Da dove
iniziare? Da una salita scovata per caso (e la cui paternità di scoperta è
ancora contesa) quasi un anno fa? Da una ricognizione 3 settimane fa? Dalle 16
ore passate a girovagare tra seracchi, ghiacciai e sentieri impestati di acqua
solida e scivolosa? Eh già, è proprio lunga capire da dove iniziare..
A mia
memoria (non a quella di Gianluca),
Hochferner Nordwand, una parete scovata con una banale ricerca per immagini su
google, forse un po'ignorata
inizialmente per premiare quella (sua carta) più facile dell' Hochfeiler (Gran Pilastro).
Quest'ultima tentata tre settimane fa in un impeto di alpinismo romantico,
lontano da posti noti, frequentati, report recenti e con una gelida notte in
bivacco. Una parete che però è rimasta lì come un tarlo, insinuatosi in ogni
mente alla quale ho parlato di essa.
Dalla
cascata Wagnis und Glück si
parla di cosa fare dopo Natale: come un adolescente che ha appena perso la
verginità, avevamo già voglia di ghiaccio al ritorno in auto. Un altro poi si
aggiunge in quanto facente parte del tentativo di tre settimane fa alla parete
minore del fratello maggiore, poi Simone che incappa in problemi improvvisi, e
Gianluca che salta sul treno in corsa con un "Ma porcam****** non potevi
non dirmelo". La ciurma è al completo: io, Gianluca, Cristian e Giorgio.
All'1:30
siamo al solito parcheggio, destinazione Val di Vizze, al suon di "allora
raga, siam pronti a questa cazzata?". In realtà tanto cazzata non pare: le
cascate di ghiaccio sono ancora scarse, fa troppo caldo per loro. In giro c'è
poca o nulla neve, non nevica da un tot e fa caldo, il che rende agevoli gli
avvicinamenti e probabili le buoni condizioni di una neve che può essersi
trasformata. Luna piena e sole. Altre cordate viste 3 settimane fa. Altri
itinerari papabili hanno meno chance di essere in condizioni e (sulla carta)
paiono più lunghi.
Di nuovo in
questa valle, ma stavolta cambia la logistica: lascio un paio di scarpe da
corsa al terzo tornante, e portiamo l'auto al quinto, così ci togliamo un bel
pezzo di avvicinamento parcheggiando su, e con le scarpe comode e senza zaino
tornerò a prendere l'auto. Mentre metto giù le scarpe, un'auto piomba e
parcheggia. Sulla strada una spolverata di neve ci fa capire che rispetto a tre
settimane fa, qualcosa, poco, è sceso.
Colazione al
chiaro di luna, e si va. Si parte. Si prova. Si tenta. Si spera.
Partiamo un
po' separati, tra chi era pronto prima, chi teme di esser lento e si mette
subito in moto. Ognuno resta così da solo coi propri pensieri: non ci è dato
sapere quale tempesta di pensieri giri nella testa degli altri amici. Nella mia
girano un po' le solite preoccupazioni: che nessuno si faccia male, di
divertirsi, di riuscire a compiere la salita, di uscirne stanchi ma
soddisfatti, di capire se stiamo sopravvalutando la cosa o sottovalutando.
La luna è
potente e ci illumina la strada, fa caldo e ci si spoglia, ma siamo anche in
salita e con la frenesia. Intanto notiamo due frontali alla base della parete,
saranno quelle dell'auto che ha parcheggiato al terzo tornante: vacca se son
svelti!
Scendiamo
dal sentiero, per un periodo ci siamo ricompattati e abbiam riso e scherzato,
ora la seraccata basale si vede bene, così come sia aggirabile a sinistra. Ci
si ridivide alla ricerca del passaggio più agevole per giungere sul bacino dove
cadono le cattedrali che ogni tanto si staccano da questo mostro si ghiaccio.
Già perchè parrebbe un mostro anche a chi non capisce l'imprevedibilità di
questi ammassi di ghiaccio in continuo di movimento: quel buco sulla destra
sembra una bocca pronta a inghiottire tutto, o a sputare di tutto. Ma noi
cerchiamo di stargli lontano finchè si può.
