Lasciamo il
parcheggio coi primi raggi di sole che illuminano le cime più alte: pochi
secondi e poi illuminano anche noi. La neve pare bella dura, ma qui siamo su
una strada battuta: scopriremo man mano le condizioni. Oggi sarà all’insegna
della scoperta! Ma anche questo fa parte dell’alpinismo invernale, scoprire le
condizioni sul luogo, e scoprire e calcare tanti tipi diversi di fondo nevoso
in pochi metri di percorso.
Superveloce colazione al Rifugio Battisti, e poi io, Gianluca e Mirko via sparati a rinfrescare le tracce che portano sotto i Vaji del gruppo Zevola-Tre Croci. Non siamo troppo ottimisti, non tutti hanno scaricato, lassù si vedono cornici, e sono già le 7e30! L’idea poteva essere quella di dividerci tra Fratta Grande e Fratta Piccola, ma notiamo che il primo non ha scaricato ancora, il secondo si, e con lui abbiamo un conto in sospeso: uniamo l’utile al dilettevole!
Aspettiamo
gli altri sotto l’imbocco del Fratta Piccola (conto in sospeso), e ci prepariamo in modo da essere
più svelti possibile: mai iniziato un vajo o un canale così tardi. Arrivano, si
aprano le danze. Mirko prende Davide e essendo in due dovrebbero partire per
primi, a seguire io con Massimo e Gabriele, e via via gli altri. Cerchiamo di
esser sgaggi, e partiamo. E per questo parto prima io visto che siam già pronti.
E la
partenza fa sudare. La neve non è dura, si va giù almeno fino alla caviglia, si
cercano le zolle di valanga che sono più dure. Tocca pure gattonare con le
braccia per aumentare la superficie di appoggio e riuscire a guadagnare qualche
metro. La vedo grigia. Ma siamo qui, proviamo. Anche questo è alpinismo
invernale, il ravanamento. E il tornare indietro se il ravanamento è troppo!
Al di sotto
delle prime rocce, amara scoperta: il polistirolo. Brutta neve quando sta negli
strati intermedi, questa crea un perfetto piano di scorrimento per le valanghe,
e vedo che Massimo se lo ricorda bene! In più, in mezzo a questa farina, scendo
fino all’ombelico, e non esagero. Tocca oscillare per scavarsi una trincea
dalla quale si possa uscire! Forza voi sotto, ravanate un po’ anche voi! Io
fatta la mia parte vado alla ricerca della neve pressata dalla valanga!
E la
situazione migliora un po’. I corridoi di scarica belli piallati sono una
goduria per i ramponi. E il salto roccioso che ci aveva fatto tornare indietro l'altra volta non esiste nemmeno: che
differenza. Tantoché, esclusa l’uscita e la fatica per la poca consistenza
della neve, io un D- a questo canale non lo darei oggi, al massimo un PD+. Il
godimento sulla neve compatta, di quella che cigola mentre ci muovi il rampone
dentro, dura sempre troppo poco, e si torna su quella che sfarina..sigh.
Vado
spedito, meglio che mi quieto un po’ o li cuocio tutti (e non è il caso), tanto escluso Mirko gli
altri sono belli indietro. Sarebbe opportuno mostrare qualche assicurazione, ma
queste pendenze e con questa neve è inutile, oltre che difficile, vedremo più
su. Il vajo è abbastanza dritto, e quindi si riesce già a vedere ciò che ci
aspetta: ovvero altro ravano, perché non tutto il pendio è svalagato, ma ci
sono bei tratti di neve fresca ancora da sverginare.
Arriviamo al
bivio col Vajo Bandiera, qui siamo belli larghi e ciò ci concede una corsia a
testa, io a destra, Mirko a sinistra, e chi sta sotto sulle nostre tracce,
pardon, sui nostri gradini. Anche per questo il gruppo inizia a ricompattarsi, con Paolo che sale
allegramente, oggi è parecchio in buona! Adesso invece la faccenda si restringe, con una bella
parete verticale alla nostra destra che ci incassa insieme a una più piccola a
sinistra. Bellissimo. Speriamo solo si stiano divertendo tutti quanti,
nonostante la fatica.
Con le
condizioni trovate, possiamo ancora tornare indietro, questa via di fuga non è
preclusa. Ma eccoci a quello che sulla guida dovrebbe essere “con poca neve,
strapiombo di IV”, ma oggi la neve c’è, e nonostante Davide spacchi mezzo ponte
scivolando a mo di effetto crepaccio, con qualche passo lungo si supera tutto.
Poco più su un altro passaggino delicato, ma è davvero robetta, giusto da
richiedere un’assicurazione a spalla dall’alto e nulla più. Ma il bello deve
ancora venire.
Ormai
vediamo l’uscita, che però non è obbligata. Leggermente a destra una salita su
neve verso l’alto, a sinistra qualche roccia affiorante e un uscita in goulotte
mignon. Mi ispira a sinistra. Infatti anche Mirko piega per quella direzione,
ma traversa troppo in alto, e il ravanamento lo fa desistere. Io intravedo una
rigola che pare un vecchio passaggio di qualcuno, magari la neve li tiene: e
così è.
Parto
contento ed eccitato, lassù dei mughi e dei rami mi concederanno anche un
minimo di assicurazione, e quelle rocce a destra e sinistra di un canalino di
un metro di larghezza, saranno ben sinonimo di neve compatta al centro, no?!
