venerdì 15 febbraio 2019

Venerdì universitario: Diretta alla Croce del Giovo, Jocondor e Traversata delle Vette

Il grande rialzo termico nei prossimi giorni è il probabile affollamento del weekend mi fanno temere che anche quest'anno mi possa sfuggire quella via che vorrei tanto fare. Forse vale la pena di giocarsi il bonus del infrasettimanale con un permesso dal lavoro. E allora giochiamolo.
La parete est del Giovo la vidi bene per la prima volta alla prima edizione dello Scanalando, la rividi anche nella speranza di tentarla quando feci la Via della Roccia Rossa, ma ancora continuava a sfuggire. E per forza con gli inverni che ormai ci sono una parete esposta completamente ad est o la fai di notte o non la fai. E poi e poi.

Sveglia alle 3:00 e ci incamminiamo dal parcheggio del Lago Santo alle 6:30. Forse potevamo essere anche più veloci, ma pace, speriamo di farcela lo stesso. Subito ramponi ai piedi per risalire la strada per il Rifugio Vittoria che è diventata una lastra di ghiaccio e pure piuttosto spessa. Queste sono buone prospettive per la giornata.
Non fosse però che visto il mio abbigliamento non fa molto freddo, anzi. Ma la neve si presenta subito piuttosto buona appena deviato dietro il rifugio, e anche la risalita del pendio sembra buona. Fino a che non troviamo un tratto sfondoso, e allora di nuovo i dubbi che mi attanagliano: sarà in forma? Perché date le pendenze, se la neve non è buona si rischia di infilarsi in un cul de sac.
Ben prima di mettere piede nella conca sotto la parete est del Giovo da frontale non serve già più, anche se il sole non è palesemente ancora sorto. Ed ecco che la parete appare ai nostri occhi: cazzo, la fascia rocciosa verso la fine della parete è tutta bella marrone. Guardo Federico: inizio a dubitare della salita che gli avevo proposto, deviando l'attenzione su quella che passa a destra vicino alle rocce e non esce sotto la croce ma più distante. Anche se forse quella strisciolina bianca in mezzo alla fascia rocciosa potrebbe essere un punto di debolezza da sfruttare..
No niente lascia stare, non mi sembra il caso di andare a rischiare di fare del misto a 65 gradi e senza possibilità di proteggersi e fare soste. Sgattaioliamo verso destra sull'altra via, anche se il nostro sguardo continua a essere rivolto a lei, alla diretta alla Croce del Giovo.
La neve è davvero buona, di quella che permette l'infissione solo delle punte dei ramponi, e le conseguenti fiamme nei polpacci tipica dei buoni e cari sforzi muscolari. Polpacci in fiamme e goduria mille!
Qualche affioramento roccioso in basso ci fa tastare il terreno degli spessori di neve esigui, che sembrano anche loro piuttosto buoni. Guardo Federico dicendogli che forse lassù su quella striscia si potrebbe passare e al massimo se vedessimo che non si riesce scartiamo attraversando tutto a sinistra e usciamo da un'altra parte. Quasi quasi ci potremmo provare.
E via, abbandoniamo la via di destra per tornare sotto la direttiva della diretta alla croce, pendenze costanti che fan cantare i muscoli posti sotto le ghette, e neve che quasi imprigiona le piccozze: modalità piolet traction e sforzi per l'estrazione degli attrezzi.
Intanto il sole sorge, è quel bel rosino di cui era dipinta la parete si trasforma ben presto in bianco, ma lasciando un azzurro e blu tenue su quei pendii nevosi ancora in ombra: luci davvero magiche per una salita davvero bella. Una salita non difficile, ma che per estetica mi aveva subito catturato.