Giunge l'ora
di ramponarsi, col cielo che inizia a illuminarsi della luce solare. Si tratta
ancora di un debole assaggio di quello che ci aspetta dopo: possiamo
tranquillamente proseguire senza legarci, si tratta di risalire un pendio di
neve stando sulla sinistra (faccia a monte). Man mano che si avvicinano le
rocce, levigate dall'azione millenaria di un ghiacciaio che solo 8 anni fa
levigava ancora (sigh), mi rendo conto che si avvicina un momento di corsa sui
ramponi.
Per evitare
di fare del misto (ma dopo dall'alto vedrò che invece si poteva proseguire
dritti facendone davvero poco!) si traversa tuuuutto il pendio sotto la serracata,
fino a portarsi dall'altra parte, dove lo sputo della bocca non può arrivare,
una "passeggiata" tutta d'un fiato.
Si risale un
altro po', su neve non proprio delle migliori, sempre all'ombra della nord,
mentre altrove il sole sta già scaldando tutto ciò che riesce a toccare. Si
sale finchè non tocca ritraversare dall'altra parte, nuova passeggiata col
fiato in gola visto che adesso si è ancor più sotto queste cattedrali di
ghiaccio in bilico: ora che se ne può comprendere la dimensione e la..fragilità.
Una volta dall'altra parte immortalo compiacente i miei tre amici quanto siano
piccoli sotto di loro.
Ok, il gioco
inizia a farsi interessante. Scrutando il disordine ghiacciatorio che sta alla
nostra destra, si risale una piccola goulottina con le pendenze che si fanno
già più interessanti, e una neve che regala emozioni. Non oso immaginare la
gioia insita nei cuori dei miai amici quando affonderanno le loro propaggini
metalliche qui. Un breve passettino di misto, ma in traverso, e ci si riporta
su pendenze camminabili, in direzioni del plateau mediano.
Con poco
sforzo abbiamo superato quello che adesso è uno scivolo di neve misto rocce (ma
rocce belle lissie eh!) e che una volta era ben ricoperto da una lingua di
ghiaccio che scendeva più basso del Bivacco Messner. Una volta, una decina di
anni fa! Terribile..
Guadagnando
quota riusciamo a osservare il mare di ghiaccio che soggiace alla forza di
gravità, liscio, spoglio, frastagliato. Pensare di passarci vicino o sopra fa
rizzare i peli. Lo sguardo si alza, e incassata nelle pieghe della roccia si
innalza una bella e regolare goulotte, che oggi di certo guardiamo e ignoriamo.
Però un giorno..
Noi ci
alziamo, e la serraccata mediana si scopre ai nostri occhi: ancora lontana
s'intende, ma è lì, e dobbiamo superarla se vogliamo salire. Riusciamo a notare
i due che ci precedono salire ormai sullo scivolo nevoso a destra della
serraccata, e che vanno a concludere le difficoltà della loro salita. Noi
invece dobbiamo ancora trovarle.
Arriva il momento di legarsi: quello che abbiamo davanti sembra un pavimento più o meno
regolare, ma di certo nasconde trappole buie e fredde, dentro le quali meglio
non finire, e se proprio, almeno essere legati la mondo esterno in qualche
maniera. Parto avanti, deciso ed emozionato, in fondo è la mia prima serraccata
da salire. Non solo la mia a dirla tutta.
Amore e
odio. Entusiasmo e timore. Coraggio e paura. Il contrasto di questi sentimenti
ha ancora qualche minuto di spazio per lottare, per tentare di eleggere un
vincitore in questa battaglia mentale. Ma è tutto inutile. Arriverà presto il
momento in cui il cervello non avrà il tempo per pensare a tutto ciò, dovrà
concentrarsi e lesinare le energie focalizzandosi su una sola cosa:
"salire". Beh, diciamo "salire portando a casa la pelle".
