domenica 24 febbraio 2019

Certezze e dubbi: Grand Hotel al Valorz

Se vuoi far cascate di ghiaccio, di solito il Valorz è una certezza. Solo che questa cosa la sanno tutti i ghiacciatori, ergo diventa abbastanza probabile quando si va là di trovarci parecchia folla. Questo potrebbe essere uno dei primi dubbi a farci titubare della salita. Il secondo sono le temperature, con le previsioni che danno un'escursione termica da +10 a +10 durante la giornata. C'è poi la cena di ieri sera dove come mio solito mi sono imbottito di cibo peggio che se fossi un maiale all'ingrasso. Maledetta gola.
Ma quando la voglia c'è, è un po' di sana incoscienza la accompagna, che vuoi fare? Eccomi quindi a fare colazione a sacco con Giorgio al parcheggio, in macchina. E che colazione! Sono talmente sbambolato e pieno che mangio a malapena una fetta dell'ottima crostata della rezdora Giorgina e due bicchieri di caffè. Mamma mia se parte male la giornata!
Ci da il benvenuto anche un altro momento funesto. Mentre mi accingo a espletare parte della cena, si sente un boato piuttosto importante. Sarà mica la mia scorreggia?! No deve essere qualcosa crollato intorno, e considerando che non è nemmeno sorto il sole (e quindi siamo nelle ore più fredde della giornata), la cosa mi lascia piuttosto basito. E non solo a me.
Vabbè ormai che siamo qua continuiamo l'avvicinamento e vediamo mano che ci saliamo come sono le condizioni. La vista dell' anfiteatro delle cascate del Valorz è qualcosa di emozionante. È come essere al supermercato davanti al banco dolciumi (o birre) e non sapere bene cosa comprare. Beh in realtà visti i gradi di queste cascate e visto quanto sono scarso non è che possa comprare quello che voglio.
Già oggi sento che sto osando assecondando il mio amico a tentare di salire Grand hotel. La Madre l'ho già sentita due volte (qui e qui) e devo ammettere di non averla mai vista così scarna. Anche questo non è un buon auspicio per salire a tre linee: dubbi. Iniziamo la risalita del pendio nel quale la neve spesso nasconde ghiaccio, Ma noi tanto ci siamo ramponati dalla macchina!
Una cordata ci raggiunge, ma p**** miseria siamo partiti a buio apposta per evitare la coda! Dopo averci chiesto cosa andiamo a fare però, loro cambiano rotta verso flussi più a destra. Noi ci avviciniamo all'attacco di Grand hotel: una bella piazzola riparata da un masso sembra fatta apposta per lasciar giù lo zaino dello scolaretto sfaticato Giorgino e i miei bastoncini. Armati fino ai denti continuiamo in slego questo pendio nevoso intervallato da qualche risalto di ghiaccio per arrivare alla base del primo muretto alto una decina di metri, sotto il quale una bella sosta a spit è parecchio invitante.
Legatici, come buona tradizione parte il ghiacciatore Giorgio, anche perché così facendo il tiro chiave se lo becca lui che è ben più in forma di me in questo periodo Senza troppe difficoltà supera il primo  muro, prosegue in velocità verso il secondo muro. A me la cosa che lascia un po' perplesso è che la cascata piscia parecchio: ma soprattutto nella mezz'oretta che Giorgio è salito, il rumore di acqua che cola è notevolmente incrementato. E lassù già si vedono i festoni a lato del tiro chiave, che in un report ho letto esser pure crollati quando della gente era fianco. E non deve essere bello.
Non deve essere bello nemmeno se crollassero adesso o se crollassero quando ci caliamo in doppia. Parto io e mi faccio una bella doccia: il ghiaccio è piacevolmente burroso in queste condizioni, forse pure troppo per fidarsi delle viti, ma piccozza e ramponi entrano senza fatica. Solo che la longe delle picche e le picche stesse e la corda sono una grondaia perfetta per scaricare tutta l'acqua che incontrano su di me e sui miei pantaloni. Oltre che sui miei guanti che sono già zuppi.
