domenica 8 dicembre 2019

Ma perché ogni volta che ci vengo con te.. : Cresta del Gaino

Dopo la giornata di ieri mi sembra giusto equilibrare andando a fare qualcosa su roccia: Stefania è già carica e mi propone la buona cara e vecchia salita della Cresta del Gaino, che ormai ho salito numerose volte, e in parecchie forme (anche quelle che non si direbbe). Con lei ormai svegliarsi presto non se ne parla, ma questa volta è ragionevole prevedere un orario di attacco dove le temperature siano un po' salite e la partenza abbia concesso un po' di sonno.
Arriviamo all'attacco che siamo solo noi, uno degli avvenimenti più inusuali su itinerari così classici e facili. Facili finché non si prendono varianti.. La leggenda della cordata SGN narra che la salita integrale della cresta del Monte Gaino possa essere compiuta in 3 ore. Ma è una leggenda, che ogni volta che vengo qui continua a essere tale. Tuttavia, per dare una carota alla mia compagna, le dico che se riusciamo a salire in 3 ore e mezza le pago una cena.
E cosa non si farà per non perdere una scommessa? Dopo qualche scaramuccia con la parete prendo io il comando, cercando di salire il più possibile: dai che voglio proprio vedere se questa leggenda ha dei fondi di verità e se riesco a offrire una cena a Stefania! Ogni volta che ho salito il Gaino (almeno a memoria), non mi sono mai ritrovato al 100% su un percorso già salito: e anche oggi sarà così, magari complice il mio precoce Alzheimer.
Al terzo tiro tengo la sinistra in vista di un bel chiodone in parete, che così mi obbliga a qualche passo non proprio di III. Stefania infatti una volta che mi raggiunge in sosta mi cazzia con un "Sul gaino vedere un chiodo vuol dire che lì non si va, è una variante difficile! Cosa sei disposto a fare per non pagarmi la cena?!". Ma anche quando lei prende il comando non mi sembra che abbia tutto questo fiuto nel trovare i tratti più facili e sbrigativi.
Almeno stavolta sulla maledetta placca prima della balena bianca (dove l'altra volta presi una pettinata che non la auguro a nessuno) evito di andare a sinistra sul difficile, sgusciando a destra sul più facile: ma la balena bianca va salita, e al termine di essa sosto osservando tre signori che stanno salendo con le scarpe da avvicinamento in free solo, legandosi solo due o tre volte per 15 m per salire varianti piuttosto difficili.
È ora di iniziare a salire in conserva per minimizzare i tempi e non usare la frontale, così mi imbambolo un po' di corda a tracolla: esatto soltanto io, il mulo da soma, mentre la gattina indifesa invece nulla. Memore della cazziata di pochi minuti fa, in vista di un chiodo su un pilastro me ne guardo bene dall'andargli incontro, e passo nettamente alla sua destra su quello che pare essere una parvenza di sentiero.
Peccato che ben presto finisca nelle sterpaglie e ciò mi obblighi a dover salire su terreno ben più duro di quello dove c'era il chiodo, fino a trovare un friends incastrato (che tra l'altro Stefania toglierà con un sacco di facilità). Il tempo stringe, ma la scommessa ormai è andata: niente cena. Lascio passare avanti Stefania per poter andare esclusivamente in conserva: va bene la conserva, ma anche un po' di protezione ogni tanto..
E invece no, lei stizzita e spazientita prosegue verso l'alto approfittando solamente di spuntoni rocciosi che diventano ancoraggi naturali. Finché non siamo sulla parte di cresta finale dove mentre io all'ombra patisco freddo, lei finalmente inizia a metter giù qualcosina. La croce sembra non arrivare mai, ma almeno la raggiungiamo prima che il sole tramonti.
Ci mangiamo qualcosa alla svelta e ci cambiamo, e poi giù di corsa per raggiungere la macchina fortunatamente senza nemmeno usare luci artificiali. Certo che anche oggi come l'ultima volta "Ma perché quando vengo qua con te succede sempre qualcosa? Non va mai tutto liscio come l'olio?". Chissà, direi che per scoprirlo dobbiamo riprovarci.

Qui altre foto.

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