Le
temperature e la stagione ormai inoltrata richiedono qualcosa che sia al sole.
La voglia di plaisir richiede qualcosa che sia corto e non difficile. La voglia
di passare comunque una giornata in montagna richiede qualcosa di vicino. la
voglia di riempire occhi e polmoni di spazio aperto richiede però di vivere una
giornata piena. Le Piccole Dolomiti fanno al caso nostro.
Dopo una
mediazione sull'orario di partenza che vede insolitamente me dalla parte del
"facciamo più tardi dai", ci ritroviamo io e
Stefania a imboccare l'A22, l'autostrada
dei monti. Colazione e mentre albeggia saliamo a
Passo Campogrosso, osservando i versanti rocciosi delle
montagne infuocarsi come mai mi era successo in via mia, passando in rassegna
tutte le sfumature possibili. ma la macchina fotografica è nel baule.
Alla via
scegliamo di unire anche un trekking ad anello, perciò parcheggiamo
direttamente al Passo di Campogrosso e imbocchiamo il sentiero che costeggia il versante ovest del
Sengio Alto. Una passeggiata in piano tra faggi (
fantastico quello che neunisce tre), e poi
si sbuca in una radura, dove la vista di linee rigide sulla superficie di una
pozzanghera fa sperare in un inverno di ghiaccio.
Intanto lo
spigolo del Cornetto è già la che prende il sole. Si inizia a salire su tipico
sentiero careghiano tra terra, rocce e mughi, per poi infilarci dentro alle
gallerie del 176. Mi viene in mente Nicola che guaisce mentre si piega per
entrare e percorrere questi cunicoli, alcuni dei quali davvero bui, e uno dei
quali provvisto di provvidenziale carriola per la rimozione dei detriti, cautelativamente
lucchettata ma..senza ruota.
Eccoci
fuori, quasi in alto, con gli occhi all insù alla ricerca della nostra via.
Giungiamo così al Passo degli Onari sferzati da un fastidioso vento, leggiamo
la relazione e scopriamo esser andati troppo avanti, dietrofront. Si cerca e
trova una traccia, si risale, ed eccoci sotto al camino del primo tiro.
Parte
Stefania, per un tiro di patimento. Al sole si arrampica bene e
confortevolmente, ma all'ombra no: e siamo all'ombra. Il camino non è certo
difficile, ma con le dita gelate è un altra cosa. Le faccio sicura sperando
solo che il tepore arrivi presto, finalmente mi dice che posso salire,
scheggio! Ma tra dita ghiacciate e bacchette che si incastrano ("ah ecco perché
sentivo quegli accidenti volare") arrivo su che devo fare una "pausa
stufa" al sole.
Una volta
caldo, o meglio, una volta meno freddo, parto per quello che mi han detto esser
il tiro più sostenuto della via, e in effetti mentre lo si sale e una volta che
lo si vede da S2..c'è il suo perché in questa affermazione. Un tiro bello
verticale, ammanigliato ma con qualche tratto dove occorre spostarsi di qua e
di la in traverso.. E la roccia delle Piccole mette sempre una certa soggezione
psicologica vista la nomea che si porta dietro.. Chiodi ce ne sono, più di
quelli che ci aspettava, e infatti questo mi fa dubitare a ogni ritrovamento di
essere in sosta, ma no. Eccoli i tre che fan sosta.
Al sole si
sta bene, ma tira vento. E il wind chill è pesantissimo a basse temperature, ma
lo sentiremo bene dopo. Il passo in strapiombo di V del prossimo tiro ci fa
optare per farmi rimanere primo di cordata, vado! Me ne avevano parlato come un
"è solo un passo, una volta fatto non ti accorgi nemmeno di averlo
compiuto": ma io da buon tempone, arrivato sotto al passaggio, provo a
stare a sinistra, complicandomi la vita. Una volta su Stefania mi dirà "ma
se salivi dritto era una cazzata".
Da S3 (che è
su spit, visto che il mugo è secco) si potrebbe aggirare in traverso l'anticima
e recarsi al proseguo della via evitando un tirello e una doppia: ma se Soldà è
salito, saliamo anche noi! Facile ma esposto, la sosta è sul cucuzzolo, ottimo
panorama ma siamo in balia del vento. Vento che mi aveva fatto abbandonare
l'opzione Appennino proprio per non patirlo!
Le
operazioni per allestire la doppia durano un tempo sufficiente per farsi venire
i geloni, mannaggia. Intanto me ne osservo il panorama, sognando il bianco
ghiaccio delle lontane cime, ma anche il bianco candore sul Baldo. Dai dai,
basta vento e vai col sole.
Eccoci
finalmente in mezzo ai massi dove si trova la sosta per far sicura su L5. Va di
nuovo Stefania, sale i massoni e poi sotto la fessura, dove la vedo salire non
troppo fluida: come io su L3, anche lei si è complicata la vita salendo in
parete invece che aprendosi in diedro. Un po' per uno.. Intanto sento
smartellare a fianco. Quando inizio a salire io sento che mi chiedono se mi
trovo sulla Soldà: han sbagliato l'attacco dopo esser saliti con la Super
Mario, avercene..
L'ultimo
tiro è quello dove si cammina sulle uova. Uova che hanno le sembianze di sassi
pronti a rotolare su chi sta sotto. Calma e delicati, a cercare la roccia salda
a lato e metter protezioni che possano tenere la corda sollevata. Ormai in
cresta decido che un nut voglio metterlo giù oggi: ed eccoci, lo piazzo, ci
molla, riprovo, mi pare vedere una scintilla, ok.
Arrivo a 3m
dalla croce di vetta che la corda non viene più, aspetto un po' che Stefania
parta perchè voglio assolutamente sostare sulla croce. La recupero e sento che
si ferma per un tempo lungo: ma che è?! Ah forse il nuts scintillante.. Le
parole che non mi prendo dietro quando arriva in cima anche lei!
Panorama
spaziale tutt'intorno, fame che viene placata e sole che scalda a dovere. Vacca
che freddo patito in certi momenti!
Si scende
"per l'unico sentiero che scende dalla cima", peccato che arrivati a
un bivio c'è un cartello ma ne manca un altro. Così scendiamo troppo, convinto
io che "ma no, se c'è un bivio con due sentieri deve essere indicato"
(salvo vandali). Risaliamo, esploriamo, troviamo quello che ci porta alla
Forcella del Cornetto, dopo un entusiasmante parete con catena.
Chiudiamo
l'anello col sentiero di arroccamento, ovvero in mezzo al labirintico sistema
di guglie del Sengio Alto versante est: gallerie (carriole con ruote!),
panorami, finestre rocciose sulla valle, la pala del Baffelan che ancora ride
di me perchè non l'ho salito, passaggi attrezzati dove la lunghezza delle mia
gambe aiuta, mentre c'è chi annaspa..
Scendiamo
per il Boale del Baffelan (accidenti, ho sbagliato, potevo proseguire e
scendere di la), ultimi tratti non da escursionisti alle prime armi, catena
finale e poi la strada diventa facile per birra e panino finale al
Rifugio Campogrosso!
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