Nicola,
con Mirko, si è già
avventurato poco tempo fa su questo versante per tentare la salita
dello stesso canale, ma gli è andata male: troppo magro e per questo
ha valutato che fosse un altro il percorso da seguire. Ha già voglia
di ripetere il tentativo, e io, Gianluca e Roberto gli facciamo da
complici. Che arduo sacrificio.. Oggi speriamo vada meglio,
ragionando un po' il freddo che fa dovrebbe aver giovato. Previsti
-15° a 1500m..
Arriviamo al parcheggio delle piste: da
qui si parte. La sola pecca di questo itinerario è questa, la
condivisione con le piste della Val di Luce. Alle 7e30 siamo in
cammino, per fortuna non ci sono gli sciatori, e ciò rende il
paesaggio meno casinista. Abbandonando le piste e iniziando a salire
il pendio alla base del canale, si inizia a ravanare. Mmm, condizioni
buone, speriamo su sia meglio! Ma così ci scaldiamo presto, quale
-15°, la fatica scalda, eccome!
Sali sali, entriamo man mano
nell'imbuto, sopra roccia, ma dove si andrà? Non sarà facile.
D'altronde, io una difficoltà del genere su ghiaccio e misto non
l'ho mai affrontata. Qualche cascata sì, ma se no canali e vie
alpinistiche di AD. Oggi qui c'è un D/D+, e in cordata siamo io e
Gianluca, quindi due “alla pari” come esperienza, nessun esperto.
Speriamo bene, la carica è tanta, e d'altronde la testa è già al
Couloir Couturier. Questo è allenamento.
Ci si lega non ci si lega, ma dai
saliamo a quello spiazzo li. Nicola e Roberto si son fermati più in
basso, io e Gianluca saliamo di più. Poi è ora di fare sul serio.
Ci si lega e via, sopra di noi il primo salto ghiacciato, poi chissà
cosa c'è. Nicola mi affianca, e dice “l'altra volta qui sopra era
tutto secco, e siamo andati li a destra per prendere la cresta”,
“cioè, in pratica non avete fatto nemmeno un metro del canale!”.
La neve è migliorata, a tratti si
sprofonda bene, a tratti in punta di ramponi. Salto ghiacciato
delicato visto l'esile strato di acqua solida che ricopre le rocce
sottostanti, e poi altro tratto di pendio nevoso. E siamo
nell'anfiteatro ghiacciato.. Questo è un ambiente davvero
spettacolare, sembra di essere..in montagna! Peccato girarsi e vedere
alle proprie spalle e sotto si se gli impianti da sci..
Sostiamo su fittoni, io ne uso uno di
Nicola, che per confermarmi che i suoi tengono ci si slancia per
bene..fiducia! Intanto gli faccio notare “Nico, ho messo giù più
protezioni di te, tiè!” “si ma il primo tiro lo avete fatto in
slego voi!” Sopra di noi l’anfiteatro presenta numerose
possibilità di salita. Chiaramente Roberto e Gianluca sceglieranno
quella più difficile, ottima scelta! E come al solito il picconatore Gianluca mi farà dolcemente
scivolare un blocco di ghiaccio addosso, stavolta sul petto: quasi
asportato il capezzolo sinistro, e una botta di mancanza di fiato per
qualche secondo. Rischi del mestiere.
Il tiro di Roberto e Gianluca è forse
il più bello, delicato sul ghiaccio con movimenti al limite della
tecnica insegnata e poi pendio di neve bella dura. Infatti con Nicola
commetto “peccato, il tiro più bello lo fan loro” e lui “eh
no, c’è la goulotte finale”. Arrivo in sosta con le mani
ghiacciate, sento già li le lacrime di dolore per quando si
scalderanno. Ma ho visto anche la goulotte finale, e la voglia di
ripartire è tanta!
Via che si va, scaldate le mani,
scaldati i motori, pronti alla finale! Nicola è sicuro che con un
tiro di corda usciremo, mah, mi sembra un po’ lungo.. Delicato
traverso iniziale e poi la rampa è sopra di noi: pendenza buona,
roccia strapiombante sulla destra, la fine della montagna sulla
sinistra, uno scivolo nel vuoto sotto di me, e le cornici sopra di
me. Uauh! Saliamo davvero con calma questo pezzo, anche perché la
neve si intervalla da molto buona e molto shittosa. Che stronzo
l’Appennino, ma si può? A distanza di un metro una variabilità di
condizioni così esagerata! Penso a quello che si dice dell’Aguille
Verte (obiettivo di giugno):"sulla Verte si diventa
montagnards”, Rebuffat.
A Nicola gli dico “ok, la Verte, ma anche in Appennino si diventa
alpinisti mi sa!”
Dio benedica i fittoni. Mai usati, oggi
me ne mancano. Uno sguardo in giù, le corde scorrono, che
bell’immagine. Che vertigini. La corda ormai è finita, e ci
saranno altri 15 metri almeno. Nicola grida “Roberto, parti! Vai di
conserva”. E io, urlo uguale. L’uscita si rivela complicata.
Ultimi tre metri di neve inconsistente, farinosa, senza appoggi che
reggano, e sopra a sinistra delle cornici. Picche inutili, meglio
acquasantiere precarie ma che almeno scaricano un po’ il peso dalle
gambe. Gambe, una sulla neve, la destra a cercare in spaccata a
roccia!
E poi, la luce, fuori. Escono tutti,
sono solo le 11, quanto è presto: tanto che la moglie di Roberto
alla chiamata “siamo fuori dal canale” “di già?!”. Ce la
polleggiamo mangiando e bevendo, i -10° del termometro non si
sentono, oppure sono io che ormai ho la pelle dura (non sulle mani
però): Gianluca sembra una mucca la pascolo: tutti i fittoni li ha
raccolti lui, e adesso fa un rumore di campane come un perfetto
bovino che bruca avido.
Diretti verso la croce, che decido di
scalare non appena siamo soli (la croce è metà di qualche
utilizzatore dell’impianto appena sotto per poi partire per dei
fuoripista): il solito cretino, ma ci sta. Osservo il crinale, e la
mente corre alla traversata di quest'estate: nel 2013 cosa farò di analogo?
Decidiamo di scendere evitando gli
impianti, quindi puntiamo alla valle che sta a nord ovest. Discesa in
neve fresca, con parte finale che nasconde qualche buco dove cado
fino all’inguine: ma perché solo io? Gli altri passano leggiadri e
io che ho?!
Alle 13 siamo già alla macchina,
alpinisti oggi appenninisti in mezzo a sciatori. Parliamo e diciamo
cazzate come se fossimo da soli, ci cambiamo d’abito. Qualcuno
passa, vede il materiale steso e commenta. Un maestro di sci ci
chiede “ma eravate voi lassù prima?” “eh si, non credo che ci
passino in tanti..”. Bella giornata, fisicamente facile,
tecnicamente no: le fiducia per il grado che posso innalzare in
montagna aumenta. Uno scenario di itinerari papabili si apre ai miei
occhi, e ai miei sogni.
Qui relazione.
Qui link a on-ice.
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