Per
ottimizzare i tempi, a casa mi sono riempito le tasche dello zaino, quelle
accessibili senza doverlo togliere, di snack, e ne lascio uno nella neve per il
mio compagno Gianluca, che lo vedo possa averne bisogno. Ma come burla, lui non
lo noterà, e sarà Giorgio pollicino a raccoglierlo.
E giunse
così, la seraccata mediana: sciolgo la bambola. Senza troppo starci a pensare,
tuc tuc, e le picche si piantano nel ghiaccio, e in seguito i ramponi. La testa
si spegne e diventa piuttosto basica nel ragionare: via i pensieri inutili, le
preoccupazioni al di fuori di ciò che mi circonda di materiale in questo
momento, e salire!
Una decina
di metri, e mi accorgo di aver fatto una bella cagata. Le viti. Ho solo le mie
6, non ho preso quelle di Gianluca. Quindi, togli le due per far sosta, ne
restano solo quattro di protezione, per un tiro che da basso non sembrava, ma i
suoi 80-90m ci sono. E sempre per la smania, siamo su una sola mezza. Accidenti
alla smania!
Fortuna che
la pendenza non è proibitiva, e la conserva protetta sarebbe comunque una
scelta obbligata per non far notte su questa nord. I polpacci iniziano a
friggere, le braccia tentano di sostituirsi a essi, ma ne pagano presto il
pegno di inghisarsi pure loro. Qualche tratto con pochi centimetri di neve
allevia la fatica. Intanto osservo gli altri amici sotto, e grido a Gianluca di
sciogliere anche la sua bambola.
Il posto
buono per far sosta è lassù, a due passi, più o meno. Due intervalli con un po'
di neve hanno giovato alle mie forze, ma gli ultimi metri di ghiaccio passano
dal marmoreo allo spaccoso, spaccoso che ruzzola giù sui miei amici.
Finalmente
eccomi, a lato della rampa che pare proprio essere il proseguimento della via
Klassical, e non della variante dritta su che è ben più dura: sulla carta.
Numerosi buchi di viti mi confermano che siamo nel posto giusto, dentro gli
spadoni e assicuro Gianluca. Intanto una cordata ci ha raggiunto sotto di noi,
belli svelti questi qua.
Arriva anche
il mio amico in sosta, un breve scambio di battute, e via andare. La strada
sembra ovvia, verso destra. Tracciata e pestata. Beh certo, anche sopra di noi
lo è, ma è più duro, e noi oggi vogliamo stare basso profilo che ne abbiamo già
a sufficienza. Mentre Gianluca procede, la sosta si affolla. Poi lo vedo
traversare su ghiaccio, un passaggio mica banale, e scomparire dietro.
Bene bene,
immagino che si sia un bel po' di rampa che porta sulla sinistra orografica del
flusso ghiacciato, tutto facile. Ma quando vedo la corda "tornare
indietro" inizio a temere qualcosa non vada per il verso giusto. Parto, e
mentre sono in marcia ricevo poco rassicuranti notizie da chi mi sta davanti: è
un vicolo cieco.
Ne informo
subito la cordata che ci ha raggiunto e che ha superato Giorgio e Cristian:
loro fan presto, partono su dritti! Io guardo giù e vedo delle tracce su neve:
abbiamo sbagliato, c'era da stare più bassi! Le offese che non mi
autoinfliggo.. Avviso Cristian, che non so bene cosa faccia, io proseguo, c'è
poco da fare.
Arrivo dal
mio amico che esordisce con un "ora facciamo un bell'abalakov". Vado
in perlustrazione, come aveva già fatto anche lui, ma mi dice che vale la pena.
Praticamente siamo su un balconcino, una piazzetta in mezzo alla serracata, un
bel posto da bivacco non fosse per l'incombenza di lavatrici di ghiaccio sulle
nostre teste. Da qui impossibile proseguire, non resta che calarsi.
Non siamo
certo stati gli unici ad arrivare qui, è tutto bello pestato. La cordata di
stranieri intanto è su e ci dice che è la strada giusta. Anche Giorgio
insisteva a dire di salire, e col senno di poi probabilmente poteva aver
ragione, ma ormai siamo tutti indirizzati a piegare verso destra (faccia a
monte). Armeggio per fare l'abalakov che mi viene al primo colpo: il secondo o
il terzo della mia vita, lacrime agli occhi.
