domenica 30 agosto 2015

Perchè no: Torre Stabeler, via Fehrmann

E dopo il giornatone di ieri oggi che famo? Approfittiamo per qualcosa sulle famose Torri del Vajolet, anche se temo fortemente l'affollamento. Ma siamo qui e sono belle, da casa non partirei apposta per "solo" loro, perciò vamos. 
Mi sveglio un po' prima per vedere se posso godermi una bell'alba, ma questa si rivelerà sotto le aspettative. Mi sa che siamo dal lato sbagliato, qui non vedo pareti esposte esposte a est, ma solo sud nord e ovest. Oddio, non che non sia un bel momento però! Intanto sistemo lo zaino e il materiale. 
Colazione stavolta senza contegno, poi si parte. Giorgio aveva visto e studiato la Fehrmann alla Stabeler, quindi andiamo. Io sognavo qualcosa sulla nord del Catinaccio, ma mi rendo conto oggi sia troppo. Oppure la normale alla Winkler con quella variante in spigolo..prossima volta. Che comunque anche la Stabeler si farà sudare. 
In cammino, con già cordate sulla Delago e un po' di fremito intorno alle restanti. Ma per fortuna saliremo da soli, raggiunti da una cordata alla quinta sosta e con due disgraziati in cima saliti per la normale. Per fortuna, l'affollamento proprio non mi va, e mi sono abituato bene quest'estate a non avere cordate intorno.
Troviamo l'attacco, anche se non siamo sicuri, chi parte chi non parte, parte Giorgio. Inizialmente dubbioso sulla correttezza del "posto", qualche segno rivela che invece siamo sulla via giusta. Sale svelto, poi lo vedo tentennare su un passagino strapiombante che aggira, fino alla sosta. Io da secondo questo passaggino non me lo lascio scappare. 
Vado io, inizio a guardarmi intorno timoroso del famoso "unto", che però ancora non trovo abbondante. Speriamo non lo sia il diedro chiave! Mi guardo intorno, il sole possente mi annebbia la vista, vista che si concentra sulla nord del Catinaccio dove qualche cordata sta salendo. E dove un giorno vorrò salire anche io.
Riparte Giorgio, si infila nel diedro che non è ancora quello temuto, anche se anche questo non è mica male. Infatti lo vedo che ci piazza i due bei padelloni. Sarà per me un assaggio di quello che mi aspetta? Intanto osservo timoroso quella polvere bianca a lato della sosta: della magnesite che deve essere caduta a qualcuno.
Arrivo in sosta, ed eccolo li il bel tiro chiave. Due chiacchiere col mio amico, lo scambio del materiale, e poi si cammina verso sinistra alla sua base. Si guarda in alto, ok qualche manetta pare esserci, buchini per i piedi ok. Guardo in basso..come diavolo li alzo i piedi?!
Qualche prova, momento di smarrimento, poi hop, l'unica è fare qualche passo issandosi un po' su, ed eccoci in una nuova posizione di "riposo" (le virgolette sono d'obbligo). Gran bel tiro, non molla. Gran tecnica di diedro, spaccata, sostituzione, poco "tirarsi su", finchè non arrivi allo strapiombino che dici "e adesso?".
E adesso, un po' di pausa e a tirarsi su un po sbilanciati verso sinistra col piede destro che cerca qualcosa..e lo trova, dai che è fatta! Quasi, non molla questo tiro. Ancora qualche metro e poi le difficoltà calano fino a giungere in sosta, olè! 
Recupero Giorgio che si suda anche lui il diedro, e intanto penso di cedergli l'ultimo tiro. Continuo ad ammirare la nord del Catinaccio e a scartare in modo categorico la possibilità della variante Vinatzer sul prossimo tiro.
Propongo a Giorgio la cosa, intanto si incammina per cengia esposta sul quinto tiro, che finisce presto: gira parecchio e il suo scopo è aggirare il pancione giallo che al momento ancora mi sovrasta. Arrivo in sosta anche io, due chiodi un po' bruttini ma pazienza, la cengia è comoda.
