Meno male
dopo una settimana di sole passata sulla scrivania (e sul divano malato), i
giorni che si potrebbero passare all’aria aperta sono intrisi dell’ennesima
perturbazione del weekend. Complice il coprifuoco pressante, il caldo anomalo
(ormai normale se si prendono in considerazione gli ultimi anni), non resta che
lanciarsi verso quelle cascate dallo scarso avvicinamento e facilmente piene in
giornate belle. Fontanazzo arriviamo.
Sempre
sentite citare, mai salite ne nemmeno viste, c’è
chi me le consiglia per bellezza e per difficoltà
(son scarso). Inizio quindi a documentarmi sul web, e scopro una confusione
sulle Fontanazzo.. Destra, sinistra, chi sale di qua, chi ne da una di grado 3
e chi 4+, chi ne da una 4 e un altro 5, chi le da entrambe 4. Ma possibile? Un
post su un forum dedicato proprio a questo casino! Non resta che andare a
vedere.
Si parte di
buon ora, io poi avevo in programma di andare a letto presto, così come avevo
promesso a
Riccardo,
ma all’ultimo momento rispunta una cena, e le ore di sonno si riducono un po’.
Colazione triste in autogrill, ma meglio che niente, e quando ancora deve
albeggiare siamo al parcheggio della Dolciaria Fassana, nella quale bramiamo di
far sosta finita la cascata.
Alle 7 siamo
in cammino, su questo lunghissimo e tortuoso avvicinamento. Oddio, non è
proprio da prima vita messa dal finestrino dell’auto ma quasi. La Fontanazzo sx
si vede bene lassu, ma per oggi meglio lasciarla stare, partiamo dal facile.
Pista da fondo, sinistra, 100 passi ed ecco una traccia che sale (chi è quel
coglione che ci ha cagato sopra poi..), costeggi ruscello, bivio, destra e in
breve si vede del ghiaccio.
Si, ma che
ghiaccio. L’acqua scorre, pendenza blanda, camminabile con solo un muretto appoggiato
piu su. Va beh ma lo sapevo che i primi “tiri” sono ben evitabili, prepariamoci
di tutto punto ma andiamo in slego per ora, anche perché la corda finirebbe di
certo in una poccia e avrebbe l’effetto viagra.
Sperando
nessun ponte di neve o ghiaccio crolli, andiamo verso quel muretto (il torrente
qui è largo), Riccardo sulla destra io sulla sinistra a cercarlo un po’ più
lungo. Una volta superato ognuno prosegue e dall’alto vedo che il mio amico
prima cerca di passare sotto un tronco orizzontale, poi sopra, poi ci pensa, ma
che diavolo fai? “è troppo alto per me, ma troppo basso per piegarmi”. Risolto
un altro grande problema delle Alpi, possiamo andare.
Si svolta a
destra nella gola, in vista finalmente di ghiaccio un po’ più serio e di una
conformazione a forra affascinante. Solo che tocca ancora fare zigzag tra le
finestre aperte sul mondo dell’acqua liquida sottostante. E una di queste
finestre sta pure sotto il salto di ghiaccio che ci apprestiamo a salire.
Ancora una volta, non vogliamo bagnare le corde, sembra si possa salire
slegati, andiamo.
E una volta
sopra, ecco un bel ciccione di ghiaccio visto di profilo (di profilo perché li
c’è da girare a sinistra), ok ora possiamo legarci. Parto io, secondo i miei
calcoli e la relazione che mi ha fatto Nicola (che l’ha salita due settimane
fa) dovrei così trovare i salti più difficili e carini io, lasciando così
riprendere confidenza col ghiaccio al mio amico. Ma no, o circa.
Risalendo
questa parete di ghiaccio cerco di complicarmi la vita alla ricerca di
difficoltà maggiori, ma facendo ciò mi ritrovo con anche il secondo appoggio
indice (l’accessorio delle quark che in cascata non uso, ma in canale)
spaccato, porca paletta!
Pittoresco
arrampicare il ghiaccio vedendo l’acqua sotto che scorre impetuosa.. Fammi
salire alla svelta va la, che inizio ad avere paura che non riusciremo a
uscirne da questa forra. Una sosta a spit sulla sinistra è invitante, ma meglio
farla vicino a dove salirà il mio amico dopo, perciò cammino verso quella
pancia sdraiata di ghiaccio, scavo scavo e trovo ghiaccio decente per le viti.
Vai Riccardo!
E mentre
sono li che lo recupero, guardo questa parete di ghiaccio davanti a me, più
larga che alta, o siamo li. A sinsitra scorre acqua, al centro le meduse
pisciano e sembrano di cristallo luccicante, a destra..ma no! È quella foto di
Nicola dove saliva in camino diedro ghiaccio roccia! Volevo farlo io questo
tiro.. Ma a ben vedere, la parte bassa di ghiaccio non c’è più, non è più
igenico salire di li..
Eccolo
Ricky, avanti te! Cerca il punto più facile sopra di noi, solo che litiga col
ghiaccio cercando quello idoneo per infiggere una vite, sembra una barzelletta.
Provo qui, provo li, stendo la, torno qui, che ridere. Poi prosegue, il
ghiaccio spiana ed è fatta.