Cristian
intanto sta traversando sotto di noi. Gianluca si cala, con la sosta pronta a
reagire in caso ci molli l'ancoraggio su ghiaccio, poi tocca a me su soltanto
quest'ultimo. Cerco di scendere puntando dove sta andando Cristian, più che
altro per evitare strani incastri di corda su, ma così facendo finisco sulla
bocca di un bel buco, e in un modo che dire goffo sarebbe troppo cortese,
striscio verso il basso scappando da esso, in modalità sogliola.
Operazioni
di recupero, maledizioni per il tempo perso, maledizioni per la mia indicazione
errata, e adesso forza e coraggio. Coraggio a Giorgio, che da secondo deve
scendere dalla sosta, traversare su ghiaccio vivo, con Cristian che non lo vede
e quindi tira un po' la corda: ma ci sono io a bloccarla amico!
La nuova
sosta, per Cristiane Giorgio è S2, per noi è una S3, è poco distante dalla
verticale del balcone di ghiaccio sul quale eravamo finiti, e questo significa
che siamo sotto ad altre lavatrici, tir, bulldozzer, ecc. Non vedo l'or di
andare via di qua, d'altronde lo scivolo nevoso col quale le difficoltà
dovrebbero terminare, è giusto li sopra.
Lì sopra:
sopra un bel pezzo di misto. Un pezzo che dal balcone sembrava ben abbordabile,
d'altronde la via classica siamo certi che passi di qui, ma che adesso pare più
ostico di quello che si credeva. Giorgio ha lasciato le viti in imacchina, noi
i friends, e quindi dopo aver prestato loro le protezioni da ghiaccio, ora loro
ci prestano quelle da roccia.
Parto con un
fiducioso "Andrea se non te la senti possiamo tornare giù", ma ormai
siam qui, fammi provare. E non è mica facile! Oltre al fatto di non riuscire a
metter giù protezioni, la roccia è tutta più che svasa, e la neve poca o nulla.
Mi arrabbatto in qualche modo a superare questo salto di roccia, tra picca
incastrara in una fessura e rampone sul liscio, dopo un tempo che pare
infinito, riesco a salire a sufficienza per trovare qualcosa dove piantare la
picca. Dopo aver visto un paio di scintille.
Sgusciando a
destra e sinistra, salendo di qua e di la, in qualche modo trovo la strada per
salire, ma mai il modo di proteggermi cavolo. Solo dopo svariati metri una
fessura accoglie un friend. Pianterei anche un chiodo da roccia volentieri, ma
non trovo fenditure. Va beh, è andata, spero solo gli altri se la caveranno e
spero fare presto una bella..sosta! Ma dove, non c'è modo davanti a me!
Scivolo
nevoso con la corda che tira, Gianluca che grida, il ghiaccio lontano. Un bel
blocco a sinistra, ma temo una voragine sotto di lui: salgo a quello dopo con
gli ultimi cm di corda. Sento un secco "NO!" urlato da Cristian:
spero non avergli tirato qualcosa addosso io!
Quando
arriva in sosta, mi mostra un sorriso con un pezzo di incisivo superiore
mancante: si è tirato il martello in faccia. Ci mancava questa, ora inizio a
essere ansioso: abbiam perso tempo, uno si è fatto male (ma lieve eh), è tardi,
e basta! Almeno col prossimo tiro finiranno le difficoltà e saremo sul pianoro
superiore!
Mica tanto.
Gianluca riparte subito, non voglio sapere che ore sono, pedalare. ma la fatica
inizia a farsi sentire. Giorgio lo segue a ruota, qualche vite sul ghiacciaio
che sta alla loro sinistra, mentre proseguono sulla neve davanti a loro, verso
l'alto, verso l'uscita imminente spero.
