Ci sono
quelle giornate che vanno bene. Benissimo. Di quelle da incorniciare, di quelle
che "fosse sempre così". Ok, trovarsi di fronte a certi ostacoli
imprevisti e vincerli è un "andar bene" anche loro, ma prima ti si
strizzano le chiappe, poi si allentano. Poter evitare questa
"fisarmonica", almeno ogni tanto, è lusso. Oggi solo una piccolissima
fisarmonica.
"Io ho
pochi bonus adesso, quando me li gioco vorrei spararli grossi" questa è la
frase da non dirmi. Un po' come il "beh ma ne faremo altre sei così oggi,
vero?!" di Francesca all'uscita di A1 a Tessari. Io
poi parto in quarta, non mi fermo, mi prosciugo. Non penso che Giorgio non lo
sappia, anche lui sa su che tasti giocare: e famo sta cazzata! Che è da un po'
che non se ne fanno.
Al
parcheggio alle 5. Colazione a base di Pandoro (scaduto) e caffè in thermos
mentre ci cambiamo: però che freschino! Laggiù si vedono già i due giganti che
sovrastano il Rifugio Treviso, Pala del Rifugio e
Sass d'Ortiga. Il suo inconfondibile spigolo col massone incastrato, dopo il
quale c'è il tiro chiave della via: ecco, già a pensare alle cose difficili.
Pantaloni corti o lunghi? Dai, c'è caldo, metto i corti: accidenti a me!
Ci
incamminiamo che sono le 5e20. Un altro ostacolo della giornata è che ci
aspetta un discreto avvicinamento. Dai 1300 di Malga Canali ai 2244 della
Forcella delle Mughe e ai 2314 dell'attacco: un po' più di 1000m che le guide
danno in 3h30. Oggi tempo ne abbiamo poco, voglia di rimanere imbottigliati in
mezzo ad altre cordate, nessuna. C'è da pedalare. Ma senza esagerare per non
arrivare cotti all'attacco.
Si risale la
valle principale al cospetto della Cima del Coro, delle due belle già citate,
del Dente del Rifugio, della Valle delle Lede che lassù regalerebbe un parco
giochi inestimabile..se si avesse voglia di smazzarsi tutta quella salita piena
di viveri e acqua per una settimana! Sole ancora basso che lentamente illumina
questo paradiso di Dolomia.
Si sale
verso il Rifugio Treviso,
quei tornanti che ci fanno prendere quota fino a giungere in prossimità
dell'edificio e notare due ragazzi che ci sostano davanti: probabilmente gente
che come noi è partita dal parcheggio, ma che non doveva aspettarsi qualcuno
così presto. Ci restano malissimo nel vedere che sgusciamo verso il sentiero
720 e così gli "passiamo davanti". Ma siamo muli da soma: o asini sado?
Ripidi
tratti di sentiero, passi di arrampicata su roccia e radici (unte anche loro):
ritmo, ritmo, ma non esagerare a correre che se no arrivi su cotto come una
pera. Si esce dal bosco, si esce dai mughi, e sopra il Dente del Rifugio svetta
l'inconfondibile sagoma della Sentinella del Rifugio: tanto snella se vista da unlato, tanto tozza sevista dall'altro. E il vallone delle Lede che si scopre sempre più, si illumina
sempre più, mentre noi per fortuna ancora all'ombra possiamo continuare la
nostra salita.
I ragazzi li
abbiamo ormai seminati: scopriremo al rientro al rifugio che non saremmo stati
in competizione, loro han salito Pentagramma. Camosci pascolano nell'alta
valle, provocando qualche sassaiola. Noi scorriamo sotto le pareti sud di Pala
del Rifugio e Sass d'Ortiga: che bestie ragazzi. Che voglia di arrampicare, di
arrampicare bene, sani, divertendosi.
Alle 7e40
siamo all'attacco: 2h15, spettacolo. Un masso appoggiato crea una finestra
sulla sud della Marmolada: ecco, quella sì che non è nemmeno nel cassetto dei
sogni, impossibile! Tempo di vestirsi e prepararsi, concentrarsi, e di
spingere! Chi parte? Giorgio è a digiuno da un po' (oddio, non è che a me vada
poi molto meglio), ma di solito parte sempre lui. Certo che il tiro chiave è un
numero dispari: "Gio, se non te la senti poi ci scambiamo,
chissene!".
Parte il mio
amico. Le solite preoccupazioni da via in ambiente poco o per nulla
"attrezzata": il percorso sarà
quello giusto? Il camino è questo? La sosta sarà la dietro o lassù?
Siamo su uno spigolo, non abbiamo una parete aperta in cui cercare la via,
dovrebbe essere più facile. Ed eccolo che infatti arriva in sosta, mentre
saluto due ragazzi appena arrivati.
