sabato 20 maggio 2017

Arrampicando interrogato vista Lago: Cresta del Gaino (A1 2017)

Salvando capra e cavoli. Le previsioni meteo mi avevano fatto preoccupare parecchio: gran temporali venerdì pomeriggio e notte, e strascichi di pioggia debole sabato mattina. Per fortuna poi la perturbazione è passata prima, più veloce, e meno intensa del previsto, con previsioni meteo che al venerdì a pranzo mi hanno di molto confortato. Stare da questa parte del fosso, e con questa responsabilità.. cambi i modi di vedere le cose.

Gatti che odiano l'acqua, malati e dormiglioni. Dura opera di convincimento per spiegare a due gatti (un gattone e una gattina) che ciò che hanno salito o provato a salire a Marciaga è nettamente più duro di quello che faremo questo weekend. Il malato che il giorno prima ci conferma non venire perchè febbricitante, e così può venire Stefania. Il dormiglione che invece che dalla sveglia viene destato dalla chiamata di Stefania.

La sveglia. Le scontate lamentele sull'orario di partenza (che poi nel 2014 partimmo appena mezz'ora dopo, e solo perchè il bar alla domenica apre un'ora dopo), ma non voglio rischiare di beccare gente davanti o altri corsi (infatti nel 2014 avevamo 18 cordate davanti a noi), vorrei evitare i temporali pomeridiani (vedi 2016), e vorrei arrivare al Platano per ora di cena senza correre.

Ed eccoci alla terza uscita del Corso A1 2017 del CAI di Carpi. Soccia che impegno!

Alle 5 partiamo dal parcheggio, carichi a molla grazie al miglioramento del meteo e curiosi di vedere come potrà essere cenare e dormire in un posto dove finora abbiamo solo fatto spuntini ma..di qualità. Peccato solo AndreaGu sia rimasto a letto..ci raggiungerà al bar. Colazione da re, 2 paste, la veneziana ("ma cosa fai?! si mangia con le posate!"), latte macchiato e caffe.
Qualcuno che erroneamente mi "accusa" di conoscerle tutte le pasticcerie, senza sapere che non è certo farina del mio sacco e che io anche la colazione la farei al sacco. Ma dov'è Andrea?! Ci tocca aspettarlo a lungo, e le birre da offrire lievitano di numero. Poi eccolo che arriva, possiamo andare, affrontando quella curva stretta che "ogni anno mi dico che voglio salirla senza manovre, ma non ci riesco".
Al parcheggio solo noi, meno male. Temperatura ideale, cielo velato, condizioni ottime per affrontare una salita che di solito o ti cuoce come una zucchina alla griglia, o ti bagna come una palma nella foresta equatoriale nella stagione delle piogge.
Inizia la salita, prendo "sotto braccio" Francesca e Gioele, miei compagni di cordata di oggi per ripassare un po' ciò che ci servirà per affrontare la giornata di oggi. I segnali da scambiarsi verbalmente o in altro modo al momento della sosta e del recupero, come si progredisce, ripassare la conserva, ribattezzata "la condensa" da Ilaria. E parlando in salita, i primi fiatoni iniziano a sentirsi: li mettiamo già alla prova.
Al ghiaione ci si separa tra chi attacca la parte bassa e chi attacca la parte alta. Io, Federico, Gianluca, Roberto e Stefania si scende coi nostri, mentre Alfredo, Dario, Davide e Luca salgono. All'attacco un veloce scambio di informazioni, di materiale, le ultime cose dette mentre già arrampico, e parto per primo. Non frettoloso, ma ottimizzatore: temo la folla in parete, gli immancabili miscugli di corda di Gaino.
Salgo il più possibile per far sosta, saltando quella ufficiale e tirando verso l'alto finchè la lunghezza della corda lo consente. Ho già avvisato i miei che devono urlare come matti per farsi sentire da me! Certo che però me lo ricordavo più ruvido il Gaino: mi sa che inizia a essere un posto un po' troppo sfruttato. Ma d'altronde più didattico di questo..
Non sono un gran fan del Lago di Garda, ma devo ammettere che arrampicare su buona roccia, plaisir, vista lago, ha il suo fascino. Chiamo i miei dopo aver fatto sosta, essendo in altre cordate di amici in parete, il passaggio dei segnali verbali può esser fatto anche da loro, e così sarà.

