Che sarebbe
stata una giornata lunga lo si poteva immaginare, che sarebbe stata così lunga
però non se l’aspettava nessuno. Ormai le uscite dolomitiche dell’anno 2014
sappiamo essere agli sgoccioli, ci vogliono dei miracoli meteorologici per
poterle sparare, e il meteo non è stato molto amico finora. Ma il weekend si
prospetta spettacolare, quindi ore 3e30 al parcheggio e via che andiamo!
Io,
Gianluca, Nicola, Roberto e Claudio: quest’ultimo seminuovo alle nostre uscite,
e chissà se lo rivedremo dopo questa, ma la linea scelta per la salita di oggi
lo attira da tempo, e non riesce a resistere alla chiamata della roccia. Via
Dulfer al Campanile Dulfer, Cadini di Misurina, zona Rifugio Città di Carpi, il rifugio della nostra sezione tra
l’altro, dove non sono mai stato tra l’altro..
La giornata
inizia in ottimo modo: troviamo un bar aperto alle 6 di mattina, impresa non da
poco in Alto Adige e per di più fuori stagione. Questo ci permette di
guadagnare un sacco di tempo, visto che chi è con me non rinuncerebbe mai alla
colazione, piuttosto alla via. Strana gente al mondo. Poco dopo le 7 riusciamo
a essere già in cammino.
La funivia di Col de Varda è
chiusa, quindi tocca salire a piedi, cosa che non mi dispiace affatto, così non
siamo vincolati ai suoi orari e possiamo fare della gamba e una via senza aiuti
meccanici. Le dolomiti danno sfoggio di se già dal sentiero di avvicinamento
(beh per la verità già nel viaggio in auto): inizialmente le Marmarole si
colorano di arancione, poi salendo è il Gruppo del Cristallo a essere visibile.
Non fa
nemmeno troppo freddo, e la nostra camminata prosegue con le solite chiacchiere
a smorzare la tensione e rallegrare gli animi. Arrivati all’incirca sotto al Rifugio Col de Varda,
si prende verso destra per il sali scendi verso il Rifugio Città di Carpi. Il
paesaggio anche a corto raggio ora è più piacevole, e quello a lungo raggio
ancor di più.
Mughi,
boschi, spazi aperti che consentono di scrutare i ghiaioni sopra di noi, sole
che trapela tra i rami, e poi lo spettacolo delle Marmarole, Sorapiss, Tofane,
Marmolada, Cristallo. E ci siamo solo noi ad ammirare tutto ciò, in un silenzio
fatato. Silenzio finché non parte la risata figlia di qualche battuta o aneddoto.
Claudio è svelto, sempre avanti.
Si prosegue
verso il campanile, che man mano sparisce dietro a una costola terrosa erbosa
che occorre risalire: come un sogno che svanisce lentamente, eccolo che poi
riappare prepotentemente! Bam! Ma, ci sono altri due che vagano sul ghiaione a
centro valle..vanno da un’altra parte per fortuna, oggi in parete solo noi
cinque.
Inizia la
risalita del ghiaione alla base del campanile, chi la fa fuori sentiero e chi
invece lo segue. Si arriva alla base e ci si mette a cercare l’attacco: è
abbastanza chiaro quale sia la rampa sotto gli strapiombi del primo tiro, ma
non altrettanto l’attacco. Intanto mangio, che mi è venuta fame, ci prepariamo
e leghiamo, leggiamo e rileggiamo la relazione, e poi si attacca: sono le 10.
Stavolta di relazioni ne abbiamo anche troppe, a differenza della Via Adang.
Roberto va,
Nicola lo segue, raggiungono agevolmente la zona dove dovrebbero situarsi i due
chiodi di sosta, ma non li trovano. C’è scritto che sono abbastanza nascosti,
ma alla faccia! Dopo un buon 10 minuti, eccoli, possiamo salire anche noi:
iniziano le danze. Non fa freddo ma nemmeno caldo, e il vento che ogni tanto
infuria non è che migliori le cose. Il sole c’è, ma anche qualche nuvola a
nasconderlo ogni tanto.
Il secondo
trio dovrebbe essere quello chiave secondo le relazioni, ma in realtà troveremo
molto più duro l’ultimo. Claudio è talmente svelto che non faccio nemmeno in
tempo a tirare fuori la macchina fotografica che è già sopra il diedro,
accidenti. Nicola invece, ben più gentile, mi concede svariati minuti per qualche
scatto. In fin dei conti nessuno trova questo diedro di V, e con sali scendi e
traversi tra le rocce, si giunge alla sosta.