Minchia che
freddo in braghe corte, fortuna ho messo una maglia (maglietta a maniche
lunghe, meglio dire). E anche la roccia non è certo calda: quasi non sento più
le dita. Fortuna che doveva esserci caldo! Ma è il vento che rompe le palle.
Quando lui si placa, si sta quasi bene, quando soffia..paura! E il sole non
esce su questo lato della montagna per un bel po' di ore ancora! Abbiamo voluto
esser i primi..
Tocca a me,
parto per L2. La relazione di Gianluca è ottima. Solo non so quanto spostarmi
per salire: prova di qua, vai di la, torna indietro. Roccia ottima, non voglio
dire eccezionale perchè qualcosa si muove (raramente), ma non è mica il Baffelan! Ecco un
provvidenziale cordone infilato dentro un nascosto chiodo, è la sosta.
Riparte
Giorgio, la parete si fa più verticale, o comunque più continua, ma sempre
ottimamente lavorata: i cordini vanno a ruba come il pane tra spuntoni e
clessidre! Continuo a vederlo bene il mio amico mentre sale, ma spesso sono
rapito da tutto il panorama che ci sta intorno: un piccolo paradiso
dell'arrampicata, montagne dagli accessi severi ma dalla roccia superlativa.
Vado per il
quarto tiro, la verticalità, la salita aerea, inizia a prendere piede. Il
freddo però continua a farmi quasi tremare! Ottime mani, ottimi piedi, un
tratto finale in camino coi piedi ghiacciati che si sentono poco: speriamo
l'aderenza non sia compromessa e funzioni bene! Ecco un chiodo, nuovo, mezzo
fuori. Leggo la relazione: chiodo sulla sommità del pilastro..ah eccolo! Ok, e
poi? Ma guarda te quella clessidrina come si è nascosta bene! Ma io ti vedo,
tie!
Recupero il
mio amico, e la via inizia a farsi affollata. Meglio muoversi. Sosta scomoda,
fare arrivare gente, far passare il mio amico, non è facile. E continuo quasi a
tremare. Giorgio sale alle mie spalle, per come è fatta la sosta e per come
l'ho attrezzata, non posso vederlo. ma sento che si complica la vita, doveva
traversare più in basso. Dai eh, mica scherzi, passa! E Giorgio, passa.
Daje, tocca
a me, un bel tirone lungo. Un tirone da goduria assoluta, di quelli in cui la
mente non pensa più a nulla: prima si supera con un passaggio atletico di forza
il primo metro, poi si prosegue verticali, esposti, con ottima roccia,
maniglie, clessidre, spuntoni. Metri e metri e la testa diventa quella di un
bambino al parco giochi, che non sente il senso del tempo che passa, i metri di
corda che scorrono. Ma meglio che l'urlo "metà" lo senta, così come
"10m!", e infatti ecco il clessidrone.
Sosta
comoda, e se mi sposto qualche metro in la..al sole! Godooooo! Il coronamento
del tiro forse più bello: scaldarsi fino nelle viscere al sole.. Ma tornare
sulla terraferma e pensare che il il tiro chiave deve ancora venire.. Recupero
il mio amico godendomi le montagne illuminate dal sole, ora che anche io lo
sono..
Forza amico,
portami sulla cima del primo pilastrone! Parte facile, ma poi la situazione si
complica un pochetto lassù, dalla fessura. Ah che bella la fessura! Ma le mani
si sono già raffreddate.. Intanto la folla che stava dietro di noi si è disgregata
quel tanto che serve a farci salire più rilassati, che avere il fuoco al culo
per chi ti pressa dietro, anche no.
Tocca a me
scendere sul massone incastrato, che da qui non di capisce essere un blocco di
n-mila tonnellate di roccia appoggiato tra due pezzi di montagna: da giù si
vede bene invece. Cerca la clessidrina di Gianluca: vedo il tiro chiave dove
passerà, ma alla sua base nulla. Una clessidrina mini qui, e forse dai che ci
sta un friends: cazzo, il giallo ce l'ha Giorgio! Ci sta anche il rosso per fortuna. E due
camosci mi passano a 10m (10m!) di distanza! Loro sì, mica noi.
Accidenti,
una sosta del genere per affrontare il tiro chiave. "Gio, vai tu allora,
te la senti?" "Provo dai". Prova un paio di volte prima di
desistere: Madonna Incoroneta, bloccarlo su questa sosta, su quei cordoni con
rinvio, speriamo bene. "Calami e vai tu, se no facciam notte", e
intanto ci han raggiunto i due ragazzi dietro di noi. Sto vedendo un film già
visto, un passaggio che ci frega quasi alla fine della via. No eh.. Magari
invece è un altro film, sempre già visto, e io riesco a passare.
