La giornata
di ieri era finita presto dal punto di vista montano, ma poi la vita civile ha
decretato che fino alle 21e30 dovessi non fermarmi, e la pianificazione
dell’indomani è stata davvero travagliata. Ma alla fine siamo giunti a un
“proviamo un Vajo”. Meteo incerto, nuvoloso, forse neve, opzione arrampicata
scartata per altrettanto meteo incerto e coprifuoco: sappiamo che potrebbe
finire a taralucci e vino,per questo ci portiamo anche la roba da arrampicare.
Si parte,
piove porca vacca, ma meglio prendere neve nel vaio che pioggia in placca. A
Verona la pioggia cessa, arriviamo al parcheggio delle Vasche dell’Obante che
sembra che le costellazioni siano cadute sull’asfalto: ma quante frontali ci
sono! Dai, forse non abbiamo sbagliato completamente.. Cerchiamo di essere
rapidi a prepararci e partire, grupponi sono già avanti, partiamo che sono le
6.
Quanto mi
mancava questa zona, che negli anni passati ho pestato parecchie volte
d’inverno, ma quest’anno manco una: mi manca il rampone nella neve dura. Le
linee spigolose delle montagne che si nascondono ammorbidite nel buio. Il sole
che sorge piano piano a illuminare di luce tenue queste montagne: ma oggi non
ci sarà sole.
Ci si
incammina sulla strada, che si potesse salire più su con l’auto? No, viste le chiazze
di neve dopo, non saremmo passati. Arriviamo al Rifugio Battisti belli sudati, speriamo bene,
ormai lo smistamento sulle varie linee è avvenuto, confermiamo di infilarci
nella Ruga dello
Zalica, già percorsa l’anno scorso ma magari oggi seguiamo la Variante Sorriso.
Si avanza sul sentiero che per noi è come un portico del centro nel quale
osservare le varie vetrine dei negozi: noi osserviamo i vaji. Ecco il nostro.
Si smangiucchia qualcosa, ci si imbraga e prendono in mano le picche e si
parte, niente corda per il momento.
La prima
parte è su neve decente, svalangata un po’ morbida, speriamo più su migliori.
Ci si guarda intorno, e si scoprono incrostature di neve sulle rocce (stanotte
qualcosa deve essere sceso), e una copertura nuvolosa che smorza la luce
rendendo tutto lattiginoso, ma lontano quasi definito.
Giorgio avanza, quando sentiamo una voce “Ciao, che vajo state facendo?”, sono un
gruppo di ragazzi veronesi che volevano percorrere il Vajo Cesco, ma devono aver
sbagliato qualche bivio. D’altronde qui è pestato ovunque, c’è un dedalo di
vaji e numerosissime varianti degli stessi. Certo, quando ti ritrovi da un PD a
un ED non è che ti trovi proprio a tuo agio.. Alla fine questi ragazzi ci
seguiranno.
Saliamo così
verso la prima rampetta che dia un senso all’uso delle piccozze: finché stai su
pendenze intermedie non sai mai se usarle o no, oppure usarle sì ma di becca o
di punta chissà. La neve si fa bella dura finalmente, i ramponi entrano con le
punte frontali e le picche emettono quasi quel piacevole cigolio alla
penetrazione.
Che goduria
di neve, quanto mi mancava una salita del genere. Tratti di neve lisciata da
slavine lasciano spazio a tratti scalinati: si ringrazia chi è salito giorni addietro, qui deve aver fatto una certa fatica.. Ci incassiamo tra le rocce,
l’ambiente si fa davvero alpino, si svirgola tra questa dolomia marciotta che
speri resti unita almeno mentre le sei sotto.
Eccoci alla
forceletta della doppia ufficiale, dalla quale vediamo anche il proseguo della
salita: Variante Sorriso, Guglia Zaltron e proseguo classico. Le guardo: me la
ricordavo meno ripide! Stendiamo la corda per la doppia, cordino già in loco
(si poteva anche scendere disarrampicando, ma non ci abbiamo fatto
attenzione..), scendiamo per poi traversare. Uno sguardo giù è d’obbligo, ma
quanto scende bene il Vaio Cesco!
Voilà, sotto
la Variante Sorriso, destra o sinistra di quella pinna di roccia? A destra di
vedeva un pelo di marrone affiorare, a sinistra mi pare più “protetta”
un’eventuale scivolata. Vai Giorgio, la salita oggi è tua, io non mi sento in
formissima, però andrei a sinistra. “Ma questa neve ha preso il Viagra!”
esclama contento Giorgio. Oggi ci abbiamo preso a venire qui, ma schtttt
aspettiamo l’uscita.
“non dire
gatto finchè..” e adesso? Siamo giunti a una forcella sotto la quale è evidente
il Vaio Largo, quindi la direzione è corretta, ma non sembra una discesa easy e
non ci sono doppie attrezzate. Peste sì, ma quelle sono ovunque. Che ci fosse
da traversare più sotto a destra? Arrivo anche io alla forcella, però vedo che
non sembra così improponibile scendere: certo, con un minimo di sicura, perché
se scivoli ti trovano a Recoaro.
