Grandi
progetti arrovellano le nostre menti malate, ma oggi fly down. Down insomma, in
realtà. Siamo un po’ nella stagione bastarda, le cose più tecniche non sono in
condizioni ottimali, e quelle buone sono affollate, perciò niente di meglio che
sfruttare una giornata di sole per un bel trekking di allenamento fisico. Con
pur sempre un po’ di pepe alla fine.. Cima Stellune da Ponte Stue, catena del Lagorai, accesso da Molina di Fiemme.
Dovevamo
essere io, Riccardo e Mirko,
ma quando la mia sveglia stava per suonare, un sms di Ricky mi avvisava che lui
era appena rientrato, e avendo mangiato come un bue non stava bene di stomaco.
Pazienza, prossimo giro, noi due si va! Si va si va, ma dove si va?! In fretta
e furia butto in una borsa materiale, guide, cartine, vestiti aggiuntivi, che
magari Mirko vuole fare qualcos’altro invece che un trekking esplorativo. E
invece si conferma una cima del Lagorai.
Ma la
giornata inizia male con la commessa del forno dove ci fermiamo a prendere
pasta e gnocco che ci dice “state attenti”: toccatina di palle uscendo dalla
porta.. Parte maluccio anche il giro, siamo sconfortati dall’assenza di neve
che c’è ovunque, incredibile. E vedere tutti gli alberi senza neve addosso a
loro fa sembrare di essere in tarda primavera piuttosto che in pieno inverno.
Che tristezza.
Partiamo, ci
aspetta una lunga noiosa forestale fino alla malga più alta. Lunga, noiosa, e
ghiacciata! Porca vacca, ma che è ‘sta roba?! Facciamo fatica a stare in piedi,
e lo sblisgone è sempre dietro l’angolo: salita da brividi.. Passiamo sopra
vere e proprie lastre di ghiaccio, finché non compare un po’ di neve, ma anche
lei è pressata e schiacciata da precedenti passaggi. Oggi però non si vede
nessuno, e non vedremo nessuno fino al ritorno in auto: semplicemente solitudinalmente
favoloso.
Piano piano
il bosco si apre, iniziamo a vedere qualche cima, e scrutiamo laggiù la nostra:
si è lei, e Mirko “urca, ma quanto è lontana” “no no, vedrai che è più vicina
di quello che credi”. Arriviamo a una malga che reca il cartello di “attenti al
cane” e pensiamo allo sfortunato Nicola. Vediamo pendii ripidi intorno a noi, canalini, e ci sale
la frenesia e la voglia di canali.. Siamo degli ingordi.
Dai su,
siamo qui per la cima, perché alla fine uno può salire la cascata di ghiaccio
più bella del mondo, ma una cima ha sempre il suo fascino: il punto più alto
nei dintorni, il panorama, la soddisfazione di vedere parte del tracciato
percorso. In cammino!
Fino al lago
delle Stellune siamo all’ombra, e possiamo proseguire con gli scarponi nudi,
l’importante è non uscire dalla traccia. Poi dal lago ci tocca montare l’asseto
da ciaspola, per poche centinai di metri, ma non c’è scelta: e arriviamo al
sole, che goduria. Niente vento, magari oggi ci godiamo la cima. Già, perché
ormai siamo qui sotto, c’è solo da risalire per la cresta, o per un qualche
pendio, un po’ di roccette, e la croce sarà nostra.
E adesso
pepe sia. Optiamo per un canale, la neve in certi tratti è semplicemente
perfetta. Passaggi a 50°, i polpacci che scoppiettano gioia. Un po’ di misto
sfruttando le rocce che affiorano dalla neve. Un po’ di cresta nevoso, non
certo affilata: poi addirittura diventa pendio, si potrebbe zigzagare per
prenderla dolce, ma no, via dritti per continuare a scoppiettare. Poi toh, chi
si vede, altra roccia: qualche tratto di facile arrampicata, ma forse un II ci
sta. Questi sono i trekking che piacciono a me: quelli col botto finale. Tutto
allenamento per il Bianco!
Ed ecco il
panorama della cima: vista a 360°, pochissimo vento, tante cime. L’orientamento
mi tradisce un po’, ma le principali riesco a individuarle. Sbaglio Cima
d’Asta, e me ne rammarico, perché adesso che ho visto quel bel canale
incassato, voglio salirlo. Finalmente mangio qualcosa, una pasta con sia crema
che cioccolata, una botta di vita. Mirko guarda l’ora e mi chiede “ma perché
sulla relazione c’è scritto 4h30 e noi ce ne mettiamo 3h30 scarse?!” eh questi
son misteri!
Altre foto,
due chiacchiere, si cerca di mandare un sms per far sapere che siamo vivi, ma
alla fine non fa così caldo, e le dita si ghiacciano prima che la copertura del
segnale possa tornare. Beh pazienza, avviso poi quando siamo ala macchina. E la
discesa è tutta un’altra storia: beh le roccette alte impegnano un po’ ma poca
roba, il pendio dritto per dritto e in due secondi sei giù. È nel tratto finale
che (ovviamente) ci complichiamo la vita e finiamo a scendere del III, con neve
marcia e sfruttando i pini che troviamo. Tutto fa brodo.
Nello
scendere il momento più ilare è quando, seguendo tracce di sci di discesa
(quindi non troppo portanti), sprofondo fino al’inguine con la gamba sinistra.
E Mirko “dai vengo ad aiutarti” “no no, stai li che..” e finisce sotto anche
lui.. Poi ce ne usciamo con un mucchio di risate: ora stiamo all’occhio che è
meglio! Alla malga ci prendiamo il tempo per spogliarci un po’ e prendere un
po’ di sole. Ma poco, perché inizia a fischiare un venticello fresco, e qualche
nube si addensa. Poi ormai resta la parte in ombra della valle.
Osserviamo i
canali, le creste, qualche cascata di ghiaccio intorno a noi. Sì, ci siamo
divertiti in quei pochi metri di cresta varia, ma l’appetito è tanto, la voglia
di fare qualcosa di davvero serio c’è. E che paragone potremmo mai usare tra
noi per esprimere al meglio il concetto? “È come quando sei lì e l’annusi,
l’annusi, magari la sfiori un po’, ma alla fine non concludi e ti resta un
eccitamento..”. Il carro di buoi perde sempre.
Canale?
Roccette? Cresta? Niente di pericoloso. Sono le lastre di ghiaccio dell’andata
nella parte bassa che saranno il momento topico della giornata! Passi delicati
su questo ghiaccio vivo che esce da tutte le parti. In una curva Mirko prende a
scivolare, sullo 0,5% di pendenza, ma in queste condizioni non riesci a
fermarti. 5 metri in piedi, poi caduta controllata, e via giù per una ventina
di metri supplementari! Uno a zero per Mirko, non ci tengo a batterlo in questa
partita.
L’ultimo
spavento all’auto, che non vuole partire. Mentre mi cambio (quasi)
integralmente a -5°C, Mirko da un giro di chiave ma nessuna risposta. Rido,
come mio solito, anche se sono un po’ preoccupato. Prova una volta, due, tre, e
finalmente parte, fiuuuuu! Bene, ora ci aspetta la birra (al bar un bel
maremmano di tanti Kg ci fa tornare in mente Nicola) e un rientro verso il
Brennero, ops!
Qui altre
foto.
Qui il
report coi tempi (che vanno presi con le pinze).
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