Ma la ricerca dell'attacco mi fa, anzi
ci fa, già temere di tornare a casa con le pive nel sacco: la
relazione parla di 10minuti di cammino, noi ormai siamo già a 20 e
non vediamo il ghiaione con gli ometti. “Eppure siamo partiti dal
campo sportivo come dice la relazione” “Nicola sei sicuro che sia
il campo sportivo quello?” “si”. Oh che brutto presentimento!
Torniamo sui nostri passi e dopo poco due climber ci dicono che
dovevamo andare più avanti: infatti avessimo fatto altri 200m
avremmo trovato.. Segnare: quando decidi di tornare indietro perchè
pensi di essere troppo avanti, fai almeno altri 500m. Poi dall ultima
sosta vedremo che il campo sportivo..era un altro!
Va beh dai, adesso ci siamo, e il sole
ci ha già belli scaldati. Parto io per primo, in cordata con Paolo,
poi Nicola con Davide.
La peppa, partiamo bene con 'sto V+.. La via è lunga, è già tardi
come orario, Nicola deve anche fare acquisti, il mio compagno di
cordata so che è una bravissima persona, ma un po' suocera, ed è
già li che mi dice “dai senza indugi, se sei in difficoltà azzera
e amen”: tac, primo azzero e via andare.
La roccia sembra buona, abbastanza
lavorata, e non c’è freddo (per ora, perché gli ultimi tiri
all’ombra saranno un po’ tremolanti). Oggi son partito sapendo
che probabilmente la via è al di sopra delle mie possibilità,
perciò sono nella condizione di avere la mente libera da qualsiasi
ansia da prestazione: perciò prendo quel che viene senza dover fare
il supereroe. E così, andrà meglio di quello che mi aspettavo.
Nicola sale dietro Paolo, e già si
sente urlare “croccante”. Ma cerchiamo di spicciarci, e seppur
due cagate in sosta ce le diciamo, il mio compagno di cordata appena
ha libera la strada davanti, parte. Per qualche lunghezza infatti
avremo davanti la cordata che stava alla base prima di noi, ma che
verso metà via prenderà il largo e non vedremo più. Avere qualcuno
davanti aiuta se hai timore di perdere la via, aiuta parecchio.
Il secondo tiro contiene un traverso
bello lungo finale, per fortuna con Paolo sono a vista e perciò non
mi tira eccessivamente. Ma ora ritocca a me, per quello che forse è
uno dei tiri più belli, il terzo: tutto lavorato ma senza
maniglioni, nella parte finale un sacco di movimenti alla ricerca
dell’equilibrio migliore, un’uscita “da boulder su volume”,
ah ah!
Bella giornata, tersa più di quello
che mi sarei aspettato, nessuno in parete salvo noi, e i rumori della
strada e del paese non si sentono. Si sente però un bello “toc!”
sul mio casco quando esso viene colpito da un sassolino proveniente
dall’alto: God bless helmet. Il tettino finale del quarto tiro
impegna Paolo, che dal basso non vede che c’era da salire sulla
destra: ma anche quando toccherà a me, ci starà una bella azzerata,
perché il traverso seppur breve fa sempre paura rispetto a una bella
corda verticale!
Il tiro successivo è un po’ una
minchiata per raggiungere una zona di parete un po’ migliore: mi fa
capire che chi va ad aprire una via su una parete del genere deve
farne di prove e riprove.. L’albero su cui si sosta è sano, ma
l’esposizione non è tale da prendersi in serenità un the coi
biscotti.. Anche il sesto tiro è abbastanza godurioso, se non altro
la partenza. Davide e Nicola iniziano a rimanere un po’ indietro,
ma ci recupereranno quando arriveremo sui tiri duri. In alo si inizia
a vedere la Scudo Argenteo..
Ecco, adesso son cazzi miei. Una troppo
veloce lettura della relazione, aver preso alla leggera la giornata
(diciamo che mi era rimasto impresso solo quel VII dell’ottavo tiro
come difficoltà per me assolutamente improponibile) mi riserva la
sorpresa che adesso mi aspetta tirare un VI-. Un passaggio? Magari.
Prima uno strapiombo, quindi un metro, poi un diedro continuo,
parecchi metri. “Se non te la senti vado io” “No Paolo, provo,
fosse una placca te la lascerei, ma un diedro ci provo”.
E viene il bello. Parto, Paolo da giù
mi suggerisce “apriti, hai una bella lama/scaglia alla tua sinistra
da prendere” “ah eccola, ok” “ mi ci traziono per salire
qualche cm, poi sento che balla il tuca tuca, con oscillazioni di un
paio di cm, non di mm, mamma mia che scago! “Paolo prendila te la
lama!” Un passo dello strapiombo lo azzero, non posso farne a meno,
sono rimasto troppo a pensarci, e preferisco tenermi un po’ di
energie visto che dopo verranno passi duri.