I veronesi
ci raggiungono, il primo di loro va a dare un’occhiata a destra, ma parla di un
bel traverso di neve poi chissà: ok, facciamo passare la corda attorno a questo
sperone marcio e scendiamo in sicura traversando in discesa, là poi c’è un mugo
se serve un’altra doppia, ma direi di no. Più che una doppia è una discesa in
sicura con un prusik, arrivo al mugo e vincolo la corda, “Giorgio vieni pure!”.
Arriva anche
lui, propongo ai ragazzi veronesi che se vogliono usare la nostra corda gliela
lascio, gli fa ben piacere: ci accordiamo perché ce la portino su loro, tanto
manca poco, e così ci velocizziamo senza imbottigliarci dopo. Due passi su
marcio dove la picca “abbraccia” le radici dei mughi, ed eccoci di nuovo su
neve solida, “eh, ho capito che è un passo, ma va comunque fatto!”.
Ora abbiamo
l’imbarazzo della scelta su quale uscita prendere. Traversare tutto il pendio e
uscire di la che si vede coperto di neve fino sopra? Stessa uscita dell’altra
volta? Quella un po’ più a destra che sembra coperta finchè si vede poi chissà?
Ancora più a destra si esce più in alto, ma temo poca copertura nevosa. Dai,
andiamo su dritti a esplorare quella più a destra dell’altra volta.
Un facile
pendio nevoso, sempre ottima, lascia poi lo spazio a un tratto di misto
marciotto, un po’ di spaccata e sorpresa! Ghiaccio anche! Sottile eh, pochi cm,
ma qui non l’avevo mai visto, è un’emozione. Un’emozione delicata, meglio
piccozzare anche altrove e cercare incastro di picca in mezzo alle rocce
nascoste dalla neve.
Si svirgola
un po’ in mezzo a questo ambiente marrone e bianco, ed ecco Giorgio lassu, già
fuori, che filma (video). Un po’ di metri su neve, poi uscita con gli ultimi
metri secchi, roccia marcia, mughi troppo alti, ma..terra! Sferra la becca
nella terra, che bel rumore che odo (dopo le falistre di prima tra acciaio e
roccia..), e dopo un po di T4 (Terra-4), sono fuori anche io.
BELLISSIMO.
Panorama
offuscato dalle nuvole, sopra di noi la visibilità è ancora buona, le nuvole
saranno poco più sopra delle cime, mica lontane. Arrivano anche i veronesi con
la nostra corda. Loro scendono per il Ristele (lo troveranno ghiacciato), noi
optiamo per la Cresta Zevola Tre Croci, sapendo che il gruppo di Bellò ha
salito il Vajo Battisti, siamo sicuri che anche se fossimo in condizioni di
scarsa visibilità ci basta arrivare in tempo su Cima Tre Croci e poi il pistone
lo troviamo.
Breve
traverso e poi risalita verso la MugoGrat. Quest’anno niente cornici
mastodontiche, ma sempre meglio starci lontano che non si sa mai: poi questa
luce è strana, non ti fa capire se Sali o scendi a volte, meglio non sfidarla.
Ben presto
siamo sulla Zevola Bassa, sembra di essere in alta montagna con questo
paesaggio selvaggio, questa neve dura, e questa solitudine. Solo due anime
vagano davanti a noi, scendono verso sinistra, poi si vede che accortisi del
nostro passo sicuro, decidono di seguire le nostre orme.
Un’occhiata
alle varie uscite dei mille vaji e loro varianti, qualcuno nel Vajo dell’Acqua,
nessuno su Cima Tre Croci. La cresta non è mai difficile, a volte un pelo
affilata, discesa sui 45 50° ma scalinate. Ben presto siamo su Cima Tre Croci,
con il mega traccione che rassicura la discesa!
Breve sosta
poi giù, il traccione taglia più in alto del solito, immettendosi nel pendio
che con pendenza sostenuta scende verso il pianoro del Passo della Lora. Ve mo
Giorgio che caviglie da crampon fute! Ci fosse il sole questa neve sarebbe
pappa, ora invece è dura come quella in salita, spettacolo, ci sarebbe da
scendere e salire un altro vaio!
Al Passo
della Lora la magia della neve col Viagra finisce. Nessun camoscio in vista stavolta,
qualche sciatore, nessun vajista, forse già tutti a bere e mangiare al rifugio.
Affondando un passo e tre no, osservando il sogno Vajo Nord e Vajo Paradiso,
siamo presto al Rifugio Battisti col meteo che ancora regge.
Arriviamo
esattamente insieme al gruppo dei tre veronesi, coi quali condividiamo
racconti, battute, una birra e un piatto di Spetzle. Così anche questa giornata
finisce, ma finalmente, ad aprile, riesco a salire un benedetto pendio nevoso
duro alla Siffredi!
Qui altre
foto.
Qui report.
Qui video
dell’uscita careghiana.
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