Abbandonata
l'idea delle Piccole Dolomiti causa meteo, si opta per Arco che dovrebbe
assicurare condizioni migliori. Partiamo comunque presto, anche se durante
tutto il viaggio sarà un continuo "Ma perchè siamo partiti così
presto?" "Nicola, l'hai deciso te l'orario". Ancora è buio, e si esce dall'autostrada.
E già prima
di iniziare ad arrampicare, la scena che rende la giornata riuscita: arriviamo
davanti alla pasticceria "La Bologna" per fare colazione, condizione
necessaria per far alzare dal letto e certa gentaglia, ed è chiusa per ferie.
Come nei migliori film romantico-drammatici, in cui dopo mille litigi,
peripezie, sacrifici, l'innamorato sa di aver riconquistato la sua amata, di
poterla riabbracciare, e la trova morta: in ginocchio davanti a lei, gridando
un "noooooooooooooo" udibile fino alla capitale del Madagascar.
Si ripiega
su un bar a lato e ci dirigiamo verso Dro, puntando la via "Il profondo
rispetto per l'Indria". Avevamo già notato un bagnato ben maggiore delle
attese in giro, ma non credevamo così tanto. Parcheggiamo e optiamo per
aspettare una mezzoretta, a vedere se esce il sole ad asciugare: pisolino in
macchina. La sveglia suona, nulla è cambiato.
Proviamo lo
stesso a partire, avvicinamento breve, siamo all'attacco della via, niente
sole, cielo coperto e parete bagnata. Anche la scritta della via combatte con
l'acqua che la ricopre. Mi preparo a partire, a me spetta il primo tiro. Già,
perchè il secondo ha già del VI, riservato a Nicola, unico che può salirlo. Io
lo eviterei anche da secondo, ma con questa testa calda non c'è democrazia.
Secondo
passo e si sgretola la roccia sotto il mio piede. Ottima partenza. I prossimi
passi senza mani su placca bagnata, banale se asciutta, insidiosa e da striscia
marrone nelle mutande se bagnata. Oggi lo è. Eccome se lo è. Indeciso sui
passi, provo la strada del cospargere di magnesite dove metterò il piede. Un
tratto più asciutto lassù (dove infatti sarò veloce). In un tempo infinito
raggiungo la sosta.
Recupero
Nicola, mentre osservo il secondo tiro. La parete dove corre il secondo tiro.
La roccia dovrebbe essere calcare, ma dal colore sembra granito: il colore è
dato dall'acqua che vi scorre sopra. Gocce continue, e infatti quando arriva il
mio amico "Nico, a me non sembra igenico proseguire". Sopra poi ci
aspettano diedri e fessure, il sole non accenna ad uscire, e qui non è solo la
roccia bagnata, c'è quasi un ruscello. Ci si cala.
Si torna
all'auto, puntiamo alla zona dei Due Laghi, mal che vada si farà lo Spigolo
Nascosto: sarebbe la seconda arrampicata di fila dove il "campione" (le virgolette nascondono un sacco di
significati) si abbassa di grado! Infatti non lo farà, arrivati al parcheggio sfodera
a mo' di spada la relazione de "I Due Spigoli". Ma va bene, oggi ero
disposto a tirare delle madonne in Gianluca style. La salita nel bosco è resa rassicurante dalla
presenza di funi e reti metalliche dimensionate per reggere la caduta di
autoarticolati. Autoarticolati dalla parete.. Autoarticolati di calcare..
Autoarticolati, state dove siete.
Eccoci
all'attacco, e parto sempre io visto che dopo il VI di placca abbonda e io deficito.
Ma la partenza non è che sia tanto banale, un bel passo in strapiombo con sopra
delle gran prese svase. Inizio a temere che si farà notte se su uno dei tiri
più facili ci metto tanto tempo. Che poi è molto da proteggere come via, è
alpinistica (infatti incastro un paio di nut, e meno male che non li volevo!).
Arrivo a quella che sembra una sosta, guardo il canale a sinistra, che schifo,
sto qui.
Nicola anche
lui sbuffa un po sul passetto sotto, ma una volta in sosta sarà nel suo regno:
la placca. I prossimi tre tiri infatti giacciono su una lavagna continua
interrotta qua e la da qualche punto di debolezza della roccia, forse meglio
definibili come "caccoline". Anche lui ha il suo bel da fare per
salire, ma senza voli e senza resting supererà tutti i metri della lavagna.
La via passa
vicino allo spigolo, sotto il quale si finisce in strapiombo, e ciò rende la
placca anche esposta, un tripudio di paure per me che sulle cose lisce (neve
esclusa) non mi sento proprio a mio agio. Però..sì, bella è bella, ma qualche
A0 non resisto a non farlo, anche perchè le temperature non sono per nulla
confortevoli: si sente che questo angolo di valle è a nord.