E il diedro è li. Io e il mio compagno
non siamo più a vista, e a volte la corda è pure un po’ dura:
proprio adesso! E quanto è lungo ‘sto diedro.. In confronto il dulfer della Gervasutti è
una passeggiata. Un passo con una mano decente, un passo senza un
cazzo, si alterna così. E quando ci sono in mezzo, alla mia destra
si sente un bel boato e Paolo “hai visto il frigo (un sasso di
queste dimensioni) che è caduto?!” No Paolo, non vedo un cazzo
adesso, vedo solo l’uscita da qui. Anche perché tante protezioni
non ci sono. Un “yahuuuu” rivela a chi mi sta sotto che ne sono
uscito!
E cucù, chi c’è di fianco a me
adesso? Il famoso scudo argenteo. E sono convinto che questo sia il
VII a vedere quanto sia liscio ed esposto (cazzo, sotto c’è uno
strapiombo, se il primo o il secondo scivola qui, tocca fare un
paranco, non c’è storia), e invece mi sbaglio, è più su:
minchia! Paolo si gode anche lui il diedro, e mi fa i complimenti.
Sono una persona modesta io, ma sono cosciente che in quei metri ho
superato me stesso. Poi guarda la placca e anche lui ha un “cazzo
se è liscia”.
Poi se la beve. Due o tre passettini un
po’ delicati e supera tutto. Eh beh, lui è bravo, mica me. E deve
rendersi conto della bellezza dell’esposizione di questo tratto
visto che mi chiede di fargli qualche foto! Intanto Nicola boccheggia
nel diedro sotto di me, che comunque supera senza troppe difficoltà.
Paolo arriva su, adesso tocca a me superare questo scudo.
I chiodi sono troppo distanti per
azzerare, merda. Parto, ma sono troppo alto, resto impiccato, paolo
mi tira un po’ troppo e ciò mi rende parecchio difficoltoso
mantenere l’equilibrio. No son troppo alto, non riesco a uscirne,
Nicola mi passa un pezzo della sua corda e torno indietro. Qui si che
ho scago, anche perché il mio compagno mi tira davvero troppo.. E il
buon Nicola “certo che anche te con quelle ciabatte, le Mythos non
sono proprio le scarpe indicate per questi passaggi”. Via riparto,
azzero tutto, con l’adrenalina a mille. Non sarebbe nemmeno
esageratamente difficile, ma l’esposizione fa veramente
impressione, e coi 30m di corda sopra di me, se cado vado giù almeno
3m sotto lo strapiombo, e chi tira più su?!
Bon, è fatta, senza nessun tipo di
eleganza, ma con della resa, e fanculo. Paolo mi aspetta sdraiato
sulla sosta, comodo comodo. Adesso che inizia ad avere freddo, inizia
anche ad avere una certa fretta “dai, adesso c’è quella rampa
li, vai di corsa che tanto è tutto appoggiato” Sì, ma è comunque
un IV, e con sotto l’immancabile strapiombo. Beh dai, si fa, adesso
tocca a te!
Ed ecco il tiro duro, azzerabile solo
da uno alto almeno due metri, che superiamo improvvisando una staffa
con un cordino. Vedere Paolo in difficoltà (lo scazzo del freddo gli
fa di certo perdere delle energie comunque), mi fa capire che io non
ho speranze, azzero e amen, che comunque anche azzerare non è mica
semplice. Poi però Paolo è andato a destra invece che a sinistra,
finendo sulla sosta di un’altra via.
Ma per tornare sulla nostra non devo
faticare troppo, si vede che non siamo di certo i soli a sbagliare
traiettoria visto i passaggi unti e le tracce sulla cengia.
Sull’ultimo tiro c’è una placchettina di V+ di qualche metro, e
Paolo capisce bene che le placche non sono la mia passione “vedo
che fai il bradipo, non deve essere troppo facile”, eh no, un po’
delicata, ma per me niente a che vedere con lo scudo! Ed ecco
l’ultima sosta, è fatta! E non è ancora buio!
E dall’ultima sosta si vede anche il
campo sportivo di Dro, quello vero, quello dove si doveva
parcheggiare, quello dal quale si che sono 10minuti arrivare
all’attacco. Dal centro di Dro invece è una mezzora. “Nicola,
guarda cosa c’è la!”
Usciamo tutti dalla via, e con calma
(troppa, poi quando iniziamo a sentire il fresco ci spicciamo di
più!) ci spogliamo, scambiamo il materiale e mangiamo qual cosina.
La luna è già alta in cielo, e la luce inizia a calare
vistosamente. Questo versante è comunque una sassaia disumana, dopo
delle nevicate non voglio nemmeno immaginare che pioggia di
meteoriti! Si arriva alla macchina che ormai è buio, e un giretto
nel centro di Arco conclude la giornata. Unica volta in cui non
prenderò il famoso gelato di Arco, anche perché a malincuore trovo
la gelateria chiusa, sigh!
Qui altre foto.
Qui report.
Meno"cazzi" ed una bella via di IV a Fix ravvicinati sarebbe stato meglio x tutti.
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