Ci risiamo:
dopo l'atto 1 e l'atto 2, ecco la terza volta che salgo su una cima del Baldo
partendo direttamente dal livello del Lago di Garda. In realtà il terzo atto
nasce poi dalla "scoperta" del Baldo Vertical Run che però non ho
potuto nemmeno valutare di disputare in quanto occupato in impegni
istituzionali. Da tempo agognato, oggi è la giornata giusta per provarci.
Parto di
buon ora, ma nemmeno troppo presto: non ho voglia di iniziare a camminare con
la frontale. Una ricognizione automobilistica sulla Gardesana nei pressi del
paesino di Assenza, non mi permette ancora di individuare la partenza del
sentiero (è sempre stato difficile trovare i sentieri che partono nei paesi),
ma trovo un parcheggio comodo. E visto che l'alba è ancora lungi dall'iniziare,
mi concedo un sonnellino. Mi sveglio e mi accorgo che potevo evitarlo!
Mi vesto,
credevo ci fosse più freddo, ma nel mio zaino sono sempre pronto con un po' di
tutto, comprese un bel po' di scorte di cibo, 3l di acqua e un gatorade. Posso
anche bivaccare coi camosci! Scendo verso la piazzetta del paese e scopro che i
macchina ero passato esattamente sotto il cartello del 654, che indica la
partenza per l'ascesa al Rifugio Telegrafo, 2100 D+, data 6h dal cartello. In
meno di 3h ci arriverò.
Si inizia su
stradina asfaltata in mezzo a muri che racchiudono piccoli giardini segreti
colmi di olivi, si attraversa il paese di Sommavilla e poi si abbandona la
civiltà inerpicandosi in mezzo ai boschi del Baldo. Ci rifletto solo ora, ma
un'ascensione di un tale dislivello permette di vivere molti ecosistemi di
piante uno diverso dall'altro e dipendente dalla quota.
Il bosco
ancora fitto permette pochi scorci panoramici sulle montagne della sponda ovest
del lago che si illuminano lentamente. Assordanti invece gli spari che si
odono. un po' di strizza quando sento intorno a me muoversi qualcosa, e vedere
solo dopo parecchio tempo che si tratta di un cane. Anche se dalle dimensioni,
dal colore, e dal luogo..mah, chissà se era un cane.
Si riparte
su un tratto di strada asfaltata, seguo i segni del BVR, si rientra nel bosco,
che adesso è una faggeta colorata di giallo e rosso. In realtà da qui fino a su ho già percorso il sentiero 654, ma in discesa, ed è tutta un'altra cosa. Oggi
ne apprezzo la scoperta dietro ogni angolo, ogni svolta, di un paesaggio
leggermente diverso, un bosco che lascia man mano spazio alla roccia, che
appare qua e la, prima con piccole placche nel verde e poi con belle pareti al
sole.
Ma io sono
ancora all'ombra, e si sente, e si vede: brina rigida per terra! Scorgo dove
salirò i prossimi metri, ma ancora della cima nessuna traccia. Tutta questa
roccia, questo calcare vergine e tagliente mi insinua una voglia di arrampicare
che faccio fatica a contenere: cerco di ricordarmi che il tempo stringe e di
andare. Poi quando inizio a pestar neve, va beh ciao, datemi le picche!
Scorgo il
primo camoscio della giornata, il bosco che finisce e il sole che scalda i
prati dove passerò a breve, finalmente del calduccio. La nord della Vetta delle
Buse dove corrono alcune vie, e dopo tanto, ecco laggiù il Rifugio Barana: uno
sguardo alle mie spalle mi rivela quanto sono salito e quanto sia blu l'acqua
del Lago di Garda. Riprendo a camminare, da solo, verso il cielo.
Eccomi al
rifugio, avevo già valutato se fermarmi a prendere una birra, però saggiamente
opto per la versione salutista e la evito. Guardo l'orologio: fin qui dovrei
aver percorso il BVR, 2100 D+ e..in meno di 3h! Sono ben soddisfatto, allora la
gamba c'è ancora, considerando che me la sono presa con un po' di calma, fatto
foto, ecc. Andiamo in vetta.
Cima
Telegrafo, eccoci qua. Momento per mangiare qualcosa, bere, e godersi un po' di
panorama. L'Appennino che galleggia sulla foschia della pianura, i giganti
della Val d'Aosta, il gruppo dell'Adamello e del Brenta, e le Dolomiti piccine
da qui, giganti quando ci sei dentro.
