Partiamo dunque, impossibile rinviare quest'uscita, l'ultima del corso, ma d'altronde sappiamo bene che stiamo giocando una mano a poker con un bel bluff in mano. Alle 00e45 ritrovo al parcheggio, chi ha dormito e chi no, ma siamo comunque abbastanza carichi, nonostante tre corsisti siano assenti. Forza, all'arrembaggio, nella speranza di!
Ore 3e30, undici bipedi in marcia verso
il Passo della Madonnetta sul Sentiero delle Mole. Mole non ne
vedremo nemmeno una, per fortuna invece ci sono le tracce di qualche
scialpinista a guidarci. Ma è già abbastanza chiaro come finirà.
La neve presente non regge, ci alterniamo davanti a battere una
traccia faticosa. Fintantoché, cosa vedo, Nicola
davanti?! Senza peste fatte?! Domani nevica, e infatti. Beh,
d'altronde pochi minuti e “no no, mettiamo le ciaspole!”
Continuiamo al buio, spirito gioioso in
mezzo al bosco. Avanzando la neve non migliora, anzi, ce ne è sempre
di più, e quella dell'ultimo tratto è pesante davvero. Mi affianco
a Nicola, “ma, mica saliremo vero?” “No no, con questa neve no
di certo”. Al Passo della Madonetta sono le 5e30, ma la traccia da
qui va verso il rifugio, non verso l'attacco del nostro Vajo delle
Frane. Siccome oggi sono i corsisti a guidare la gita, “dove
andiamo?”, e parte l'indecisione.
Dopo aver preso un po' di sano freddo,
esser partiti nella direzione opposta a quella giusta, ci mettiamo a
cercare il sentiero nella direzione giusta. Sali un po, scendi un
po', tira dritto tagliando il pendio, niente tracce e niente segni,
ma dov'è il sentiero?! Gianluca sprona chi “fa la vecchia” a
passare un po' davanti a batter traccia, un po' per uno! Intanto il
Carega inizia a mostrarsi con le prime luci dell'alba, ma lassù a
2000m c'è già un cappello lattiginoso che non promette nulla di
buono. Tagliamo decisi in mezzo al bosco verso la direzione giusta,
fino a giungere nei pressi di un pendio bello inclinato, che a me e
Gianluca non piace. Dietrofront.
Ok, la testa ormai è già indirizzata
a un lauto pranzo di polenta e cinghiale, con un sano litro di birra
davanti. Tutto il resto è lasciar passare il tempo, altrimenti
finiremo a chiedere queste pietanze mentre gli altri a fianco a noi
fanno colazione. Intestarditi dalla ricerca del sentiero, saliamo e
scendiamo, finché non mi tocca passare davanti perché il diretur vuole vedere cosa c'è lassù, e via a ciaspolare in salita a 50°
con neve inconsistente. Ma al passaggio dell'undicesimo ominide, ci
sarà una bella autostrada.
Giungiamo sulla nostra cima, che
spettacolo. Mah. Certo, il sole basso, le nuvole che lo nascondono,
la neve, carino, ma niente a che vedere con un'uscita al sole dopo
400m di canale al freddo! Prossima volta. L'importante è che il
morale dei corsisti sia alto, tutti scherzano e ridono. Ormai tutti
d'accordo per i piedi sotto il tavolo. Cazzegiamo un po' quassù e
poi giù, dove sostiamo di nuovo per un'oretta di didattica su soste
su fittoni e corpo morto, manovra di arresto, e sosta su piccozze col
recupero delle stesse. Con io e Roberto che dopo aver cercato di fare
una tana di volpe per scaldarci, finiamo a creare il crepaccio alle
spalle di Nicola.
Poi basta, scendiamo col sole che a
tratti illumina le cime, a più tratti invece è tutto coperto.
Quanta neve, che spettacolo, se non arriva lo scirocco potente e il
sole del Sahara, il parco giochi potrebbe essere aperto a lungo..
Gianluca ormai con le sue ciaspole ha acquisito un feeling che
secondo me se le porta anche a letto stanotte. Stanotte, il solo
pensiero di una doccia calda e una dormita fotonica mi riempiono il
cuore. Ma solo dopo polenta e cinghiale e birra!
Non si vede nessuna valanga, nessun
pendio che abbia scaricato. Non si vede nemmeno tanta gente in giro,
ci sarà un perché.. Una tizia ci incrocia e ci chiede se partiamo
ora, eh?! Incrociamo uno scialpinista che tiene l'artva sopra la
maglia e appeso come una borsetta. Scendiamo scendiamo, c'è da
arrivare alla tavola! E scendendo osserviamo il gruppo Zevola Tre
Croci, sognando i suoi vaji il prossimo weekend.
E come annunciato, finiamo al Rifugio
la Guardia, con un antipasto di polenta e formaggio con funghi, tris
di primi e dolci, innaffiato da pinot nero e da un rosso che non
ricordo, essendomi sfogato sul pinot. A volte, anche questo è
alpinismo. È alpinismo anche uscire dal rifugio,
vedere una roccia, e farci del boulder sopra. Parte Federico, Nicola
lo segue, e io non resisto.
Sperando che ai corsisti sia piaciuto,
abbiano imparato qualcosa, gli sia rimasta la voglia di andar per
monti anche d'inverno, e sopratutto abbiano la foga di camminare
sulle proprie gambe, finiamo così il primo corso AG1 del CAI di Carpi.
Beh, in realtà manca la cena di fine corso..
Qui altre foto.
Qui le foto di Nicola.
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