Al nostro
fianco sale un'altra cordata, ragazzi dell'est immagino, sulla Via del Diedro
che pare bella anche lei, ma un po' sporca visto quanto scaricano questi qui:
meno male le nostre soste non sono in comune e siamo sufficientemente lontani
dalla loro verticale. Il paesaggio, per chi ha il tempo e la disinvoltura di poterlo
osservare, è suggestivo: lago sotto, roccia sopra, lo spigolo che cade nella
valle a destra e il diedro che si alza colorandosi a sinistra.
Eccoci a S4,
ora posso salire io, alè! Il tiro si incrocia con quello degli altri due, devo
stare attento a trovare il chiodo che indica che devo andare a sinistra, e
quando lo trovo e vado lo slavo mi chiede "where you go?" e ci vuole
un po' per spiegarsi che sta andando lui sulla sua via e io sulla mia. Traverso
infimo ed eccomi alla sosta sotto il diedro.
Dai che ne
ho, posso tirare anche il prossimo! Il diedro da sotto pare poco propenso a
essere salito con la tecnica giusta, lo temo molto placcoso. E invece sarà
divertente, con friend che quando possono sono dei veri amici, appiglini che mi
permettono di alzarmi e fessura che mi permette quasi una dulfer. Un albero da
superare a sinistra, e poi di nuovo un po' di placca verso una sosta che mi fa
vedere cosa ci aspetta sul prossimo tiro..
Il proseguo
della via si presenta con un traverso verso sinistra con belle manette ma senza
piedi, poi chissà. Si presenta anche con la vista di una corda lassù che mi fa
temere ci sia una cordata bloccata. Nicola arriva e per prima cosa piscia, poi
va, carico come una molla con un "oh, io provo a farla in libera",
accidenti a lui.
Il traverso
visibile lo supera anche agevolmente, tutto di braccia, ma è dopo che viene il
bello che non posso vedere. Armeggia con la corda, mi chiede di tirarlo su una
e non sull'altra, mi dice che prova a passare, stai attento, no dai azzero, si
capisce niente. Sol che ti muovi che ho freddo ed è tardi.
Finalmente
posso andare, e tutto mi è più chiaro. Il traverso è un boulder bianco, poi si
sale con più difficoltà visti i pochi appigli, ma è quando tocca fare un altro
traverso verso destra che sono dolori! La corda è fissa, ma dinamica e lunga una
20ina di metri. Nicola appollaiato in sosta che se la ride mentre io armeggio
con moschettoni lunghi e corti cercando di azzerare e di vincolarmi agli spit.
Una
faticaccia! Con Nicola che mi incita e io che gli faccio cenno con la mano
"stai chieto". Pare di essere un salame quando mi ritrovo vincolato
con un rinvio in vita alla corda fissa, e con altri due lungi a due spit, uno a
destra e uno a sinistra. Insomma, una roba che non centra nulla col grado della
via, a mo' della cinque stagioni.
Finalmente
in sosta! E le imprecazioni (bonarie) abbondano. Ma son carico, vado a scalare
il prossimo tiro, che chiaramente seguendo le indicazioni di Nicola, sbaglio.
Salgo dritto, noto come è fissata la corda fissa di cui sotto, e proseguo a
salire su rocce non tanto sane e sempre più verticali. Avrei pensato andare a
destra, ma lui sotto "no vai dritto, traversi dopo". E così mi trovo nelle sterpaglie e ghiaione.
Fortuna che vedo per un soffio la sosta ben più a destra, e con passo delicato,
tac, sei mia.
Finalmente,
ultimo tiro, ultimo spigolo, che Nicola sale svelto e che ben presto raggiungo
anche io. Via finita con ancora imprecazioni bonarie sul tiro di A0. Ma vacca
se è tardi, meglio sbrigarsi: il mio amico ricorda una discesa non tanto comoda
e poco segnata, quindi sbrighiamoci.
La realtà è
che lui l'ha effettuata anni fa scendendo dal Diedro, ora invece si vede bene
salvo qualche breve tratto. Si sale, si scende, si sale ed ecco il mitico
tunnel naturale, quello che scommetto mi farà sognare, regalandomi i guaiti di
Nicola! Ma mentre lo attraverso mi rendo conto che non è nulla di che..
Video. E invece,
nonostante sia "facile" i gemiti riecheggiano nella Valle del Sarca.
Un tratto
attrezzato e ancora traccia di sentiero ci deposita poi su un sentiero più
marcato, e dopo aver sbagliato un bivio, torniamo sui nostri passi alla ricerca
di quello giusto, che infiliamo e ci riporta con un po' di corricchiamento al
paese, e infine all'auto, tardissimo. Però una birra ci vuole, 5 minuti di
reidratazione e poi a casa.
Qui altre
foto.
Qui report.
Qui relazione.
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