Sembra che
finalmente si inizi a salire uno spigolo e non una parete. Il terzo tiro parte
davvero bello esposto, facile ma aereo: dopo due passi non vediamo più Nicola,
che si sposta in traverso verso sinistra (faccia a parete) dello spigolo, e lui
come lo ha preceduto e come chi verrà dopo di lui, si lascia scappare un “ah
però!”. Oh adesso sì che mi piace, quasi sospeso in aria, con un paesaggio
magnifico a farmi da contorno: i feel good.
Fine dei
giochi per Nicola, i suoi tre tiri se li è fatti: la nostra cordata a tre
procede in questo senso, i primi tre tiri a Nicola, i secondi a Gianluca, gli
ultimi miei. Stavolta a differenza dell’Adang, mi ono subito imposto scegliendo i miei tiri,
visto che l’altra volta mi hanno lasciato le briciole (più o meno, hihi).
Claudio e Roberto invece vanno in alternata.
Il primo
tiro di Gianluca, il quarto della via, non è niente male. All’ombra, un bel
diedrino da quale tocca poi uscire per un piccolo traverso su placca: il buon
Dulfer deve aver gironzolato come un matto su questa parete per cercare i
tratti di spigolo che non fossero strapiombanti, chapeaux! Noi intanto ci
godiamo la sua impresa addomesticata, e ci regaliamo qualche bella foto col
vuoto sotto i piedi.
Anche il
quinto tiro parte con un traverso verso sinistra, per poi risalire un canale
dove ci si può sbizzarire a complicarsi la vota con passaggi più duri del
previsto: roba da secondi, non certo da primi! Il tiro è parso più lungo del
previsto, e in base alle descrizioni sembra proprio che Gianluca e Roberto
abbiano concatenato quinto e sesto. Ben venga, tocca a me! E si scorge
l’Antelao..
Gli ultimi
tre tiri me li sono voluti accaparrare in quanto non presentavano il passaggio
chiave (sulla carta, in realtà sarà diverso) ed erano dati come mediamente i
più esposti. Bene, si parte sullo spigolo, qualche chiodo (raro su questa via)
e si torna a malincuore sulla parete verso destra. Meno male ho Claudio davanti
che mi conforta sulla correttezza della via seguita.
E meno male
Claudio ha me dietro di lui, che gli tolgo qualche protezione che gli fa troppo
attrito e gli tiro su la corda a mo’ di tiro alla fune. Già, perché noi furbi
abbiamo saltato il clessidrone gigante di sosta per invece proseguire su verso
sinistra per tornare sullo spigolo. Tirare su le corde sarà faticoso, per
fortuna troviamo una coppia di chiodi e un masso incastrato su cui fare sosta,
perché nonostante di metri di croda ce ne debbano essere ancora, siamo davvero
allo stremo delle forze per issarli.
Orami sembra
fatta, sono pronto e carico a godermi l’ultimo tiro, ignaro di quello che mi
aspetta.. Claudio parte mentre io do un’occhiata alla relazione, non è
chiarissimo come prosegue visto che inizialmente si va verso sinistra, poi
destra, poi su: è un attimo complicarsi l’esistenza. Ma avere un esperto di
questo calibro davanti, fa davvero la differenza. Senza di lui ci avremmo messo
di certo di più a salire, ne sono certo.
Si parte con
un bellissimo, aereo, esposto, estetico, da foto, traverso verso sinistra, un
chiodo a rincuorare. Poi inizia a soffiare un po’ di vento, e non mi trovo
proprio in una zona piacevole dove essere “accarezzato” dalla sua forza. Salgo,
cercando la via migliore di salita, seguendo un po’ i passi di Claudio: a me
non sembra di essere su del IV, mi pare essere su qualcosa di ben maggiore. Poi
la proteggibilità è davvero ardua, un friend psicologico che più psicologico
non si può.
Ma c’è da
salire, quindi andare. Trovo una nicchia con due chiodi, probabile sosta
intermedia per spezzare il tiro, ma le relazioni non la danno: Claudio ha messo
un rinvio su un chiodo, io lo metto sull’altro, e poi unisco il tutto che non
si sa mai. Traversi misto salite delicati anche come roccia, brividi lungo la
schiena, poi tornati verso destra le difficoltà si abbattono, ci ritroviamo a
salire un canale che sbuca in cima. Fiuu! Alla faccia, concorderemo tutti che
il tiro è ben sottogradato dalle relazioni, e che di certo per continuità ed
esposizione è di certo lui il chiave.
Sono le 16
quasi, tra mezzora saremo tutti in cima pronti per scendere. Ma prima un po’ di
ammirazione del panorama intorno, e una sana mangiata che c’ho una fame! E non
solo io. Restano le doppie.. Accidenti a chi..