Recupero i miei compagni, salgono svelti, ma il "duro" arriverà al momento eseguire le adeguate manovre in sosta. E infatti riesco a cogliere le facce perplesse dei due con un paio di scatti: ma in realtà sono bravi i miei, temevo solo che l'esposizione e l'ambiente potessero metterli in soggezione, e invece li vedrò abbastanza a loro agio durante l'ascesa e la discesa.
Riparto, tirello con difficoltà nettamente inferiori rispetto al primo tiro, cerco di stendere tutta la corda e così sarà. O almeno mi sembrerà dalle urla che mi arrivano, un paio di alberi per attrezzare una sosta su due punti, anche se esagerata con questi tronchi. Inizia a venirci del fisso, Gianluca mi raggiunge e Federico è appena sotto.
Tutto fila liscio, poche protezioni viste le esigue difficoltà, e ben presto giungo a fare la terza sosta: avevo avvisato i miei che sarebbero dovuti partire se finiva la corda, ma sopra di me vedo un pezzo di parete di una decina di metri che forse è meglio affrontare in modo più..prudente. Una bella sosta tra le fratte a cercare un tronco solido.
Un po' di didattica non si nega a nessuno, chiedere è lecito e rispondere è cortesia, mentre faccio ciò Gianluca ci supera e le sue corde iniziano a svolazzare al nostro fianco, così come quelle di Federico. Riparto, e allora sai che c'è? Me ne vado tutto a sinistra a esplorare l'altro lato dello spigolo della cresta. Cavolo che roccia affilata e ruvida che trovo!
Un traversino, difficoltà comparabili, e sento il mio amico Gianluca dietro una roccia chiedermi "ma dove cavolo sei finito?". Arrampico con a sinistra un bel vuoto di parecchie decine di metri, tipo Spigolo Piaz alla Torre Delago (va beh, forse un po' esagerato), poi mi tocca rientrare "in via" per forza di cose. Affrontare un bel passaggio in dulfer, e poi fare una sosta li dove sono perchè la corda è finita.
Meno male quella clessidra poco visibile e quello spuntone che posso controventare alla bruta con un nut incastrato! Chiamo i miei, che tanto tutt'oggi non mi sentiranno, vitaccia. Meno male gli amici sparsi per la parete possono fare il passaparola. Giunto il loro momento del dulfer, li vedo pure divertirsi e affrontarlo bene e disinvolti. O no?!
Si riparte, ora direi che la conserva non si scappa. Peccato solo che finita la corda, questa non viene. Aspetta, tira, il gluteo destro che inizia a patire, ma perchè non smontano e non salgono? Avevo dimenticato di dirgli che il nut in sosta..era già li, non era da recuperare!! E invece ci provano finche non mi urlano che non riescono "scusate, lasciatelo li, non è mio!".
Finalmente posso ripartire, mi aspetta il tratto di cresta che con sali scendi porta alla sella della metà, dalla quale si può scendere e dalla quale siamo scesi l'anno scorso. Era meglio fare conserva media qui, accidenti se tira la corta, mi calo quasi a peso morto nei tratti di discesa, sia io che Federico. Cerco di evitare sovrapposizioni di corda, ma riuscirci mettendo giu qualche protezione non è facile, e infatti..
Supero la sella, proseguo (il cielo pare tranquillo, dai che possiamo tentare l'integrale se anche il tempo dell'orologio lo consente) e vengo avvisato da Federico che non c'è piu quello spit tanto utile visto il tratto delicato. Ma ormai son salito, e non trovo modo di fare sosta. Il passo in effetti è delicato: facciamo che io passo, ma loro passeranno solo se assicurati!
Avanti tutta, verso la placcona bianca su cui camminare senza nemmeno una mano, e poi sotto alla variante di V. La guardo, mi garberebbe, ma non credo i miei compagni sarebbero d'accordo, perciò sgattaiola a destra verso il camminamento. Camminamento duro alla morte, vacca quanto tira la corda. Appena dopo la svolta osservo altra roccia invitante a sinistra ma..andiamo a fare sosta su quella pianta, così i miei salgono tranquilli il passo delicato.

Famona, mangio panino mentre li aspetto. Sento che il passaggino, sopratutto per le gambe non lunghissime di Francesca, li impegna, e sento che pure sulla placca si fanno dare consigli da chi è li. Avanti, eccoli arrivare e "ora però ci fai mangiare" "ma certo! mangio anche io", mentre rispondo a mille domande..
Si riparte, dopo aver osservato che comunque alla mia destra pare esserci tanto bosco per poter scendere verso il sentiero. Ma dopo poco, la corda è troppo dura da tirare.. Basta, se andiamo avanti facciamo conserva media, se no qui muoio di fatica. Sosto su un alberello a una mini sella con veduta sui nuvoloni che si stano formando a nord ovest.. No buono..
Recupero ed eccoli. Facciamo due conti: Gianluca e Roberto sono sicuro scenderanno, Federico lo sento che ostia perchè i suoi due non riescono a salire la variante. Noi in conserva siamo o lenti. Sono le 13 e tra un paio d'ore sarebbero previsti i possibili temporali. "Ragazzi, io scenderei, perchè beccarmi un altro temporale anche quest'anno non mi va". Non ho bisogno di convincerli, sono già d'accordo.

