domenica 12 maggio 2019

Sperandoci e divertendosi: Ghiacciaio del Ventina (AG1 2019)

Arrivato a questo punto la sensazione preponderante che dovrei avere è quella di sollievo: certamente un corso lo si fa perché fa piacere, un lavoro per dovere ce l'abbiamo già. Ma tramandare la nostra passione e cercare di farlo nella massima sicurezza possibile, è comunque dispendioso come energie e tempo da dedicarci. E da direttore del corso c'è pure una certa componente di ansia e preoccupazioni varie non proprio trascurabile. Siamo all'ultima uscita del Corso AG1 2019 del CAI di Carpi.
E invece oltre al naturale sollievo per un alleggerimento degli impegni fisici, morali, temporali,  pervade anche un certo dispiacere. La vetta non è stata raggiunta, non è nemmeno stato tentata, ma nonostante ciò il week-end è stato spassoso, divertente, sereno. Una grande armonia tra tutti, allievi e istruttori: momenti di attenzione ma anche grasse risate a tutto tondo, bonarie prese in giro e sorrisoni. L'alpinismo sarà anche (anche, mica solo!) sofferenza, ma la compagnia nell'alpinismo deve essere questo: complicità e buon umore.
Sabato mattina partiamo con le orecchie basse: le previsioni, costantemente monitorate da una settimana a questa parte, giovedì davano per il weekend un sabato di pioggia debole e temporali in serata e una domenica di cielo quasi limpido. Venerdì la situazione era già peggiorata con piogge anche moderate per tutto sabato e stratificazioni o nuvoloso per la domenica. Quello che rimaneva costante era il vento forte di domenica. Sabato invece e la situazione è precipitata dando anche per domenica tempo molto nuvoloso con pioggia debole.
Così l'avvicinamento del sabato risulta essere praticamente tutto sotto l'acqua. Magra consolazione constatare che "l'ombrellino d'alpinismo" fa proseliti: anche Tommaso e FabioSca salgono con l'arma di Mary Poppins, ben più confortevole di un impermeabile che fa sudare un sacco e che non copre lo zaino. E domani, arrivare al parcheggio di casa alla domenica sera e trovare Gianluca che di fronte a Nicola mi mostra una foto del maestro appeso in parete con l'ombrello.. non ha prezzo.
L'uggiosita è tanta, oltre alla pioggia una nebbiolina densa e un cielo plumbeo: oltre a un ambiente piuttosto brullo che ne fa un quadretto autunnale di tutto rispetto. Ma la carica è tanta, lo "starbene" è già palpabile un po' in tutti, e quindi l'allegria regna sovrana.
Solo le sabbie mobili nevose tra il Rifugio Porro e il Rifugio Ventina fanno digrignare i denti: quell' affondare in modo incontrollato fino al ginocchio o anche ben oltre quando meno te lo aspetti, è una situazione che rompe le scatole e non poco. Ma almeno sono solo 200 metri.

Al rifugio ci accoglie Oreste e suo padre, bonari gestori del Rifugio Ventina. Ci siamo solo noi (e te pareva) possiamo quindi fare i nostri comodi e ciò che meglio preferiamo: installatici in camera e consumato il pranzo al sacco che c'eravamo portati, cambiamo la disposizione dei tavoli e sedie per svolgere la didattica prevista con un tetto sulla testa: ovvero in sala. Fuori piove abbondantemente e uscire a bagnarsi come pulcini e tremare come foglie non mi sembra una scelta saggia.

Dopo un ripasso del cordino da ghiacciaio, sul quale vedo tutti piuttosto ferrati, e della legatura in cordata, giunge il momento del recupero in crepaccio con paranco mezzo poldo. FabioSe si offre volontario per essere soccorritore e Mirco viene scelto come volontario per essere il sacco di patate caduto nel crepo.

Piantare chiodi o metter giù viti da ghiaccio nel pavimento della sala non è un comportamento da bravi ospiti (a meno che si voglia esser defenestrati nel cuore della tempesta), quindi usiamo le gambe del tavolo come ancoraggio provvisorio e ancoraggi definitivi, con il buon FabioSca che "rinforza" la sosta col suo peso.

