E dopo il
giornatone di ieri oggi che famo? Approfittiamo per qualcosa sulle famose Torri
del Vajolet, anche se temo fortemente l'affollamento. Ma siamo qui e sono belle,
da casa non partirei apposta per "solo" loro, perciò vamos.
Mi sveglio
un po' prima per vedere se posso godermi una bell'alba, ma questa si rivelerà
sotto le aspettative. Mi sa che siamo dal lato sbagliato, qui non vedo pareti
esposte esposte a est, ma solo sud nord e ovest. Oddio, non che non sia un bel
momento però! Intanto sistemo lo zaino e il materiale.
Colazione
stavolta senza contegno, poi si parte. Giorgio aveva visto e studiato la Fehrmann
alla Stabeler, quindi andiamo. Io sognavo qualcosa sulla nord del Catinaccio,
ma mi rendo conto oggi sia troppo. Oppure la normale alla Winkler con quella
variante in spigolo..prossima volta. Che comunque anche la Stabeler si farà
sudare.
In cammino,
con già cordate sulla Delago e un po' di fremito intorno alle restanti. Ma per
fortuna saliremo da soli, raggiunti da una cordata alla quinta sosta e con due
disgraziati in cima saliti per la normale. Per fortuna, l'affollamento proprio
non mi va, e mi sono abituato bene quest'estate a non avere cordate intorno.
Troviamo
l'attacco, anche se non siamo sicuri, chi parte chi non parte, parte Giorgio.
Inizialmente dubbioso sulla correttezza del "posto", qualche segno
rivela che invece siamo sulla via giusta. Sale svelto, poi lo vedo tentennare
su un passagino strapiombante che aggira, fino alla sosta. Io da secondo questo
passaggino non me lo lascio scappare.
Vado io,
inizio a guardarmi intorno timoroso del famoso "unto", che però
ancora non trovo abbondante. Speriamo non lo sia il diedro chiave! Mi guardo
intorno, il sole possente mi annebbia la vista, vista che si concentra sulla
nord del Catinaccio dove qualche cordata sta salendo. E dove un giorno vorrò
salire anche io.
Riparte
Giorgio, si infila nel diedro che non è ancora quello temuto, anche se anche
questo non è mica male. Infatti lo vedo che ci piazza i due bei padelloni. Sarà
per me un assaggio di quello che mi aspetta? Intanto osservo timoroso quella
polvere bianca a lato della sosta: della magnesite che deve essere caduta a
qualcuno.
Arrivo in
sosta, ed eccolo li il bel tiro chiave. Due chiacchiere col mio amico, lo
scambio del materiale, e poi si cammina verso sinistra alla sua base. Si guarda
in alto, ok qualche manetta pare esserci, buchini per i piedi ok. Guardo in
basso..come diavolo li alzo i piedi?!
Qualche
prova, momento di smarrimento, poi hop, l'unica è fare qualche passo issandosi
un po' su, ed eccoci in una nuova posizione di "riposo" (le
virgolette sono d'obbligo). Gran bel tiro, non molla. Gran tecnica di diedro,
spaccata, sostituzione, poco "tirarsi su", finchè non arrivi allo
strapiombino che dici "e adesso?".
E adesso, un
po' di pausa e a tirarsi su un po sbilanciati verso sinistra col piede destro
che cerca qualcosa..e lo trova, dai che è fatta! Quasi, non molla questo tiro.
Ancora qualche metro e poi le difficoltà calano fino a giungere in sosta, olè!
Recupero
Giorgio che si suda anche lui il diedro, e intanto penso di cedergli l'ultimo
tiro. Continuo ad ammirare la nord del Catinaccio e a scartare in modo
categorico la possibilità della variante Vinatzer sul prossimo tiro.
Propongo a
Giorgio la cosa, intanto si incammina per cengia esposta sul quinto tiro, che
finisce presto: gira parecchio e il suo scopo è aggirare il pancione giallo che
al momento ancora mi sovrasta. Arrivo in sosta anche io, due chiodi un po'
bruttini ma pazienza, la cengia è comoda.