Finita la
corda si parte anche noi, per uno scivolo che pare non finire mai. A detta di
Gianluca "ogni volta che vedevo sopra la pendenza cambiare, mi dicevo che
ormai sarà finito, ma non finiva mai". Per fortuna la neve è buona
(spesso, non sempre), quel cigolio che ci piace tanto quando si estrae la
piccozza..
Scorriamo a
lato di altre cattedrali di ghiaccio, tra una guglia e l'altra butto l'occhio
per vedere dove sono passati gli altri, e mi accorgono di un evidente traccia
di quelli che dalla nostra S1 salgono dritti. Traccia evidente che attraversa
un sacco di ponti di neve su crepacci bui: un bel campo minato. E mentre sento
Gianluca che discute con Giorgio su dove andare, noto anche una traccia che dal
nostro scivolo ha deviato a sinistra per incrociare quell'altra.
Ricompattati
dopo 45 min di continua pendenza, valutiamo il da farsi: scendere verso la
traccia, finire sul plateau sommitale e poi risalire, oppure spararsi su dritti
e poi arrivare alla selletta sotto la cima tramite cresta. A votazione vince la
prima, così parto salendo per avere una più chiara visuale su che bocche
fameliche ci possano essere sotto.
Non se ne
vedono, ma se ne intuiscono. "Gianluca, io salirei. La cresta sembra
fattibile, e di certo è molto più sicura". Dopo L2 errata, L4 bella tosta,
la terza decisione che prendo sarà corretta? Il peso delle decisioni che deve
prendere il capocordata è spesso davvero tanto: sono scelte che gravano non
solo sulla vita propria, ma anche u quella del proprio compagno di cordata,
oltre che dei nostri cari a casa. Anche per questo la fiducia tra chi si lega
insieme deve essere altissima: io decido (interpellandoti ovviamente), ma te
devi fidarti della mia decisione.
Riprendo a
salire, tracciando tutto, neve a tratti ottima a tratti sfondosa, e la fatica
di fa sentire: 1300m di salita nelle gambe ci sono già. E la tensione per un
orario che ci sta sfuggendo di mano non aiuta. Come il "tiro" di
prima, anche adesso la cresta sembra non arrivare mai: numerose pause per
prendere fiato, sguardi su a quella mini cornice, a destra a quel ghiaccio scoperto,
a sinistra alla cresta, alla selletta, al plateau.
Dubbioso se
andare un po' a destra, un po' a sinistra, su dritto, finalmente quella cornice
arriva, riesco a notare tracce sulla cresta, è un buon segno. La cornice
richiede un traversino delicato ed esposto, poi finalmente lui, il sole.
Potente, caldo, luminoso. Fuori da questo imbuto di parete.
Cerco un
posto spazioso e mi svacco a terra, recuperando la corda. Il paesaggio è ampio
e fantastico, ma cerco anche di guardare le impronte per capire dove siano andate,
e capisco bene che la direzione da prendere è quella della cima dell'Hocferner.
Vedo anche tracce che poi vanno sul Gran Pilastro, altre che scendono a
imboccare la sua normale, un'altra sotto di noi. Vedremo, intanto c'è da
arrivare alla sella. Intanto devono arrivare anche gli altri tre.
Intano siamo
solo noi quassu. Intanto sono le 14:30.
La cresta
appare non certo larga, ma nemmeno affilata. Un solo tratto di salita su rocce.
Dovrebbe essere agevole. Si passa a conserva corta, e prendiamo la direzione
della selletta, che ormai vediamo come un miraggio: non c'è spazio alle
congratulazioni ancora. Ci aspetta ancora della strada, un bel ghiacciaio
crepacciato da attraversare. E l'uso di una frontale sempre più certo.
A pensarci
bene, questa è proprio la cresta che voleva fare Giorgio! E per la quale si era
preso delle offese (io piuttosto puntavo alla cima del Gran Pilastro, hihi)..
Ben presto incappiamo in un tratto marcio e ostico da scendere, che una volta
sceso sembra proprio una cavolata, ma mentre ci sei sopra..no. Scesi tutti, il
resto della cresta è piacevole, neve buona, panorama, esposizione. "Gian,
sai che se cado da una parte, te ti butti dall'altra, vero?!"
