L’Appennino non molla, e io non mollo
l’Appennino! Anche oggi si torna sulle nostre montagne, poco
innevate ma innevate bene e con buone condizioni: parlando in
generale almeno. La novità è la (ri)comparsa di Riccardo, quello che disdegna questo tipo di attività (canali e
creste) e che disedegna queste montagne (l’Appennino): finchè non
lo vedo al parcheggio, non ci credo che ci sia.
Aggiungi Giorgio e la combriccola è al completo. Partiam prestino perché così si fa, e
in più chissà che non riusciamo a concatenare parecchia roba.. Dal
parcheggio degli impianti di Febbio ci incamminiamo alla luce delle
frontali, ma per poco visto che le giornate si allungano sempre più.
Dopo Pian Vallese tocca mettere i ramponi dato il ghiaccio sul
sentiero: almeno alleggerisco lo zaino che oggi pesa un bel po’. O
sarò io stanco dopo tutto quello fatto nei giorni scorsi e la corsa di ieri.
Giungiamo fuori dal bosco che il sole
ci ha già illuminato a dovere, ma il fresco si sente. E vediamo già
la nostra prima meta: la nord ovest dell’Alpe di Vallestrina, tentata già anni fa, ma col
compagno sbagliato, Chucky.
Ci avviamo su tracce che ci fan pensare
che la via potrebbe essere già tracciata e quindi percorribile, di
nuovo dentro il bosco, e di nuovo ne usciamo, nel silenzio di una
valle desolata. Diretti verso la base della parete, coi bastoncini ci
portiamo fin sotto le rocce superando pendenze anche buone, ma su
buon fondo, o su scalini già fatti.
Piccozze in mano, si gira il massone, e
via su verso lo scivolo della via Fornaciari. Bella, estetica,
logica. Corta anche (“bella parete, ma ne manca metà” cit. di
Giorgio), m dai che dopo ci mettiam qualcos’altro in mezzo. Si sale
bene, poi la neve peggiora, non è più trasformata come alla base:
mi sa che i versanti sempre all’ombra non siano così buoni.
E infatti nei pressi del sasso non ho
dubbi, via classica a sinistra che a destra pare troppo spoglio:
ciuffi d’erba mezzi visibili e rocce lisce sotto poca neve.
Goulottina di 2m mica banale, poi rientrare nella linea pare esser un
traverso troppo rischioso. Ma chi me o fa fare? No, oggi non
conviene.
Ancora su dritti per un po’, ma
evitando la piena parete e uscendo sulla cresta nord. Vedo che i miei
amici sotto di me sono d’accordo e mi seguono. Va beh dai, non
tutta la via ma buona parte l’abbiam salita: e in ogni caso, ci
siamo divertiti!
Di nuovo al sole, al calduccio, pochi
metri all’anticima e via verso la cima. Uno sguardo intorno, quanta
roba verso sud, nella valle dei Porci, ma io punterei alla conca
della Bargetana. Sicuro dei miei orari “dai ragazzi che il Passo di
Lama lite è vicino!”: ma son davvero stanco, Giorgio in forma
avanza e io son sempre qualche passo indietro. E che male alle anche!
Su neve che inizia a esser cotta dal
sole, e che ci fa temere il ritorno, mettiamo piede al Passo di Lama
Lite: una pausettina al sole, e poi diretti all’ombra della nord
ovest. Ma quale sarà la cresta rocciosa nostra? Basta arrivare fino
al canale ovest, sarà quella appena prima.
Traversa, traversa, sali, forse è
quella. Arrivaci alla base, butta il naso dietro, dietro c’è il
canalone, allora ci siamo! Gocce di Roccia, dai che c’è da
divertirci! Ma leggendo la relazione della guida, L2 parla di un IV+, ohi ohi.. Meglio legarsi stavolta, e
iniziamo a decidere chi parte. Tocca a me, yeah.
Armato di tutto punto per proteggermi
su roccia, salgo lo scivolo di neve buona, riesco a metter giù
qualche protezione, ma cavolo che freddo che ho! La neve finisce, o
meglio la faccio finire per andare a cercare della roccia: roccia,
sassi appoggiati lisci. Corda agli sgoccioli, placca vetrata in
vista, terrazzini: meglio far sosta. Non che sia facile, per fortuna
con me tanti nut per tante fessure.
