L’indecisione
fino all’ultimo se azzardare sopra il Po, e il coprifuoco del tardo pomeriggio,
fanno desistere speranze di un sabato glorioso in ambiente. Ma la voglia di
arrampicare c’è, le ambizioni dell’estate sono tante (come al solito), perciò
meglio mettersi in riga e allenarsi. Anche se questo vuol dire Pietra di
Bismantova (amore odio vero). Dopo la Via del Diedro, si torna qui.
Giorgio,
Matteo e Stefania erano già in mezzi accordi per questa meta, l’unica dove il sole sarebbe dovuto esser
sicuro (anche la volta scorsa doveva esserlo, poi..), quindi andiamo, previ
accordi che la mia limitazione d’orario non sia di impiccio impaccio a nessuno.
La giornata
in effetti è radiosa, al parcheggio poche auto, d’altronde attacchiamo che sono
le 8e30 la Pincelli Brianti. Si pensava di iniziare con la Zuffa Ruggero, ma lei è in ombra ancora e potrebbe
essere fredda: si decide quindi per la Mussini Iotti, che ha salito solo
Stefania al CorsoAR1 2014.
Parte
Matteo, il mio compagno di oggi, per il primo tiro della Pincelli Brianti, che
ogni anno vedo messa sempre peggio: sporca, terrosa, erbosa, friabile e
crollata in vari punti. La vera “sorpresa” di oggi sarà quella di constatare
come questa zona della Pietra si sia riempita di sensori di movimento. Non
proprio un buon auspicio.
Arrivo
presto in sosta, pronto per il secondo tiro con Stefania che insegue sotto
mentre Giorgio le fa sicura. Sempre da leggere il secondo tiro, con quel passo
che Nicola l’ultima
volta che fecimo insieme (cordate separate, CorsoAR1 2014) battezzo “oh, ma qui è venuto giù
qualcosa, mi ricordavo fosse un III non un IV+ iva). Al sole si sta bene.
Matteo mi
raggiunge e parte per il terzo tiro, che traversa tutto a destra per
raggiungere la base del camino della Mussini Iotti. Stefania tira anche il
secondo tiro da prima, Giorgio attende per concedersi poi da primo il terzo e
quarto. Traverso dato di III+, ma soccia se è esposto! Spettacolare, ma meglio
farlo da primi che da secondi.. Quando poi si passa a mettere la manine sulla
sabbia.. Salto sulla parete ed eccomi in sosta.
E voila il
tiro chiave della via: il camino. Che in realtà parte con una bella placca,
proprio l’arrampicata che piace a me sulla roccia che piace a me. Ma questo è
niente. La bellezza di questo tiro risiede nel fatto che finchè non arrivi in
sosta non puoi dire “è fatta”: le difficoltà crescono di continuo, e ogni volta
che raggiunta una mezza posizione di riposo ti viene da dire “oh leh!” espressione
accompagnata da un bello sbuffo, ecco che guardi in su e dici “e adesso?”.
Arrivo al
sasso incastrato nel camino che non so che pesci pigliare: salire di placca è
dura, entrare nel camino non ci sto. Cioè, ci sto a pelo, e se poi mi incastro?
E inizia la danza: entra nel camino, tira su il piede, scendi, esci dal camino,
prova sull’appiglio svaso, torna nel camino. Dopo aver decespugliato una
fessura ecco che vedo un bel appoggio! Risolto l’arcano. O meglio, adesso ci
provo.
Sembra
fatta, ma no, si struscia dentro questo imbuto di arenaria come alpinisti
d’altri tempi, ma salendo un pensiero mi percuote: ma li su dove si passa? E
sento Stefania che se la ride, lei che ci è già passata e ha già tirato
accidenti al mondo intero.
Ah ecco dove
si passa, fuori, in strapiombo atletico cercando di aprirsi il più possibile
con i piedi. Fortuna dopo un po’ trovo una discreta presa ad aiutarmi, ma poi
anche il suo “effetto” finisce. Ci si issa sull’altra parete in vista di una
sosta che finalmente sembra a portata di
moschettone! Ma un ultimo passaggio al cardiopalma non ce lo toglie nessuno.
Super sbuffo
di sollievo! Dai Giorgio, Sali invece che fare il nut umano. Ed ecco anche lui
in sosta. “Matteo e Stefania, adesso salite che ridete meno!”, ora che è fatta
ce la ridiamo io e Giorgio, altrochè! Resta l’ultimo tiro per uscire, che
lascio al mio compagno in modo da uscire svelti, che questa non è una sosta per
starci in quattro.