Giorgio
parte anche per l'ultimo tiro, mentre qualche sassolino piove dal cielo. Urlo
di chiamarli i sassi da chi sta sopra: li sento parlare chiaramente, quindi
loro di certo sentono le mie urla. Giorgio scende e risale, attacca il diedro.
Altri sassolini. Urlo di nuovo. Giorgio prova la diretta, altri sassolini, e
arriva anche un altro ragazzo in sosta, che urla anche lui "chiamateli i
sassi!".
Finchè
qualcosa di (credo) grosso come un pugno (e se era grosso così, meno male ha
rimbalzato sulla parete perdendo velocità) mi centra la spalla destra, azzo che
male. Giorgio quindi lascia perdere la diretta e obliqua un po' verso sinistra,
mentre io urlo incazzato a bestia con chi sta sopra.
Giorgio
arriva in sosta e inizia a recuperarmi, questo IV con una spalla dolorante che
fatico ad alzare, diventa un po' più ostico. Arrivo su e trovo quei due
disgraziati e li bacchetto subito "allora, può capitare a tutti di
smuovere dei sassi, può capitare di perdere la via, ma cazzo, chiamateli i
sassi!". E uno inizia a chiedere scusa e fare lo scaricabarile sul suo
amico "eh guarda, te l'avevo detto, poverino questo ragazzo".
Sono due
ultra sessantenni, materiale vetusto, cordone da 15mm peloso, otto, cordini
d'annata. Ma questo va beh. Quando si inizierà a parlare di discesa,
dimostreranno di non sapere dove sia, di non averla studiata, di avere con se
solo una corda da 50m per la calata. (in realtà poi viene fuori ne hanno un
altra da 60 nello zaino, ma da 8mm, che non so quanto si accoppi bene col
pitone da 15). Alla vista del mio gigi sembra abbiano visto l'ultimo ritrovato
della tecnologia aerospaziale. Il machard per le doppie? "ehi, guarda lui
che strano nodo fa". E viene fuori che quest'anno hanno pure salito le
normali delle tre cime, tutte e tre. Come fanno ad essere ancora vivi questi?
Ci godiamo
il panorama, ma a me girano le palle a mille per la spalla e l'incompetenza di
quelli che me l'hanno ridotta così. Un po' di foto e poi si scende. In tre
cordate abbiamo tre discese diverse relazionate, ma io voglio andare su quella
che poi diventa in comune con la Delago, che so che è buona. Ci si dirige verso
l'ometto, si disarrampica un paio di m ed ecco l'ancoraggio.
Scendo io
prima dei due storici alpinisti, e gli urlo che ci sono calate intermedie e
quindi possono scendere con la sola loro corda da 50m. Io passo un ancoraggio,
arrivo a un altro, ma mi pare che posso arrivare a quella cengia laggiu. Ci
provo. Viene un bel doppione da 50m con gli ultimi 18 nel vuoto. E che ripulita
ho dato alla corda di Giorgio..
Continuiamo
le calate, dopo con solo una corda, svelti più che si può per evitare i
sassolini scaricati da chi sta sopra (anche chi scende dalla Delago) e il
possibile traffico. Finiamo alla base della parete, facciamo su le corde,
rientriamo al rifugio (io con ancora le Mythos addosso), e quei due sono ancora
in parete che stanno scendendo sulle corde dei due piemontesi che erano con noi
sulla Ferhmann. No comment.
Cambio,
ripristino zaino da spedizione, e poi si scende corricchiando e ammirando la
nord del Catinaccio, ancora lei, mi è rimasta in testa. Sull'untissimo sentiero
si trova un sacco di gente che ingorga un po', finalmente al pianoro del
Vajolet la calca si sparpaglia, e il caldo dilaga.
Si rientra
spensierati verso il Gardeccia, super accaldati, anomalo, con la est del
Catinaccio che si scopre man mano, ma noi ormai ne conosciamo qualche segreto..
Gran parete! E gran fame per noi, sfogata "da Michele".
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