Raggiungo Giorgio in sosta, e sono piuttosto dubbioso. Sono piuttosto cacasotto, oppure come dice lui è solo questione che io lo esterno. Ma devo ammettere che non mi sento proprio tranquillissimo col caldo che già sembra fare, con quanto si sta sciogliendo, con le temperature previste. Concedo però Giorgio di recarci alla base del tiro chiave per vedere com'è. Passo quindi avanti, e dopo un breve muro mi ritrovo su un facile pendio nevoso con qualche risaltano di ghiaccio utile a mettere giù qualche vite visto che ben presto procederemo in conserva.
Quanta paura mi fanno quei festoni lassù! Da basso sembravano molto più piccoli, e invece i loro 4-5 metri lo sono. Molto bella comunque questa cascata che in questo tratto risulta anche piuttosto incassata. Giorgio mi raggiunge, gli espongo i miei dubbi: lui invece è molto più tranquillo. Gli dico allora che se vuole andare vada, ma io ci penso seriamente se poi raggiungerlo in sosta o dirgli ciaone e che si cali in modo poi da scendere. Parte, e così mi frega.
Si sente scrosciare acqua e i festoni sono sempre là. Giorgio si avvia verso il ghiaccio partendo proprio sotto quelle cattedrali di ghiaccio pendenti. Inizio a salire e mi rincuora dicendo che tutto è gradinato, anche se non lo vedo tanto arzillo nel salire. Evidentemente più su la cosa si raddrizza pure visto che lo sento pure sospirare.
Quando poi lo vedo iniziare ad attraversare nettamente verso sinistra, cosa assolutamente logica per le difficoltà e la conformazione della cascata e soprattutto perché in là deve esserci la sosta, inizio a capire che i miei piani si stanno disgregando. Arriva in sosta, mi dice di mollare, recupera le corde, e io gli urlo di nuovo che non sono proprio convintissimo di continuare la salita, che il mio sesto senso mi dice che si sente un pelino in pericolo. Solo che se anche Giorgio si calasse in doppia non riuscirebbe a recuperare il materiale che è tutto nettamente più alla sua destra.
Mi tocca salire, bon, amen, andiamo a tentare: adesso è meglio che metto la giacca per evitare di fare un'altra doccia, e che mi cambio di nuovo i guanti. In effetti sì, il primo tratto è gradinato, e confermo pure che il secondo si alza nettamente in verticale: svariati passi aderente aderente alla parete a cercare di spostare piedi e picozze, cercando di salire il più svelto possibile per togliersi dalla traiettoria di una possibile caduta dei festoni. Il bello viene quando c'è da attraversare verso sinistra per andare in sosta, incrociare i piedi con qualche passo piuttosto delicato, con le piccozze che possono solo aggancirsi alla bene e meglio a queste strane conformazioni di ghiaccio.
Bellina la sosta dentro questa nicchia, con sopra dei mini mini mini mini festoni.
Dalla sosta si osserva a destra una bella apparecchiata di piccole candelette secche su un bel muro di ghiaccio che non si capisce bene dove attaccare. Il materiale è stato recuperato, ma ovviamente ormai che siamo qui tanto vale continuare. Data la difficoltà prevista, lascio volentieri a Giorgio.
Sarà anche quello di prima il tiro chiave, ma pure i primi metri di questo non scherzano per nulla. Più che altro è che non si sa bene dove mettere i piedi, il ghiaccio è bello secco e non più burroso come prima. Anche io da secondo faccio piuttosto fatica a partire e inquadrare bene come muovermi, poi le pendenze diventano più abbordabili fino alla sosta. Sosta che non è più a comodi spit ma cordini intorno ad alberi e radici. Questa cosa dovrebbe farci riflettere.
E intanto alle voci che sentivamo riecheggiare nella valle già da prima, se ne sono aggiunte alcune che sembrano provenire proprio dai tiri sotto di noi. Ok mettersi la giacca perché la cascata piscia e non voglio fare la doccia, ma adesso mi sovviene il perché di solito mi vesto poco: mannaggia che sudata che ci ho cacciato sul tiro prima! Vado io, su brevi risalti di ghiaccio appoggiato e tratti con neve a volte anche crostosa.
Le condizioni insomma stanno nettamente peggiorando, ma ormai siamo qua e dobbiamo raggiungere la prossima sosta per poi iniziare le calate in doppia. Solo che sali sali, ma io non trovo nulla, a sinistra, a destra non c'è nulla sulle rocce emergenti e davanti a me l'unico albero idoneo è piuttosto lontano, mentre quelli più vicini sembrano tutti crollati a causa di una valanga o di cose simili.
