Dovevamo esser in tre a ballare
l’alligalli, ma siamo rimasti solo in due dopo il furto. Che
facciamo? Ormai ci siamo troppo masturbati con la voglia di scoprire
e salire qualcosa in questa nuova zona, perciò andom: io e Riccardo.
Partenza il venerdì sera finito lavoro, giusto il tempo di fare lo
zaino e verso mezzanotte (dopo un ciclopico errore di navigazione,
“ma c’era scritto Svizzera” “sì, ma verso Lugano!”)
mettiamo giù la tenda al camping RA, al Passo del Sempione.
Sveglia alle 6 (non vorrei che le
autorità elvetiche ci portassero in galera..) e mentre noi facciamo
colazione, le zanzare fanno colazione con noi. All’arrivo a Saas
Fee un po’ di imbarazzo nel cercare parcheggio, e poi scopriamo una
cittadina senza auto, con palafitte strane e mezzi elettrici stretti
e cari che si aggirano silenziosi e pronti a investirti per le strade
della cittadina. Un veloce colazione, un giro in un negozio e ci si
va a preparare.
Dal parcheggio si vede già il
Mischabelhutte: già, si vede, ma quanto è lontano?! Vabbeh, lo
sappiamo che oggi è da sgugnare lunga.. Ci vestiamo e partiamo alla
ricerca della chiesa dietro la quale parte il sentiero, indicazione
4h15min. E saranno tute belle sudate, in braghe lunghe sotto questo
sole. Anche gli stambecchi
se ne stanno all’ombra, e pur di rimanerci ci ignorano.
I 4mila che ci stanno intorno man mano
si avvicinano, Sass Fee è sempre più bassa, ma mai abbastanza, il
rifugio sempre lassù. È davvero lunga. Ce la prendiamo con relativa
calma con qualche pausa al sole. Poi è ora di fare il 4x4: inizia la
parte attrezzata sullo sperone roccioso.
La cosa “bella” di questa salita è
che il rifugio è quasi sempre a vista, così come il paese.
Inizialmente ti rendi conto che ti allontani dal paese, poi sembra di
non salire mai in quanto le distanze si fanno meno percettibili, e
fino a che non sei sull’uscio del rifugio, sembra di non arrivare
mai.
Ma alla fine arriviamo anche noi, e
nonostante la paura per quello che può costare, decidiamo che una
birra ce la meritiamo. Ma prima, deshabillé! C’è da stendere un
po’ i nostri vestiti, tutti intrisi di sudore. Saremo strani noi o
gli altri: io e Riccardo in pantaloncini e basta, gli altri con
calzettoni, pantaloni lunghi, felpa, mah! Poi cosa vedono i nostri
occhi! Un tagliere immenso arrivare e posarsi su una roccia,
bottiglie di vino, ci si accendono gli occhi, che bella accoglienza
gli svizzeri! Ma no, è un aperitivo privato per il CAS di non so
cosa. Che illusione.
Il panorama dal rifugio è grandioso:
Laggirhorn, Weissmies, Allalinhorn, Rimpfishorn, Alphubel, Tashorn,
Dom, Lenzspitze (sperando di aver scritto bene!). In più il meteo fa
bischerate, siam partiti che su era nuvolo, saliti sotto il sole,
adesso ci mettiamo e togliamo la maglietta a seconda di come e quanto
le nubi oscurano il sole. Noiosa la vita in rifugio, alle 16 entriamo
dentro in attesa della cena delle 17e30, sfogliando riviste e
guardando un temporale che si sfoga fuori.
Cena da rifugio svizzero, brodo di
cipolle e cavolo (con pochissimo cavolo), pure, verdure alla griglia,
fetta di carne, fetta di melone. Ma va bene, il Bishorn era peggio!
Sono le 19, e si va a letto. Stretti ma si va aletto, dopo aver
ammirato il sole tornare a splendere sulle cime e i ghiacciai (beh,
all’orizzonte imperversa ancora il grigio).
Driin, è ora. Abbiam chiesto la
colazione come quelli che partono per fare la Nadelgrat. Sarebbe
stato bello fare la Nadelgrat, ma infilarmi in un canale adesso non
mi va, e poi data la lunghezza saremmo tornati alla macchina tardi,
poi fa troppo caldo, e vogliamo tenerci per la settimana prossima. Il
nostro obiettivo è il Nadelhorn, e se si riesce anche lo
Stecknadelhorn. Sono le 2e30.
Partiamo con calma, non c’è fretta e
lasciamo sfilare davanti a noi varie cordate. Osserviamo le luci di
Saas Fee, chissà in quanti in questo momento stanno.. Cielo
stellato, ma sappiamo non dover perdere tempo, le previsioni danno
temporali dopo le 12, e io non vorrei esserci sotto durante il tratto
attrezzato in discesa dal rifugio.