Tra una domanda trabocchetto e l'altra, un nodo a palla e l'altro da scavalcare, Mirko riemerge dal crepo. Prima di ripetere l'operazione con altri volontari la pausa caffè diventa fondamentale per tutti: soprattutto per me che mi lascio andare a un "Non puoi avere la moglie piena e la botte ubriaca". Niente sveglia alle 3, ma la stanchezza c'è.

Ah, che bellu ccafè pure 'n carcere 'o sanno fà, adesso tocca ad AnnaM recuperare il recidivo (e chissà se redivivo) Mirko. Nel mentre continuiamo a osservare fuori dalla finestra: è autunno pieno con grigio, nuvole e pioggia e adesso pure qualche fiocco di neve. Resuscitato di nuovo l'alpinista zavorra, è il momento tanto atteso ma tanto rimandato per timori vari: discutere a tutto tondo delle possibilità che ci sono rimaste per domani.
La Nordest è già piuttosto chiaro che rimarrà un miraggio. Ci accontenteremo ampiamente e saremmo soddisfatti anche di una nordovest o della via normale! Aspettiamo che arrivino Roberto e Francesco con le novità sulle previsioni meteo, ma probabilmente ogni decisione sarà rimandata a domattina quando ci alzeremo e guarderemo fuori dalla finestra.

Con le picozze saremo anche scarsi, ma con le forchette ci facciamo dare del voi. I pizzoccheri del rifugio sono un must che meriterebbe una visita dello chef Rubio. Anche se iniziano a essere serviti quando alcuni di noi sono fuori alla chiesetta del Rifugio Porro per telefonare (mitico FabioSca che si porta dietro 5-6 telefoni dei pigri che non vogliono uscire) e i due partiti più tardi ancora non si vedono.

Roberto e Francesco arrivano appena in tempo per il piatto fumante, e subito l'allegra brigata si consolida coi due nuovi spassosi elementi. Anche "Stefano" ci mette del suo. E in un attimo le preoccupazioni per domani lasciano posto alle risate di adesso. Il piano è il seguente: 4:30 colazione e vediamo che fare. Buonanotte ai suonatori e ai russatori.

Di certo non mi manca il sonno, ma quelle due o tre volte che mi sveglio sento fuori Eolo dare il meglio di sé: mi ricorda quella volta che abbiamo dormito in tenda in Appennino con la tenda schiacciata sulle guance per il vento, con la paura di volare via da un momento all'altro. Se potevo ancora nutrire qualche speranza di riuscire a salire almeno la normale, inizio ad avere forti dubbi