I miei amici congelati arrivano, e
optiamo per far ripartire me, così poi ci scambiamo solo una volta
facendo finire la via a Giorgio. E fu così che mi cagai in mano. Si
parte con un debole strato di neve appoggiato su roccia a 55°: piano
con le picche e ramponi che tanto dopo pochi cm sentirei odore di
bruciato (metallo su roccia).
Riesco ad arrivare alla base del
diedro, e già è tanto. Ho traversato un po’ a sinistra alla
ricerca della maggior copertura nevosa possibile, ma chissà se ora è
giusto salire di qua, o se era più a destra: a casa scoprirò che
era più a destra. Va beh, infilo il nut più piccolo che ho in una
fessurina e vado. Provo. E riprovo.
Vacca boia che passaggio duro! Con le
scarpette spacchi di la e sei a posto, ma coi ramponi cavolo
spacchi?! Una mano altissima, una presa rovescia, un piede destro da
portare talmente in alto che il sinistro dovrebbe mollare l’appoggio.
Non so quanto tempo resto a provare il passaggio, alternative, ma non
so che fare. Ma devo fare.
Prova con le picche, vai di qua, vai di
la, ma come diavolo si fa? Tornare indietro impossibile, farmi calare
sul nut appena più spesso del cavo d’acciaio..mmmh. Incastro
l’alpenstock in una fessura larga 1cm, occorre che traziono con la
destra in modo direzionale, se sbaglio non terrà più. Su la mano
sinistra, ghisata, il piede sinistro in strapiombo, tira su il
destro, appoggialo, son tutto compresso cavolo, devo mollare la mano
sinistra, l’unico arto che ho su qualcosa di sicuro, impugna
l’altra picca, cerca neve, oddio il mugo ghiacciato, fidati,
quadricipite destro, allungati. Ma non è finita, ancora una decina
di passi delicati prima di poter tirare un vero sospiro di sollievo.
Un bel terazzino, un bello spuntone (un
massone appoggiato), fanculo faccio sosta. Anche per recuperare
comodo i miei amici sul duro. Infreddoliti: la costante della via
sarà che i secondi si gelano al freddo perché all’ombra. Ma
appena vanno al sole il primo urla “potete partire!”. Eccoli che
arrivano, anche loro non senza difficoltà, e meno male, sarò mica
solo io quello scarso.
Giorgio tocca a te, vai e divertiti.
Oddio se si è fatto tardi, la vedo dura concatenare qualcos’altro
dopo questa via.. E il cielo sul crinale si fa carico di nubi che
offuscano il sole e raffreddano i nostri corpicini provati. Traziona
sul mugo il nostro amico, “Gio occhio che sei solo su un mugo”
“Ah ma fan fan fatica a venire via le picche dal mugo, tiene!” “
le picche sì, ma magari si stacca il mugo dalla roccia!”.
Finisce la corda, o quasi, da un po’
non lo vediamo il nostro amico. Smontiamo, aspettiamo, poi un urlo,
possiamo partire. Qualche passo su roccia, poi cresta e una
guolottina che io saggiamente (stupidamente) decido di provare a
evitare e salire dritto in cresta, incastrandomi. Torna giù e fai la
strada degli altri, sbuco fuori ed ecco i miei due amici in sosta.
Slegati saliamo alla cima panettone del
Monte Cipolla. La cresta nord del Prado sia per orario che per
visibilità non s’ha da fare. Un Mars diviso in tre, due battute, e
scendiamo per la cresta nord del Cipolla, che anche lei un po’
impegna con dei tratti da scendere faccia a monte su neve non ottima.
Il resto è una piccola lenta agonia
nel trascinarci verso il Passone, su neve sfondosa ma che seguendo la
traccia va un po’ meglio. La processione verso gli impianti, noi
giù dritti dal Passone per tornare sui nostri passi di stamani. Un
saluto alla nord ovest del Vallestrina che ancora si vede, e il
noiosissimo sentiero sassoso fino all’auto.
Qui altre foto.
Qui report.
Qui guida.
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