Sono ben
contento di aver scelto di salire per cresta: oltre che più sicuro, è anche
molto più bello ed estetico. Oggi non ci facciamo mancare nulla!
Arriviamo
alla selletta, il crocevia di tracce. Ci sarebbe da decidere se salire sulla
cima o scendere, e ci sta che il mio amico voglia scendere, rispetto la sua
scelta: tanto tra poco ci saliamo comunque! Una pausa ristoro ci stà, beviamo e
mangiamo al sole (ma i guanti tolti si induriscono subito, segno che oltre al
sole c'è anche il freddo!). Un sms a Nicola vista l'ora tarda per far sapere che siamo vivi.
Scendiamo
per la traccia che attraversa la sud dell'Hochferner, decisi e un po'
frettolosi: la neve ben presto lascia posto a dello sfasciume terroso poco
invitante, e sopratutto franoso. Non ci capisce bene dove si possa scendere
senza rischiare la vita in modo eccessivo. Continuiamo a traversare, dubbiosi,
ancora legati, poi tentiamo di risalire seguendo delle tracce, sperando che una
volta tornati in cresta sia chiara una discesa più agevole.
Ma nulla,
una volta in cresta le tracce erano di salita, così continuiamo sulla cresta salendo
in cima io e Gianluca ("ce l'hai fatta a portarmi in cima, io che non
volevo!") e scendendo dall altra parte dove c'era la selletta, mentre
Giorgio e Cristian scendono tra detriti. Propongo "Gian, però adesso ci
sleghiamo, se scivola uno si porta giù anche l'altro e nessuno può soccorrere
nessuno". Rieccoci quindi alla selletta, di nuovo il traverso su neve che
poi diventa sfasciume, e stavolta giù a rotta di collo, delicati come fossimo
su bicchieri di cristallo.
Finalmente
mettiamo piede sul Weisskarferner, osserviamo le tracce presenti e decidiamo di
seguire quella che pare più breve e anche più marcata: così si scende subito.
Intanto la luce che illumina la coltre nevosa si fa sempre più flebile, tenue,
ci..lascia lentamente. Di nuovo legati, ora c'è un discreto e crepacciato
ghiacciaio da scendere, cerchiamo di essere sgaggi e approfittare della poca
luce che resta.
Non c'è
stato tempo, modo, spazio, per le congratulazioni per la salita. Sarebbe
prematuro, la discesa è lunga e ricca di insidie, non si può calare la
concentrazione adesso. E in più, non sappiamo esser fieri dei tempi che ci
abbiamo messo..
Durante la
discesa sul ghiacciaio, il cielo si infiamma, si colora, notiamo distintamente
il profilo delle Dolomiti in lontananza: montagne "di casa", mentre
qui ci sentiamo davvero in territorio lontano e selvaggio. La vista di
Marmolada e Sassolungo ci calma come se vedessimo un caro amico. Strana la
vita.
Mamma mia
che crepi che vediamo, che buchi a volte sotto i nostri piedi, e che
lacerazioni ai lati. La voglia di scendere alla svelta aumenta grazie alla
voglia di allontanarsi da questo campo minato. La luce resiste, tinge il
ghiacciaio di varie tonalità, difficile eleggere la più bella.
Finalmente
abbandoniamo il ghiacciaio, possiamo slegarci ma non rilassarci, la strada è
ancora tanta, e adesso è buio. La luna sorgerà, ma più tardi, adesso abbiamo
solo le nostre frontali a dare una mano alla nostra vista. Per fortuna un po di
neve ancora c'è, e questo permette di seguire le tracce di chi ci ha preceduto:
pezzato siano molti i passaggi su rocce liscie dove non riusciamo a vedere
(sempre che ci siano) i punti deboli dove appoggiare le punte dei ramponi.
L'eleganza di alcune "calate di culo" è notevole.