Parto, salgo
un po', cerco di capire come andare, intuisco che devo cercare di aprirmi a
destra, spostare piede e cercare mano. Mattia "sali con la mano, apriti,
vai ancora, ecco li. Sposta il destro, apriti di più e c'è quel terrazzino. Ok,
ora tirati su, è andata". Lui che l'ha già salita, si ricorda esattamente
tutto, e con un piccolo sbuffo son fuori dal passaggio chiave. Ma anche sopra
c'è ancora da sudare. Carico per il superamento del grado maggiore della via,
salgo godendomi anche questo tiro. Yeah!!!
Ora dovrebbe
esser fatta, e intanto di nuovo al sole a goderselo. Il mio amico sale ormai
senza difficoltà e riparte subito alla ricerca dell'uscita. Passaggio aereo e fotogenico,
e poi su a cercare la via migliore (la roccia presenta ora detriti) per portami
sull'antecima.
Lo
raggiungo, tutto bello contento, oramai ci siamo. Undicesimo tiro che è poi una
passeggiata in cresta intervallata da un saltino roccioso. Rimaniamo legati,
tanto siamo i primi, non tiriamo in testa sassi a nessuno.
Ed eccomi
sulla cima del Sass d'Ortiga (anche se non sembra più alta di dove eravamo
prima..), il mio amico mi recupera, solo ora noto la bellezza di questo tratto
finale di cresta: senza la sua presenza blu e rossa, sarebbe meglio però!
Zaino
apriti, acqua esci, pane, formaggio, foto! Si brinda! E un occhiata all'orario
ci rende ancor più soddisfatti: 13e05, 5h per salire la via. Si mangia, si
ride, si scherza, si contempla. Si prende il sole ora che picchia bene, ora che
sono fiero delle mie braghe corte! Una buona mezzora di sollazzo, da soli, poi
meglio partire che la discesa non sembra proprio all'acqua di rose.
Gianluca
dice " Dalla vetta seguire i bolli rossi e le tracce che scendono verso
sud su terreno scosceso e franoso. Il sentiero diviene poi più marcato e
stabile anche se a tratti piuttosto esposto. Occorre arrampicare in discesa
lungo molte roccette che si alternano a tratti di sentiero scosceso. Lungo il
percorso è possibile allestire 3 brevi calate in corda doppia (anelli in loco,
consigliate), evitando così di percorrere di discesa e slegati tratti
verticali, bagnati, friabili ed esposti. " oh qui c'è da morire! Sembro io
con la relazione del Canale dei Bolognesi!
La parte
iniziale è solo detritica, con Giorgio che ha mal di pancia per aver mangiato
troppo "Gio, il formaggio era scaduto da un paio di giorni, ma non può
esser quello dai!". Dopo i prati, la roccia si compatta (per fortuna) e
verticalizza: vari fittoni sparsi fanno intuire che il grado si sta alzando, am
riusciamo a scendere tutto disarrampicando.
Per nostra
fortuna è tutto bello asciutto, anche la placca con mezzo passaggio del gatto
nella quale ci immaginiamo i gemiti di Nicola. Sembra finita, e invece no, il camino, e
poi gli ultimi due metri finali dove tocca incastrarsi nel camino e poi uscirne
in basso con passo strapiombante in disarrampicata: moc fadiGa! Moc bel!
Di nuovo
alla forcella delle mughe, col mio amico che sbadiglia un po' troppo "dai
forza, resisti ben!". Ancora un po' di disarrampicata prima di poter
rimettere piede sul ghiaione, e poter ammirare il paesaggio senza dover per
forza guardare a terra per non cadere. Bello il Vallone delle Lede. Bello il
Sass d'Ortiga.
Discesa
affollata dal Dente del Rifugio, noi invece soli soletti. Il vento ancora per
un po' ci sollazza e rinfresca, ma la scottina sul collo è in agguato. Il bagno
turco nei mughi pure. Eccoli i mughi, ecco i pini, e finalmente ecco il Rifugio Treviso!
Prima di
addormentarci è meglio riprendere la discesa, io mi lascio andare di corsa,
voglio spremermi a modo (ah già, domani ho una gara, pirla!). Qualche sguardo
alle spalle, e finalmente la macchina. 16e40, spettacolo. Aspettando il mio
amico, mi cambio, toeletta, e pandoro da finire: sporco di zucchero a velo come
fosse cocaina..
Che giornata
spettacolare. Bravi nei tempi, bravi nei modi, bravi nel reggere la fatica (ci
siam pur sempre svegliati all 1:30 stanotte!). Partiti per primi, arrivati per
primi, scesi per primi: raro finire così! Peccato solo per un po' di coda che
ci farà arrivare a casa 30 minuti dopo il previsto. Come prima dolomitica della
stagione, non si poteva chiedere di meglio: spariamole grosse le cartucce!
Qui altre
foto.
Qui relazione
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