Finalmente l'Appennino si tinge di
bianco, e con una bella giornata di sole in vista il richiamo è
irresistibile.
Parto in mise non molto invernale,
confidente nel sole e nella mia resistenza. Già dal parcheggio si
contano un 15cm di polvere bianca, ma senza fondo purtroppo.
Abbandono la strada per risalire dentro
un ovattato bosco sul 615, seguendo le tracce di chi mi precede, ma
qui non mi perderei comunque.
L'ovattato lascia pian piano spazio a
un sole che entra prepotentemente in mezzo ai rami, si fa strada nel
bosco carico di neve e colora il cielo di un bel azzurro.
Il mostro Eolo lo si sente già urlare,
ma non sono ancora nel suo mirino.
I faggi quasi di punto in bianco
lasciano posto al prato oltre il guado, e questo consente al vento di
prendermi in tutta la sua potenza: una provvidenziale mano ripara il
lato della mia faccia sopravento.
Bellissima sensazione essere in questo
spazio monocromatico ma che nasconde di tutto sotto di lui,
addolcendo ogni spigolo e limando ogni asperità.
Risalgo in mezzo ad accumuli notevoli,
all'ombra, per poi tornare al sole in vista ormai del crinale che
porta alla croce del Passone, superando prima un quasi annegamento in
neve, e poi di nuovo il vento che non lascia tregua.
Alla croce, sotto di essa, una pausa
ristoratrice prima di riprendere il cammino, e anche per poter
ammirare Valle del Dolo e del Liocca, unite dal Passo di Lama Lite
che si inchina alla mole del Prado.
E allora via verso la schiena del
gigante, che oggi deve avere il solito prurito appenninico, visto
come il vento lo gratta con vigore cercando di disincentivare la mia
avanzata. Sottoguanto, guanto, moffola in lana cotta, copri moffola e
sono abile per proseguire.
Il vento ha lavorato parecchio, qui sul
crinale è evidente. Neve soffice, dura, lastre, ghiaccio. Erba quasi
scoperta, qualche puntina che emerge, accumuli. Il solito variegato e
ostile Appennino invernale.
Poco prima del Rifugio Emilia 2000
supero chi mi precede, ora l'apripista divento io. Il percorso ora si
fa cosparso di qualche roccia, ma i bastoncini e scarponi non hanno
bisogno di essere integrati con picca e ramponi.
Seguo tutta la cresta, ben conscio che
il sentiero sta più basso, ma oggi meglio godersi l'altezza. E in
breve, dopo una discesa a nuoto, sono alla sella da dove partono le
roccette.
Un po di brio, si usano un po' le mani,
ma almeno qui sono al riparo da Eolo. Senza nemmeno incontrare troppa
resistenza, se non quella alla fotografia (che oggi mi porterà a
scattarne più di 100), ecco la croce.
Una fame da placare, sia di cibo, che
di sete, che di panorami.
Cima quasi godibile, il vento si è
placato, e posso soggiornare un po' al cospetto di croce e madonnina
infreddolite.
Scendo per dove sono salito, riammiro
le rocce incrostate di ghiaccio, il vento che gli ha sparato
proiettili bianchi che non hanno intaccato la scorsa rocciosa ma si
sono appiccicati come chewingum.
Di nuovo al Rifugio Emilia 2000 (che
non è un rifugio ma la baracchina dell'arrivo della seggiovia) opto
per salire sulla terrazza, scoprendo un balcone panoramico oltre
che..caldo.
Il vento ha quasi smesso, posso così
spogliarmi e godermi il massimo dell'irraggiamento solare, questa è
vita.
Confermo la decisione di scendere per
le piste, per vedere un po' come sono messe e anche per regalarmi una
ravanata che non in salita non ho fatto come credevo.
Gli accumuli si intervallano a zone più
spoglie nella parte alta, ma a metà tutto è più uniforme. Qui gli
sciatori hanno infatti interrotto la loro risalita per scendere. Un
po' al limite come quantità di neve, ma oltre al pelo di f, tira
anche una sciatina.
In breve al parcheggio, dopo aver
trovato la tana del bianconiglio, per una birra e un panino che
bramavo, ma non tanto quanto la neve.
Qui altre foto.
Qui report.
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