Esistono
giornate in cui sembra di uscire fuori dal mondo. Di entrare in uno magico,
solitario, dove pochi colori ti fanno compagnia, dove il silenzio regna,
disturbato solo dal rumore del vento, o dalle scariche di sassi, o dalle
valanghe che cadono dai versanti carichi, o dalle grasse risate che escono
dalle nostre bocche. Giornate in cui parti senza sapere bene a cosa andrai
incontro, me che quando stanno per finire ti lasciano un senso di nostalgia immediata.
Questa è una di quelle giornate.
La meteo
fino a venerdì sera (ultimo momento in cui la guardai vista l'imminente partenza per le Marche) dava tempo instabile un po’ ovunque, forse il migliore era
l’Appennino. Marcia dei Tori la scarto perché immaginavo fosse in mezzo a fango
e neve e su un percorso più corto. Mentre siamo di ritorno in auto inizio a
sentire Riccardo se
ha idee, io ne ho, ma voglio prima vedere cosa dicono le previsioni e se sui
forum han fatto qualcosa. A casa tutto di corsa per arrivare col minor ritardo
possibile alla cena con gli amici, e scopro che il meteo non è così malvagio!
Porca vacca! Andiamo in trentino, decideremo in macchina il luogo preciso.
Luna alta,
cielo sereno, mio Dio perché?!?!?! Non doveva esserci così bello oggi! A
saperlo partivamo ieri sera alle 21 per farci una notturna della madonna!
Destino crudele! Amen, cerchiamo di rimediare con un’esplorata della zona del
Brenta. Partendo sopra Molveno. Ho qualche itinerario scaricato da web della zona, vediamo
che si può fare: probabilmente poco visto quanta neve deve esser venuta giù ieri. E invece non è
quasi nevicato per nulla!
Saliamo fino
alla baita Ciclamino in macchina, e partiamo sulla forestale all’esplorazione.
Bagnato sì, ma neve no. Sole. Porca miseria.. Si poteva fare qualcosa di
aggressivo oggi. Penetriamo così lentamente nelle Dolomiti di brenta,
osservando i ciccioni dolomitici stagliarsi verso il cielo mentre ci avviciniamo
alla loro base: e ciò li rende ancora più mastodontici. La noiosa forestale ci
conduce in 50 minuti al Rifugio Croz dell'Altissimo, sopra il quale si slanciano le sue pareti: urca!
Già dal
parcheggio scorgevo un’interessante canalino che sale (credo) verso la Bocca
del Tuckett che voglia di spiccozzare.. Ma optiamo per dirigerci verso il Passo
del Clamer. In fondo quel canalino giace sopra un rigolo d’acqua, e chissà
quanto è spesso lo strato di neve. Risaliamo con fretta di sete di scoperta una
zona che pare da cantiere di lavori in corso per rifacimento sentiero, fino al
nostro bivio col 344, dopo il quale iniziamo a pestare neve.
La cosa
inizia a farsi interessante. Superiamo con timore un ponte di neve sotto il
quale sentiamo e vediamo scorrere acqua. Un passo, due, tre, quattro, è fatta.
Ricky tocca a te! Andata anche per lui. Sopra di noi un camoscio svetta e salta su un pendio bello
ripido, che poi scopriremo dover percorrere anche noi. Intorno vedo canali su
canali, cime, roccia, argh, che voglia.
Il sentiero,
ancora a sprazzi visibile o intuibile, si inerpica zizgando sul verticale.
Robetta d’estate, ma con 20cm di neve che non permette di capire su cosa stai
appoggiando il piede (roccia liscia? Sempre che su qualcosa tu stia appoggiando
poi..) diventa interessante. E sbuchiamo così sul pendio sommitale, una bella
distesa candida di neve, dove pare che nessun uomo abbia mai posato piede o
lamina o ciaspola. Fantastico. Con i colossi dolomitici sempre a farci
compagnia. Cielo limpido ma sole che non ci raggiunge per colpa del Croz
dell’Altissimo, troppo altissimo.
