Dopo una
doppia colazione siamo finalmente pronti per incamminarci in questa valle poco
frequentata: così almeno dicono le guide, e così sarà visto che in tutta la
giornata non incontreremo altro che camosci. La strada è innevata fin dall'inizio ma pestiamo una buona traccia. Vediamo fin da subito una cima, che
sia la nostra già? Mmm, difficile, non sembra così lontana. E invece scopriremo
esser lei, ma la vicinanza è un inganno, visto che ci sarebbe da girarci
intorno.
Saliamo con
foga, il tracciato è lungo, il dislivello è importante, ma la voglia di
arrivare in cima tanta. Ma non riusciamo a resistere alle pause per scattare
qualche foto. Goulotte varie alla nostra sinistra, il passaggio in una bella e
suggestiva forra, il silenzio. Canali, pendii, creste, non sembra così
repulsivo il Brenta d’inverno, io che temevo fossero tutte guglie rocciose
impossibili senza ferrate. Ma le cime davanti a noi respirano vigorosamente,
talmente a fondo che sono annuvolate. E noi cerchiamo il sole..
Arriviamo al
terzo ponte, dove dobbiamo abbandonare il tracciato sentiero che prosegue verso
il Rifugio Cacciatore, per deviare verso malga Ben. Laggiù la conca del Rifugio
Agostini, scruto una possibile via di salita alla torre che si vede e che credo
sia Cima Ceda. “Ricky, adesso inizia il bello”, ovvero iniziamo a tracciare.
Già, perché dopo l’ultima nevicata nessuno si è avventurato in questa
direzione, e anche con le ciaspole affonderemo fino oltre la caviglia nella
neve fresca e fredda. Ma intanto riesco ad ammirare le Crone, che versanti
ripidi, che canali incassati: ci sarà qualche via la???
La salita ci
scalda, il sole è fioco fioco dietro alle velature del cielo, e comunque siamo
ancora all'ombra del bosco. Una volpe deve aver percorso tutto il sentiero che
adesso stiamo solcando noi, le sue tracce sono ovunque. A Riccardo dico “guarda te,
deve aver girato un casino in questa zona, ci sono tracce a zigzag ovunque,
forse cercava da mangiare “ e la sua risposta è logicamente stupefacente “di
certo non era qui per un trekking”.
L’ambiente è
davvero suggestivo, la solitudine del luogo ci fa vivere la montagna nella sua
pienezza. Le stronzate che diciamo fanno riecheggiare le nostre risate nella
vallata. E inizio a vedere i camosci, ovunque, una decina laggiù, cinque o sei
lassù. Prima del ponticello di legno ci fermiamo al sole a mangiare qualcosa,
che ce ne è bisogno: a breve ci aspetta la parte più bella giornata, 1000m con
pendenza media a 40°, un buon allenamento! E poi il panorama dalla cima.. Ma le
Crona han messo il cappello, e il sole che prendiamo è solo grazie all'inclinazione invernale dello stesso, perché sopra di noi solo nubi, e
inizia a nevicare.
Proseguiamo
con le ciaspole, scrutiamo altri camosci, e prima del canalone saliamo dritti
per la massima pendenza: infilarsi così nel canalone non è una cosa che mi
riempie di gioia, meglio che sfruttiamo i pendii che sopra hanno rocce, e le
creste spelacchiate (ok che siamo a sud, ma pensavo ci fosse più neve!) e la
neve un’altra volta. Ok pericolo 2 oggi, ma pensiamo che “il miglior alpinista
è quello che ritorna a casa”.
La massima
pendenza si rivela pendenza buona, con le ciaspole siamo al limite, e la neve
pare bella dura qui, o almeno c’è un bel crostone duro. Ma al primo spiazzo
dove possiamo fermarci senza rischiare di rotolare verso il basso, cambio gomme
e si montano i ramponi. E inizia il traverso per andare a tagliare la valanga e
salire sulla sinistra del vallone. E il ravanamento ha inizio.
Ci si
intervalla da consistenza dove si affonda “solo” fino alla caviglia, fino a
tratti in cui si traccia un corridoio nella neve. Inizio a temere che la
giornata non finirà come ci si aspettava. E la nevicata che prima sembrava solo
polvere, assume dimensioni più ragguardevoli. Camosci ci osservano ovunque
dall’alto, uno di questi resta li con la sua faccia sbigottita almeno un quarto
d’ora: ma che vuole?!
Finito il
traverso, riprendiamo a salire, ma la ravanata non si ferma. I bastoncini un
po’ aiutano, ma spesso non sono un appoggio sufficiente. Tratti di neve
goduriosa dove rimpiango non avere la picca in mano coi ramponi che mordono
famelici, si intervallano a tratti dove i ramponi affogano sotto un metro di
neve. Abbiamo già capito che non ci arriveremo oggi in cima, ma almeno vogliamo
superare questo tratto che non ci fa vedere la cima per poter osservare cosa ci
avrebbe aspettato.
Cerchiamo le
chiazze erbose affioranti, quelle siamo sicure che ci sorreggono! Riccardo opta
per tagliare verso una cresta mentre io sono salito dritto per dritto: l’ultimo
tratto se lo fa a gattoni per aumentare la superficie di appoggio a terra..che
classe!. Eccoci a un cambio di pendenza dove questa si addolcisce: Riccardo si
sdraia sulla roccia, io mi osservo in giro, i camosci ci osservano.
La
situazione è chiara: il ravanamento ci ha fatto perdere un sacco di tempo, è
quasi mezzogiorno e siamo a quota 2050, con la cima a 2700, nevica, il meteo
sappiamo che nel pomeriggio è previsto in peggioramento, la cima è coperta e
quindi il panorama sarebbe più che scarso. Si torna giù e amen. Peccato, mi
ruga, volevo friggermi i polpacci oggi, ammirare questa dolomia imbiancata,
scrutare nuovi itinerari. Ma pazienza, occorre che vada male ogni tanto, oppure
si rischia di diventare troppo spavaldi.
La discesa
di questo tratto, seppur cerchiamo di prenderla più a sinistra, resta ripida e
intervallata da neve compatta e farina. Arriviamo alla valanga a palle che
stava a metà traverso, e li ci divertiamo a giocare a bocce con le palle di
neve dura smossa dalla slavina, filmandoil ruzzolare delle stesse: bisogna anche divertirsi con
queste vaccate. Camosci sulle alte creste continuano a osservarci: mi sa che di
gente d’inverno non ne vedono tanta ‘ste bestie..
Pausa cibo
nello stesso luogo dell’andata, dove un sole ci scalda nonostante un venticello
che si è alzato e una nevicata che continua interrompendosi a tratti. Diventerà
copiosa una volta finita la pausa pranzo, fino al ponte del bivio.
Ripercorriamo così la forra, osservando meglio le formazioni di ghiaccio ai
suoi lati: le cascate verranno domani col Corso AG1 del CAI di Carpi, ma così mi aumenta l’acquolina.
Discesa
lunga, come ci si aspettava, ma intanto sappiamo che la prossima volta potremo
percorrerla anche a buio che non ci si perde. Nei pressi dei candelotti di
ghiaccio pendenti sulla strada, iniziamo a fare i distruttori della situazione,
tirando sassi e pezzi di ghiaccio già crollati, verso le candele ancora
attaccate. Momento fanciullezza.
Alla
macchina il termometro segna 6 gradi, urca che caldo. Un po’ depressi decidiamo
di scendere verso Arco: ci consoleremo
con una birra, un gelato, e qualche acquisto. Ma questa cima, ci rivedrà presto..
Qui altre foto.
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