Lo raggiungo
con lui già che se la ghigna “adesso tocca a te”, oh ma cosa avrà mai visto???
Ah ecco. Inizio pure a comprendere la fonte della confusione di tante
relazioni. Si vede si un bell’anfiteatro lassu, ma anche del ghiaccio piu a
sinistra, che sembra piu estetico. Oltre che piu facile.
Inizio a
salire questo trasferimento su neve, guardo l’anfiteatro, ma ispira di più la
colata, andiamo a sinistra che sembra più carino, e comunque tracce ce ne sono
in entrambe le direzioni, perciò tutto si sale. Poi dai, se facciamo presto
prima saliamo di li, poi ci caliamo e saliamo di la. Essè. Intanto la
perturbazione in ritardo ci consente una vista sul Sassolungo, il Canale Moppo,
bei
ricordi.
Eccoci alla
base, qui il ghiaccio sembra ottimamente plastico bagnato, piccola sminza sosta
e parte Riccardo che sembra più facile questo tiro che quello dopo. Mentre
Ricky sale, con calma e ancora senza longe sulle picche, guardo ancora più a
sinistra, chissà che non ci sia qualcosa da esplorare anche in la.
Riccardo
supera le difficoltà iniziale, poi aumenta la sua velocità di progressione.
Tocca a me, come si pianta bene tutto quaggiù, ma su è più spaccoso, peccato. E
cosa vedono i miei occhi: che muro la peppa, che delicato, che colonnette o
candelette. Ma ce la faccio? E Riccardo un po’ se la ride..
Alla base di
questa bestia ricordo le parole di Nicola “più facile della
Madre, più difficile della
Jahrzahlwand”, e
penso al fatto che al di la di questa ultima parte, la cascata è un po’ una
ciofeca, saltelli intervallati da passeggiate. Ma ride bene chi ride ultimo! E
la cascata sta per ridersela bene.
Inizio a
salire, ho visto che verso sinistra è più facile, o meglio più lavorato, sopra
in alto sono candele verticale saldate tra loro, poi però mi sa che toccherà
uscire a destra ancora di più. I primi metri sono già allegri, ghiaccio fragile
per i piedi e un po’ di stillicidio dall’alto. Le chiappe iniziano a stringere!
Altre voci alle nostre spalle ci indicano che non siamo più soli.
Piantare
chiodi diventa dura, mi sa che sto osando come grado, ma porca miseria mi
sembra ben più difficile della Madre! Abbandono il sogno iniziale di salire
dritto, anche perché piantare le punte in mezzo alle candelette mi sa sarebbe
una pessima idea, servirebbe il monopunta. Devio a sinistra verso la roccia,
passaggi di cordate precedenti ancora un po’ visibili.
Fortuna un
po’ di agganci ci sono, perché inizio a sentirmi un pelino impiccato. Sarà la
malattia non ancora passata del tutto, sarà che non mi aspettavo questa
sorpresa. Ma sono qui, tocca uscire, meglio traversare verso destra adesso, a
meno che non voglia salire candele per raggiungere le quali dovrei lanciarmi. E
il traverso è sempre un’emozione, inoltre le viti iniziano a scarseggiare.
Una bella
pancia da salire, ma chi mi ha superato è stato tutto a destra, dove è tutto
ben più lavorato anche se esile.. Andiamo che comincio a essere cotto. Siamo
ancora abbastanza verticali, forse anche un pelino di più se non vedo i miei
piedi. Quanto sono arrugginito porca vacca. E che freddo, forse non sono ancora
guarito, ma speravo nella
cura adrenalinica!
Arrancando
un pochino esco alla ricerca di ancora qualcosa dove piantare le picche, ed
ecco l’albero dove arrivare a fare sosta! Scambio due chiacchiere con chi è
salito più a destra mentre recupero il mio amico, che per fortuna prima mi ha
detto essere già contento così senza calarsi e fare anche l’anfiteatro. Bene,
perché adesso ho un freddo! Stanco no, ma se dovessi ricominciare a trazionarmi
mi sa che duro poco.
Eccolo
Riccardo, ha pure iniziato a nevicare, debole ma ha iniziato. Peccato non
averlo visto salire però. Non è nemmeno mezzogiorno, mettiamo via le nostre
cose con calma, ci vestiamo che io ho davvero freddo (insolito per me, molto
insolito) e soprattutto mangiamo e beviamo che ne abbiamo di sete.
Via giù
adesso, verso il dolce! Una volta sul sentiero, lisciatina e ci togliamo i
ramponi visto che la poca neve fa affiorare i sassi sotto. Così facendo ci
ritroviamo come gatto Silvestro a scendere brevi tratti di neve dura dura, con
uno dei due che cade e ognuno pronto a ridere dell’altro, che asini.
Purtroppo
arriviamo giù che la dolciaria ha gia chiuso, cuori spezzati che adesso
dovranno vagare alla ricerca di birra e panino, sognando e ammirando le altre
cascate della valle. Una giornata in cui non si poteva chiedere di più! Almeno
abbiamo salito una delle cascate più frequentate del trentino quasi da soli.
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