Suona la sveglia, un'occhiata fuori dalla finestra: è ancora buio, e di stelle manco l'ombra. Alberi incurvati come fronde dei salici e tanto pessimismo nell'aria. Tutti svegli a fare colazione, tutti con la faccia dubbiosa del "che si fa?"; decidiamo comunque di mangiare visto che il gestore si è svegliato per noi, e di tornare a letto un'oretta per vedere se la situazione migliora col passare del tempo. Appuntamento alle 6:30 in sala.
La sveglia suona, riguardo fuori e nulla è cambiato a parte la luce del giorno. Nella mia stanza nessuno esce dalle coperte. Scendo e tutte le altre stanze con la porta chiusa. Vado in sala e non c'è nessuno. Apro la porta per dare un'occhiata fuori e non c'è nessuno. Guardo nel ripostiglio dove abbiamo ammassato tutta la ferraglia e non c'è nessuno. È che c**** allora torno a letto anch'io!
Dopo 20 minuti però non c'è trippa per gatti, tiro giù tutti dalle brande che almeno due passi ce li andiamo a fare. Vestiti, armati, ciaspolati e legati siamo pronti per tentare di smaltire almeno la colazione. Due scialpinisti partiti da valle ci precedono, e noi dietro con le racchette da neve. Noi tutti ma non tutti: in cordata con me ci sono Emanuela e Luciano, ma la prima è sprovvista di ciaspole e questo "handicap" esplode già nei primi metri. Già con le ciaspole la crosta superficiale cede e lascia sprofondare per qualche centimetro il malcapitato, ma per lei si parla di decine di cm.
Ma tanto non c'è fretta, non ci sono orari da rispettare o mete da raggiungere a tutti i costi (purtroppo): io e Luciano possiamo aspettare senza nessun problema. Le altre cordate ci passano quindi man mano avanti, per primi quel Roberto saltato su all'ultimo minuto pieno di dubbi sulla sua condizione fisica e che invece adesso scheggia insieme a FabioSe.
Anche Tommaso con Soana e AndreaG sfilano avanti. L'ambiente è ovattato, la neve è presente quasi ovunque tranne che sulle rocce più ripide. Il vento in alto a destra soffia e genera spindrift evidenti. Il pizzo Cassandra è un vedo ma non vedo. Dopo il tratto nel radissimo bosco entriamo nel toboga delle vecchie morene del ghiacciaio: muri di terra e sassi alti decine di metri che lasciano immaginare quanto una volta fosse possente il ghiacciaio del Ventina e quanto sia ridotto a essere un piccolo nano adesso. Tristezza.
Il vento soffia ma provenendo dalle spalle non dà nemmeno troppo fastidio, sarà peggio in discesa! Anche Mirko è senza ciaspole e ci mette un po' la sua cordata, composta da AnnaT e Marco, a raggiungerci. Formichine sul ghiacciaio che salgono verso l'alto, anche se la linea di demarcazione tra il letto del torrente e l'inizio del ghiacciaio è difficile da trovare essendo tutto coperto di neve. è difficile anche trovare un punto da porsi come meta, raggiunto il quale tornare indietro, visto che tanto molto avanti non potremmo andare anche per la neve fresca evidentemente caduta, che rende l'ambiente piuttosto ricco di pericoli oggettivi minimizzabili.
Emanuela stringe i denti e continua la sua avanzata: il tratto peggiore era quello iniziale ma ogni tanto le condizioni del terreno le fanno ancora maledire le ciaspole dimenticate vicino alla porta d'ingresso ieri mattina. Siamo ormai li lì per tornare indietro, ma vedo che anche il resto del gruppetto si è fermato più avanti: tanto vale raggiungerli per comunicargli che noi facciamo dietrofront. Ma anche loro sono dello stesso avviso e quindi via giù tutti insieme! Una foto di gruppo qualche risata soffocata dal vento e via lontano da questo tepore!
E adesso sì che Emanuela ci sta avanti più comodamente: coi ramponi ben saldi mentre noi con le ciaspole che un po' scivoliamo via. Il problema è quando si ritornerà sul piano, una sorta di gioco delle marmotte dove un piede affonda e l'altro anche. Insieme a Mirko cercheranno di fare la traccia migliore possibile: un po come risolvere teoremi irrisolvibili.
Tornare a infilarsi dentro il toboga della vecchia morena è piuttosto suggestivo in questo verso di percorrenza. Sembra di scendere nei più segreti angoli della montagna, a scoprirne un pezzo di storia per poterne leggere il futuro.
Arrivare al rifugio è in parte un sollievo per aver lasciato quelle condizioni un po' proibitive, ma è anche un momento in cui si sà che prenderemo un sacco di freddo nel risistemare gli zaini per scendere. E proprio per questo motivo il peso degli zaini lievita parecchio, facendoci tornare alla memoria la salita da muli da somma di ieri. Ma questo vuole anche dirsi avvicinarsi alla gioviale birra finale.
Sotto una debole ed effimera nevicata scendiamo verso la macchina, in uno scenario meno grigio e più confortevole di ieri (ma giusto un po'). Il tutto in contrasto con quello che è stato l'animo del weekend, sempre piuttosto giocoso, complice e scherzoso. Tante risate nonostante il meteo!

Qui altre foto.

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