A sinistra vedo che si apre un anfiteatro con tantissimo altro ghiaccio ma non relazionato da nessuna parte. Continua a salire dritto, ma anche l'ultima speranza che avevo di trovare una calata sulla prua di roccia sopra di me svanisce, e sono quindi costretto a uscire nettamente a destra e puntare un albero che evidentemente sta sulla discesa tramite sentiero.
Recupero Giorgio, e anche lui si guarda intorno alla ricerca di una calata che magari io non ho visto. Anche perché dove sono io siamo troppo a destra rispetto al flusso ghiacciato per poterci calare, e non possiamo nemmeno scendere per sentiero visto che Giorgio ha lasciato il suo zaino alla base. Arrivato quindi circa alla mia altezza, si dirige verso sinistra a puntare quell'albero lassù che è nettamente più in linea per poter attrezzare una doppia.
Quando viene il mio turno di essere recuperato mi tocca pure disarrampicare per recuperare una vite che avevo messo io. Bene cascata finita e parte il valzer delle doppie, è ancora troppo presto per festeggiare siccome con le doppie non si scherza e ben presto saremo sotto il tiro dei festoni. Che poi perché li han chiamati festoni? Pare qualcosa infonde gioia e spirito goliardico, e invece dovrebbe infondere paura. Festeggeremo quando non ci saranno più i festoni!
Cordino da abbandono intorno all'albero e via giù per la prima doppia coi ramponi pieni di terra. Giorgio attrezza la seconda doppia in un posto diverso da dove aveva fatto sosta, ma anche qua ci sono un sacco di cordini e cordoni che legano tra loro una serie di alberelli e finiscono a tuffarsi nel ghiaccio. Lasciamo comunque un nostro cordino, anche se su un alberello solo, che quando si cala il mio amico vedo flettersi parecchio: non vedo l'ora di arrivare alla sosta su spit nella nicchia!
Nel mentre si sentono voci di altri che sta salendo, e Giorgio incontra il capocordata mentre si cala. Capocordata che non è felicissimo della situazione in cui si trova: ha saltato la sosta del tiro chiave continuando a salire per muro dritto, e ora si ritrova con la corda finita in una zona non troppo agevole. Mentre scendo io lui si sta attrezzando una sosta.
Ah le calate in doppia, quelle comode! Questa deposita ad almeno 3-4 metri dalla sosta, e tocca cercare di arrivarci puntando i ramponi di sbieco e afferrando le conformazioni di ghiaccio come se fossero prese da arrampicata. E il tutto dovendo passare sotto la corda degli altri due.
Ora invece partono le calate comode, spit con anello e giù in verticale. Alla base del tiro chiave trovo  il malcapitato, il secondo di quello che adesso sta preparando tre abalakov sui quali calarsi, recuperare il materiale, ricongiungere la cordata, cazziare pesantemente il suo secondo perché a detta sua gli ha messo ansia e stress,  e per questo lo ha fatto sbagliare, e poi proseguire le calate in ritirata.
Io invece con un'altra doppia scendo e quando è ora di recuperarle si sono pure incastrate. Mi sa che il bagnato combinato al freddo sta creando un effetto colla tra le due corde che quando sono da recuperare sono ormai bacin bacetto tra loro rendendo difficoltoso e paurosa la nostra discesa.
Quarta breve doppia, e poi altre due lunghe per arrivare praticamente alla zona dove abbiamo abbandonato lo zaino di Giorgio. Bevuta,  rifocillata mentre sistemiamo il materiale e poi giù. Finalmente posso pure spogliarmi, che in questa salita ho sudato sette camicie e non vedo l'ora di arrivare all'auto per cambiarmi. Quant'è bello abbandonare la linea di caduta di quei maledetti festoni! Girarsi ogni tanto a guardare le altre cascate e il parco giochi di ghiaccio che questa conca offre.
Mi fermo un attimo a spogliarmi e a togliermi ramponi, e poi mi tocca correre per raggiungere il mio amico prima che arrivi alla macchina e mi abbandoni. Ma non gli conviene, all'auto posso offrirgli la pizza più buona del mondo, e lui la crostata che non vedrà Trento. La certezza della birra finale ahimè cade, sotto la scure del traffico e il voler tornare a casa per cena.
Gio, c'è una birra da recuperare. E un Mars.

Qui altre foto.
Qui la guida.
Qui e qui report.

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