Sull’esigua
cima è già presente un anello di calata, ma le relazioni parlano che questa fa
parte delle “vecchie” doppie, mentre le “nuove” sono attrezzate a spit e
catena, cerchiamo queste. Scendiamo assicurati 5m verso destra faccia verso la
Eotvos (sarà anche solo II, ma se scivoli sei fottuto per sempre, quindi..).
Dai che prima che faccia buio riusciamo magari a essere anche al rifugio!
E che doppia
ragazzi! Si parte coi piedi sulla parete, ma poi i piedi navigano nell’aria più
aperta possibile! Che scago.. Non oso immaginare Claudio che si è calato per
primo, e meno male non l’ho fatto io: la doppia già di suo non deposita sulla
forcella, occorre pendolare un po’ per raggiungerla (su essa sta la seconda
sosta), e oggi tira pure vento che allontana da essa. Il boss ha infatti dovuto
lanciare le corde in mezzo agli spuntoni per tirarsi poi verso essi: a noi ci
ha recuperato, grazie.
Belle foto a
chi resta appeso come un salame con sullo sfondo le dolomiti, ma poi diamoci
una mossa a scendere che ce ne sono ancora cinque. La prossima doppia, su
bellissima catena a spit, è però in un canale: mah. Però scendono quasi senza
colpo ferire. Altro giro nel canale e..regalo! All’atto di recuperare le corde,
si incastrano. Non troppo in alto per fortuna, Claudio sale a recuperarle.
Inizio a
vedere le corde lassù volare, finalmente una risposta, quella temuta “corde
incastrate!”. Tiro fuori la frontale. Mi vesto. Vedo il cielo che smarrisce la
luce che aveva. Non è che me lo goda molto questo tramonto, scomodo come sono,
e da solo. Aspetterò un’ora e mezza quasi prima di vedere la prima faccia
amica, almeno con una buona notizia, le corde sono scese.
Le han
tirate, seviziate, trazionate, Claudio ci ha pure fatto pendolate e salti sopra
per tirarle giù, finché a quello che si erano promessi essere l’ultimo
tentativo, finalmente del movimento. Bene, attrezziamo l’ultima calata,
speriamo ci porti alla base della parete, a lume di frontale. Anche qui, ultimi
metri in netto strapiombo, ma meglio, così mi ci riparo sotto mentre fischiano
i sassi che cadono dall’alto.
Esploro un
attimo e sembra proprio che non servano altre calate, si sale di li e si scende
per ghiaione, ma non vado a vedere ora, che il casco non vorrei ritestarlo.
Arrivano Gianluca e Roberto, finché non sentiamo Nicola che dalla sosta
dell’ultima doppia urla “corde incastrate!”. Almeno siamo alla base, se anche
bruciassero tutte queste cazzo di corde riusciremmo ancora da andare a casa.
Fortuna che sono riusciti a recuperare quelle di prima.
Nicola e
Claudio tentano e ritentano, finchè basta. Una è scesa, l’altra chissà che
groviglio ha fatto intorno a uno spuntone: il proprietario opta per tagliare il
recuperabile, così almeno ci facciamo degli spezzoni, Nicola ne usa uno per
rinforzare la sosta. Alle 20 anche lui è a pochi metri da me, e sul piano, ci
siamo tutti.
Sospiro
liberatorio. Ora non resta altro che scendere per una bella camminata al buio a
lume di frontale. Claudio recupera lo zaino alla base della parete, e ci
incamminiamo a cercare il sentiero, che in mezzo a questa ghiaia è un po’
cancellato. Arriviamo al rifugio che stanno facendo carne alla griglia, che
tentazione.. No no, non fermiamoci o non ripartiremo!
Alle 22
siamo finalmente all’auto. Che fame! Meno male c’è chi ha portato un salame,
chi del gnocco e pizza fatti in casa, chi una torta, chi birra, chi vino. Si
può festeggiare in modo spensierato, ora che siamo all’auto i pericoli della
montagna sono ben lontani! Si ride e si scherza, ci voleva proprio..
Sembra
finita, e invece.. Un piccolo inconveniente blocca la macchina, che non può più
essere il nostro mezzo per tornare a casa: non resta che chiamare un taxi che
ci porti alla stazione di Bolzano, dove dormiremo coi barboni aspettando il
treno delle 5, che ci riporterà nella nostra amata e uggiosa (che nebbia!)
pianura padana alle 9. Che voglia di fare una doccia.
Qui altre
foto.
Qui report.
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