Le caviglie
non ne possono più, ci caviamo i ramponi conservandoli vicino che non si sa
mai. La neve finisce, e adesso orientarsi diventa difficile. Si continua a
scendere su una dubbia traccia, poi tocca tirar fuori la cartina per capirci
qualcosa. E mentre io esploro in lungo e in largo, il GPS di Giorgio ci informa
che poco sotto di noi dovrebbe esserci..il sentiero! 10m di fiducia in più, e
lo avremmo trovato senza mezzi tecnologici.
Oh che bello
il sentiero, ora siamo tranquilli! Ma non è finita: quanto sale questo sentiero?!
Noi dovremmo scendere! E invece saranno parecchi i km in falso piano e quelli
in salita, prima di arrivare finalmente a scendere verso la strada. Intanto ci
godiamo un bel sentiero semi ghiacciato con a lato un bel burrone, e noi che
ogni quattro passi scivoliamo..
Giorgio e
Cristian prendono il largo, io e Gian rimaniamo indietro ma non c'è dubbio su
dove si debba andare. Ci si ricompatta, e allora io e Giorgio ci separiamo dai
nostri due amici per scendere più svelti e salire solo noi a prendere l'auto.
Il sentiero sale, il ghiaccio aumenta. Torniamo a metterci i ramponi, stufi di
dover cercare di evitare il ghiaccio e di scivolare quando non ci riusciamo: li
terremo fino al terzo tornante io, fino al quinto lui.
Un gufo ci
vola davanti al naso facendoci rizzare i capelli, i ramponi che si incastrano
in mezzo alle rocce, sui pioli artificiali. La mente inizia a essere stufa,
sono parecchie ore che siamo in giro e non se ne vede la fine: ci fosse un
bivacco qui, mi fermerei! Ma finalmente un cartello ci da conforta che manca
solo 1h alla strada. E dopo mezzora, siamo nel punto dove tre settimane fa ci
dirigemmo verso il Bivacco Messner.
Finalmente
al terzo tornante, smontiamo gli zaini, togliamo gli imbrachi, e io mi cambio
pure scarpe (lasciate stamani nascoste nel bosco)! Rinati! I nostri amici
chissà dove sono, ma tanto a noi ci aspettano altri 4,5km e 300 e passa m di
salita per andare a prendere l'auto e concludere questa giornata. Lunga giornata.
Inizia il
giro di telefonate, ora che la situazione è più rilassata, scherzando con la
morosa e con le mogli degli altri, oltre che con amici e amiche. Con la luna
che ci illumina seguiamo la strada, sperando (ma sapendo di illuderci) che la
dietro spunti la carrozzeria dell'auto. Solo dopo 1h di cammino la luce lunare
rifletterà sul tettuccio.
Non facciamo
in tempo a salire in auto che Cristian ci chiama per sapere dove siamo.
Arrivati motorizzati al terzo tornante, sbattiamo tutto in macchina optando per
sistemare e dividere il materiale a Carpi. Sono le 23 ormai, sperare in una
buona birra e panino è da utopisti, e infatti finiamo ad accontentarci
dell'autogrill.
Vacca boia
che giornatina! Di certo una delle più dure salite che io abbia mai compiuto
nel complesso di tutti gli aspetti che la compongono, 16h a girare senza pause
importanti, il gps parla di 2300 metri di dislivello e 17,5km (12 solo la
discesa..). Forse un po' lunghi come tempi, è vero, ma mica una passeggiata.
Una bella
chiusura di 2015: la salita dell'anno del 2015! A parimerito come impegno psicologico della Tour Ronde, ma a differenza della vetta del Gruppo del Bianco, questa ce la siamo goduta.
Qui altre
foto.
Complimenti bella gita! belle anche le foto
RispondiEliminaDi grande ispirazione! Questo Autunno-fine Inverno ha regalato condizioni super per un certo tipo di salite, bisognava approfittarne!
RispondiEliminaAnche noi siamo andati un pò in giro: http://landredaisalvadis.altervista.org/
La pagina su Fb: https://www.facebook.com/LandreDaiSalvadis/?ref=hl
bella salita! questo l'alpinismo che adoro!
RispondiEliminawww.fiorenzobertolotti.it