E giunse il
giorno, la scialpinistica in Appennino. Non le scorse minchiate tipo piste in giornata dibrutto tempo o di notte, ma una scialpinistica vera, sulla cima più alta
dell’Appennino reggiano, il Cusna, salito mille volte a piedi in tutte le
stagioni. Proviamo.
Le
previsioni danno vento, sono giorni che spazza, ma dovrebbe anche esserci un
casino di neve. Invece salendo verso Monteorsaro ne vedo meno di quella che
pensassi.. Confido in Paolo,
lui esperto saprà trovarci qualche bel pendio di polvere! Io, Mirko e Riccardo siamo
speranzosi. La giornata è di sole pieno, nessuna nuvola in cielo, ma è
disarmante notare quanto smog copra la pianura nonostante il vento che da
giorni la spazza.
Partiamo
infilandoci dentro il paesino, siamo ben al di sotto del Rifugio Monteorsaro, ma
ben presto lo raggiungiamo e superiamo, imboccando la forestale che porta al
Passo Cisa. Strada super battuta e su neve dura, ma intorno si vede e tasta
della neve soffice, che aumenta quando si lascia la forestale per risalire in
mezzo a un rado bosco. Si pregusta la discesa, e si sente il vento fischiare..
Paolo
conduce la carovana, qualche foto me la concedo, oggi finalmente parto con gli
occhiali da sole fin dall’inizio, dopo tanto tempo una giornata di sole davvero
piena mi mancava da matti! E quindi salgo con calma, gusto l’ambiente, il quasi
tepore, la calma (siamo i primi a salire oggi, la piazza partirà dopo). Il
Monte Cisa è pelatino, segno che il vento ha lavorato, come c’era da
aspettarsi, solo che non credevo così tanto..
Si devia a
sinistra, una salle a manger dove mi fermerei ad abbronzarmi tutto il giorno, e
poi eccolo in bella vista il Cusna: fuma. Porca l’oca sta a vedere che c’è da
volar via oggi.. Amen, un Appennino senza vento è raro come i diamanti.
Breve
discesina dove non mancano le cadute ovviamente, passaggio di fianco al
Ricovero Rio Grande, e poi su dal fosso di Prassardo che mi diede filo da
torcere quella volta che salii in notturna. Siamo sullo spallone ora, pochi
metri e vedo che i compari davanti a me si vestono. Ecco ci siamo, stiamo per
andare in balia del vento.
Mangio una
banana che assomiglia a un ghiacciolo morbido, mi metto il giacchino e via
verso le forze della natura! Si risale lo spallone dove corre il sentiero 619,
neve da ramponi, mica da sci, e infatti ben presto mettiamo i rampant. Tutti
tranne..Riccardo, che da buon “capo” li ha dimenticati a casa: almeno ha i
ramponi, salirà a piedi, e probabilmente farà anche meglio di noi, non fosse
per le due vele che si ritrova sullo zaino.
Tutto
luccica intorno, e non è per la preziosità del manto nevoso, ma per il ghiaccio
lisciato dal vento: vacca che discesa di merda che sarà! Ma ormai arrivare in
cima con questo vento è una sfida.. Mirko e Paolo salgono abbastanza spediti,
io e Riccardo rimaniamo un po’ indietro tra una foto e l’altra. Alla confluenza
col sentiero che arriva da Pescheria Zamboni la situazione vento si fa sempre
più ostica.
Guardo in
giro a cercare di capire se possa esserci un canale divertente da scendere, ma
chissà. Poi ci sono delle cornici e degli accumuli che fanno un po’ paura in
giro.. Vedremo cosa dice l’esperto anche. Salire si fa sempre più dura, i
rampant contano fino a mezzogiorno, vedo gli altri in difficoltà pure. A pochi
metri dalla cima metto i ramponi anche io, che di volare via zero voglia, poi
la mia non bravura con gli sci mi farebbe arrivare fino al Passo del Cerreto
senza riuscire a frenare. Già ci vogliono 5 minuti di orologio per riuscire a
infilarsi la giacca che svolazza senza riuscire a essere infilata..
Ecco la
cima, pochi cm di neve, i miei compari tutti in ginocchio non a pregare la
madonna, ma perché in piedi non ci si sta. Infatti, mentre riordinammo la roba,
togliamo le pelli ecc, il vento miete due vittime: un guanto di Riccardo e il
mio sacchettino dei rampant, che ora saranno verso il golfo di La Spezia.
Quelli bravi scendono con gli sci, io parto camminando che è meglio.
Tanto anche
loro si godono poco, Paolo cerca ma non trova neve buona, impossibile oggi,
solo neve dura quick quick. Più giù provo a scendere con gli sci, ma sarà
davvero ostica! Dura dura dura, che palle! Solo nel bosco va un po meglio, ma
sono le ultime centinaia di metri prima di ripellare per la risalita. Paolo e Mirko
si sono volatilizzati, solo che non si siano infilati in qualche bel pendio
fregandoci!
Mentre siamo
li che ripelliamo arriva Paolo “proviamo a risalire un po e scendere per questo
canale?”, certo! Si risale, si taglia in mezzo a dei sastrugi inclinati che
sono uno spettacolo, saliamo poi giusto una mezzora, per poi lanciarci nel fosso
di Prassardo: io salgo un po’ di più sperando di trovare ancora più neve. Ma
che seracchi in giro!
Paolo parte,
io litigo di nuovo col mio scarpone, due palle. Lo seguiamo uno alla volta a
distanza e fermandoci in zone defilate, ma la neve si alterna da buona a crosta
nel giro di pochi metri. Qualche bella divertente caduta un po per tutti (pure
Paolo compie un salto mortale, ma senza essere visto, sigh) e siamo ben presto
alla fine del fosso, dove avevamo ripellato. Discesa appena sufficiente.
Che fame,
ripella e risali la contropendenza del ritorno, cero un po di neve non pestata
per tracciare in mezzo a questa neve pesante per fare un po’ di gamba. Torniamo
sulla forestale che conduce al Passo della Cisa, una panoramicissima foto al
gigante (oggi di ghiaccio) e si scende, ora solo discesa.
E sarà la
parte più divertente, in mezzo al bosco a cercare fazzoletti di neve polverosa,
a usare gli alberi come paletti, a fare lo slalom tra i ciaspolatori. A fare
nuove cadute e provare acrobazie per evitarle. Meno male che c’è questo pezzo!
Altri sono già passati, ma di neve ne resta anche per noi, tutti a seguire
Paolo. Ancora affamati di discesa, arriviamo troppo presto sulla strada.
Breve
risalita a piedi sull’asfalto e siamo alla macchina, che giace in una pozza di
acqua e fango, meglio spostarla per cambiarci. Poi una rifocillata al Rifugio
Zamboni è quello che ci vuole per concludere una giornata di una discesa così
così, di un sole top, di un vento strong, e di compagnia insolitamente
accoppiata ma divertente! L’Appennino bastona, ma con due risate il “dolore” si
sente meno.
Qui altre
foto.
Qui report.
Nessun commento:
Posta un commento