Ora si
naviga a seguendo la nostra meta, il passo del Clamer, il sentiero è sotto
chissà quanta neve. Cerchiamo di andare al sole, dove consumiamo un picnic
dolomitico e dove calziamo le ciaspole perché inizia a essere un po’ troppo
arduo proseguire senza. Il sole adesso ci colpisce in pieno, e sulle pendenze
finali la combinazione tra irraggiamento e fatica farà l’effetto grondaia sul
mio naso.
Un masso
equilibrista, una meringa, delle cornici, che selvaggio, che affascinante.
Proseguiamo a spron battuto, quando i miei occhi scorgono una possibilità di
salita leggermente differente da quella che immagino sia quella del sentiero.
Ma su, proviamo.
Canalino con a fianco un po di roccia, che risaliamo rigorosamente ciaspole ai piedi. Calcia con forza per infilarla bene sotto, in modo che crei un bel gradino, estrai il piede sotto, solleva il più possibile e ripeti. 30°, 45°, i bastoncini aiutano, ma iniziano a scendere parecchio nella neve. Una mano sulla roccia, 50°, l’uscita si avvicina, ma che cornice! Poco strapiombante, ma alta un metro. 60°, e sono ormai in piedi a cercare di salire sopra la cornice stessa, mentre inondo Riccardo di polvere bianca. Alla fine non riuscendo a scavalcare opto per la soluzione brutale: spacca tutto e fatti una trincea per salire.
Canalino con a fianco un po di roccia, che risaliamo rigorosamente ciaspole ai piedi. Calcia con forza per infilarla bene sotto, in modo che crei un bel gradino, estrai il piede sotto, solleva il più possibile e ripeti. 30°, 45°, i bastoncini aiutano, ma iniziano a scendere parecchio nella neve. Una mano sulla roccia, 50°, l’uscita si avvicina, ma che cornice! Poco strapiombante, ma alta un metro. 60°, e sono ormai in piedi a cercare di salire sopra la cornice stessa, mentre inondo Riccardo di polvere bianca. Alla fine non riuscendo a scavalcare opto per la soluzione brutale: spacca tutto e fatti una trincea per salire.
Eccoci
fuori, ancora in ambiente desolato, appagati da ciò che ci circonda. Osserviamo
tutto intorno a noi la magnificenza della montagna.
La Cima
Lasteri poteva essere una meta di oggi, ma vediamo che la montagna è un po’
severa in queste condizioni: verglass, roccia ricoperta di un lieve strato di
neve, meglio desistere. Scendiamo. Togliamo le ciaspole perché se no temiamo di
metterci a sciare senza controllo alcuno su questo ripido pendio iniziale: in
compenso affondiamo i primi passi fino all’ombelico. Tutto ciò farebbe ridere
assai, non fosse che se non riesci a uscirne.. ma dopo un po’ di tentativi di
divincolarci, riusciamo a emergere e scendere a folle velocità.
Osserviamo
l’immacolato pendio nevoso essere puntinato dai tarlocchi di neve che
stacchiamo e che scendono più veloce di noi. Ma cerchiamo di tenergli testa,
anche se foto sono d’obbligo in questo spettacolo. Torniamo sui nostri passi,
sulla parte da camoscio che temevamo dover scendere (qui se scivoli voli giù
per parecchia metri) ma ce la caviamo. Anche il ponte di neve sul ruscello
regge ancora.
Ora patiamo
un caldo.. E osserviamo la bastionata roccioso di fronte a noi essere percossa
da valanghe in successione. Impressionante, non sembrano nemmeno grandi ma il
rumore è terrificante lo stesso. Appena rimettiamo piede sul 322 decidiamo di
spogliarci. Detto fatto e il sole si oscura e inizia una brezza fastidiosa.
Strano.
Il Rifugio
Croz dell’Altissimo si è animato di vita, altra gente presente, ma la nostra
fetta di solitudine ce la siamo già presa. Scendiamo annoiandoci alla macchina,
fantasticando sulle prossime gite e cime, concludendo con un bagno dei piedi
nell’acqua gelida, e la consueta birra finale. Per fortuna si è annuvolato il
cielo, il rimpianto per una notturna mancata non poteva sopportar anche quello
per una giornata mozzata a mezzogiorno.
Qui altre
foto.
Qui report
su on ice.
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