Sembriamo due automobilisti in un continuo testa a testa, dove uno sorpassa l'altro a ogni curva, o meglio a ogni pausa per fare una foto. Ognuno prende una sua linea parallela, tanto la tracciatura qui è inutile visto che solo pochi centimetri di ferro entrano nella neve.
Ed eccoci sotto la fatidica linguetta di neve che sembra interrompere la fascia rocciosa che sbarra la strada alla nostra meta. Diciamo che da giù sembrava più grassa, invece da qua è veramente una strisciolina. Nel testa a testa Federico si trova avanti, e quindi affronta per primo questo tratto. Lo vedo delicato e guardingo, e capisco che non deve essere proprio banale.
Ma la supera e ne esce: se sopra lo scivolo di neve, seppur ripido, sarà della stessa bontà e qualità di quello sotto allora è fatta. Vado io ad affrontare questi passetti di misto croccante, e in effetti ci si ritrova in Appenninismo puro. Grande esposizione con zero protezione e passaggi delicati a cercare dove poter piantare gli attrezzi, a volte pure nella terra ghiacciata
La salita non molla le pendenze, ma questo lo immaginavo siccome avevo già visto parecchie volte questa parte dell'altro e mi è sempre sembrata piuttosto vertiginosa. Ma la quantità di neve è sufficiente per progredire con discreta serenità, fino a scavalcare la cresta finale a pochi metri dalla vetta. Nessuna cornice a sbarrare la strada. È fatta!
Non sono nemmeno le 8:00 e siamo già in cima al Giovo. Nelle mie più rosee previsioni non pensavo che avremmo fatto così presto, anche se speravo che saremmo arrivati in cima per l'alba o poco dopo come è stato (partendo ancora prima, chiaramente). Ci godiamo un po' il panorama, ma nemmeno troppo visto che un venticello fastidioso rischia di raffreddarci in men che non si dica.
Beh, è ora che facciamo? Non possiamo mica andarci a prendere la birra adesso! Visto che l'ora è buona, potremmo tentare un altro canale che prende un po' di sole, non un incassato. Andiamo allora verso i canali del triangolo per scendere da uno di essi e poi dopo risalire qualcos'altro.
Scendiamo il destro o il sinistro? Dovrebbero essere più o meno equivalenti, o forse il destro un po' più difficile, quindi andiamo giù per il sinistro. Ma la neve è talmente dura (o noi talmente scarsi) che ce lo facciamo tutto faccia a monte: c'è qualche scalino, ma spesso e volentieri le tracce sono interrotte da muri di neve cementata. Puro spettacolo e gioia dei polpacci.
Inizia già fare un discreto caldo al sole, e per fortuna che già da tempo mi sono messo gli occhiali perché l'irradiazione solare è davvero potente. Sol che regga ancora un po' la neve per fare un'altra salita.
Potevo sperare nel Canale della Serra, ma la strettoia in alto sembra piuttosto secca, e scorrendo e passando vicino alla strettoia iniziale anche questa sembra piuttosto secca. Oddio quelli bravi ce la farebbero, ma io non sono tra quelli bravi, quindi optiamo per quello più a destra, il canale Jocondor che comunque dovrebbe essere divertente anche lui.
Però si vede si sente che la neve al sole ci sta mollando, inizia a essere faticoso salire: ora entra metà del piede, e quando entra poi sprofonda. Altro che neve col Viagra di prima! Ma salendo  le cose migliorano, Federico mi lascia passare avanti per dargli il cambio a grandinare, e nella parte dove si incastra nella strozzatura torniamo ad avere neve ottima.
 È incredibile, ci si sposta di un metro a destra sulla neve al sole è tutto cambia rispetto a quella a sinistra all'ombra vicino alle rocce. Magie e stregonerie di questa effimera passione!
Non si esime qualche passo di misto appenninico, a spicozzare cespugli di mirtillo nascosti sotto un debole strato di neve e ramponare la terra, uscendo così da una pendenza che da sotto credevamo fosse la fine della via, e invece no, ce n'è ancora da salire!
Ma i tratti difficili sono stati superati, e adesso per puntare verso il cielo è sufficiente solo stringere i denti e spingere su gambe e braccia! Torniamo così nei pressi delle uscite dei canali del triangolo, e risalita la paretina che porta sulla cresta siamo di nuovo al punto di prima.
"Bene dai ora che facciamo?" "Ma come facciamo qualcos'altro?!" "Va bene dai capisco che fare altri canali non sia il caso, scendere per poi risalire anche no, e poi ormai o si va a fare qualcosa di molto incassato oppure meglio evitare robe al sole." Concludiamo la giornata per l'itinerario e il modo più elegante che ci possa essere: la Traversata delle Vette.
E via verso sud est puntando a quel ciccione del Monte Rondinaio. Neve che sul finale a tratti è uno specchio di ghiaccio, mentre in altri è un po' pappuccia rognosa che va a formare subito lo zoccolo sotto i ramponi maledetti! Ah ma oggi ho anche il paio di ramponi classici con me nello zaino: se butta male li cambio. Un altro paio nello zaino? Ma sei matto? Sì.
Il tratto attrezzato è completamente sgombro da neve, e per fortuna perché data l'esposizione ci mancava solo che ci fosse da fare del misto. La discesa che tanto mi fece penare quando affrontai questo itinerario per la prima volta, è  anche oggi un po' delicata ma tutto sommato per pochi metri.
Continuiamo a cavalcare la cresta che accarezza il cielo, qualche tratto di disarrampicata dove la neve ha piallato completamente quelle piccole tracce che ne scorrono i lati della cresta, e una volta giunti alla sella non resta che l'ultima salita verso la vetta del Rondinaio.
La fatica comincia a farsi sentire, ma ormai la mega croce di legno è raggiunta, e possiamo dire la nostra giornata quasi conclusa. Quasi però, perché ormai che siamo qui tanto vale che completiamo la traversata delle vette giungendo fino a quella del Rondinaio Lombardo, per poi scendere da esso verso Lago Baccio e poi Rifugio Vittoria.
Parecchi sguardi alla mitica parete est del Rondinaio, sogno proibito di ogni appenninista. Proibito, beh la parete è lì, basta avere la bravura per andarci a salire una delle sue vie!
Me la ricordavo più vicina la vita del Rondinaio Lombardo, e invece di cresta di discese e risalite con qualche tratto che merita più attenzione che una normale camminata, ce n'è. Proprio sull'ultima salita un'invitante paretina di pochi metri di misto mi invoglia a concludere così la parte tecnica della giornata. E in seguito è di nuovo vetta.
Vetta. Un bel cielo terso, azzurro, paesaggi bianchi (ma neanche troppo o comunque neanche come dovrebbero in questa stagione), la vista di Baldo, Adamello, e perfino delle montagne innevate della Corsica. Che giornata fantastica, meritava di giocarsi il bonus.
Ricordavo bene che il primo tratto di discesa è piuttosto ripido, mi pento subito di aver messo via le piccozze per prendere i bastoncini. Ma almeno la neve non è di quella che rischia di farmi perdere la vita perché scivolo sullo zoccolo che si forma sotto i ramponi. Arriviamo all'imbocco del bosco super accaldati togliendoci tutto ciò che abbiamo tranne la maglietta. Vabbè, tutto ciò che abbiamo dalla vita in sù ovviamente.
Ora non ci resta che trottare e chiacchierare tranquillamente nella spasmodica attesa di giungere finalmente al Rifugio Vittoria, dove li Tex ci accoglie come suo solito: goliardia e bicchiere di vino rosso pieno.
Giornata davvero spettacolare, con la salita a una linea estetica che puntavo da tempo, e neppure banale. E anche oggi la corda si è fatta un giretto nello zaino.

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Qui la guida.
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