime. Ma mi ci soffermo poco, mi
sembra che siamo un po' troppo lenti, ed ho pure freddo! Io vestito con la
maglia, e lui in maniche corte. C'è qualcosa che non va, sarò malato?
Vado avanti,
mi trovo un po' impacciato oggi, sarà per il timore reverenziale verso la
roccia delle Piccole Dolomiti, sarà per il fresco/freddo che mi rende le dita
non proprio troppo sensibili, sarà per le scarpe che iniziano a presentare un
buchetto troppo accentuato sulla punta della destra. Ma salgo, supero qualche tratto
dove il V ci sta, e finalmente mi ritrovo su un vero spigolo, facile ma aereo,
fino ai mughi. Come suggerito da Giorgio, salto una o due soste, rendendo il
tiro un quasi 50m.
Saranno
questi i mughi di sosta? Ne vedo una più avanti, ci vado, c'è il libro di via
ma i due chiodi non mi ispirano troppo. Salgo sopra? non ho abbastanza corda.
Va beh, saranno quelli giu i mughi giusti (le cui "foglie" raccolgono
il ghiaino del Carega), ed è così.
Recupero Simone, che riparte per un tiro che
sarà facile tranne un passetto iniziale dal libro, poi lo vedo salire svelto
sullo spigolo, col restante spigolo che svetta estetico verso l alto fuggendo
dal buio Vajo Stretto che cerca di inglobarlo come se fosse un buco nero.
Per un
errore di lettura della relazione e vari convincimenti che non si sa da dove
arrivino, gli do indicazioni sbagliate, e sale troppo. Ma riuscirà comunque a
fare una sosta controventando due spuntoni. Accidenti, ma quanto gli piace
controventare?
Lui è salito
troppo e quindi mi ha mangiato un pezzo del mio tiro, che quindi finisce ben
presto su due bei golfaroni che danno inizio alla parte alta della via. Il
panorama è bello aperto nonostante la minaccia di un peggioramento al pomeriggio,
lo spigolo prosegue verso l'alto con a destra quell'impressionante stalattite
di roccia che si è spezzata a metà.
Riparte il
mio amico, un altro tiro facilotto ma sembra sul filo e quindi con
l'esposizione che lo rende piacevole all'amica adrenalina. Arrivo alla sosta, e
anche questa me la ritrovo con due friend controventati più il golfaro: il
ragazzo ha un'insana passione del fare soste "ricche".
Si riparte
con le difficoltà, entrare nel camino a destra richiede un passettino con sotto
il vuoto, ma poi anche i primi passi di risalita sono piuttosto
"psicologici", aggiungendo che il primo chiodo è altino e non sono
riuscito a metter giù nulla.. Ma si va, con calma ma si va, lo supero e inizio
a cercare i prossimi chiodi a indicarmi la via. Salgo dritto, forse con qualche
difficoltà maggiore, ma ora che il ghiaccio l'ho rotto io, ho fame di
arrampicare.
Sono in
sosta, mi guardo intorno, sotto di me il franone e dietro di me il Pasubio.
Sopra il tettino col passo duro dell'ultimo tiro. Arriva Simone, studia un po'
il proseguo, dopo avermi detto quanto ballassero alcuni chiodi sotto: paura!
Parte il mio
amico, onestamente non credevo che salisse questi gradi, invece lo vedo
tranquillo anche se guardingo, ma ci sta (oggi lo sono anche io, mah). Prosegue
delicato sotto il tetto, che poi invece sale abbastanza agevolmente. Scoprirò
mio malgrado che in effetti la parte sotto non
è solidissima e obbliga alcuni passaggi al cardiopalma, mentre il tetto
è ammanigliato (però accidenti alla spalla che mi duole!).
Siamo fuori
dalla via, comodi, con la partenza che c'era stata temevo ci avremmo messo un
eternità a finire la via, invece non è stato così: nella media tutto sommato.
Non credo ci sarà tempo di salire qualcos'altro, ma almeno voglio andare a
esplorare la parte alta!
Risaliamo le
facili rocce fino in cima, foto e iniziamo la discesa, che la ricordo richieda
attenzione. Si passa attraverso un foro che si restringe man mano fino a
obbligare a strusciare fuori, con la sosta di calata sotto di te che devi
raggiungere dopo alcuni movimenti innaturali.
I cordoni in
sosta non sono sanissimi, mi calo prima io che l'altro "tiene
famiglia" ma con uno spunto aggiuntivo. Tutto ok, si prosegue su cenge
esposte abbracciando roccia e mughi come se fossero fratelli che non vediamo da
tempo. L'ultima doppia (anche qui che cordoni..) ci deposita alla forcella di
uscita del Vajo Stretto.
Al sole una
pausa ristoratrice con parecchie chiacchiere ci sta da Dio. Propongo di non
scendere per il Vajo Stretto, lo ricordo brutto, e vorrei esplorare la parte
alta e la discesa dall'altra parte. Benissimo, siamo d'accordo e risaliamo
verso la Sella dell'Emmele, piccola deviazione per scorgere la Parete dei
Vaccari e infine verso la via Predoni per Caso.
Non sono
sicuro del sentiero e della direzione, ma sono sicuro che questa fessura è
bellissima! W le fessure! Un sentiero prosegue verso nord, chissà che non si
scenda anche di la, ma prima arriviamo all'uscita della via Placca d Argento,
torniamo indietro e proviamo altre tracce che non si sa dove si perdono.
Torniamo
sotto la fessura e risaliamo diretti il ghiaione che si rivela condurre
esattamente alla Sella dell'Emmele. Ottimo! Ora si scende comodamente
chiacchierando filosoficamente sull'umanità, osservando e bramando il Baffelan
che svetta laggiu, la nord est della Torre dell'Emmele che porca vacca quanto è
dura, e cercando altre fessure.
Dall'auto,
dopo aver riposto il materiale, con comodo cammino si raggiunge Malga Cornetto,
dove birra e panino vengono divorati. E intanto si sogna ancora quella fessura,
si sogna di salire ancora, si sogna come sempre.
Qui relazione (la più corretta secondo noi).
Qui altre
foto.
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