Giorgio parte anche per l'ultimo tiro, mentre qualche sassolino piove dal cielo. Urlo di chiamarli i sassi da chi sta sopra: li sento parlare chiaramente, quindi loro di certo sentono le mie urla. Giorgio scende e risale, attacca il diedro. Altri sassolini. Urlo di nuovo. Giorgio prova la diretta, altri sassolini, e arriva anche un altro ragazzo in sosta, che urla anche lui "chiamateli i sassi!".
Finchè qualcosa di (credo) grosso come un pugno (e se era grosso così, meno male ha rimbalzato sulla parete perdendo velocità) mi centra la spalla destra, azzo che male. Giorgio quindi lascia perdere la diretta e obliqua un po' verso sinistra, mentre io urlo incazzato a bestia con chi sta sopra.
Giorgio arriva in sosta e inizia a recuperarmi, questo IV con una spalla dolorante che fatico ad alzare, diventa un po' più ostico. Arrivo su e trovo quei due disgraziati e li bacchetto subito "allora, può capitare a tutti di smuovere dei sassi, può capitare di perdere la via, ma cazzo, chiamateli i sassi!". E uno inizia a chiedere scusa e fare lo scaricabarile sul suo amico "eh guarda, te l'avevo detto, poverino questo ragazzo".
Sono due ultra sessantenni, materiale vetusto, cordone da 15mm peloso, otto, cordini d'annata. Ma questo va beh. Quando si inizierà a parlare di discesa, dimostreranno di non sapere dove sia, di non averla studiata, di avere con se solo una corda da 50m per la calata. (in realtà poi viene fuori ne hanno un altra da 60 nello zaino, ma da 8mm, che non so quanto si accoppi bene col pitone da 15). Alla vista del mio gigi sembra abbiano visto l'ultimo ritrovato della tecnologia aerospaziale. Il machard per le doppie? "ehi, guarda lui che strano nodo fa". E viene fuori che quest'anno hanno pure salito le normali delle tre cime, tutte e tre. Come fanno ad essere ancora vivi questi?
Ci godiamo il panorama, ma a me girano le palle a mille per la spalla e l'incompetenza di quelli che me l'hanno ridotta così. Un po' di foto e poi si scende. In tre cordate abbiamo tre discese diverse relazionate, ma io voglio andare su quella che poi diventa in comune con la Delago, che so che è buona. Ci si dirige verso l'ometto, si disarrampica un paio di m ed ecco l'ancoraggio.
Scendo io prima dei due storici alpinisti, e gli urlo che ci sono calate intermedie e quindi possono scendere con la sola loro corda da 50m. Io passo un ancoraggio, arrivo a un altro, ma mi pare che posso arrivare a quella cengia laggiu. Ci provo. Viene un bel doppione da 50m con gli ultimi 18 nel vuoto. E che ripulita ho dato alla corda di Giorgio..
Continuiamo le calate, dopo con solo una corda, svelti più che si può per evitare i sassolini scaricati da chi sta sopra (anche chi scende dalla Delago) e il possibile traffico. Finiamo alla base della parete, facciamo su le corde, rientriamo al rifugio (io con ancora le Mythos addosso), e quei due sono ancora in parete che stanno scendendo sulle corde dei due piemontesi che erano con noi sulla Ferhmann. No comment. 
Cambio, ripristino zaino da spedizione, e poi si scende corricchiando e ammirando la nord del Catinaccio, ancora lei, mi è rimasta in testa. Sull'untissimo sentiero si trova un sacco di gente che ingorga un po', finalmente al pianoro del Vajolet la calca si sparpaglia, e il caldo dilaga.
Si rientra spensierati verso il Gardeccia, super accaldati, anomalo, con la est del Catinaccio che si scopre man mano, ma noi ormai ne conosciamo qualche segreto.. Gran parete! E gran fame per noi, sfogata "da Michele".

Qui altre foto.
Qui e quireport.

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