Confermo in
cuor mio parte del piano che avevo, ovvero arrivare anche su Cima Valdritta, la
più alta del gruppo. Quindi via giu per la cresta e poi per il sentiero,
costeggiando una conca a nord ovest bella bianca e coi camosci che brucano il
brucabile. Ora il sole è bello carico. Incontro un signore al quale chiedo info
di percorribilità dell' ultima parte del piano, la discesa per sentiero 5 e 7.
Ed in men che
non si dica (circa) anche Cima Valdritta è conquistata, e mi sento anche bene e
in forma. Contentissimo. Per ora. Resto poco, che la strada a scendere è bella
lunga!
Scendo di
nuovo alla Forcella Valdritta e mi inoltro in un terreno a me sconosciuto, ma
non ai camosci che anche qui abbondano. Abbonda però anche la neve, la quale mi
procura parecchi mezzi scivoloni alcuni dei quali salvati in extremis da una
mano veloce a sostituire la gamba. Solo che, fa male il ginocchio. Inizia
l'agonia.
Mi godo e
sogno altri lastroni di roccia da esplorare, chissà un giorno che vorrò fare
l'alpinista serio. Breve risalita e il paesaggio cambia radicalmente: dietro di
me la pietrosa Valdritta, davanti a me un bosco di mughi con un sentiero di
radici e ghiaccio. E dei bei scorci verso il lago nord.
Sognando lo
Spigolo Bianco, vedo altri spigoli, paretoni, che emergono dal verde del bosco
e come sirene mi invitano a metterci il naso, maledetti tentatori! Fantastica la roccialavorata che trovo in un tratto, paurosa la potenza dell'acqua!
Rientro in
mezzo ai faggi, ecco un bivio! Mangio qualcosa ma rabbioso per il dolore e per
la consapevolezza che c'è ancora strada.. E che questo non è il bivio col
sentiero 7! Ma eccolo che arriva finalmente, un miraggio. Ma è una staffetta di
miraggi, e lo sarà fino all'auto.
Finalmente
arrivo all'incrocio con l'altro sentiero, passo sotto il traliccio come
correttamente narrato dal signore lassù e poi la scelta: scendere rapido per
poi farsi un pezzo di Gardesana, o prenderla più larga e stare più tempo su
sentiero? La seconda ovviamente, che mi comporta anche una risalita.
Sento
fischiare, una sorta di richiamo per delle bestie. Vedo un cane da caccia,
faccio rumore per far capire alla doppietta pazza che non sono qualcosa da
abbattere. Lui esce dal cespuglio e alla radiolina dice ai suoi compari "escursionista!":
mi assale un po' nervoso misto paura. Ma se questi qui sparano a qualcosa nel
bosco, come fanno a esser sicuri di non beccare me?
Continuo
veloce, che bello un po' di salita, poi di nuovo discesa. Arrivo di fianco a
quella che doveva essere una fortezza di guerra ricavata nella roccia: due
spioncini e un tunnel per entrare. Entro o non entro? No lascia stare, ci manca
solo ci sia qualche bestia dentro. E di fianco c'è l'Eremo di Benigno e Caro,
ultima tappa.
Ma come non
fermarsi a questa panoramica panchina? Un doveroso spuntino e qualche minuto di
contemplazione. Poi ricomincia il calvario della discesa, a rallentatore: sono
più lento a scendere che a salire, roba da matti. Odo il rumore della civiltà,
rientro in mezzo agli ulivi che segnano il basso Garda.
Un ultimo
sentiero in mezzo agli ulivi mi riporta a Sommavilla, dove nello stesso punto
c'è lo stesso gatto di stamani! Che come stamattina prende paura al mio
passaggio (sarà mezzo sordo..). Passo di fianco all'auto, ma la foto da fare è
quella con gli scarponi sul lungo lago: dal livello del Lago di Garda alla cima
più alta del Monte Baldo, fatto.
Ma oltre
alla "performance" sportiva (di soddisfazione personale, perchè di
gente più forte di me ce ne è a bizzeffe), è l'attraversamento di biotipi,
paesaggi, viste, che ti appaga dentro. La varietà.
Qui altre
foto.
Qui report.
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