No. Salgo deciso, ma arrivo a un punto che mi rendo conto che sono su farina
appoggiata su roccia, a 65°-70°. Guardo su, provo, a destra, a sinistra, ma
niente. Mi torna in mente il Vajo Battisti, “ragazzi, no, si scende”. E li vedo preparati anche a questa
mossa a gambero. Anche questo fa parte dell’alpinismo invernale, rugare di più
i 10m di uscita invece che i 500m di canale!
Scendo una
decina di metri, poi vedo un’altra riga poco più a destra, “ragazzi,
riproviamo” “vai!” e vado. Ma niente. Da sotto sembra in un modo, quando ci sei
dentro, la musica cambia drasticamente. E non si riesce nemmeno a metter giù
nulla. No, altro dietrofront. Ma scendendo noto come Mirko sta faticando nella
sua di uscita, e chi ci sta dietro anche. “va beh ragazzi, riprovo più a
destra, andiamo a prendere quelle rocce la che magari aiutano”.
E torna sui
70° coi ramponi che si aggrappano agli smussi della roccia sotto, la punta
della picca che cerca invana ghiaccio, lo trova una volta si e tre no, ogni
tanto un buco nella roccia. Dai, li su sarà meglio, poi se no vado a destra
sulle rocce.. Una fava! È davvero un tratto bruttino, ragiono decine di secondi
su ogni movimento, vorrei solo arrivare alla mugaglia lassù che spero sotto
quei ciuffi affioranti dalla neve, nasconda un bel tronco solido.
Traverso
delicato per tornare a sinistra, sopra di me un muretto di roccia, a destra
altra roccia ma non salibile. Sotto Nicola e Roberto han voluto seguirmi, anche
se tra me e me mi chiedo “ma son scemi? Guarda dove mi sono infilato” ma da
dove sono l’unica uscita possibile è verso l’alto. La mia speranza è arrivare
ai mughi con Massimo e Gabriele ancora sulla parte decente della salita, e non
sulla delicata! Ah, i mughi del Carega, un amore che nasce da lontano..
E invece
toccherà muoversi sul delicato un po’ tutti insieme, ma arrivato ai mughi e
all’albero riesco, oltre che a trazionarmi su essi, a mettere giù un bel po’ di
protezioni. Intanto sento gli occhi di Nicola e Roberto addosso, sotto che
aspettano mentre la mia salita gli fa un lavaggio di neve fresca che non si
scorderanno! Bene, il duro è passato, la luce del sole è lì, a 3 metri da me,
adesso non sono più impiccato a 70-75°, ormai è fatta. E invece nein! Adesso
devo combattere con due metri di farina! Delicato delicato coi piedi, scavo e
raspo con la picca alla ricerca di qualcosa di duro, piano piano metto la faccia
al sole, Paolo laggiù ride e mi guarda. Per uscire devo gattonare, appoggiare
il petto sulla neve e strusciare fuori, ma finalmente ci sono!
Recupero a
spalla i miei due compagni di cordata, e intanto chiedo a Paolo di venire a
metter giù una corda per Nicola e gli altri: non credo sia rimasta molta neve
su cui fare quella debole presa.. Resto molto contento quando, oltre che uscire
interi, Massimo e Gabriele mi dicono “grazie”. Nicola invece lo sentirò urlare
della “troia” per un po’, eh eh!
Ora posso godermi
il sole, sentire il calduccio (mi sono ghiacciato le dita negli ultimi
passaggi, a cercare e tastare il nulla), mangiare e bere qualcosa, alleluia.
Gianluca perde una muffola in salita, e rompe le balle a tutti nel chiedere
“qualcuno ha trovato una muffola?”. Dopo un’ora e mezzo che sono fuori, anche
l’ultimo di noi uscirà dal canale: vittoria! Vajo fratta Piccola aperto dalla
marcia di 15 bisonti (13 bisonti e 2 gazzelle, se no prendo delle mazzate) della bassa,
con due possibili uscite.
In seguito è
una ciaspolata verso il Passo Ristele (per la gioia di chi le ciaspole non le ha mai usate, ma
anche questo è alpinismo invernale), e in seguito una valanga umana nel Vajo
Ristele: forse più pericoloso che il vajo percorso in salita, considerando il
fatto che non ha scaricato. Decisamente giornata no per Gianluca, che
appoggiato il caso sul sentiero alla fine del Vajo Ristele, lo vede scivolare
inesorabile verso valle.. Ma lo andremo a prendere.
La gente è
sparpagliata in parecchi metri di distanza adesso, la stanchezza si fa sentire.
Anche perché ok che è discesa, ma quando affondi fino al ginocchio, anche la
discesa è faticosa! Arriviamo all’auto accaldati, al sole mezzi nudi si sta da
Dio, e dai commenti che si sentono in giro, facciamo anche la nostra porca figura.
Uscita
decisamente andata bene, molto meglio di quello che ci poteva aspettare dai
presupposti. Nella speranza che tutti si siano divertiti, e tutti abbiano
imparato qualcosa!
Qui altre foto.
Qui le foto di Nicola.
Qui relazione coi tempi.
PS: è finita
la sponsorizzazione Barilla. Non arrivandomi nessun pacco di pasta gratis, ho
deciso di cambiare il paraorecchie.
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