Quando non è
giornata, non è giornata, e meglio ascoltare il proprio istinto. Ma veniamo ai
fatti.
La voglia di
tornare tra i monti da parte di chi è a digiuno da un po’ è tanta (
Gianluca,
Mirko,
Nicola), e per tornare in questo scenario che tutti noi amiamo tanto, meglio
non esagerare e partire con qualcosa di tecnicamente facile. O almeno così pare
sulla carta.
Indecisi
fino all’ultimo dove andare (il capo spedizione di oggi non vuole decidere),
alle 7 solchiamo il Passo Rolle, alla ricerca di un bar che troveremo poi giù a
San Martino di Castrozza, e dove lasceremo una media di 10 euro a testa: a voi
capire quanto ci siamo scofanati di cibo. Ma ci sta, oggi il tragitto è lungo,
di sicuro lo è per chi non è allenato.
Prendiamo la
funivia, mezzo meccanico che se posso evito sempre (in salita, in discesa lo
prendo volentieri, salvaguarda le ginocchia!): in fila per il biglietto
meditiamo sulle nostre vestite.
Io sono l’unico in braghe corte e maglietta.
Gianluca i pantaloni in cotone.
Nicola ha i guantini. E poco dopo scopriremo
che ha trasformato i suoi
pantaloni Montura per andare al prossimo Gay Pride:
una bella striscia di pelle marrone luccicante sui polpacci “per proteggere
dalle ramponate”. Mirko..si salva. Tre
esempi di vergogna di abbigliamento alpinistico. Ma la vera vergogna sta in
Gianluca e Nicola: prendono le scale mobili tra i due tronconi di funivia.
Pessimi. Ma con queste foto li ricatteremo tutta la vita.
Riusciamo a
incamminarci solo verso le 8e45, ma partiamo spediti, nonostante ci sia chi
vuole andare con calma per non fiaccarsi subito. Prima volta per me sul plateau
lunare delle Pale di San Martino, non vedevo l’ora. Forse me l’aspettavo meglio
però, ma mi riservo un bel trekking violento prima di valutare a pieno. La
dolomia sta tutto intorno a noi, e tutte queste pareti stuzzicano la nostra
voglia di arrampicata.
Inizio a
fare due conti, e un incubo si impossessa di me: vuoi dire che oggi faremo meno
di 1000m di dislivello?! Noooo. Scherzo, oggi l’importante è portare a
passeggio i due reduci, e magari salire una bella cima.
Sbuchiamo
nella Valle dei Cantoni, e ben presto esclamo “ve l’avevo detto io!”. Ci sono
estese chiazze di neve, ma picca e ramponi li ho lasciati in macchina, perché
“tanto non servono”: indispensabili no, ma che avrebbero fatto comodo si. Ma
proseguiamo. Al Passo del Travignolo le nubi vanno e vengono, ma siamo
fiduciosi che se ne andranno e lasceranno il posto al sole che sbrilluccica
altrove. E invece quasi no.
Ma saliamo
dai, che la vera uscita parte solo dopo il Bivacco Fiamme Gialle. Salendo a
esso, uno sguardo al canale che da nord sbuca sul Passo del Travignolo, il
canale che uscendo si troverebbe alla propria sinistra, la cresta per la salita
a Cima Vezzena: obiettivo inverno 2013/2014. E dal Bivacco sembra entrare in un
altro mondo.
Mangiamo
qualcosa, ci armiamo fino ai denti e via, Gianluca in cordata con Nicola e io
con Mirko. Prima parte semplice e da usare poco le mani, poi la storia cambia.
Solo che siamo quasi sempre in mezzo alla nebbia, la roccia è bella fredda e
umida, non proprio l’ideale per appoggiare le dita e farci forza per muoversi.
Ci districhiamo alla ricerca della via, conserva corta o lunga a seconda dei
tratti, fino a giungere al Bus del Gat.
Meno male
Nicola sei anni fa già tentò questa salita, quindi un po’ la conosce, e può
indicarci come quel pertugio sia davvero il Bus del Gat. Mi pare impossibile
riuscire a passare, e invece si passa. Beh, si passa, vedendo come se la cava
Nicola inizio a pensare che strusciare dentro questo buco non sarà così comodo.
Ma che ridere sentire quanto si lamenta della sua schiena! Un
video è doveroso
per sputtanarlo in futuro, ma non qui, abbiamo pietà di lui.
Tutti fuori da
questo pertugio felino si prosegue lungo questa normale, risaliamo il canale di
sfasciumi fini e un po’ di neve, ma Gianluca davanti non vede il cavo metallico
nel camino attrezzato e passa oltre, per poi subire il cazziatone di Nicola.
Bon dai, saliamo sto camino attrezzato, ma è davvero unto, quanta gente sale di
qui?! Sento Mirko lamentarsi delle mani ghiacciate, e ben presto capisco cosa
intende. Mmm, mi sembra che stiamo facendo un po’ troppo tardi però.
Guardo
l’orologio, esploro le facce. Mi guardo intorno e tutta nebbia. Tra poco le
previsioni di ieri danno pioggia possibile. Mettiamo le scarpette per il
prossimo tiro, ma non riesco a partire. Oddio, non è che insista tanto nel
provarci, va Nicola, poi Mirko, mentre io e Gianluca allestiamo la prima
doppia, abbiamo deciso che in cima non riusciamo ad arrivarci, e se ci
arriviamo scendiamo a buio alle macchine, e non ci godiamo nemmeno il panorama
visto che panorama non ce ne è.
E così
finisce il tentativo di salita al Cimon de la Pala per la sua normale. Con una
doppia (mezza corda doppiata, quindi 27m, nell’ anello) torniamo alla base del
camino attrezzato, con un’altra (sempre mezza corda doppiata) fino alla base
del canale di sfasciumi fini. Da li un esilarante riassaggio nel Bus dal Gat,
dove Nicola regala il meglio di se e teniamo tutto su
video, e in seguito una
corda fissa per terminare la parte un po’ arrampicatoria.
In seguito
cerchiamo di pedalare per fare in tempo ad arrivare a prendere la funivia.
Scendere a piedi le ginocchia non sarebbero felici, meglio prendere il mostro
meccanico. A scendere, sulle lingue di neve, invece dello Yeti avvistiamo
l’alpinista di Neanderthal: al posto della piccozza usa un sasso per “far
presa” nella neve. È Nicola, che per cercare di evitare di scivolare ricorre a
questo stratagemma, ma la sua schiena non lo ringrazia.
E come
temevo la giornata finisce in vacca. E meno male che tra i vari itinerari
abbiam scelto quello più alla nostra portata! Certo che il giorno dopo leggere
che sulla stessa cima ma su un’altra via c’è stato un incidente, sul Sassolungo
(altra meta adocchiata) sono morti in tre, mi fa pensare che aver ascoltato il
mio istinto ha pagato!
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