Peccato, mi spiace, ma d'altronde non possiamo nemmeno far aspettare gli altri che han fatto una metà al parcheggio. Ne approfittiamo magari per fare della didattica qui, e domani arrampichiamo come se non ci fosse un domani. E infatti le domande partono a fiotti, per fortuna in un qualche modo riesco a cavarmela. Anche quando mi chiedono "Ma siccome siamo in piastrina, se ci fosse necessità di calarci, come fai?".

Oh però, devo pensarci.. Prusik con cordino sulle corde di cordata, moschettone, cordino alla sosta con mezzo barcaiolo con asola e controasola (cordino di alleggerimento mi pare si dica), perno sul gigi per allentare le corde, corde in mezzo barcaiolo con asola e controasola, sciolgo il cordino di alleggerimento, sciolgo asola e controasola sulle corde di cordata, e ora vi calo sul mezzo. Moc fadiga!

Due ragazzi in slego ci superano e mi dicono che poco piu su c'è una via di fuga, altrimenti da qui dovremmo scendere scomodamente.. Ok allora, ripartiamo! O meglio riparto. Altra arrampicata, sali sali, roccia bella e vedo Gianluca e Roberto laggiu. Sento una cordata lassu. 45m saliti, ma non vedo vie di fuga, e a vedere come continua la montagna..non mi pare ce ne siano vicine.
Che cazz, questo cielo non mi piace, si alza il vento. Amen. Disarrampico. Ecco, tra fare free solo o scendere disarrampicando senza sapere come si comporteranno i miei due compagni, non so cosa sia peggio. Per fortuna capiscono che devono recuperare senza tirarmi giù. Qualche bel passaggio e inizio a vederli, fiuuuu.
Li calo un tratto, poi camminiamo fino alla piazzola della sosta precedente dove abbiamo picnicato, ma anche qui non vedo chiare e sicure vie di fuga. Federico ci passa a fianco e prosegue verso la cima. Abbiamo ancora le scarpette, torno indietro per vedere se si riesce a scendere bene ma dopo un po' ritrovo una paretina che "ho fatto sosta, venite da me che poi vi calo che è meglio", e io disarrampicherò.
Bon dai, da qui si scende direi. Cambio pneumatici, e con calma si può andare, ora che il cielo pare pure meno cattivo ma..verso il lago non è limpido. Bosco un po' scosceso, ma non mi aspettavo diverso. Certo, non siamo sulla traccia della sella di metà ma più in alto, perciò ci si inventa dove andare e si va a naso. A naso e lingua viste le chiacchiere che si fanno e gli interrogatori che subisco: povero me! (Scherzo Francesca).
La quantità di sassi e pietre aumenta ora che ci avviciniamo al ghiaione, ed ecco il sentiero chiaro. Chiaro, si fa per dire. Ma le scivolate sono già tante, i sassi smossi, Francesca che "io muoio adesso" e Gioele che scivola e si rialza orgoglioso "no no niente". Finchè lei cerca pure di attentare alla vita del "Capo Supremo", che deve saltare prima con la gamba a monte e poi quella a valle per evitare l'amputazione di entrambe le caviglie da parte di un massone smosso da lei!

Ma quanto siamo saliti?! Ghiaione infinito, ma finalmente ecco la traccia di stamani, e poi con più tranquillità andiamo verso l'agriturismo, assetati e affamati. Il cielo si è pure sistemato, ma il Pizzocollo ha sempre il cappello.
Spaparazzati al tavolo a bere e cercare di mangiare qualcosa, con due cagnoloni che giocano allegramente, noi che si ride e si scherza e si aspettano Alfredo e Federico. Spiaggiati e polleggiati come non mai, spostandosi lentamente verso il sole dove qualcuno schiaccia pure un pisolino: dura la vita dell'alpinista eh?!
Come noi che dopo la salita ora ci riposiamo, pure i cagnoloni dopo i giochi si accasciano al suolo. Arrivati gli ultimi, un'altra mezzoretta e poi meglio partire, che quei matti del Platano ci aspettano. Doccia, pisolino tentato e poi noccioline, frizzantino, e il matto del paese che ci intrattiene, ma ben presto arriviamo quasi alla molestia..

Una cenetta buona anche se non abbondante (va beh, non faccio testo, io che ho sempre fame e sono un pozzo senza fondo), la tavolata ben divisa con la "zona del disagio" (vegetariani e celiaci), e i due gatti che si rivelano tigri. Ma d'altronde al paragone "io e l'arrampicata siamo come un gatto e l'acqua" già gli avevo risposto "le tigri sono ottime nuotatrici!".

Qui altre foto.
Qui domani.

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