E mentre
Matteo sale arriva anche Stefania, che parte per uscire dalla via. Ma il tiro
del camino deve averla un po’ cotta: al primo spit inserisce il suo rinvio, ma
poi invece che mettere la sua corda..mette quella di Matteo! Risata generale,
si risintonizza la testa, e si esce.
Un bel sole
sommitale ci accoglie (ci ha accompagnato per tutta la via anche, tranne che
nel camino oscuro) e la fame e la sete la fanno da padroni. Speravo ci avremmo
messo meno, in modo da essere sicuri di starci con una seconda via, e invece è
stato “croccante”: ma la soddisfazione di quel bel tiro mi ha già appagato.
Dai, andiamo verso la Zuffa Ruggero per provare a salire anche lei.
E mentre ci
dirigiamo verso la scorciatoia del Sirotti, incrociamo una cordata appena
uscita dalla Pincelli Brianti, si tratta di Marco Furlani, che io ovviamente nella mia grandissima
ignoranza non conosco ma che imparerò a conoscere via web. Ci scambiamo le mail
per poi scambiarci le foto fatte l’uno all’altro in parete.
Eccoci sotto
la Zuffa, sono le 12e30.. Va beh dai, proviamoci e vediamo come va, al massimo
ci caliamo poi. Sopra di noi un paio di cordate salgono ma sembrano abbastanza
svelte. Parte Matteo, che trova ostico il primo tiro, e in effetti nemmeno io
me lo ricordavo così. Andiamo bene, è il più facile.
Mentre salgo
io da secondo, sento che la base della via si sta popolando di altre cordate,
mi si insinua un presentimento che non mi piace. Poi inizia a tirare vento, la
parete non è calda come quella di stamani, anzi è fredda, non da gelarsi le
mani ma di certo non sono il top per arrampicare.
Parto per il
secondo tiro, camino da leggere bene, ma quando mi ritrovo su quei metri dove
la tattica dovrebbe essere quella di aprire i piedi sulle pareti opposte e fare
sostituzione, trovo che anche qui la roccia è peggiorata. Un bel terrazzino
crepato, un intero scudo lavorato al punto giusto da usare per piedi e mani, ma
attraverso il quale passa quasi la luce.
E vai a
cagare, se appoggio il piede li, ci do peso e poi si stacca, rimbalzo come una
pallina da flipper tra le due pareti e non ne esco bene. Tac, A0. Dopo parecchio
sgugnare, eccomi fuori dalle difficoltà del tiro e in vista della sosta. Ma
dopo le difficoltà aumentano..
Giorgio mi
segue, arriva in sosta, guardo l’ora, faccio due conti. Arrivano anche Matteo e
Stefania, avanzo i miei dubbi sui tempi, sul traffico sotto di noi, sulle
difficoltà che dopo aumenteranno, e su questo vento che ci sferza e col quale
non vorrei trovarmi sul traverso placcoso del prossimo tiro. Beh, non è che gli
altri tre abbiano la smania di proseguire!
Calo Giorgio
su mezzo barcaiolo per stendere la corda e non tirarla in testa a chi sta
sotto, poi verrà la volta di Stefania in doppia su questa corda ma con l’altro
capo che svolazza verso la Via degli Svizzeri. Scende Matteo e poi è la mia volta, mentre uno di quelli
che stava sotto è arrivato anche lui alla sosta, e al quale do qualche dritta
sul proseguo della via. E che mi dice “ieri abbiamo provato la Via del Diedro,
ma no, troppo dura e delicata e bagnata”, ma pensa.
Via giù
anche io, e alla sosta sotto mi fermo a fare due chiacchiere con l’altro
ragazzo della seconda cordata che ci seguiva, “oh, certo che il V che avete qui
in Pietra è un bel V”, sono ragazzi genovesi in trasferta tre giorni, e questa
roccia non è certo il calcare ligure, ci vuole tempo per adattarsi. Osservo
anche l’eleganza della ragazza che sale in camino con lo zaino legato
all’anello di servizio.
E fine,
altra doppia ed eccoci alla base, di certo abbiamo il tempo per una birretta e
panino al Rifugio della Pietra. Ma quella Zuffa troncata a meno della metà ci è rimasta su,
occorre tornare a gridare vendetta!
Qui altre
foto.
Grandissimi! Abbiamo fatto la Mussini-Iotti anche io e Marco domenica. Quel traversino di III-IV e l'uscita dal camino sono stati momenti veramente interessanti :)
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