Ci svegliamo di colpo, la salita parte
continuando sullo sperone roccioso, meno cavi attrezzati e più
fantasia nel trovare la via. Una bella luna
sale sorridendoci, speriamo sia di buon auspicio. Si mette piede sul
ghiacciaio, e parte la grande vestizione. Due frontali sono sulla
cresta del Lenzspitze, tutti gli altri qui: alla fine nessuno salirà
la Nadelgrat. Stiamo recuperando quelli partiti prima di noi, ma la
nostra lentezza nel prepararci ci fa mangiare il tempo guadagnato.
La traccia è vistosa (peccato al
ritorno ci accorgeremo che passasse per qualche decina di metri su un
ponte di un crepaccio che deve essere notevole!), la cordata davanti
a noi lenta e forse con un componente poco preparato. Ma aspettiamo,
non c’è fretta. Per ora.
Pian piano un po’ di luce illumina,
al Windjoch cerco di fare qualche foto, ma sono troppo scarso. Ecco
la Nadelgrat, appuntamento rimandato. Ecco la cresta di salita al
Nadelhorn: arriviamo! Le relazioni parlano di una cresta affilata con
pezzi di traverso con ghiaccio affiorante. Vedremo.
Il sole non sale potente, deve prima
superare una coltre nuvolosa che lo attanaglia alle spalle del
Weissmies, ma poi riesce a uscire. Noi continuiamo la nostra salita
sulla cresta, mai troppo pendente, però è vero che ci sono tre
traversi sotto delle rocce dove il ghiaccio affiorante lascia un po’
“perplessi”. Intanto altre lucine affollano il ghiacciaio sotto
di noi, davanti a noi solo tre cordate.
Si ammira costantemente la Nadelgrat e
la nordest del Lenzspitze, entrambi entrati a piedi pari nella to do
list personale. Superiamo in altezza gli altri 4mila che fanno parte
della Nadelgrat, e in men che non si dica, eccoci al tratto finale,
le rocce. Come li definisce Riccardo, un ammasso di piatti fragili
infilati in senso verticale. Ma non sarà certo questa lavastoviglie
disordinata a frenarci.
Parto deciso, quel po di neve e
ghiaccio consente qualche appoggio ai ramponi quando i gradini sulla
roccia non sono netti. Le mani libere di afferrare e tirare gli
appigli, ma dopo previa tastata. La cima è affollata, anche perché
in più di tre dalla croce non ci si sta. Qualche pausa per una scura
a spalla a Riccardo e infine mi aggrappo alla croce. Recupero
Riccardo ed è fatta. Nadelhorn, 4327.
Il panorama è grandioso, le stesse
cime che si ammiravano dal rifugio, più tutta la corona che
comprende Weisshorn, Bishorn, Zinalrothotn, e poi il Cervino, il Dom,
spettacolo. Un video di incoraggiamento a Roberto e poi giù, perché
altra gente arriva, e in questi ultimi 70-80m si rischia l’ingorgo.
Tecnicamente sempre più facile salire
che scendere, e abbandoniamo l’idea dello Stecknadelhorn: vediamo
un solitario spicozzare e ramponare come un matto sul traverso,
sintomo di ghiaccio sotto, e intorno le nuvole si stanno facendo
minacciose. Dai giù, pazienza, tanto per la Nadelgrat c’è da
ripassarci per forza! Scendiamo scattando numerose foto e incrociando
gente che sale. Dallo Windjoch il meteo si fa avverso, ha fatto
presto a cambiare, e in breve le goccioline rade diventeranno una
nevicata di neve pallottolare.
Anche per evitare di fare roccia
bagnata, scendiamo per una traccia sul ghiacciaio che costeggia lo
sperone roccioso, passando sopra qualche ponte ben chiuso e a fianco
di seracchi e crepacci da spavento. Ben presto risiamo al rifugio,
dove entriamo per cambiarci e rifare lo zaino.
È fatta! Ma cerchiamo di spicciarci,
siamo la prima cordata tornata al rifugio, la pioggia è finita, ma
prima che ne scoppi un’altra ci vogliamo togliere il tratto
attrezzato. E inizia così la discesa del perdono.. Per la gioia
delle ginocchia.
I 4mila che prima vedevamo al nostro
pari o poco più alti, lentamente scivolano verso l’alto, arriviamo
alla chiesa per i rintocchi di mezzogiorno, in tempo per trovare
ancora i negozi aperti, comprare qualcosa e poi filare alla macchina
per toglierci di dosso tutto!
Qui altre foto.
Qui relazione.
Qui video di vetta.
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